mauridal
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martedì 26 novembre 2019
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gli ultimi sono diventati i primi
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Quando si vogliono ritrovare le proprie radici ,bisogna affondare i piedi nella terra.
In questo film pieno di di immagini dove il vero è reso con un ricercato “verismo “ addirittura con una scelta iperrealista ,le inquadrature si soffermano sui piedi nudi dei personaggi che affondano nel fango dei luoghi abitati da gente poverissima , dai paesani di Africo vecchio paesino arroccato sulle montagne dell’Aspromonte calabrese .
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Quando si vogliono ritrovare le proprie radici ,bisogna affondare i piedi nella terra.
In questo film pieno di di immagini dove il vero è reso con un ricercato “verismo “ addirittura con una scelta iperrealista ,le inquadrature si soffermano sui piedi nudi dei personaggi che affondano nel fango dei luoghi abitati da gente poverissima , dai paesani di Africo vecchio paesino arroccato sulle montagne dell’Aspromonte calabrese . Con quelle inquadrature di povera gente contadini e pastori che affondano nella povertà di una Calabria anni cinquanta , anche il regista ha voluto riaffondare la propria memoria in quegli anni e in quei luoghi dove ha vissuto e da dove è partito come hanno poi fatto tutti gli altri abitanti alla fine della storia. Un vissuto che riemerge nelle figure tipiche dei paesini del sud Italia agricolo e pre industriale. A personaggi tipo il prete , Il sindaco Il commissario di Polizia il brigadiere dei Carabinieri . In quella realtà calabrese ,così come in Sicilia e anche altrove, si affianca un Don con lupara o pistola, ma anche un medico condotto e la maestra elementare che veniva dal Nord come una missionaria o si direbbe oggi una volontaria umanitaria per portare elementi di civiltà in quelle popolazioni di frontiera. Il caso narrato dal film è infatti proprio di un paesino remoto ai margini di una lontana frontiera del benessere normale che viene evocata come la marina ovvero la parte di Africo abitata sul mare giù dalla montagna ,Una divisione del sopra e sotto che viene ben resa dal fatto che non esisteva una strada né carrozzabile ma neanche pedonale tra le due zone bensì una fangosa mulattiera per animali. Qui si sofferma la storia narrata della disgrazia accaduta ad una donna del paese morta di parto col figlio per non essere stata soccorsa dal medico per la mancanza di collegamenti stradali . Dunque la storia parte proprio dagli ultimi dai poverissimi che muoiono di fame e di stenti senza diritti e senza alcuna garanzia di vita civile . Un popolo che abbandonato dal potere legale dello Stato si deve assoggettare agli unici poteri esistenti sul posto il Don parroco e il Don padrino ovvero il mafioso locale che non esita a sparare sugli uomini che organizzati dalla disperazione iniziano a costruirsi da soli una strada lastricata di pietre e massi squadrati che unisca il paese con la marina di sotto. Anche le autorità legali sindaco e prefetto sono contro i paesani perché la neo strada in rudimentale costruzione è in effetti abusiva e senza alcuna norma di sicurezza ma in tale circostanza i poteri si uniscono per reprimere l’unica istanza di ribellione civica che ad opera di alcuni uomini contadini e pastori ma anche donne e ragazzini e la maestra di scuola forestiera di Como si realizza con una decisa insolita Unità di forze e intenti contro tutti poteri e contro tutti le autorità .
Dunque Calopresti anarchico e regista che ricostruisce una storia forse accaduta tanti anni fa in un paesino Africo ,della Calabria scordata . Direi un film di socio storia del nuovo verismo da Visconti per l'alto livello di formalizzazione che caratterizza il film, nei valori compositivi dell’immagine , passando per Rosi finendo a Pasolini ma forse anche attraversando Anghelopulos e Ken Loach. Dunque un socialismo democratico e umanitario forse il messaggio di Calopresti interpretato attraverso un Marcello Fonte , un Marco Leonardi un Sergio Rubini e una Valeria BruniTedeschi , sempre glamour, si riafferma la radice nella terra del regista ma il cameo della parlata calabra di miss Calabria Elisabetta Gregoraci , nel finale del film direi oscura tutti e ci riporta a una più rapida uscita dal cinema per un happy end con gli amici cinefili.( mauridal) .
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maria f.
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mercoledì 18 dicembre 2019
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evviva i buoni film!
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Sì, il regista è riuscito meravigliosamente a portarci in una realtà degli anni ’50, ad Africo, terra Calabrese fatta di sassi, fango, miseria, dove la popolazione sopravviveva spaccandosi la schiena per ottenere quel poco che la stessa terra desertica dispensava.
Anche Ciccio il Poeta era consapevole della situazione rovinosa in cui loro tutti versavano, ma lui con gli occhi e il cuore da sognatore godeva di tanti momenti di estasi durante i quali era catapultato oltre. Si nutriva della bellezza che quel luogo tanto impervio offriva, e pur sempre capace di calamitare il suo sguardo, e iniettarlo di luce e dei colori del mare e delle montagne.
Gli Africoti, gente severa ma paziente ogni giorno combatteva con determinazione cercando con forza e consapevolezza di mutare la condizione secolare fatta di subordinazione e sottomissione alle Istituzioni riconosciute come il Sindaco, Il Prefetto e le Forze dell’Ordine da una parte, e dall’altra ai soprusi del mafioso Don Totò.
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Sì, il regista è riuscito meravigliosamente a portarci in una realtà degli anni ’50, ad Africo, terra Calabrese fatta di sassi, fango, miseria, dove la popolazione sopravviveva spaccandosi la schiena per ottenere quel poco che la stessa terra desertica dispensava.
Anche Ciccio il Poeta era consapevole della situazione rovinosa in cui loro tutti versavano, ma lui con gli occhi e il cuore da sognatore godeva di tanti momenti di estasi durante i quali era catapultato oltre. Si nutriva della bellezza che quel luogo tanto impervio offriva, e pur sempre capace di calamitare il suo sguardo, e iniettarlo di luce e dei colori del mare e delle montagne.
Gli Africoti, gente severa ma paziente ogni giorno combatteva con determinazione cercando con forza e consapevolezza di mutare la condizione secolare fatta di subordinazione e sottomissione alle Istituzioni riconosciute come il Sindaco, Il Prefetto e le Forze dell’Ordine da una parte, e dall’altra ai soprusi del mafioso Don Totò.
La condizione d’isolamento totale, spinse tutti indistintamente a fare la loro rivoluzione, in altre parole a unirsi, comprese donne e bambini, e a iniziare la costruzione di una strada che li avrebbe collegati alla marina e che quindi avrebbe permesso, in caso di bisogno, a un medico condotto di potere raggiungere l’ammalato o viceversa.
Anche la maestra del nord dell’Italia venuta per sua scelta a stabilirsi con quei diseredati, coraggiosamente li appoggiò.
Il film presenta una vita di stenti della popolazione, ma anche tanta solidarietà fra loro e se gli occhi degli adulti sono fieri e non demordono nonostante le continue vessazioni, in quelli dei bambini si leggono sguardi da adulto ma riflettono anche la meraviglia e lo stupore di chi è pronto ad accogliere un mondo tutto da scoprire.
Tutti gli attori sublimi.
Ho comunque il dovere di farvi notare che secondo me le acconciature dei capelli delle signore Bruni Tedeschi e Gregoraci non rispecchiano lo stile dell’epoca.
La prima perché il taglio che si vede è sfilato e spettinato proprio come si usa ai giorni nostri.
L’altra perché dubito che una donna dell’Aspromonte in quella società potesse esibire capelli sciolti e svolazzanti….forse nemmeno nell’intimità coniugale le sarebbe stato permesso!
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lucano11
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martedì 26 novembre 2019
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diremo che siamo stati noi a sparare
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una grande poesia su un immenso problema meridionale nato con l'unità d'Italia .Aspromonte è davvero la terra degli ultimi e il film lo rende a pieno attraverso una attenta regia e una sceneggiatura che non esclude,ancora oggi, gli enormi problemi del sud,della burocrazia, della prepotenza.
Commovente il carabiniere che non vuole sapreer chi ha sparato accollandosi la responsabilità del conflitto a fuoco, anche lui si adatta alla "giustizia" dell'aspromonte comprendendo che la giustizia dei potenti avrebbe distrutto un individuo vessato e che non sarebbe stata compresa o addirittura vista come una ennesima prepotenza.Non si giustifica comunque un omicidio.
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una grande poesia su un immenso problema meridionale nato con l'unità d'Italia .Aspromonte è davvero la terra degli ultimi e il film lo rende a pieno attraverso una attenta regia e una sceneggiatura che non esclude,ancora oggi, gli enormi problemi del sud,della burocrazia, della prepotenza.
Commovente il carabiniere che non vuole sapreer chi ha sparato accollandosi la responsabilità del conflitto a fuoco, anche lui si adatta alla "giustizia" dell'aspromonte comprendendo che la giustizia dei potenti avrebbe distrutto un individuo vessato e che non sarebbe stata compresa o addirittura vista come una ennesima prepotenza.Non si giustifica comunque un omicidio.
Un film da non perdere
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gianna48
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lunedì 9 dicembre 2019
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una favola reale di povertà assoluta.
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Una favola con tratti di vero lirismo nel personaggio di Marcello Fonte, perfetto nella parte del poeta sognatore. Infatti ci sono i buoni (gli abitanti del paese che si aiutano tra loro) e i cattivi (il capo mafia). Poi ci sono le istituzioni, sorde e infide. Solo il carabiniere che, alla fine, copre il delitto riscatta un po' la sordità delle istituzioni. Ma è poco verosimile. Negli anni 50, nel sud, ci mandavano quelli del nord, che non avrebbero capito il senso di quel delitto. Per questo è favola. D'altro canto la vita nei paesi calabresi era di una miseria inverosimile, senza scarpe nel fango, senza medici nè medicine, senza istruzione. Peggio delle bestie.
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Una favola con tratti di vero lirismo nel personaggio di Marcello Fonte, perfetto nella parte del poeta sognatore. Infatti ci sono i buoni (gli abitanti del paese che si aiutano tra loro) e i cattivi (il capo mafia). Poi ci sono le istituzioni, sorde e infide. Solo il carabiniere che, alla fine, copre il delitto riscatta un po' la sordità delle istituzioni. Ma è poco verosimile. Negli anni 50, nel sud, ci mandavano quelli del nord, che non avrebbero capito il senso di quel delitto. Per questo è favola. D'altro canto la vita nei paesi calabresi era di una miseria inverosimile, senza scarpe nel fango, senza medici nè medicine, senza istruzione. Peggio delle bestie. E pure la figura di Don Toto' è significativa ma poco verosimile: un capo ndranghetista non girava mai così da solo, senza almeno un guardaspalle. Ma, se è una favola, si accettano anche le cose poco verosimili: siamo lontanissimo dai veri film d'epoca dei Visconti o dei Rossellini nei quali la miseria sembrava davvero tangibile. Qui si sente che è tutto un po' artefatto. Un buon film, certo, ma manca il pathos. Anche la maestrina è ben interpretata dalla Bruni Tedeschi ma sta in superficie, resta fuori dalle loro tragedie, anche se pure lei impara a camminare scalza (questo davvero inverosimile).
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foffola40
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martedì 10 dicembre 2019
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foto poetiche
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La realtà dell'Aspromonte negli anni 50 sembra perfino irreale per la povertà, la mancanza dei servizi primari, l'ignoranza di tutto, la presenza solo della forza del prepotente che decide per tutti. Stato inetto ,pauroso anche difronte alla morte, ignorante meno che del sopruso, tutto viene rappresentato nel personaggio del Prefetto.
Le immagini e alcune scene della piccola comunità di Africo sono molto belle, suggestive e sorprendenti. Il personaggio del "poeta" , pittore, forse un poco istrutio, appare improbabile e suonanon vero . Il film merita di essere visto. foffola40
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