fabiofeli
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sabato 21 marzo 2015
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la libertà di non essere per forza qualcosa
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Hana (Alba Rohrwacher) fin da bambina manifesta indipendenza e curiosità: ama correre, girare nei boschi, governare le capre, andare a cavallo. E’ affascinata dai fucili, stretti nelle mani maschili. Nel villaggio albanese di montagna dove nevica di frequente Hana si perde d’inverno nei boschi; lo “zio” che la ritrova rivendica la proprietà della ragazza per averle salvato la vita e la adotta nella sua casa dove vive con la moglie e la figlia. Tutte le attività che affascinano Hana sono riservate agli uomini, che governano con pugno ferreo la comunità relegando le donne ad un ruolo sottomesso, quasi sub-umano: persino nei funerali il compianto del morto è riservato agli uomini; le donne restano in secondo piano, quasi senza lacrime.
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Hana (Alba Rohrwacher) fin da bambina manifesta indipendenza e curiosità: ama correre, girare nei boschi, governare le capre, andare a cavallo. E’ affascinata dai fucili, stretti nelle mani maschili. Nel villaggio albanese di montagna dove nevica di frequente Hana si perde d’inverno nei boschi; lo “zio” che la ritrova rivendica la proprietà della ragazza per averle salvato la vita e la adotta nella sua casa dove vive con la moglie e la figlia. Tutte le attività che affascinano Hana sono riservate agli uomini, che governano con pugno ferreo la comunità relegando le donne ad un ruolo sottomesso, quasi sub-umano: persino nei funerali il compianto del morto è riservato agli uomini; le donne restano in secondo piano, quasi senza lacrime. Per poter esprimere la propria personalità – “non dover essere per forza qualcosa” - Hana rinuncia alla sua femminilità. Con un rituale in uso nel luogo, che ricorda la presa dei voti delle suore, taglio di capelli compreso, la ragazza “diventa” uomo, con un nuovo nome, Mark, ed un nuovo aspetto: fascia i seni acerbi strettamente e rinuncerà definitivamente al sesso. Questo le permette di usare il fucile e bere la grappa come tutti i maschi, ma ormai il suo corpo è una gabbia che la imprigiona in una identità non sua. Lo zio festeggia sparando in aria per la “nascita” di un figlio maschio nella sua famiglia. Anche la cugina-sorella, Lila (Flonja Kodheli) si ribella alle regole patriarcali: rifiuta un matrimonio combinato – in dono il futuro sposo avrà dal suocero una pallottola per uccidere la moglie non obbediente - ed emigra in una città del Nord Italia. Hana dopo diversi anni va a cercarla e con qualche difficoltà viene accettata nella famiglia di Lila; trova un lavoro di sorvegliante e segue con qualche screzio la figlia della cugina, che si addestra in piscina al nuoto sincronizzato. Recupera il rapporto con Lila che nella città è riuscita ad essere donna senza le limitazioni imposte nel suo paese. La curiosità e l’intelligenza che anima Hana-Mark permettono alla donna di ritrovare se stessa e liberarsi.
Il buon film, tratto da un libro della scrittrice albanese Elvira Dones, è in concorso a Berlino. La regista esordiente gira in parte in paesaggi remoti e incantati, dove ci si muove a piedi e si traghetta un lago con un battello, e in parte in una città moderna, apparentemente estranea e fredda ma al tempo stesso accogliente. Il dialogo è stringato, essenziale, ora in albanese ora in italiano; l’immagine che utilizza largamente i primi piani sul volto espressivo della Rohrwacher dona sostanza, profondità e corpo alla vicenda. Il tema della difficile liberazione femminile è trattato da diverse pellicole degli ultimi tempi; ma ce n’è la necessità, finché in molte realtà perdurano situazioni di dominio e di arretratezza. Un film da non mancare.
Valutazione ***1/2
FabioFeli
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stefanomaria
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venerdì 27 marzo 2015
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un libro visivo
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Sono al buio, è notte fonda, e le immagini, le sensazioni, le emozioni suscitatemi da 'Vergine giurata' sono lì, presenti, attive; non riesco a staccami da loro, loro non mi lasciano un minuto, e si consumano lentamente dentro di me, stimolando la mia mente e imponendomi di riflettere sulle splendide immagini del film.
Scarno, essenziale, con dialoghi ridotti all'osso, il lungometraggio della Bispuri riporta emozioni che ho, talvolta, avvertito con la lettura di un buon libro, nel quale le 'immagini immaginate' sono più forti di qualsiasi rappresentazione riportata su di un lenzuolo bianco ed impresse sulla mia cornea; infatti, al di là della storia sconvolgente delle 'vergini giurate' albanesi, la scenografia e il simbolismo delle immagini del film sono di una forza inarrestabile che va decisamente al di là della mera rappresentazione visiva: la macchina da presa rincorre i personaggi, sta loro fisicamente addosso, ritrae ogni piccolo particolare senza compiacimento, senza vergogna o pudore, con la consapevolezza della loro potenza narrativa e descrittiva; i caratteri sono lì, nudi davanti a noi spettatori, e non c'è fraintendimento, non c'è equivoco, sia nella interpretazione, da parte di noi spettatori, dei significati palesi, superficiali, né di quelli più reconditi e sottotraccia.
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Sono al buio, è notte fonda, e le immagini, le sensazioni, le emozioni suscitatemi da 'Vergine giurata' sono lì, presenti, attive; non riesco a staccami da loro, loro non mi lasciano un minuto, e si consumano lentamente dentro di me, stimolando la mia mente e imponendomi di riflettere sulle splendide immagini del film.
Scarno, essenziale, con dialoghi ridotti all'osso, il lungometraggio della Bispuri riporta emozioni che ho, talvolta, avvertito con la lettura di un buon libro, nel quale le 'immagini immaginate' sono più forti di qualsiasi rappresentazione riportata su di un lenzuolo bianco ed impresse sulla mia cornea; infatti, al di là della storia sconvolgente delle 'vergini giurate' albanesi, la scenografia e il simbolismo delle immagini del film sono di una forza inarrestabile che va decisamente al di là della mera rappresentazione visiva: la macchina da presa rincorre i personaggi, sta loro fisicamente addosso, ritrae ogni piccolo particolare senza compiacimento, senza vergogna o pudore, con la consapevolezza della loro potenza narrativa e descrittiva; i caratteri sono lì, nudi davanti a noi spettatori, e non c'è fraintendimento, non c'è equivoco, sia nella interpretazione, da parte di noi spettatori, dei significati palesi, superficiali, né di quelli più reconditi e sottotraccia.
Da sfondo (quasi a voler evocare la simbologia arcaica di questo elemento), c'è l'acqua che, in mare, in una piscina, in pioggia, in neve, nello scorrere di un fiume di montagna, in una improvvisata vasca da bagno in una povera casa di montanari, tra i capelli di Hana/Mark) accompagna maternamente la storia, i personaggi, lo scorrere (appunto...) e i cambiamenti delle loro vite, come un'anziana che conosca il bene e il male saprebbe condurre i giovani per mano verso la dritta via (sapientemente, pazientemente, infallibilmente...) delle loro esistenze.
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angelo umana
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lunedì 23 marzo 2015
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femminilità negata e riscoperta
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Vergine Giurata, di Laura Bispuri con Alba Rohrwacher.
Vi insegnerò a sparare, a recitar le preghiere, ad amar la patria e la bandiera … era una canzone di Edoardo Bennato: mi viene in mente osservando la crescita di Hana - Alba Rohrwacher, giovane grande attrice e di parti solo impegnative – accanto al coriaceo padre adottivo, in un posto remoto sulle montagne albanesi, di vite povere e lontane dalla grande “civiltà”, coi suoi riti, le credenze e il modo arcaico di vedere la donna. Quella civiltà prevede che la femmina sposi lo sposo assegnatole, che non vada a cavallo, che non spari col fucile, che non fumi, che le donne non siano libere di non essere per forza qualcosa al di fuori dei ruoli di comodo assegnati loro dall’uomo.
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Vergine Giurata, di Laura Bispuri con Alba Rohrwacher.
Vi insegnerò a sparare, a recitar le preghiere, ad amar la patria e la bandiera … era una canzone di Edoardo Bennato: mi viene in mente osservando la crescita di Hana - Alba Rohrwacher, giovane grande attrice e di parti solo impegnative – accanto al coriaceo padre adottivo, in un posto remoto sulle montagne albanesi, di vite povere e lontane dalla grande “civiltà”, coi suoi riti, le credenze e il modo arcaico di vedere la donna. Quella civiltà prevede che la femmina sposi lo sposo assegnatole, che non vada a cavallo, che non spari col fucile, che non fumi, che le donne non siano libere di non essere per forza qualcosa al di fuori dei ruoli di comodo assegnati loro dall’uomo. Altre cose da maschio, oltreché sparare, apprenderà Hana, ma per praticarle dovrà rinunciare – questo prevede l’usanza del posto – alla sua femminilità, giurerà davanti a un consiglio di saggi del villaggio, solo maschi ovviamente, la verginità eterna, nessuna mano mi sfiorerà, come Dio mi ha creato la vita mi conserverà. Si chiamerà Mark.
Mark/Hana è orfana, è stata affidata alla famiglia in cui vivono Lila e i genitori: quasi coetanee, saranno compagne cugine sorelle, Lila è l’unica accanto a cui Hana/Mark ha dormito, sono una la forza dell’altra. Lila fuggirà da casa ed emigrerà in Italia con un uomo che ama, non quello che il padre avrebbe designato. Diversi anni dopo, morto il padre adottivo – forte e duro il canto o preghiera degli uomini alla sepoltura – e successivamente la madre, Hana raggiungerà Lila, del resto l’unica “familiare” rimastale, tu sei il mio posto le dirà. Domina nel film il silenzio di questa assoluta protagonista (la cinepresa “soffia sul collo” dei personaggi ma soprattutto di lei), la sua osservazione e le cose che le si indovinano dentro, il suo spirito di sopportazione, in fondo la forza che viene fuori dal personaggio. Sopporterà, ospite inattesa, di essere mal accolta nel piccolo appartamento da Lila e dalla sua figlia adolescente, moderna, irriverente, piena della forza che il fiore degli anni le dà. Ma sarà la ragazza a legarsi a questo essere strano e silenzioso, il pseudo Mark che di maschio ha solo l’abbigliamento e il lavoro di guardiano notturno in un parcheggio, da lui/lei si farà accompagnare in piscina. La giovane pratica il nuoto sincronizzato (ma “rock acquatico” rende meglio l’idea). Con la frequentazione di quell’ambiente e con le confidenze a Lila, Hana scoprirà il sesso, mai troppo manifesto o esibito nel film, delicato come unA regista sa fare, descritto in modo femminile dalle due amiche-sorelle, qualcosa che accade dentro e anche fuori, come essere col vento in cima a una montagna.
Film molto duro, come i profili severi delle montagne albanesi, coraggioso, sull’emigrazione, sulla capacità di sopportare certe condizioni di vita negli angoli sperduti del mondo, sulla femminilità negata e poi riscoperta. La quasi clausura che si è imposta Hana - da comprimersi il seno con fasciature strette che le irritano la pelle - contrapposta alla femminilità e la grazia esibite dalla figlia di Lila in piscina o con la libertà della molto femminile Lila che canta in un locale. In una lettera consegnata dalla madre a Hana prima di morire, che le due amiche leggono prima di cantare in quel locale, insieme, una canzone albanese, è scritto: le parole che una donna non può parlare. Ora la rocciosa Hana è veramente cresciuta, aperta al mondo, matura nel sapere apprezzare la vita riscoperta, lei che diceva non sono niente fuori da quei monti.
Interessanti i piani temporali che si succedono, il prima che si interseca col dopo in una cronologia molto originale che non disturba. Opera prima e primo lungometraggio della regista Laura Bispuri, ispirato liberamente all’omonimo romanzo, Sworn Virgin di Elvira Dones (nata a Durazzo nel ’60, risiede negli USA dopo aver vissuto diversi anni in Svizzera), presentato alla Berlinale: è un’opera d’arte, tutta al femminile.
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miguel angel tarditti
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lunedì 23 marzo 2015
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defender la libertad para no volverse una cosa
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Defender la libertad para no volverse una cosa cualquiera…
por ejemplo: un cadàver.
VERGINE GIURATA (Virgen por juramento)
Un film coproducciòn entre Italia, Alemania, Albania, Kosovo, Suiza.
Jurar virginidad eterna para respetar la propia libertad, es el dilema existencial que propone este film de la exordiente Laura Bispuri.
En esa cultura arcaica de la geografia de Albania, y posiblemente del Kosovo, la mujer, para sentirse libre de correr, cazar, talar un àrbol, (como hacian los hombres), en ese ambiente de montañas heladas por las nieves de tantos inviernos, debe cercenar su condiciòn femenina asumiendo una falsa identidad masculina.
Solo asì, travestida de hombre, podrà ser “libre”.
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Defender la libertad para no volverse una cosa cualquiera…
por ejemplo: un cadàver.
VERGINE GIURATA (Virgen por juramento)
Un film coproducciòn entre Italia, Alemania, Albania, Kosovo, Suiza.
Jurar virginidad eterna para respetar la propia libertad, es el dilema existencial que propone este film de la exordiente Laura Bispuri.
En esa cultura arcaica de la geografia de Albania, y posiblemente del Kosovo, la mujer, para sentirse libre de correr, cazar, talar un àrbol, (como hacian los hombres), en ese ambiente de montañas heladas por las nieves de tantos inviernos, debe cercenar su condiciòn femenina asumiendo una falsa identidad masculina.
Solo asì, travestida de hombre, podrà ser “libre”.
Un deseo de una legitima libertad que no iba mas allà del imitar metafòricamente el desplazarse del viento helado, o del imitar la velocidad de las vertientes de agua no menos heladas, de esas geografias del altos picos nevados.
Ciertas sociedades no protegen, ni mucho menos potencian, la autenticidad del hombre. Lo encarcelan en cambio, lo cercenan, y lo ahogan en una infelicidad contraria a la que originariamente buscò el ser humano al congregarse en comunidades que le prometian la protecciòn de la ley.
Mark, (en la piel de la extraordinaria actrìz italiana Alba Rohrwacher)
en la ficciòn de este interesantisimo film, oculta la feminidad de Hana para crearse una pseudo libertad que en realidad no justifica el sufrimiento de resignar una autentica identidad.
El film, (aunque con algùn momento de exagerada lentitud), logra plantearnos la disyuntiva de defender con fuerza y voluntad nuestra libertad individual, para no volvernos una cosa cualquiera, un cadàver por ejemplo, como efectivamente ocurriò en nuestra cultura postmoderna, hace poco tiempo, cuando un muchachito homosexual de 17 años, perseguido por circunstancias familiares adversas a su autentica identidad sexual, se arrojò de un septimo piso, volviendose solo un cadàver.
Libertad de ser, contra libertad de parecer!
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vanessa zarastro
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domenica 5 aprile 2015
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identità ritrovate
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Valbona in Albania con i suoi alti fiordi, è molto poco frequentata da turisti a causa della strada brutta e impervia di accesso. Hana, vestita da uomo, scende a valle si fa traversare lungo il fiume, arriva a Tirana da cui in pullman arriva a Bolzano dove ha rintracciato Lila sua sorella d’adozione. Bellissime le immagini di questa prima parte nel primo lungometraggio di Laura Bispuri tratto dall’omonimo romanzo di Elvira Donesdel 2007.
La vita delle due ragazze a Valbona era stata molto dura: una ferrea impostazione maschilista toglieva loro ogni possibilità sia di libertà sia di impegno nel lavoro in foresta. Le due ragazze hanno dato due risposte diverse al problema: Lila non ha accettato un matrimonio combinato e se n’è scappata con l’uomo che crede di amare trasferendosi all’estero.
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Valbona in Albania con i suoi alti fiordi, è molto poco frequentata da turisti a causa della strada brutta e impervia di accesso. Hana, vestita da uomo, scende a valle si fa traversare lungo il fiume, arriva a Tirana da cui in pullman arriva a Bolzano dove ha rintracciato Lila sua sorella d’adozione. Bellissime le immagini di questa prima parte nel primo lungometraggio di Laura Bispuri tratto dall’omonimo romanzo di Elvira Donesdel 2007.
La vita delle due ragazze a Valbona era stata molto dura: una ferrea impostazione maschilista toglieva loro ogni possibilità sia di libertà sia di impegno nel lavoro in foresta. Le due ragazze hanno dato due risposte diverse al problema: Lila non ha accettato un matrimonio combinato e se n’è scappata con l’uomo che crede di amare trasferendosi all’estero. Hana soccombe alle tradizioni tribali e si traveste da uomo (Mark) per poter lavorare, cacciare in pace e poi accudire la matrigna, una volta rimasta vedova. Per fare ciò Hana è costretta a rivolgersi al Kanun: solo giurando di rimanere verginea vita potrà ottenere ciò che è a esclusivo appannaggio degli uomini: la libertà di essere ciò che vuole, tranne essere una donna. Scegliendo di diventare una burrnesha, Hana rinuncia alla sua identità, comprimendo nella carne anche l’animo. Un rifiuto di sé che diventerà la sua prigione: la legge del Kanun si basa sull’onore di chi lo contrae che giura fedeltà eterna. Ma quando entrambi genitori adottivi moriranno non sentirà più l’obbligo di gratitudine e partirà alla ricerca della sua amichetta Lila che le vicende della vita hanno fatto separare. E lì – a Bolzano- nella casa di Lila con marito e figlia, danzatrice acquatica in sincrono, assistendo alle prove atletiche in piscina Mark/Hanna piano piano ritrova la curiosità e il desiderio di riappropriarsi della sua parte femminile. E lo fa lentamente – molto lentamente… - con dubbi e curiosità ma anche tentennamenti, finché l’amica ritrovata la spinge ad abbandonare il camuffamento e a lasciarsi andare.
Lunghi piani sequenza, tempi quasi reali, camera sempre dietro Hana/Mark che cammina come a scoprire insieme un mondo; primi piani di pelli di volti, di nasi e di corpi attorno alla piscina. Colloqui minimi, in cui le stesse lingue narrano il processo delle ritrovate identità delle due amiche/sorelle. L’androgina Alba Rohrwacher è ripresa quasi sempre di profilo o di scorcio e ha l’intensità dei volti duecenteschi, ma anche la fissità, dipinti da Duccio di Boninsegna.
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ennas
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sabato 20 giugno 2015
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la negazione
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Le immagini montane dell’Albania , da dove inizia la vicenda narrata nel film “Vergine giurata”, non sono quelle patinate ad uso e consumo del turismo. Sono immagini aspre, dure, incombenti, nella natura ed anche nei colori. Oltre al bianco del paesaggio invernale, la roccia e il verde di queste montagne trasmettono un vago senso di angoscia.
Sono immagini splendide, e questo è uno dei pregi di questo film, fatto anche di magnifiche e ravvicinate riprese ed è anche il suo linguaggio più eloquente, una cifra che la regia riesce a mantenere per l’intero film.
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Le immagini montane dell’Albania , da dove inizia la vicenda narrata nel film “Vergine giurata”, non sono quelle patinate ad uso e consumo del turismo. Sono immagini aspre, dure, incombenti, nella natura ed anche nei colori. Oltre al bianco del paesaggio invernale, la roccia e il verde di queste montagne trasmettono un vago senso di angoscia.
Sono immagini splendide, e questo è uno dei pregi di questo film, fatto anche di magnifiche e ravvicinate riprese ed è anche il suo linguaggio più eloquente, una cifra che la regia riesce a mantenere per l’intero film.
E’ lo stesso linguaggio che ci mostra l’ambiente umano dove cresce Hana Doda, la protagonista, dove le parole e i gesti che contano sono riservati ai maschi, per le donne vige un lungo elenco di interdizioni e tabù, pena la messa al bando o, all’estremo, la violenza e l’eliminazione.
Cosa succede se Hana volesse scegliere di fare ciò che, in quanto donna, le è vietato? L’unica strada praticabile sembra quella di negare se stessa: una arcaica usanza tribale le consente di assumere questa mutilazione in pubblico, davanti ad un consesso di uomini, giurando la propria intoccabilità permanente. Uno di essi le recide i capelli, simbolo di femminilità, d’ora in poi potrà indossare abiti maschili e comportarsi come uno di loro, negando se stessa. Sarà, d’ora in poi, Mark, un finto maschio. per non essere una donna proprietà esclusiva del maschio.
L’attrice Alba Rohrwacher, che da vita a questo personaggio, riesce con magistrale bravura a rendere palpabile il tormentoso disagio di questa metamorfosi fisica e psichica.
Hana-Mark rimane nel suo ambiente, a differenza di Lila, la cugina-sorella. Quest’ultima si sottrae alla prospettiva di un matrimonio obbligato, emigrando con un uomo che ama: è una fuga al quadrato, dalla famiglia, dall’ambiente, da un marito non voluto, da un “destino” già precotto.
Sarà proprio Lila , che Mark.Hana vorrà ritrovare quando, la morte degli zii , avrà reciso i legami che la trattengono in Albania.
Piombando all’improvviso nella casa e nella vita di Lila che vive in Italia, Mark-Hana deve assumere all’istante il peso di ospite inatteso e inquietante. Ma altri impatti sconvolgenti l’aspettano nel nuovo ambiente : i corpi delle persone che vede si impongono con la forza di un urto visivo, le donne che camminano in gruppo,ad esempio. In piscina, il corpo del bagnino, i corpi dei bagnanti. La nipote vi pratica una disciplina, il nuoto sincronizzato che oltre ad essere uno sport di precisione sincronica collettiva è anche un esaltazione organizzata del corpo femminile. La regia, nel film, lo rende con impeccabile maestria. Come rende efficacemente la corazza incrinata di Mark e il desiderio di rinascita di Hana.
L’uso sapiente delle immagini, dialoghi essenziali, assenze di sottofondi musicali sono scelte efficaci che fanno di questa opera prima un esordio davvero promettente per la sua regista Laura Bispuri. Un film da vedere.
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flyanto
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lunedì 30 marzo 2015
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quando nascere donna è una condanna
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Film in cui si racconta di una giovane donna che, poichè si è ribellata alle regole della sua terra natia in base a cui la donna deve forzatamente vivere sottomessa all'uomo/marito, preferisce, sempre secondo le "leggi" locali, giurare di rimanere per sempre vergine ed assumere conseguentemente anche un aspetto totalmente e maschile sia negli abiti indossati che nello praticare alcune azioni ed attività, quali quella di impugnare il fucile, del tutto negate alle donne. Ma la protagonista si ribellerà presto a tutto ciò, fuggendo dal luogo della montagna in cui è nata ed ha sempre vissuto e raggiungendo una sua amica/parente nella città dove pipano piano riuscirà a ricostruirsi una nuova esistenza.
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Film in cui si racconta di una giovane donna che, poichè si è ribellata alle regole della sua terra natia in base a cui la donna deve forzatamente vivere sottomessa all'uomo/marito, preferisce, sempre secondo le "leggi" locali, giurare di rimanere per sempre vergine ed assumere conseguentemente anche un aspetto totalmente e maschile sia negli abiti indossati che nello praticare alcune azioni ed attività, quali quella di impugnare il fucile, del tutto negate alle donne. Ma la protagonista si ribellerà presto a tutto ciò, fuggendo dal luogo della montagna in cui è nata ed ha sempre vissuto e raggiungendo una sua amica/parente nella città dove pipano piano riuscirà a ricostruirsi una nuova esistenza.
Questa pellicola di Laura Bispuri mette in evidenza principalmente l'assurdità e l'arretratezza in cui ancora vivono alcune aree geografiche: qui, per la precisione, siamo in un paese montano dell'Albania, dove lo spettatore apprende, soprattutto per ciò che concerne la condizione delle donne, che l'intero genere femminile viene considerato e fatto vivere letteralmente sotto l'ingerenza maschile, costituito pertanto da uomini per lo più prevaricatori e del tutto insensibili alle esigenze, nonchè desideri, delle donne.
Alba Rohrwacher, che interpreta la protagonista principale, riscopre molto egregiamente ed intensamente il ruolo di donna/uomo a cui in pratica è stata tolta l'identità. Forte prima per il fatto di avere trovato il coraggio necessario di ribellarsi alle assurde leggi della propria terra, ma ancora di più, in seguito, nell'intraprendere il suo viaggio di "affrancamento" di sìè e soprattutto di conoscenza di sè in quanto individuo donna a cui non deve assolutamente essere precluso di poter gioire della propria condizione di nascita. E nel corso della sua trasformazione e conquista di libertà individuale, la Rohrwacher consegna allo spettatore un ritratto femminile molto efficace nel suo lento e timido, ma risoluto, cambiamento.
Vivamente consigliato.
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(di angelo umana)
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flyanto
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lunedì 30 marzo 2015
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quando nascere donna è una condanna
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Film in cui si racconta di una giovane donna che, poichè si è ribellata alle regole della sua terra natia in base a cui la donna deve forzatamente vivere sottomessa all'uomo/marito, preferisce, sempre secondo le "leggi" locali, giurare di rimanere per sempre vergine ed assumere conseguentemente anche un aspetto totalmente e maschile sia negli abiti indossati che nello praticare alcune azioni ed attività, quali quella di impugnare il fucile, del tutto negate alle donne. Ma la protagonista si ribellerà presto a tutto ciò, fuggendo dal luogo della montagna in cui è nata ed ha sempre vissuto e raggiungendo una sua amica/parente nella città dove pipano piano riuscirà a ricostruirsi una nuova esistenza.
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Film in cui si racconta di una giovane donna che, poichè si è ribellata alle regole della sua terra natia in base a cui la donna deve forzatamente vivere sottomessa all'uomo/marito, preferisce, sempre secondo le "leggi" locali, giurare di rimanere per sempre vergine ed assumere conseguentemente anche un aspetto totalmente e maschile sia negli abiti indossati che nello praticare alcune azioni ed attività, quali quella di impugnare il fucile, del tutto negate alle donne. Ma la protagonista si ribellerà presto a tutto ciò, fuggendo dal luogo della montagna in cui è nata ed ha sempre vissuto e raggiungendo una sua amica/parente nella città dove pipano piano riuscirà a ricostruirsi una nuova esistenza.
Questa pellicola di Laura Bispuri mette in evidenza principalmente l'assurdità e l'arretratezza in cui ancora vivono alcune aree geografiche: qui, per la precisione, siamo in un paese montano dell'Albania, dove lo spettatore apprende, soprattutto per ciò che concerne la condizione delle donne, che l'intero genere femminile viene considerato e fatto vivere letteralmente sotto l'ingerenza maschile, costituito pertanto da uomini per lo più prevaricatori e del tutto insensibili alle esigenze, nonchè desideri, delle donne.
Alba Rorhrwacher, che interpreta la protagonista principale, ricopre molto egregiamente ed intensamente il ruolo di donna/uomo a cui in pratica è stata tolta l'identità. Forte prima per il fatto di avere trovato il coraggio necessario di ribellarsi alle assurde leggi della propria terra, ma ancora di più, in seguito, nell'intraprendere il suo viaggio di "affrancamento" di sè e soprattutto di conoscenza di sè in quanto individuo donna a cui non deve assolutamente essere precluso di poter gioire della propria condizione di nascita. E nel corso della sua trasformazione e conquista di libertà individuale, la Rohrwacher consegna allo spettatore un ritratto femminile molto efficace nel suo lento e timido, ma risoluto, cambiamento.
Vivamente consigliato.
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stefano capasso
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mercoledì 1 aprile 2015
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tra rigore e libertà
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Lasciata l’Albania Mark va in Italia a trovare sua sorella Lila acquisita trasferitasi da tempo. Erano cresciute insieme tra le montagne del loro paese, e Mark, all’epoca Hana, era rimasta orfana e adottata dal papa di Lila. Crescendo e sperimentando le restrizioni imposte alle donne dalla cultura locale, fanno scelte estreme: Lila scappa in Italia col suo amante e Hana sceglie di diventare una “vergine giurata”, di essere a tutti gli effetti considerata uomo rinunciando all’amore. In Italia Mark farà di nuova una scelta di libertà.
Il primo film di Laura Bispuri è molto bello. Il racconto è ipnotico ed emozionante, sostenuto da una fotografia suggestiva in un atmosfera rigorosa, che è quella delle montagne da cui provengono le protagoniste.
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Lasciata l’Albania Mark va in Italia a trovare sua sorella Lila acquisita trasferitasi da tempo. Erano cresciute insieme tra le montagne del loro paese, e Mark, all’epoca Hana, era rimasta orfana e adottata dal papa di Lila. Crescendo e sperimentando le restrizioni imposte alle donne dalla cultura locale, fanno scelte estreme: Lila scappa in Italia col suo amante e Hana sceglie di diventare una “vergine giurata”, di essere a tutti gli effetti considerata uomo rinunciando all’amore. In Italia Mark farà di nuova una scelta di libertà.
Il primo film di Laura Bispuri è molto bello. Il racconto è ipnotico ed emozionante, sostenuto da una fotografia suggestiva in un atmosfera rigorosa, che è quella delle montagne da cui provengono le protagoniste. Alcune scene che descrivono nel dettaglio tradizioni e usanze della cultura locale sono davvero di grande impatto emotivo. E’ un film sulle possibilità, sul coraggio di scegliere cosa essere e cosa no, sempre in bilico tra rigore e libertà che hanno un confine sfumato. Quel rigore che le protagoniste sanno vivere per raggiungere la loro libertà. Rigore e liberta sono istanze che vanno insieme, come è simboleggiato dai continui riferimenti al nuoto sincronizzato che pratica con rigore e liberta la figlia di Lila
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valterchiappa
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domenica 14 gennaio 2018
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il diritto ad una identità
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Sulle pietrose montagne d’Albania, la durezza della vita impone la privazione della libertà. Le strutture sociali sono rigidamente organizzate e non c’è spazio per l’estro soggettivo. Le donne in particolare sono relegate al loro stretto ambito; nulla è concesso loro al di fuori degli schemi precostituiti, nelle azioni come nei pensieri.
Due sorellastre scelgono vie diverse per uscire di prigione. Lila, per sposare l’uomo che ama, fugge con lui in Italia. Hana è invece innamorata del padre adottivo e le piace sparare col fucile. Prende la strada che la tradizione le concede e, secondo l’uso, diventa una “vergine giurata”.
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Sulle pietrose montagne d’Albania, la durezza della vita impone la privazione della libertà. Le strutture sociali sono rigidamente organizzate e non c’è spazio per l’estro soggettivo. Le donne in particolare sono relegate al loro stretto ambito; nulla è concesso loro al di fuori degli schemi precostituiti, nelle azioni come nei pensieri.
Due sorellastre scelgono vie diverse per uscire di prigione. Lila, per sposare l’uomo che ama, fugge con lui in Italia. Hana è invece innamorata del padre adottivo e le piace sparare col fucile. Prende la strada che la tradizione le concede e, secondo l’uso, diventa una “vergine giurata”. Si chiamerà Mark, potrà vivere da uomo, adottando fattezze ed abbigliamento maschili; il prezzo da pagare è la solenne rinuncia alla sessualità. Insomma, solo una diversa prigione, come quei monti pietrosi, dove solo la sua vita sembra aver senso.
Invece, morti i genitori, Mark / Hana decide di raggiungere Lila in Italia. Il suo sarà un viaggio alla scoperta della donna fino ad allora repressa, ma viva e presente, con tutti i suoi desideri. Hana però non cerca una femminilità precostituita: veste gli stessi abiti maschili ed il reggiseno la costringe come la fascia con cui fino ad allora ha compresso il seno. La sua sarà la battaglia per il diritto di essere quel che si è e difendere una identità finalmente libera da schemi. Anche lontano dalle pietrose montagne dell’Albania non sarà facile.
“Vergine giurata” è innanzitutto una bella storia: il racconto del percorso di un’interiorità che, nel volersi mantenere indipendente da qualsiasi imposizione o condizionamento, diventa portatrice di un messaggio di libertà universale. La sceneggiatura, liberamente tratta dal romanzo della scrittrice albanese Elvira Dones, è estremamente calibrata: il processo di mutazione di Hana viene seguito, anzi accompagnato con delicatezza e disegnato con tocco fluido ed impercettibile.
Sarebbe facile poi elogiare l’ennesima performance attoriale di Alba Rohrwacher, chiamata a raccontare un personaggio così inafferrabile con una manciata di battute, recitate per di più in albanese. Alba è infatti capace di emozionare pur sottraendo al viso ogni parvenza di emozione, di essere attraente pur cancellando dal suo aspetto ogni attrattiva, espressiva nella mancanza di espressione, magnetica nel silenzio.
Ma questa volta diamo il merito di un risultato più che buono alla perfetta sintonia fra due donne: Alba appunto, e la regista, l’esordiente Laura Bispuri; se una cesella il suo personaggio, l’altra la asseconda, le accarezza la testa con movimenti circolari della macchina da presa, la incornicia in inquadrature non centrate, creando una perfetta simbiosi che valorizza il lavoro reciproco.
Bella prova per una ragazza di 34 anni, fattasi notare finora per i suoi premiatissimi cortometraggi (“Passing time”, vincitore del David di Donatello e “Biondina”, per cui ha ottenuto il Nastro d’Argento). La sua opera prima, ben accolta a Berlino, dove era in concorso, si distingue per originalità e scelta stilistica.
Ma, fra i meriti di Laura Bispuri e di chi l’ha prodotta, vogliamo sottolineare il coraggio. Perché “Vergine giurata”, con la sua vicenda intimistica e così scomoda, con i dialoghi ridotti all’essenziale e scritti in una lingua ostica, con la fotografia rinchiusa nella gamma dei blu, non è un film facile ed è consequenziale prevederne una breve permanenza nelle sale.
Ma di questo il nostro cinema ha bisogno: di storie nuove e registe coraggiose; nel dirlo, ci fa piacere declinare gli aggettivi al femminile.
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