Dolor y Gloria

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Il corpo è l'uomo (Leopardi)

di francesca meneghetti


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martedì 28 maggio 2019

La sequenza più insolita del film è data dal rapido susseguirsi, in movimento, di immagini medico-scientifiche che scandagliano, anche in 3D, il corpo umano: cervello, ossa, muscoli, sistema venoso e arterioso, cuore, polmoni e così via.
La sola cifra che consente il collegamento con il resto del film è il colore vivace: ci riporta a quel kitsch eccessivo, ma pur sempre vivo, che è sempre stato il leit motiv di tanti di tanti film di Almodóvar. Si ritrova anche in Dolor y Gloria, dove esplodono spesso il bianco, il rosso, il verde-azzurro, l’ocra, spesso accostati tra loro in barba alle regole dell’armonia, anche a fare da sfondo a primi piani di personaggi che sembrano ritagliati. Ma sicuramente qui il kitsch è più misurato, così come un velo morbido sembra sfumare tutto: colori, ritratti, situazioni, dialoghi, colonna sonora (Alberto Iglesias, ma incorpora anche un melodioso pezzo di Pino Donaggio cantato da Mina, “Come una sinfonia”).
Sono diverse le possibili chiavi di lettura del film: l’autobiografia, il racconto della crisi creativa di un regista sessantenne, Salvador, la nostalgia del passato, che include un’infanzia povera, ma felice a Paterna, un paesino dell’area valenciana (almeno fino al passaggio al seminario, per poter studiare), e una giovinezza libera e trasgressiva nella capitale, e un grande amore omosessuale troncato con dolore. Ma forse il nucleo pesante del film è dato dal tema del corpo: fonte di piacere da giovani, radice di ogni dolore, fisico e psicologico, quando avanzano gli anni (E il corpo è l’uomo, scriveva Leopardi nel Dialogo di Tristano e di un amico!). Finché l’organismo ci propina un dolore al giorno si può restare atei, dice Salvador, ma, quando di notte i dolori ingombrano corpo e anima, il cervello va in tilt, la laicità pure e si finisce per pregare.
Salvador è afflitto da mal di testa, mal di schiena, depressione e da una terribile disfagia che lo porta a pensieri cupi e accentua la depressione: così non vuole uscire, non scrive, non fa ciò per cui sente di essere nato: girare film (perché per farlo ci vuole fisico). Ma poi la matassa aggrovigliata dei dolori aggrappati al passato comincia a dipanarsi, e si ritrova il filo giusto, la via di fuga.
Nello schema narrativo si alternano racconti del presente, spesso girati in spazi interni, con molti primi piani, opportunamente illuminati, per dare risalto alle espressioni del viso e ai moti dell’anima, con sequenze in flashback (forse non del tutto autentiche…)
Una delle più belle è a metà tra il neorealismo e l’Odissea di Omero: la bellissima mamma di Salvador bambino (Penelope Cruz), come Nausicaa, lava i panni nel fiume e li distende sui cespugli ad asciugare, contando una dolcissima canzone. Notevole anche l’arrivo a Paterna, tutta bianca, con le sue case, e le grotte, come quelle di Matera, dove finirà per vivere la famiglia del futuro regista.
La maturità di Almodóvar lo ha portato a rifuggire dagli eccessi (e se ciò avviene è con una certa leggerezza), dalle trame complicate e inverosimili, dai trucchi istrionici per emozionare. Basta, per questo, una materia autentica e universale, come il dolore per la morte di una madre tanto amata, un dolore prima rimosso, poi affrontato dopo aver toccato il fondo (cercando l’oblio nell’eroina fumata: esperienza, per altro, che appartiene a Salvador ma non ad Almodóvar) . Del resto i colpi di scena degni del miglior cinema non mancano.
Giustamente premiata l’interpretazione di Antonio Banderas, ma spacca anche quella di Asier Etxeandía, nella parte di Alberto Crespo, attore amato e poi rinnegato di Salvador, il cui ingresso in scena, molto rock, ricorda il migliore Johnny Depp.

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ragnetto46 sabato 1 giugno 2019
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Ho visto ieri il film e confermo quello che hai scritto tu: Banderas è proprio da premio. Così vero, misurato pieno di acciacchi che sembra proprio che li abbia lui!!! Come film è abbastanza fuori dagli schemi soliti di Almodovar a parte i colori sempre vivaci e molto kich... La cosa che non mi è sembrata giusta sta nella madre quando diventa vecchia: la madre quando è giovane ha gli occhi marroni della Cruz e poi li ha azzurri dell'attrice Serrano. Non me lo spiego. E' voluta questa cosa? che significa? Vorrei sapere il tuo punto di vista. Grazie per avermi letto e saluti cordiali.

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