Lontano da qui

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Sempre più lontano dal cuore Valutazione 1 stelle su cinque

di cardclau


Feedback: 11399 | altri commenti e recensioni di cardclau
venerdì 14 dicembre 2018

Cosa voglia dire, quale possa essere l’essenza, il mistero, della creazione e della creatività umana, non è di casa, non è dato di sapere, nel film Lontano da qui, della regista Sara Colangelo. Come, d’altro canto, ti dovresti comportare, se come adulto dovessi trovare in un giovane un tesoretto, cioè una quantità impensabile di talenti. È vero, cerca di affrontare questo tema particolarmente impegnativo e appassionante, ma si aggira inconcludente e sconclusionata nelle paludi della cultura americana del ventunesimo secolo, sempre di più standardizzata, impoverita, (che a me sembra una drammatica non cultura), con gli affetti sempre più lontani dal cuore, con risultati deprimenti, e deludenti. C’è poco da fare, o ce l’hai o non ce l’hai, la creatività, non sembra che possa venire appresa, neanche in un corso sulla poesia fatto in quel modo. Come diverse altre cosette, appare decisamente insulso nel suo tentativo di controllare e di spiegare tutto, con una mancanza, questa volta sì, di creatività assoluta. Perché la creatività per essere tale deve essere imprevedibile, sorprendente, decisamente libera, non legata a schemi prefissati, dove qui stanno i bravi e buoni, gli uguali, lì i maldestri e cattivi, i diversi. Il film, purtroppo, è tutta una passerella di figure non convincenti. La maestra d’asilo Lisa Spinelli (Maggie Gyllenhaal) agisce ogni cosa apparentemente senza consapevolezza e riflessione adulta, dall’inizio alla fine, in un modo paradossale, e tirandosi dietro quasi tutti gli altri personaggi, in cui neanche la psicosi è straniera. Appassionata di poesia, che dovrebbe sostituire nella sua fantasia la sensazione, molto americana, di essere una perdente. Una perdente col marito Grant Spinelli (Michael Chernus) perché non emerge mai un solido desiderio tra loro due. Una perdente con i figli, adolescenti: il figlio maschio che vuole arruolarsi nei marines (ma dai! ovviamente), e che non ha “imparato nulla” dagli insegnamenti dei genitori (dove sono stati?); la figlia femmina che la rimprovera di essere passionale come un’ambasciatrice dell’ONU, e che lei trovando l’osservazione piuttosto divertente, non è capace di comunicarlo alla figlia. Una perdente con la baby sitter di Jimmy Roy (Parker Sevak) che fa licenziare perché si permette di affibbiare al genietto Jimmy dei nomignoli affettuosi. Fa il corso di poesia ma non riesce a trovare un contatto con se stessa, non è capace di sentire il suo cuore, ma ascolta estatica quel deficiente (nel senso di minorato) affettivo del professore di poesia Simon (Gael Garcia Bernal), che non sa nemmeno come rapportarsi con una donna, balbettante, e difeso da una corazza spessa, come un carapace, dalla poesia della quale conosce, e solo approssimativamente, forma, ma neanche un barlume di contenuto. Per fortuna la regista ci risparmia un saggio della sua arte. Infine non ci scomodiamo più di tanto per il genietto Jimmy Roy, “dotato poeta”, con pensieri da adulto in un essere umano di cinque anni e mezzo, una figura decisamente incompiuta, inverosimile e inconcludente. La regista non ha capito che il genio è qualcosa potentemente in divenire, che sboccia con la maturazione, presente nel bambino solo in nuce. Sembra quindi che si sia applicata solo negli studi di statica, trascurando la dinamica.

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goldy sabato 15 dicembre 2018
razionalità fuori luogo
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Mi limito a ricordarle cosa diceva Robert Desnos nel 1927 sul cinema: 'Noi chiediamo al cinema ciò che l'amore e la vita ci rifiutano;: è il mistero è il miracolo'. Se lei affronta questo film con la finalità dell'entomologo, lasci perdere. Il cinema non fa per lei Se la scena finale del bimbo seduto nella macchina della polizia che sussurra 'Ho una poesia' destinata a rimanere urlo nel deserto non le ha stretto ilcuore, lasci perdere. Non è ricorrendo alla razionalità che si riesce a fare un film così!

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emasbt domenica 16 dicembre 2018
film che non vale la pena di vedere Valutazione 0 stelle su cinque
25%
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75%

D'accordo completamente!

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mauro.t mercoledì 26 dicembre 2018
in risposta a goldy Valutazione 0 stelle su cinque
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"L'artista deve sapere il modo con cui convincere gli altri della verità delle sue bugie"(Picasso). La razionalità ha senso se la sua mancanza rende un film poco credibile (e godibile). La scena finale della poesia destinata a perdersi sembra fatta apposta per stringere il cuore, e l'intenzione evidente ne sminuisce l'effetto.

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