ashtray_bliss
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giovedì 14 marzo 2019
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climax: immersivo e suggestivo capolavoro.
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Gaspar Noè è un autore sui generis che ha creato un linguaggio cinematografico proprio, il quale può risultare condivisibile o meno, piacere o meno ma non è mai indifferente. Noè crea attraverso le sue pellicole universi oscuri e perversi, caratterizzati dagli eccessi, dai tormenti, dal caos e della follia. Questo immaginario, costellato dalla decadenza e dalle luci al neon, domina sempre sullo schermo e riesce a trasportare al suo interno gli spettatori, rendendoli partecipi di esperienze disturbanti, perverse, cupe, ciniche e intense. Ma questo rende uniche le sue opere e rende indelebile il suo contributo all'Arte, del cinema indipendente e d'autore che sfida le regole del genere e i dettami stilistici dando origine a prodotti incredibilmente unici, esperienze visive e sensoriali senza precedenti.
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Gaspar Noè è un autore sui generis che ha creato un linguaggio cinematografico proprio, il quale può risultare condivisibile o meno, piacere o meno ma non è mai indifferente. Noè crea attraverso le sue pellicole universi oscuri e perversi, caratterizzati dagli eccessi, dai tormenti, dal caos e della follia. Questo immaginario, costellato dalla decadenza e dalle luci al neon, domina sempre sullo schermo e riesce a trasportare al suo interno gli spettatori, rendendoli partecipi di esperienze disturbanti, perverse, cupe, ciniche e intense. Ma questo rende uniche le sue opere e rende indelebile il suo contributo all'Arte, del cinema indipendente e d'autore che sfida le regole del genere e i dettami stilistici dando origine a prodotti incredibilmente unici, esperienze visive e sensoriali senza precedenti. L'anima, nera e provocatoria, del cinema di Gaspar Noè si materializza per mezzo dei suoi personaggi complessi, problematici e tormentati che sullo schermo incarnano le tematiche ricorrenti in ogni singolo lungometraggio del regista franco-argentino: il dolore, la follia, la disperazione, la passione, il sesso e la violenza. E ovviamente la morte che esplicita o meno domina in ogni sua opera. Ma il tutto è rappresentato in modo crudo ed esplicito, realistico e senza filtri ne freni o censure di alcun tipo. Qualcuno potrebbe obiettare che gli argomenti trattati, giustamente scabrosi e provocatori, abbiano come unico fine quello di turbare e scioccare lo spettatore cercando la facile popolarità e fama ma in verità il regista cerca di rendere ulteriormente vivida, incisiva e drammatica l'esperienza lacerante e corrosiva dei suoi protagonisti. Cerca, in questo modo, di trasportare lo spettatore all'interno della spirale infernale che trascina i suoi principali protagonisti, e questo accade con Climax.
Fedele a suoi topoi narrativi, le tematiche spinose di cui si fa sempre portatore, Climax rappresenta in modo esteticamente e visivamente impeccabile l'estasi, l'apoteosi, di una festa, l'inebriante pathos ed energia sprigionata da un gruppo di ballerini che ben presto deraglia verso l'incubo più inquietante e frenetico dal quale, inevitabilmente, è impossibile uscirne indenni. Adoperando l'estetica e la visuale di un ricercato videoclip d'autore, già proposta in Love, Noè mette ancora una volta a nudo l'animo umano al suo stato più selvaggio e crudo quando perde totalmente il controllo di sè e diventa autore della propria autodistruzione. Grazie anche ad una regia personalissima, sempre in movimento in ogni inquadratura, e composta da molteplici pianosequenze, il regista riesce sin dai primi frame a catturare l'attenzione e la curiosità degli spettatori. Ambientando la storia a metà degli anni '90 (anche se i riferimenti cronologici sono volutamente assenti dalla pellicola) in una scuola di danza in disuso, nel mezzo del nulla da qualche parte in America (o forse in Francia, chi può dirlo). Il clima teso e claustrofobico non tarda ad arrivare e raggiungere l'apice, soppiantando l'iniziale euforia dei ballerini, che insieme all'atmosfera asfissiante creata appositamente dalla musica elettronica di sottofondo, dal ritmo incalzante e martellante, invasiva e instancabile, accompagna spettatori e protagonisti in questa spirale di follia e caos.
Una discesa agli inferi dantesca e allegorica, che inizia come un'estasi divina, dionisiaca, fatta di corpi avvinghiati l'uno sull'altro come un'orgia mistica durante i molteplici balletti, vino (anzi sangria), e un'atmosfera distesa, euforica, elettrizzante. Ma col passare delle ore quella stessa estasi divina si trasforma in un incubo man mano che ognuno dei ballerini si rende conto che nella sangria è stato sciolto l'LSD. Ecco allora che Noè, attraverso riprese instancabili e vertiginose - ribadiamo che la macchina da presa non si ferma quasi mai, alternando riprese dall'alto e rovesce- cattura e trasmette l'aumentare dell'ansia, dell'angoscia, del senso di impotenza, della perdita costante di autocontrollo ed equilibrio nel piccolo gruppo di danza. Costretti a restare dentro a causa di una bufera di neve, nel gruppo, inizia a manifestarsi il bullismo, l'astio, la violenza. Una serie di interminabili accuse reciproche per risalire all'autore del terribile scherzo provocherà un'escalation repentina verso il baratro. L'umanità messa a nudo al suo stato peggiore, quando la razionalità e l'autocontrollo svaniscono sotto l'effetto dell'acido che travolge e investe il gruppo di giovani trasportandoli all'interno di questo bad trip allucinogeno e irrefrenabile.
La morte, leit motiv nella filmografia d'autore di Noè, è sempre in agguato dietro l'angolo e arriva nel gesto protettivo di una madre che chiude suo figlio nella stanza dell'impianto elettrico, in una giovane ragazza che in preda alla disperazione e istigata dal resto del gruppo inizia a pugnalarsi e tagliarsi, in un ragazzo che innocentemente viene buttato fuori dalla scuola durante la bufera e condannato, letteralmente, a morte senza prove e senza pentimenti.
La degenerazione che s'instaura nelle sale e nei corridoi della scuola di danza è soltanto l'inizio di una incontrollata e macabra discesa verso gli abissi più spettrali e oscuri dell'animo umano dove l'incubo incontra la paranoia, la paranoia si tramuta in violenza, la violenza in follia. Sotto l'effetto dell'acido ogni componente della squadra reagirà in modo diverso ma ugualmente drammatico. C'è chi si abbandona all'isteria e alle allucinazioni prodotte dalla droga, nonostante i futili tentativi di restare ancorato alla realtà, come il personaggio di Selvà (Sofia Boutela), c'è chi oltrepassa ogni limite morale arrivando persino a compiere atti incestuosi, mentre altri ancora scatenano la loro indole più brutale e violenta per arrivare infine alla madre del bambino, Tito, che in preda alla disperazione, allo sconforto e alla perdita totale di lucidità e controllo arriverà al suicidio quando comprende la gravità della sua azione.
Il tono del film segue dunque i cambiamenti dell'umore e del comportamento dei protagonisti diventando sempre più teso e cupo, rivestendo la pellicola con le caratteristiche tipiche dell'horror e del thriller psicologico. Gli ambienti interni diventano inaspettatamente stretti e claustrofobici senza lasciare alcuno spiraglio di salvezza per i ballerini coinvolti. La musica martellante e ripetitiva, basata sui beat di Daft Punk (tra gli altri), l'alternarsi di riprese monocromatiche con i vividi e allucinogeni colori al neon, la camera in costante movimento, la danza e il movimento corale e instancabile dei ballerini; tutto ormai contribuisce a creare quest'atmosfera mistagogica che raggiunge il suo zenith, anzi il suo climax, di quello che appare come un rituale antico e misterico, sconvolgente e suggestivo al tempo stesso in bilico tra estasi e psichedelia.
Noè crea questo immaginario volutamente opprimente, claustrofobico, caotico, fastidioso e disordinato dominato da una cura minuziosa per la ricercatezza estetica potente che coinvolge e sorprende, confonde e sconvolge lo spettatore sia a livello visivo che emotivo. Perchè questa è l'essenza del cinema d'autore del cineasta franco-argentino. Non c'è spazio per la tradizione, la comodità, la sicurezza, i finali rassicuranti. Ogni suo film è una discesa all'inferno, devastante e lacerante, un'immersione totalizzante negli abissi insondabili dell'animo umano nei momenti dove esso è più vulnerabile e fuori controllo. Ripercorrendo i temi narrativi a lui cari, sempre personali e parzialmente autobiografici, esplora gli aspetti più scomodi e oscuri di quest'umanità al suo stato peggiore, ma anche quello più intimo e autentico, esponendone la bassezza e il vuoto interiore.
Climax risulta quindi un film ansiogeno, sconvolgente, scioccante, ipnotico ed elettrizzante ma anche cinico e brutale. La cinepresa ti fa venire il mal di testa, ti stordisce, ti confonde ed è tutto voluto, tutto minuziosamente studiato a tavolino per farti entrare, corpo e anima, in quella esperienza tanto mistica e logorante, alla quale non vorresti partecipare nemmeno come spettatore ma alla quale è impossibile rinunciare. Climax è il cinema indipendente e sperimentale all'ennesima potenza che assicura esperienze cinematografiche immersive e indelebili, nel bene e nel male, che possono disgustare ma non lasciano mai indifferenti. D'altronde, chi ha detto che il cinema debba essere per forza rassicurante, catartico e confortevole?
Chapeau, allora a Noè, che in un panorama sempre più grigio e politicizzato, a favore della correttezza a tutti i costi, osa andare controcorrente, uscire dagli schemi, contrastare i canoni e le imposizioni di genere, creando pellicole potenti e incisive, pur restando fieramente ancorato nella sfera del cinema d'autore sperimentale e indipendente ma non per questo incapace di regalarci brividi assoluti e indimenticabili. 4,5/5.
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inesperto
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lunedì 17 giugno 2019
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l'inversa proporzione tra rumore e logica
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Certamente, non si reca offesa se si definisce come estremo questo lungometraggio... In sala, durante la proiezione, sembrava di trovarsi in discoteca, talmente le musiche erano alte e le luci psichedeliche: c'era quasi il rischio di sballarsi di LSD soltanto assistendo alle vicende dei personaggi... Restando sul pezzo, però, pur raccontando un fatto di cronaca realmente accaduto, il film non riesce a darsi un senso (e forse non vuole nemmeno). Pur trasmettendo un'innegabile interiorità, risulta molto poco lineare e proprio questa sua frammentarietà, unita alla narrazione volutamente oscura e forzatamente psicologica, contribuisce a non attrarre l'attenzione dello spettatore comune, se non per motivazioni sarcastiche.
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Certamente, non si reca offesa se si definisce come estremo questo lungometraggio... In sala, durante la proiezione, sembrava di trovarsi in discoteca, talmente le musiche erano alte e le luci psichedeliche: c'era quasi il rischio di sballarsi di LSD soltanto assistendo alle vicende dei personaggi... Restando sul pezzo, però, pur raccontando un fatto di cronaca realmente accaduto, il film non riesce a darsi un senso (e forse non vuole nemmeno). Pur trasmettendo un'innegabile interiorità, risulta molto poco lineare e proprio questa sua frammentarietà, unita alla narrazione volutamente oscura e forzatamente psicologica, contribuisce a non attrarre l'attenzione dello spettatore comune, se non per motivazioni sarcastiche. Quella che ne esce è una dimenticabile opera senza scopo. Peccato per la sempre splendida Sofia Boutella.
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dandy
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mercoledì 10 marzo 2021
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ballando e sballando.
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Il regista si ispira a un fatto di cronaca francese del'90(che non ebbe gli sviluppi estremi qui mostrati)per l'ennesimo tour de force visivo e uditivo con annessa rappresentazione pessimista della vita.Rispetto ai film precedenti si contiene parecchio con le scene spinte e azzecca la durata ristretta.Come sempre si salva in parte grazie alla tecnica(innegabilmente d'effetto il primo piano sequenza tra le altre cose) e sa rendere efficaci gli attori,ballerini senza alcuna esperienza attoriale(Boutella esclusa)che hanno improvvisato sia coreografie che dialoghi.Ma il tutto resta privo di vera sostanza,senza approfondimento come i personaggi mostrati.Il prologo con le interviste nella tv in mezzo ai vari libri e vhs(con i testi di Bataille,Nietzsche,Freud e i film "Possession","Zombi","Salò",Suspiria""Il diritto del più forte","Inauguration of the Pleasure Dome","Harakiri" e ci sono anche citazioni più insolite come "Inferno di cristallo","L'avventura del Poseidon" e "Il demone sotto la pelle"),i credits mostrati a metà film e l'inserimento di frasi banali sulla vita e la morte sono le classiche trovate superflue del regista.
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Il regista si ispira a un fatto di cronaca francese del'90(che non ebbe gli sviluppi estremi qui mostrati)per l'ennesimo tour de force visivo e uditivo con annessa rappresentazione pessimista della vita.Rispetto ai film precedenti si contiene parecchio con le scene spinte e azzecca la durata ristretta.Come sempre si salva in parte grazie alla tecnica(innegabilmente d'effetto il primo piano sequenza tra le altre cose) e sa rendere efficaci gli attori,ballerini senza alcuna esperienza attoriale(Boutella esclusa)che hanno improvvisato sia coreografie che dialoghi.Ma il tutto resta privo di vera sostanza,senza approfondimento come i personaggi mostrati.Il prologo con le interviste nella tv in mezzo ai vari libri e vhs(con i testi di Bataille,Nietzsche,Freud e i film "Possession","Zombi","Salò",Suspiria""Il diritto del più forte","Inauguration of the Pleasure Dome","Harakiri" e ci sono anche citazioni più insolite come "Inferno di cristallo","L'avventura del Poseidon" e "Il demone sotto la pelle"),i credits mostrati a metà film e l'inserimento di frasi banali sulla vita e la morte sono le classiche trovate superflue del regista.E nel delirio il rischio di stordimento è facile,come nella lunga sequenza con la telecamera capovolta.Cinema di superficie,quindi non in grado di andare oltre l'apprezzamento sensoriale,anche se meno autocompiaciuto e pretestuoso dei precedenti "Irreversible" e "Enter the void".Girato in 14 giorni.Nella colonna sonora,brani tra gli altri di Cerrone,Patrick Hernandez,Giorgio Moroder(un remix di "Scarface")Aphex Twin.Vincitore dell'Art Cinema Award a Cannes.Da noi è circolato in qualche rassegna e museo.
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tunaboy
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martedì 29 giugno 2021
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recensione climax
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Spesso i cinema ci porta in luoghi bellissimi e rassicuranti, cullandoci per quelle due orette che costituiscono la durata del film.
Altre volte, però, il cinema ci accompagna in viaggi nei meandri più bui della mente umana, esplorando le paure più recondite dell’uomo.
“Climax”, diretto dal controverso regista argentino Gaspar Noé, appartiene a quest’ultima categoria.
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Spesso i cinema ci porta in luoghi bellissimi e rassicuranti, cullandoci per quelle due orette che costituiscono la durata del film.
Altre volte, però, il cinema ci accompagna in viaggi nei meandri più bui della mente umana, esplorando le paure più recondite dell’uomo.
“Climax”, diretto dal controverso regista argentino Gaspar Noé, appartiene a quest’ultima categoria.
Finite le prove della loro coreografia, un gruppo di ballerini si riunisce per festeggiare in una fatiscente scuola abbandonata. Dopo poco, però, la situazione comincerà a degenerare, quando buona parte dei ballerini comincerà a sentirsi male. Scopriremo, infatti, che nella sangria che tutti avevano bevuto era stata versata una grande quantità di acidi, probabilmente LSD. E così, quella che era una normale festa si trasformò in un inferno.
Nelle sequenze successive i protagonisti si trasformano in veri e propri animali, rispondendo solo ed esclusivamente ai propri istinti: con estrema violenza si scaglieranno su quelli che considerano i colpevoli dell’avvelenamento, ma che probabilmente erano in tutti i casi innocenti. Così, quando il mattino seguente una squadra di pompieri irromperà nella struttura, lo spettacolo che si troveranno davanti sembrerà uscito direttamente da un canto dell’Inferno dantesco.
L'intero film è caratterizzato da una maestria tecnica eccezionale: infatti la pellicola è costituita in buona parte da tre lunghi piani sequenza magistralmente realizzati, e, più in generale, assistiamo ad una regia spettacolare.
Una volta terminato lo spettacolo grottesco offertoci dal regista, però, rimiamo con una domanda: Perché? Qual è il motivo dietro a tutto ciò che abbiamo appena visto?
Purtroppo, non ne potremo trovare una risposta: infatti, credo che si possa dire che questo film sia dotato di una fantastica forma ma che manchi quasi totalmente di sostanza. Certo, si potrebbe dire che una rappresentazione degli istinti umani non abbia bisogno di una motivazione, in quanto gli istinti stessi non possono avere una grande motivazione alle loro spalle; però, anche se fosse questo il caso, risultano altri problemi abbastanza pressanti: per esempio, non è presente nessun tipo di evoluzione dei personaggi.
Infatti, credo che Noé si sia concentrato così tanto sulla creazione di un prodotto che riuscisse a turbare lo spettatore da dimenticarsi dell’aspetto più importante di un film, ovvero l’umanità dei sui personaggi. Per questo credo che “Climax” sia una grande occasione sprecata.
Voto: 3.5/5
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cinefoglio
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domenica 10 marzo 2019
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istantanea di climax
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Gaspar Noé torna sul grande schermo con un prodotto irrinunciabilmente autoriale e suggestivo, teso a provocare un intero gourmet di emozioni viscerali.
Climax racchiude in sé tutte le caratteristiche tipiche del cinema noeiano.
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Gaspar Noé torna sul grande schermo con un prodotto irrinunciabilmente autoriale e suggestivo, teso a provocare un intero gourmet di emozioni viscerali.
Climax racchiude in sé tutte le caratteristiche tipiche del cinema noeiano. Il gusto pulp e dei font retrò, colorati al neon, si sposano in un ritmo tutto personale che non si abbandona a cliché.
Lo stile, che si rifà al body horror, è squisitamente Noé, costellato da pian sequenza al limite del sopportabile con tanto di viraggi aerei e zenitali. L’immagine viscerale si contorce nei soggetti già bestialmente accartocciati al suolo. Un’interpretazione non puramente drammatica, ma che si dimostra una performance coreografica virtuosa, tutta inscenata nel delirio di un party «finito male».
La storia, cronologicamente lineare, rimane ingabbiata, come in un one-room movie, nella sola location di una sala da ballo di un’accademia (le cui coordinate geografiche e temporali sono sconosciute) dove i ballerini, al termine di una prova, si concedono una festa privata per celebrare la riuscita della coreografia.
Nonostante la premessa apparentemente gioviale, la pellicola ben presto, sulle musiche di Moroder dei Daft Punk e di Aphex Twin ed inebriata da illuminazioni stroboscopiche e mono-cromatiche, si trasforma, lentamente, in una escape room dalla quale, ironia della sorte, non è possibile fuggire.
La narrazione, nel suo evolversi, è scandita da un vero e proprio crescendo di esperienze orrorifiche, intime e struggenti, che si espandono in uno scenario paradossale e bizarre, lontano da ogni minima logica e razionalità umana.
Un film avvincente e pieno di sperimentalismi ma non alla portata di tutti i palati (altrimenti non sarebbe Noé). Seguire Climax è un’esperienza psicologica debilitante, nella più ampia cornice del citazionismo cinematografico di Gaspar (dalle VHS impilate di fianco la TV a catodico dei provini, dove sbuca anche un dargentiano Suspiria) non si compromette con gli stilemi del genere ed una vana promessa di salvezza. Alla fine, «la Morte, è la più bella di tutte le esperienze».
07/03/2019
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