E' stato iugulato, invece, un esponente importante della Tribù dei Macho Ribaldi. Piagnisteo d'obbligo ma il film si fa vedere se non altro per i richiami e i ricordi che suscita. Il "Calzamaglia predatore" viene da lontano ma i Manetti, saggiamente, ce l'hanno offerto come un portato culturale genuinamente nostrano. Attingono alle loro frequentazioni. Una moglie, figurarsi, ignara e trascurata. Direttrice di banca, segretaria maneggiona, garantisco, le conosco di persona.
Più redditizia la scorribanda. Si parte dal Pincio e da Trinità dei Monti e, via, per Bologna, Milano, Courmayeur, Trieste. Per le stradine selciate di Premariacco (prov. di Udine). La Kant si getta nei gorghi del Natisone dal ponte romano. Il Friuli. Curiosamente, anni fa, dalle parti di Maniago (prov. di Pordenone) - rinomata per i coltelli, anche quello del film viene da lì - si celebrò una kermesse in onore di Diabolik: mostre, disegni, repliche di oggetti, intellettuali che spiegavano il perchè di quel Ladro fuori del comune. Oggi, recandovisi, i due Campani trovano che il Friuli somiglia a... Clerville.
Paradossalmente, il fumetto è più "cinematografico" dell'attuale pellicola. Sibili e stridori resi con efficacia, ombreggiature che fanno atmosfere, contrasti di luce violenti; inquadrature, prospettive e scorci innovativi e audaci. I Bros, volendo fare "vintage", han calato un onirico sbiadito, tra il seppia e il grigioferro, privo di suggestione..
Notai allora, senza capire, un'insolita accuratezza, pignoleria, nei dettagli del vestiario: martingale, pantaloni con risvolto ben stirati, orli di maniche con i bottoni; camicie con motivi fantasia anche dei cattivi; abilità di "matite" nel tracciare trama del tweed della giacca di Ginko. Mano, occhio di una donna, anzi di due, Angela (già modella) e Luciana Giussani. Un riverbero si coglie nel damascato a fiorami della "robe de chambre" indossata dal politico che "insidia" Eva, classe, il seduttore di una volta. L'episodio alza di un palmo il film.
Forse perchè pensato per i non liberati adolescenti dell'epoca non si riscontra riferimento concreto al sesso come, del resto nel film, a parte qualche smanceria. Un'occhiata alla tuta attillata ci dice che l'eroe è "liscio" (la "volgarità", non mia, è illustre) come Topolino, Paperino... Non è Minnie, certo, Eva Kant. Un punto cruciale. Elegante ma non sexy, nemmeno nei deshabillé che sfoggia nell'intimità del covo segreto. Altera, formosa, statuaria, come il marmo, appunto, gelida e astratta. Un modello di bellezza che non funziona con le controparti. Felicemente, i bravi Manetti evitano l'inconveniente grazie soprattutto al fulgore di Miriam Leone. Splendida figlia di Ellade anche nel profilo, collo e omeri fatti da Canova. Induce un'emozione estetica prima di accorgerti della dominanza artistica.
Finale. Barchetta nello scintillio dell'acqua. Veleggia immobile. Lei, smontato sul cocuzzolo lo chignon della Kant, torna a natura nella natura, adagiandosi sulla tolda, sciolta e sorridente, sontuosa e pur carezzevole. Un dimesso Diabò (il volenteroso Luca Marinelli) porge, in ginocchio, il diamante rosa. L'Eva, giustamente, lo butta a mare (il diamante). Non le serve, è già adornata dei suoi propri doni.
P.S. Patriottismo è andare a vedere Diabolik. Dopo il Maghetto, i glutei bronzodorati di Dune, dedicatevi a prodotti Km 0 per non perdere lavori pregevoli come, ad es. Una Famiglia Mostruosa. Consuntivo finora: lamento. Un barlume di ottimismo, chi l'avrebbe detto, proviene da questa distratta riesumazione. Prodigioso ma si tratta di un caso. Non capita tutti i giorni assistere al successo di una creatura che dà o promette, pur non sapendo cosa. Fin dalla notte dei tempi. Già, Eva. In principio...
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