ghisi grütter
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domenica 24 maggio 2020
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un impostore dalle mille identità
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Basato sulla vera storia di Viola Herms Drath che morì a 90 anni, “Georgetown” è il debutto alla regia di Christoph Waltz raccontata nell’articolo The Worst Marriage in Georgetown da Franklin Foer sul New York Magazine nel 2012.
Siamo durante la prima decade del millennio, sotto la presidenza di George W. Bush e a guerra in Iraq avviata.
Georgetown è un quartiere residenziale borghese di Washington DC dove vive, in una grande dimora Elsa Brecht (interpretata da Vanessa Redgrave), una famosa giornalista di origini tedesche. Rimasta vedova, incontra Ulrich Mott, (Christoph Waltz) un geniale e megalomane millantatore che costruisce tutta la sua esistenza su menzogne fantasiose.
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Basato sulla vera storia di Viola Herms Drath che morì a 90 anni, “Georgetown” è il debutto alla regia di Christoph Waltz raccontata nell’articolo The Worst Marriage in Georgetown da Franklin Foer sul New York Magazine nel 2012.
Siamo durante la prima decade del millennio, sotto la presidenza di George W. Bush e a guerra in Iraq avviata.
Georgetown è un quartiere residenziale borghese di Washington DC dove vive, in una grande dimora Elsa Brecht (interpretata da Vanessa Redgrave), una famosa giornalista di origini tedesche. Rimasta vedova, incontra Ulrich Mott, (Christoph Waltz) un geniale e megalomane millantatore che costruisce tutta la sua esistenza su menzogne fantasiose.
Anche se Elsa si rende conto delle fandonie che racconta, ne rimane affascinata e ne stima l’audacia. In fondo anche lei veniva dall’Europa e si è fatta da sola, e anche lei è riuscita a farsi strada in un mondo difficile. Ulrich la corteggia, la riempie di attenzioni ridandole voglia di vivere dopo il periodo di lutto. La conquista e, in un certo senso la circuisce, fino a farsi sposare nonostante lei abbia una quarantina di anni di più.
Nella sua vita Elsa, grazie anche al suo lavoro, ha avuto modo di conoscere molta gente importante, diplomatici di tutto il mondo e politici di potere. In tal modo Ulrich può beneficiare delle sue conoscenze, fonda la EPG - Eminent Person Group - una società che si occupa di varie e generiche cose, compreso il sostituire persone ragguardevoli nei ricevimenti importanti a Washington.
Più vicino allo scalatore sociale Norman Oppenheimer (Richard Gere) ne “L’incredibile vita di Norman”, che a Frank Abagnale Jr. (Leonardo Di Caprio) in “Prova a prendermi” di Steven Spielberg Ulrich Mott millantando ruoli e conoscenze, riesce a intrufolarsi dappertutto, dando anche party e cene - è anche un cuoco eccezionale - nella “loro” casa di Georgetown.
Elsa ha una figlia dal primo matrimonio Amanda (Annette Bening), docente di Diritto costituzionale all'Università di Harvard, che naturalmente non è affatto convinta dell’unione della madre con Mott, anzi è persuasa che lui la stia imbrogliando.
Senza voler fare spoiler, posso dire che a un certo punto Elsa resta uccisa e Ulrich sarà il primo sospettato e finirà per subire un processo.
“Georgetown” ha il ruolo di demistificare alcuni lati americani come la facilità del successo e una falsa apertura, contemporaneamente ci si chiede come possa aver avuto realmente successo un tale impostore.
Il film ha un buon ritmo anche se, a mio avviso, è un tantino troppo incentrato sul personaggio di Ulrich da farlo sembrare quasi un one man show, se non fosse per la presenza della fantastica Vanessa Redgrave che, anche da ottantenne, recita in modo esemplare.
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eugenio
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lunedì 1 giugno 2020
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macerie di un impero
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L’avevamo lasciato in Bastardi senza gloria, l’ex colonnello Hans Landa Christoph Waltz ed ora lo vediamo regista e protagonista dell’ultima produzione statunitense in tempi di cinema in streaming: Georgetown. L’omonimo distretto storico commerciale di Washington è il set di un thriller patinato, dalle atmosfere alla Carnage o dagli echi altisonanti retrò bergamaniani a cui l’attore riesce a donare il physique du role necessario, sfuggendo alle sfumature grottesche nei ruoli da villain tarantiniani che lo hanno reso celebre.
Lo spunto è l’articolo di cronaca del New York Times del 2012 (intitolato "The Worst Marriage in Georgetown").
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L’avevamo lasciato in Bastardi senza gloria, l’ex colonnello Hans Landa Christoph Waltz ed ora lo vediamo regista e protagonista dell’ultima produzione statunitense in tempi di cinema in streaming: Georgetown. L’omonimo distretto storico commerciale di Washington è il set di un thriller patinato, dalle atmosfere alla Carnage o dagli echi altisonanti retrò bergamaniani a cui l’attore riesce a donare il physique du role necessario, sfuggendo alle sfumature grottesche nei ruoli da villain tarantiniani che lo hanno reso celebre.
Lo spunto è l’articolo di cronaca del New York Times del 2012 (intitolato "The Worst Marriage in Georgetown"). Un uomo dal misterioso passato, Ulrich Mott, grazie a una decisa e suadente malia e un atteggiamento sornione da truffatore, da stagista cinquantenne alla Casa Bianca, scala le varie gerarchie sociali sino a diventare una delle più influenti figure della comunità diplomatica di Washington.
Il tutto grazie sottilmente alla forza delle parole e alle solide fondamenta finanziarie della donna che il Lolito (in realtà omosessuale) finirà per sposare, nonostante i dinieghi della figlia di lei, Annette Bening, che reputa troppo “incredibile” e prematura la scelta dell’anziana madre, interpretata con notevole maestria e cinismo da Vanessa Redgrave.
Come diceva qualcuno L'amore non ha forma però ha punte acuminate. Una di queste finirà per uccidere non si sa se per caso o premeditazione l'anziana Elsa proprio la sera in cui Ulrich, guarda caso, era uscito dopo una cena “pseudo-istituzionale” del villino coniugale (chiaramente di proprietà della donna).
Colpevole o innocente? Scavando nelle pieghe della memoria dell’uomo con sapienti flashback, Waltz- Ulrich, indaga (su ste stesso). E per farlo, non risparmia nulla sulle meschinità di un’America melliflua e lasciva piegata a giochi di potere di individui sordidi pronti a tutto per raggiungere i propri scopi e altrettante megere ciniche, tosto rapaci nello schiacciare ogni sogno di rivalsa, come fosse inutile insetto. In media stat virtus, delle macerie prime di un rapporto coniugale, visto con occhio ironico, uno sguardo da mitteleuropeo, nelpaese di Trump, e di questo i due protagonisti, Ulrich ed Elsa, ne sono esempio eccellente: due parassiti sopravvissuti alla distruzioni del loro passato che si annientano a vicenda come in una posse del “Gatto” di Simenon.
Ma Waltz ahimè presto cede ai qualunquismi. Forte di un fotografia estetica, pulita, anti-emozionale che palesa l’evoluzione e involuzione del suo personaggio e di un andamento piuttosto lineare nella forma, perde di vista il suo obiettivo, tralasciando anche importanti figure di contorno della vicenda (la figlia di Elsa) e cedendo alla tentazione improbabili quanto sarcastici dialoghi con altrettanto improbabili avvocati, da legal thriller anni ’90.
Un peccato, perché Georgetown rimane in fondo, un buon prodotto, forse incompiuto, superficiale, ma efficace nella caratterizzazione della vera villain della pellicola: l’inossidabile ottantatreenne Vanessa Redgrave.
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yuros91
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giovedì 12 novembre 2020
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discreto film ma...
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Buona buona la prova al debutto in regia per Christoph Waltz in questo film che prende l'idea da una storia alquanto particolare fatta di bugie e manipolazioni per mano del protagonista Ulrich Mott interpretato dallo stesso Waltz. Al netto della messa in scena e delle inquadrature che fanno una buona impressione visto la credibilità nel ricreare le cosidette "stanze del potere" e un buon movimento di macchina generale,il film però manca molto di ritmo facendo molto leva sui personaggi passati del regista/protagonista diventando quasi una caricatura di quel colonnello tedesco di Tarantiniana memoria. Molto carattere al personaggio forse anche troppo a mia sensazione fino quasi a voler chiudere frettolosamente la storia con un finale alquanto sciapo e poco approfondito.
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Buona buona la prova al debutto in regia per Christoph Waltz in questo film che prende l'idea da una storia alquanto particolare fatta di bugie e manipolazioni per mano del protagonista Ulrich Mott interpretato dallo stesso Waltz. Al netto della messa in scena e delle inquadrature che fanno una buona impressione visto la credibilità nel ricreare le cosidette "stanze del potere" e un buon movimento di macchina generale,il film però manca molto di ritmo facendo molto leva sui personaggi passati del regista/protagonista diventando quasi una caricatura di quel colonnello tedesco di Tarantiniana memoria. Molto carattere al personaggio forse anche troppo a mia sensazione fino quasi a voler chiudere frettolosamente la storia con un finale alquanto sciapo e poco approfondito. Si apprezza l'impegno nella regia che tutto sommato è buona, ma da un due volte premio Oscar ci si aspetta qualcosina in più.
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belliteam
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sabato 9 gennaio 2021
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a tutto waltz
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Christoph Waltz attore, regista (il suo esordio) e co-produttore di questa pellicola che ha come altre protagoniste Vanessa Redgrave e Annette Bening.
Girato per lo piu' a Washington, Georgetown e' un film che racconta parallelamente la storia di un uomo qualunque che grazie ai suoi buoni modi e alle capacita' diplomatiche si e' fatto un nome negli Stati Uniti, il tutto inserito all'interno di un "giallo" per l'assassinio della moglie (di quarant'anni piu' anziana) avvenuto in casa della coppia.
Il film costruito con diversi flasback in fase di montaggio e' un inno all'inganno e all'arte di utilizzare un "nome" importante x conoscerne uno ulteriore.
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Christoph Waltz attore, regista (il suo esordio) e co-produttore di questa pellicola che ha come altre protagoniste Vanessa Redgrave e Annette Bening.
Girato per lo piu' a Washington, Georgetown e' un film che racconta parallelamente la storia di un uomo qualunque che grazie ai suoi buoni modi e alle capacita' diplomatiche si e' fatto un nome negli Stati Uniti, il tutto inserito all'interno di un "giallo" per l'assassinio della moglie (di quarant'anni piu' anziana) avvenuto in casa della coppia.
Il film costruito con diversi flasback in fase di montaggio e' un inno all'inganno e all'arte di utilizzare un "nome" importante x conoscerne uno ulteriore... e senza svelare troppo della trama, dove ovviamente l'onnipresente C.Waltz (che ci rimanda ai suoi personaggi gia' interpretati nei film di Tarantino, a cui copia tra l'altro la suddivisione in capitoli del film) la fa da padrone, non ci rimane che consigliarne la visione
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carloalberto
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giovedì 28 gennaio 2021
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il mistero dell''affabulazione
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Commedia noir brillante ispirata ad una storia vera, tratta dalla cronaca nera di un giornale newyorkese, che segna il felice esordio alla regia di Christoph Waltz, che interpreta anche il ruolo del protagonista. Vanessa Redgrave e Annette Bening sono le comprimarie d’eccellenza di una pellicola che non delude le aspettative, che, in un’opera del genere, molto simile a una piece teatrale, si concentrano soprattutto sulla performance attoriale.
L’articolazione in capitoli, attraverso i flashback, ripropone, in vari episodi, le tappe dell’ascesa al mondo che conta di Washington, quello della politica e della diplomazia internazionale, di un immigrato tedesco senza arte né parte, coniugandosi in modo armonioso con la storia al presente, in una narrazione fluida degli eventi, che concorre a tratteggiare progressivamente la personalità camaleontica ed istrionica del protagonista, che riesce ad inserirsi in ambienti chiusi ed esclusivi, riservati agli amici degli amici, grazie alla messa in scena delle proprie fantasie egocentriche, che forse sono il frutto, e questo è il dubbio che intende instillare Waltz, con la ripetizione finale della scena con cui si inizia il film, di una patologia psicotica che lo induce a confondere sogno e realtà.
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Commedia noir brillante ispirata ad una storia vera, tratta dalla cronaca nera di un giornale newyorkese, che segna il felice esordio alla regia di Christoph Waltz, che interpreta anche il ruolo del protagonista. Vanessa Redgrave e Annette Bening sono le comprimarie d’eccellenza di una pellicola che non delude le aspettative, che, in un’opera del genere, molto simile a una piece teatrale, si concentrano soprattutto sulla performance attoriale.
L’articolazione in capitoli, attraverso i flashback, ripropone, in vari episodi, le tappe dell’ascesa al mondo che conta di Washington, quello della politica e della diplomazia internazionale, di un immigrato tedesco senza arte né parte, coniugandosi in modo armonioso con la storia al presente, in una narrazione fluida degli eventi, che concorre a tratteggiare progressivamente la personalità camaleontica ed istrionica del protagonista, che riesce ad inserirsi in ambienti chiusi ed esclusivi, riservati agli amici degli amici, grazie alla messa in scena delle proprie fantasie egocentriche, che forse sono il frutto, e questo è il dubbio che intende instillare Waltz, con la ripetizione finale della scena con cui si inizia il film, di una patologia psicotica che lo induce a confondere sogno e realtà.
Waltz, tuttavia, non si attarda sull’analisi psicologica dei suoi personaggi e rimane in superficie, attratto com’è dalla creatività del suo personaggio, capace di intessere relazioni dal nulla fondando tutto sul potere ipnotico della parola e sull’atteggiamento sicuro e spavaldo che ricorda molto quello di alcuni politici nostrani e non solo, spesso venuti dal nulla, che hanno raggiunto i vertici delle istituzioni basandosi esclusivamente sulla chiacchiera e sull’aspetto gradevole.
Ma Waltz non è stato di certo ispirato da queste amenità per la realizzazione del suo film, piuttosto, l’interesse per il soggetto deve essere nato in lui dalla naturale fascinazione che esercita un personaggio come Ulrich Mott su qualsiasi attore, in quanto entrambi, sulle tavole di un palcoscenico o nella vita di tutti i giorni, attingendo al mistero dell’affabulazione danno una parvenza di vita reale a personaggi immaginari. Da qui la moltiplicazione dell’inganno, in un gioco di specchi che rinvia l’immagine di un uomo che nella vita mette in scena un personaggio nato dalla sua fantasia a quella del personaggio messo in scena dal Waltz attore e da questi all’altro e così via.
Le conclusioni sono tutte metafilmiche e ognuno può trarre da questa storia la morale che vuole.
Sottintesa nel film è sia la presa d’atto che al mondo per ogni Ulrich Mott esiste sempre una folla di beoti pronti a farsi abbindolare dall’impostore di turno e sia la triste considerazione che la propensione a credere vere le favole se ben raccontate, per la sua eterna attualità, è connaturata all’animo umano.
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