nanni
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giovedì 29 dicembre 2016
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captain fantastic
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Ben e sua moglie sono hippie rivoluzionari del terzo millennio. Crescono i loro sei figli nel bosco, rifiutando radicalmente ogni forma di consumismo. Cacciano con arco e frecce, coltivano l'orto e barattano, di tanto in tanto, i loro piccoli oggetti artigianali con le merci di un negozio nel vicino paese. La morte improvvisa della moglie ed il funerale che lei, a differenza dei suoi genitori, avrebbe voluto dissacrante e scansonato, metterà in crisi il rapporto di Ben con i figli e con quella vita..............Captain fantastic è una bellissima favola moderna. Ci racconta che possiamo ancora resistere al "pensiero unico" ed al conformismo globalizzato. Che possiamo ancora batterci per un nuovo umanesimo; contro lo stile di vita ottusamente consumistico/compulsivo sempre meno sostenibile e senza futuro.
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Ben e sua moglie sono hippie rivoluzionari del terzo millennio. Crescono i loro sei figli nel bosco, rifiutando radicalmente ogni forma di consumismo. Cacciano con arco e frecce, coltivano l'orto e barattano, di tanto in tanto, i loro piccoli oggetti artigianali con le merci di un negozio nel vicino paese. La morte improvvisa della moglie ed il funerale che lei, a differenza dei suoi genitori, avrebbe voluto dissacrante e scansonato, metterà in crisi il rapporto di Ben con i figli e con quella vita..............Captain fantastic è una bellissima favola moderna. Ci racconta che possiamo ancora resistere al "pensiero unico" ed al conformismo globalizzato. Che possiamo ancora batterci per un nuovo umanesimo; contro lo stile di vita ottusamente consumistico/compulsivo sempre meno sostenibile e senza futuro. I giovani attori sono più che perfetti. Viggo Mortensen è tanto bravo vestito quanto bellissimo nudo. Meritata la standing ovation a cannes. Film militante. tre stelle e mezzo. ciao nanni
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(di tommaso1)
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liuk!
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venerdì 28 ottobre 2016
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capolavoro hippie
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La storia di un hippie che assieme alla moglie lascia la civiltà per rifugiarsi tra le montagne e crescere i propri figli. La cruenta morte della donna lo costringe a porsi delle domande, a riflettere e a riconfrontarsi con un mondo che non è più il suo ma che i figli prima o poi dovranno affrontare. Tematiche complesse ma affrontate con grande realismo e con un sottofondo di spensieratezza che rende il lavoro tanto semplice quanto profondo, senza mai cadere nel dramma profondo e, anzi, divertendo.
Assieme a questo, Captain Fantastic presenta un cast eccellente con Mortesen alla sua migliore interpretazione ed un gruppo di ragazzi veramente preparati. Degna di nota la scena della famiglia riunita a salutare le spoglie della madre, cantando Sweet Child O'Mine: un pezzo di cinema indimenticabile.
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La storia di un hippie che assieme alla moglie lascia la civiltà per rifugiarsi tra le montagne e crescere i propri figli. La cruenta morte della donna lo costringe a porsi delle domande, a riflettere e a riconfrontarsi con un mondo che non è più il suo ma che i figli prima o poi dovranno affrontare. Tematiche complesse ma affrontate con grande realismo e con un sottofondo di spensieratezza che rende il lavoro tanto semplice quanto profondo, senza mai cadere nel dramma profondo e, anzi, divertendo.
Assieme a questo, Captain Fantastic presenta un cast eccellente con Mortesen alla sua migliore interpretazione ed un gruppo di ragazzi veramente preparati. Degna di nota la scena della famiglia riunita a salutare le spoglie della madre, cantando Sweet Child O'Mine: un pezzo di cinema indimenticabile.
Che dire di più? La pellicola di Ross è eccezionale, un capolavoro assoluto da non perdere assolutamente.
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robertalamonica
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domenica 11 dicembre 2016
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sweet child o' mine
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Una 'quest' moderna, dove il Santo Graal è rappresentato dall'omaggio alle spoglie terrene della mamma di questa famiglia incredibile i cui membri si situano a metà strada tra dei meravigliosi elfi della mitologia celtica e la tradizionale famiglia hippie come da immaginario collettivo. C'è di tutto in ' Captain Fantastic', dal viaggio in the road al coming of age story, passando attraverso il mito del buon selvaggio di roussoviana memoria e echi di Little Miss Sunshine... E, in questa miscellanea di richiami letterari e cinematografici c'è la domanda di tutto il film: si può scegliere di seguire un modello educativo antitetico a quello istituzionale? Si può declinare la propria vita prescindendo dal vortice del mondo? Si può scegliere altro? Ben Cash ci prova.
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Una 'quest' moderna, dove il Santo Graal è rappresentato dall'omaggio alle spoglie terrene della mamma di questa famiglia incredibile i cui membri si situano a metà strada tra dei meravigliosi elfi della mitologia celtica e la tradizionale famiglia hippie come da immaginario collettivo. C'è di tutto in ' Captain Fantastic', dal viaggio in the road al coming of age story, passando attraverso il mito del buon selvaggio di roussoviana memoria e echi di Little Miss Sunshine... E, in questa miscellanea di richiami letterari e cinematografici c'è la domanda di tutto il film: si può scegliere di seguire un modello educativo antitetico a quello istituzionale? Si può declinare la propria vita prescindendo dal vortice del mondo? Si può scegliere altro? Ben Cash ci prova. Ci provano i suoi figli, ci prova la moglie mai 'presente' ma la cui presenza permea ogni singola sequenza il risultato è NO. Non si può... e nel meraviglioso rito pagano della pira purificatrice svanisce il sogno di questa meravigliosa famiglia e il compromesso si mostra come l'unica via percorribile. Sweet child o' mine: una ninna nanna che culla l'accettazione del fallimento di una meravigliosa utopia..
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(di fomi62)
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stefano capasso
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giovedì 8 dicembre 2016
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quando i figli educano i genitori
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Ben vive da oltre dieci anni con I suoi 6 figli lontano dalle città, nel cuore della foresta del Nord America. Aveva scelto con la moglie di trasferirsi laggiù come forma di rifiuto verso un mondo occidentale capitalistico e corrotto e impone ai figli duri allenamenti, studio costante e una continua preparazione alla vita selvaggia.
Ma quando la moglie da tempo malata, muore, Ben e i ragazzi dovranno affrontare il mondo convenzionale per partecipare ai suoi funerali. Sarà l’occasione perché emergano all’interno della famiglia e col mondo esterno, quei conflitti che porteranno ad una nuova prospettiva.
E’ quasi una fiaba questa raccontata da Matt Ross, che con leggerezza e ironia pone al centro della questione come costruirsi il proprio mondo ideale.
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Ben vive da oltre dieci anni con I suoi 6 figli lontano dalle città, nel cuore della foresta del Nord America. Aveva scelto con la moglie di trasferirsi laggiù come forma di rifiuto verso un mondo occidentale capitalistico e corrotto e impone ai figli duri allenamenti, studio costante e una continua preparazione alla vita selvaggia.
Ma quando la moglie da tempo malata, muore, Ben e i ragazzi dovranno affrontare il mondo convenzionale per partecipare ai suoi funerali. Sarà l’occasione perché emergano all’interno della famiglia e col mondo esterno, quei conflitti che porteranno ad una nuova prospettiva.
E’ quasi una fiaba questa raccontata da Matt Ross, che con leggerezza e ironia pone al centro della questione come costruirsi il proprio mondo ideale. La necessità di allontanarsi dal mondo che sembra così poco onesto e rispondente alle necessità reali degli uomini può trasformarsi in una utopia e in una chiusura verso questo. Il film racconta com’è possibile trasformare questa utopia in qualcosa di sostenibile, processo che avviene grazie alle istanze che emergono dai figli che diventano gli “educatori” dei genitori.
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lbavassano
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domenica 11 dicembre 2016
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sottilmente spiazzante (più di quanto non appaia)
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Eccessivo, anche e soprattutto nei suoi difetti, nelle vistose inverosimiglianze e incongruenze della trama e dei personaggi (ma a me ciò che da principio ha dato più fastidio è la pulizia dell'immagine, completamente irrealistica. Non siamo "Into the Wild", credo volutamente). Profondamente americano, per il suo radicalismo, che mescola Thoreau a Chomsky, per il suo millenarismo e utopismo, troppo ingenuo per i disincantati occhi europei, per la sua nostalgica dimensione "on the road", ma già la chiave interpretativa nostalgica offre molte crepe.
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Eccessivo, anche e soprattutto nei suoi difetti, nelle vistose inverosimiglianze e incongruenze della trama e dei personaggi (ma a me ciò che da principio ha dato più fastidio è la pulizia dell'immagine, completamente irrealistica. Non siamo "Into the Wild", credo volutamente). Profondamente americano, per il suo radicalismo, che mescola Thoreau a Chomsky, per il suo millenarismo e utopismo, troppo ingenuo per i disincantati occhi europei, per la sua nostalgica dimensione "on the road", ma già la chiave interpretativa nostalgica offre molte crepe. Spiazzante, in un mondo di film carini e perfettini, e proprio per questo a mio parere merita di essere visto, per i suoi difetti ed "errori", per il suo divagare dalla mainstream, per la capacità di capovolgere i punti di vista (anche quello nostalgico) senza pretendere di offrirne uno assoluto, più sottile in ciò di quanto possa a prima vista apparire. Merita di essere visto perché quando esci dalla sala non hai la pacificante certezza di avere visto "un bel film", ma un film che ti lascia dei dubbi, che non puoi semplicemente liquidare come "un brutto film".
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filippo catani
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mercoledì 14 dicembre 2016
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inno alla diversità
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Da circa dieci anni una famiglia composta da padre, madre e sei figli vive nella foresta cercando di vivere di ciò che essa offre e comprando solo lo stretto necessario. Allo stesso tempo il padre vigila strettamente sulla loro educazione facendogli leggere un sacco di libri. Il suicidio della madre costringerà la famiglia ad uscire dal proprio isolamento.
Un film meraviglioso con protagonisti fantastici. Come si potrebbe non parteggiare per chi ha sostituito Babbo Natale con il Chomsky day? Come si può non rimanere indifferenti al tentativo di una educazione al naturale? Suggestivo è il momento in cui il più piccolo dei bambini sa molte più cose dei cugini annoiati liceali che passano il tempo ai videogiochi.
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Da circa dieci anni una famiglia composta da padre, madre e sei figli vive nella foresta cercando di vivere di ciò che essa offre e comprando solo lo stretto necessario. Allo stesso tempo il padre vigila strettamente sulla loro educazione facendogli leggere un sacco di libri. Il suicidio della madre costringerà la famiglia ad uscire dal proprio isolamento.
Un film meraviglioso con protagonisti fantastici. Come si potrebbe non parteggiare per chi ha sostituito Babbo Natale con il Chomsky day? Come si può non rimanere indifferenti al tentativo di una educazione al naturale? Suggestivo è il momento in cui il più piccolo dei bambini sa molte più cose dei cugini annoiati liceali che passano il tempo ai videogiochi. Ovviamente come in tutte le cose questo genere di scelta di vita ha un duro rovescio della medaglia in cui l'isolamento non tanto dalla società ma dagli affetti familiari è la parte più pesante e dolorosa e finisce inevitabilmente per riverberarsi nelle vite delle persone. I paesaggi sono suggestivi, la colonna sonora è meravigliosa e stupendo è anche lo sgangherato pulmino con cui la famiglia si muove per andare al funerale e sarà un vero e proprio viaggio di vita pieno di nuove esperienza che porteranno a galla sentimenti belli ma anche rabbie represse. Mortesen giganteggia per bravura ma un plauso ma all'intero cast dei ragazzini ma anche e soprattutto all'algido e terribile Langella che nella seconda parte del film mette letteralmente i brividi. Insomma un film salutare su una famiglia fuori dagli schemi o quantomeno fuori dai rigidi schemi imposti dalla società.
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andrea giostra
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giovedì 15 dicembre 2016
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depressione o adattamento!
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Ho visto “Captain Fantastic”ieri, e poi, come è mio solito fare, avendo già un’idea precisa di quello che ho provato nell’assaporare questo Film di Matt Ross, ho letto alcune recensioni. Ebbene, non ne ho trovata una, dico una!, che avesse ben capito l’originalità e la genialità di questa produzione!
In genere le recensioni sono scritte per non essere comprese dallo spettatore medio: nel senso di chi va al Cinema per distrarsi e per divertirsi, per sognare e per proiettarsi identificandosi con i protagonisti e vivere quelle emozione finzionali come se fossero le sue: Immedesimazione? Empatia? Identificazione proiettiva? Che importanza ha? Basta che il Film riesca a trasportare la mente in un mondo nuovo, diverso, liberatorio, che è quello dello sceneggiatore, del regista, del produttore, di chi ha scritto la storia! È tutto lì il “trucco”! Non c’è altro in un Film da capire o da scoprire!
La sceneggiatura di Matt Ross, che al contempo dirige il Film, è bellissima ed inquietante insieme.
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Ho visto “Captain Fantastic”ieri, e poi, come è mio solito fare, avendo già un’idea precisa di quello che ho provato nell’assaporare questo Film di Matt Ross, ho letto alcune recensioni. Ebbene, non ne ho trovata una, dico una!, che avesse ben capito l’originalità e la genialità di questa produzione!
In genere le recensioni sono scritte per non essere comprese dallo spettatore medio: nel senso di chi va al Cinema per distrarsi e per divertirsi, per sognare e per proiettarsi identificandosi con i protagonisti e vivere quelle emozione finzionali come se fossero le sue: Immedesimazione? Empatia? Identificazione proiettiva? Che importanza ha? Basta che il Film riesca a trasportare la mente in un mondo nuovo, diverso, liberatorio, che è quello dello sceneggiatore, del regista, del produttore, di chi ha scritto la storia! È tutto lì il “trucco”! Non c’è altro in un Film da capire o da scoprire!
La sceneggiatura di Matt Ross, che al contempo dirige il Film, è bellissima ed inquietante insieme. Ma è quella inquietudine che lo spettatore prova quando viene coinvolto in una storia bellissima che capisce già, dai primi fotogrammi, che è “too good to be true!”.
Sì, proprio così, come Freud ne “Un disturbo di memoria sull’Acropoli”, un piccolo saggio del 1936 che lasciamo al nostro lettore recuperare per gustarsi l’analogia emotiva che arditamente segnalo con questo fantastico Film.
I temi trattati da Matt Ross, che ha forgiato nella marrazione un Cast di attori straordinariamente bravi, che hanno saputo vestire la loro parte in un modo sorprendentemente reale, sono temi attuali, moderni, dei nostri giorni insomma.
Non tutti sanno che quasi il 20% della popolazione occidentale soffre di depressione (nelle sue varie forme e declinazioni cliniche!). Non tutti sanno che sono più di 350 milioni le persone occidentali che soffrono di questo disturbo. Non tutti sanno che ogni anno muoiono di depressione, molto spesso suicide, poco meno di un milione di persone! Ed ecco allora che coraggiosamente Matt Ross, con la sua sceneggiatura e la sua regia, mette al centro della sua storia fantastica, con disarmante schiettezza ed umanità, uno dei peggiori drammi psichiatrici della storia dell’uomo di tutti i tempi, meglio noto clinicamente come “disturbo bipolare”, un tempo clinicamente definito come “psicosi maniaco-depressiva”, che alterna momenti maniacali a momenti fortemente down.
La storia ruota attorno a questo devastante fenomeno del XX e del XXI Secolo, vissuto dalla razza umana come un tabù, perché dire di essere depressi e come dire di essere “lebbrosi”, e quindi il rischio è la contaminazione del proprio simile!
Per provare a sconfiggere questo male, Ben, la moglie ed i sei figli, decidono di allontanarsi drasticamente dello stile di vita del mondo occidentale, che è spesso la causa e la genesi di questa malattia mentale, isolandosi nelle foreste del Pacifico nord-occidentale dove vivono in simbiosi con la natura più vera e più cruda. Non si usano armi da fuoco per uccidere animali selvatici per nutrirsi, e si vive tutti insieme allenando il corpo e la mente quotidianamente, così come consigliavano gli antichi romani all’inizio del primo millennio dalla nascita di Cristo, raccomandando di vivere secondo il principio: «Mens sana in corpore sano». Vita sana, cibi sani, letture sane, confronti dialettici intelligenti e stimolanti per la mente, vivendo del necessario e lasciando agli “occidentali-consumatori-seriali-ossessivi” il superfluo e il pleonastico.
Tutto il resto, che erroneamente viene messo al centro della storia da alcuni critici professionisti, e solo la cornice della narrazione cinematografica di Matt Ross che si avvale di un Cast di attori straordinari, con un Viggo Mortensen che brilla come la “superluna” di questi giorni che ha sedotto e affascinato miliardi di persone in tutto il mondo.
La cultura, l’educazione, il rapporto genitori-figli, la religione, il passaggio nell’al di là come doloroso o gioioso a seconda delle diverse prospettive di culto, sono solo temi accessori che qualche volta rischiano di distrarre lo spettatore dal vero fulcro della storia che è la capacità dell’essere umano del XXI Secolo di adattarsi allo stile di vita contemporaneo che è incompatibile con l’attuale evoluzione del corpo e della mente dell’“Homo sapiens”, o meglio, dell’”Homo Technologicus”.
Questa incapacità di adattamento, che invece nei milioni di anni trascorsi hanno caratterizzato la natura umana, oggi, a causa dell’evoluzione straordinariamente veloce della tecnologia e dell’attenzione ad elementi esogeni ma al contempo futili, pongono l’Homo Technologicus in una condizione di fragilità emotivo-relazionale che spesso lo conduce all’estraneamento e alla depersonalizzazione, quindi spesso alla depressione!
Ma il Film, alla fine, tiene conto della realtà dei giorni nostri, ed è allora che “Captain Fantastic” Viggo Mortensen, a seguito di un grave ed imprevedibile incidente che colpisce una delle sue figlie, viene illuminato dalla consapevolezza che è impossibile che l’Uomo Occidentale oggi viva la sua vita come gli indigeni delle tribù sperdute della Foresta Amazzonica.
La scelta più saggia è quella di “adattarsi” alla vita dei nostri giorni, alla vita di noi occidentali che abbiamo perduto irreversibilmente tutto quello di più sano e vitale che nei secoli hanno costruito i nostri avi. “Too good to be trou!”! Infatti la realtà oggi è un’altra, e nostro malgrado dobbiamo viverla adattandoci darwinianamente per quello che è!
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samanta
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venerdì 25 agosto 2017
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il carattere di un uomo determina il suo destino
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Innanzitutto è necessario considerare che è un film che fa pensare nel senso che trasmette tanti argomenti forse anche troppi che impediscono al termine dello spettacolo (che ho visto in DVD) di poter dire con sicurezza che cosa il film veramente volesse intendere. Innanzitutto un accenno ai dati de lfilm: uscito nel 2016 non ha avuto un grande successo di pubblico (in tutto il mondo circa 15 milioni di $ di incasso) e un discreto successo di critica. La regia è di Matt Ross al suo secondo film però con una lunga esperienza di attore cinematografico e televiso, che indubbiamente gli è servita per guidare con esperienza il film di cui è anche sceneggiatore.
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Innanzitutto è necessario considerare che è un film che fa pensare nel senso che trasmette tanti argomenti forse anche troppi che impediscono al termine dello spettacolo (che ho visto in DVD) di poter dire con sicurezza che cosa il film veramente volesse intendere. Innanzitutto un accenno ai dati de lfilm: uscito nel 2016 non ha avuto un grande successo di pubblico (in tutto il mondo circa 15 milioni di $ di incasso) e un discreto successo di critica. La regia è di Matt Ross al suo secondo film però con una lunga esperienza di attore cinematografico e televiso, che indubbiamente gli è servita per guidare con esperienza il film di cui è anche sceneggiatore. Ottima la resa degli attori in particolare di Virgo Mortessen che è ben cresciuto da quando interpretò (ottimamente Aragorn ne Il Signore degli Anelli) rendendo un'interpretazione molto accurata in un un personaggio (Ben Cash) assai difficile da rendere. Ebbe per questo film la nomination agli Oscar del 2017 che certamente avrebbe meritato meglio del vincitore. La trama: Ben Cash vive ormai da 10 anni con i sei figli (da 18 a 7 anni) nei boschi lontano dalla civiltà ed educandoli sia fisicamente che culturalmente, mentre la moglie che ha partecipato all'avventura è da un certo tempo in ospedale con una forte depressione che la porta al suicidio. Il film è centrato sul viaggio della famiglia durato alcuni giorni sul pulmino per partecipare al funerale.SPOILER L'incontro con il mondo esterno provoca non pochi incidenti e fratture anche al'interno della famiglia di Ben, ad esempio il figlio maggiore di nascosto al padre e con l'aiuto della madre aveva fatto domanda di ammissione (accettata) nelle maggiori università.Alla fine avverrà un compromesso i figli non vivranno con il nonno materno (Frank Langella) uomo assai agiato ma ritorneranno con il padre che apre una fattoria e manda i figli a scuola mentre il maggiore va all'Università.
Il film appare assai complesso per i temi (tutti intelligenti) che affronta anche se non sempre appare all'altezza di quanto si dibatte nella trama. Certamente c'é un dato certo il mondo appare sempre più governato da pochi centri di potere che condizionano la vita economica e intellettuale degli uomini. Idolo della famiglia di Ben è Noam Chomsky intellettuale socialista libertario americano che ha molto studiato il condizionamento operato dal sistema sugli individui. D'altra parte è un discorso ormai secolare quelo della crisi dell'occidente e il crearsi di un sistema opppressivo, il tema è stato affrontato da molti intellettuali (vedi Spengler, Aldous Huxley, Huizinga, Jack London, Ira Levin, Orwell ....). Il problema è che non si passi dal conformismo del pensiero unico al conformismo dell'anticonformismo che anche esso lascia poco spazio alla libertà, la famiglia di Ben appare militirizzata e indottrinata cosicché al primo incontro con la realtà appaiono le prime incrinature. Un tema peraltro assai interessante è quello dell'educazione dei figli, Ben si proccupa di loro, quando invece molti genitori non si curano della loro educazione abbandonandola integralmente alla scuola con tutti i limiti di questa. Forse la conclusione è che bisogna lottare per i propri ideali nel posto che in un modo e nell'altro la vita ci ha assegnato senza pensare che rinchiudersi in un'isola deserta possa essere la soluzione migliore.
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robert eroica
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domenica 11 dicembre 2016
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in fuga dal mondo globale
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Viggo Mortensen superstar in una commedia, “Captain Fantastic” che riflette sulla possibilità di un gruppo di persone di sopravvivere con le solo loro forze, isolandosi dalla civiltà. Un padre e sei figli, che addestra in modo quasi militare, in un accampamento nella foresta. Li incoraggia a uccidere gli animali per sfamarsi e a studiare (soprattutto fisica e matematica) per capire come ad ogni azione corrisponda una specifica reazione. “Un uomo è definito dalle azioni, non dalle parole” ama spesso ripetere. E la madre ? Non c’è più, suicida in un ospedale lontano, forse in fuga da quel mondo utopico, forse solo costretta da una malattia troppo grande per essere curata sulle montagne.
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Viggo Mortensen superstar in una commedia, “Captain Fantastic” che riflette sulla possibilità di un gruppo di persone di sopravvivere con le solo loro forze, isolandosi dalla civiltà. Un padre e sei figli, che addestra in modo quasi militare, in un accampamento nella foresta. Li incoraggia a uccidere gli animali per sfamarsi e a studiare (soprattutto fisica e matematica) per capire come ad ogni azione corrisponda una specifica reazione. “Un uomo è definito dalle azioni, non dalle parole” ama spesso ripetere. E la madre ? Non c’è più, suicida in un ospedale lontano, forse in fuga da quel mondo utopico, forse solo costretta da una malattia troppo grande per essere curata sulle montagne. Ma al funerale la famiglia non può proprio mancare e su uno scassinato pullmino tenterà di raggiungere il Nuovo Messico per partecipare alla cerimonia. Ma a modo loro. Un tema a forte rischio “new age” dunque, caro al cinema indipendente americano a partire dagli anni Novanta ma che per fortuna, il giovane regista americano Matt Ross (all’opera seconda, presentata a Cannes e premiata) declina in maniera non banale, rinunciando alla facile battuta e anche alla (ormai troppo) diffusa ironia delle famiglie disfunzionali di Wes Anderson. Lo si capisce già dalla prima scena in cui un cervo viene ucciso all’arma bianca, senza troppe sfumature. Certe scene, in bilico tra invenzione e farsa, poi, sono geniali, si pensi al festeggiamento del (falso) compleanno di Noam Chomsky, il più estremo dei contestatori “istituzionali” d’America. Peccato per una seconda parte più classica, con sottofondo moraleggiante, in cui si tenta in tutti i modi di far quadrare il cerchio, rovinando in parte l’effetto di stupefazione presente nella prima. Bella l’esecuzione nel finale di “Sweet Child o Mine”, anche se non c’entra niente. E sui titoli di coda la meravigliosa Shall be released di Bob Dylan che c’entra ancora meno.
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pippi calzelunghe1982
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lunedì 12 dicembre 2016
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emozionale
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Uno straordinario Viggo Mortensen è il capo tribù di una famiglia fuori da ogni schema, che vive nel mezzo della foresta in perfetta armonia con la natura, cacciando, fortificandosi con duri allenamenti, leggendo romanzi e libri di testo intorno al fuoco. Questo apparente idillio verrà sconvolto, catapultandoli in un mondo che non li capisce e che non capiscono, ma che li obbliga a guardarsi dentro e ad ascoltare.
Apparentemente può sembrare una trama non originale, anzi forse piuttosto scontata ma non lo è affatto. Il percorso emozionale che fa questa famiglia è intenso e fa riflettere. Fa riflettere la scelta di una vita così estrema che ricade sui figli, un processo educativo molto forte, a tratti anaffettivo, che invece cela un amore assoluto ma cieco.
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Uno straordinario Viggo Mortensen è il capo tribù di una famiglia fuori da ogni schema, che vive nel mezzo della foresta in perfetta armonia con la natura, cacciando, fortificandosi con duri allenamenti, leggendo romanzi e libri di testo intorno al fuoco. Questo apparente idillio verrà sconvolto, catapultandoli in un mondo che non li capisce e che non capiscono, ma che li obbliga a guardarsi dentro e ad ascoltare.
Apparentemente può sembrare una trama non originale, anzi forse piuttosto scontata ma non lo è affatto. Il percorso emozionale che fa questa famiglia è intenso e fa riflettere. Fa riflettere la scelta di una vita così estrema che ricade sui figli, un processo educativo molto forte, a tratti anaffettivo, che invece cela un amore assoluto ma cieco. Un viaggio che mette in discussione le certezze e le decisioni prese, un viaggio verso la libertà delle idee, un viaggio verso la libertà delle scelte.
Divertente, poetico, commuovente... da vedere!
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