sam briacatu
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domenica 18 gennaio 2015
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poteva essere molto meglio
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nonostante il mio personale scetticismo verso il cinema italiano che esuli dalla commedia e sebbene la trama di questo non fosse poi così originale, alla fine l'ho visto e tutto sommato non è stato poi malaccio... voglio dire, non certo peggio della media degli horror in circolazione... tuttavia risulta "pesante" nel senso che per capirci qualcosa bisogna stare più attenti di quanto si confaccia al relax di un film a fine giornata... ed anche non distraendosi mai molti punti restano comunque in dubbio... il primo che mi sovviene è: perché il protagonista continua a ficcarsi in quella situazione per giorni finché non sparisce il camper? E soprattutto perché non usa il cellulare per chiedere aiuto?
Questi e molti altri interrogativi troverebbero certamente risposte sensate, se solo durante
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nonostante il mio personale scetticismo verso il cinema italiano che esuli dalla commedia e sebbene la trama di questo non fosse poi così originale, alla fine l'ho visto e tutto sommato non è stato poi malaccio... voglio dire, non certo peggio della media degli horror in circolazione... tuttavia risulta "pesante" nel senso che per capirci qualcosa bisogna stare più attenti di quanto si confaccia al relax di un film a fine giornata... ed anche non distraendosi mai molti punti restano comunque in dubbio... il primo che mi sovviene è: perché il protagonista continua a ficcarsi in quella situazione per giorni finché non sparisce il camper? E soprattutto perché non usa il cellulare per chiedere aiuto?
Questi e molti altri interrogativi troverebbero certamente risposte sensate, se solo durante il film qualcuno parlasse; ma tranne le 2 battute del naturalista ("chi c'è" e "il camper") l'unica voce parlante è quella di un anziano che parla solo sloveno, e non ci sono neppure sottotitoli a supporto
naturalmente mi risparmio il commento alla banalità della malriuscita conclusione, poichè giunge quando ormai al fuoco già spento si è sostituita la noia della pioggia battente
insomma un piatto molto stuzzicante che lascia però con l'amaro in bocca già dal secondo boccone
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gianleo67
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giovedì 20 novembre 2014
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orrore e morte...alla postaja topolove
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Etologo scrupoloso e solitario si addentra con il suo camper nella zona collinare tra i boschi al confine tra Friuli e Slovenia, recuperando i dati delle postazioni di registrazione, sostituendo pile e schede di memoria e catturando una volpe cui applica un collare satellitare. Seguendo il canide lungo un tortuoso percorso fluviale , rimane intrappolato al di là del guado di un torrente appena ingrossatosi per la pioggia improvvisa ed è costretto a rifugiarsi in un villaggio abbandonato dove pure la volpe sembra aver trovato riparo e cibo. Ma il luogo, remoto e isolato, sembra abitato da misteriose e oscure presenze che iniziano a tormentarlo e terrorizzarlo.
Prodotto con pochissimi mezzi e molta buona volontà dal regista indipendente Lorenzo Bianchini (che scrive pure la sceneggiatura insieme alla sorella Michela) è una favola horror girata (in digitale) con lo stile del mockumentary (frequente soggettiva, camera mobilissima, combinazione tra storytelling classico e inserti documentali, oggettivazione del registro narrativo,etc.
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Etologo scrupoloso e solitario si addentra con il suo camper nella zona collinare tra i boschi al confine tra Friuli e Slovenia, recuperando i dati delle postazioni di registrazione, sostituendo pile e schede di memoria e catturando una volpe cui applica un collare satellitare. Seguendo il canide lungo un tortuoso percorso fluviale , rimane intrappolato al di là del guado di un torrente appena ingrossatosi per la pioggia improvvisa ed è costretto a rifugiarsi in un villaggio abbandonato dove pure la volpe sembra aver trovato riparo e cibo. Ma il luogo, remoto e isolato, sembra abitato da misteriose e oscure presenze che iniziano a tormentarlo e terrorizzarlo.
Prodotto con pochissimi mezzi e molta buona volontà dal regista indipendente Lorenzo Bianchini (che scrive pure la sceneggiatura insieme alla sorella Michela) è una favola horror girata (in digitale) con lo stile del mockumentary (frequente soggettiva, camera mobilissima, combinazione tra storytelling classico e inserti documentali, oggettivazione del registro narrativo,etc.) che parte come una sorta di viaggio allegorico tra lo studio razionale della natura ed il prevalere di una dimensione esoterica di misteriose forze antropiche e finisce per scadere nei clichè più òvvi del ghost-horror di derivazione nipponica con tanto di ragazzine capellute dalle inquietanti e sanguinarie pulsioni omicide ('The Grudge' - 2004 Takashi Shimizu). Ben giocato sulle atmosfere di una detection solitaria tra le sperdute montagne al confine tra Friuli e Slovenia (antica stazione di Topolò) e adeguatamente sostenuto dalle musiche a tema di Stefano Sciascia, Bianchini guarda tanto alla tradizione nostrana dell'horror 'padano' alla Pupi Avati ('La casa dalle finestre che ridono' 1976 - con il protagonista Marco Marchese che ricorda il biondo e barbuto Lino Capolicchio; ma sarà sicuramente un caso!) ed i frammenti di una dimensione onirica e fantastica dove la memoria di un luogo incantato sembra avvincere il personaggio principale alle invisibili catene di una angosciosa prigionia, spogliandono di panni e strumenti moderni per vestirlo invece con quelli polverosi e logori di un antico abitante del posto. Quando sembrava che il film prendesse una inusuale piega esistenzialista ('Lo specchio' 1975 - Andreji Tarkovskij), Bianchini vira invece verso le facili soluzioni del cinema di genere, risolvendo il mistero fin qui meticolosamente coltivato, con il ricorso ad un truce immaginario horror-splatter da quattro soldi ed il didascalismo del 'voice over' in un antico dialetto sloveno, dove un 'carampan' del luogo disvela i segreti di una dolorosa vicenda familiare. Film eterogeneo dunque che rivela forse una certa imprecisione di intenti (sta nella scrittura cinematografica) ma anche il coraggio di seguire un originale e difficile percorso autoriale addentrandosi, come il suo sempre più spaesato protagonista, negli scoscesi e ciottolosi percorsi di una silvestre regione di frontiera. Presentato alla 59esima edizione del Taormina FilmFest e vincitore del primo premio al ToHorror Film Festival di Torino.
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miguel
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mercoledì 19 novembre 2014
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paura intima e profonda
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Un film magistrale diretto da Lorenzo Bianchini, che dopo gli ottimi "Custodes Bestiae" e "Occhi", con "Oltre il guado", realizza la sua opera più completa, capace di trasmettere paura, tensione, ansia in un modo profondamente personale e soggettivo. Proprio il termine soggettivo è il filo conduttore del film. Lo spettatore si immedesima nel personaggio di Marco Contrada, l'etologo che si avventura nelle montagne al confine tra il Friuli e la Slovenia per effettuare delle ricerche e degli studi naturalistici sul comportamento degli animali di quelle zone. Dopo essere riuscito a installare una webcam su di una volpe, per seguirne gli spostamenti da un pc, monitorando il tutto dal suo camper, scopre in un filmato notturno che l'animale si è avvicinato ad un inquietante paesaggio fatto di case abbandonate e da cui provengono sinistri rumori e grida raggelanti.
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Un film magistrale diretto da Lorenzo Bianchini, che dopo gli ottimi "Custodes Bestiae" e "Occhi", con "Oltre il guado", realizza la sua opera più completa, capace di trasmettere paura, tensione, ansia in un modo profondamente personale e soggettivo. Proprio il termine soggettivo è il filo conduttore del film. Lo spettatore si immedesima nel personaggio di Marco Contrada, l'etologo che si avventura nelle montagne al confine tra il Friuli e la Slovenia per effettuare delle ricerche e degli studi naturalistici sul comportamento degli animali di quelle zone. Dopo essere riuscito a installare una webcam su di una volpe, per seguirne gli spostamenti da un pc, monitorando il tutto dal suo camper, scopre in un filmato notturno che l'animale si è avvicinato ad un inquietante paesaggio fatto di case abbandonate e da cui provengono sinistri rumori e grida raggelanti. Decide di recarvisi per scoprire cosa si cela. Il ritmo del film è lento, la tensione sale gradualmente ed in modo sempre più agghiacciante. Attraversato un fiume che conduce a quel paese, il protagonista è come se si recasse in un mondo alternativo, incantato, sospeso nel tempo. Una sorta di favola nera, che miscela per bene tematiche riconducibili alle ghost-story, al soprannaturale con rimandi Lovecraftiani ed echi di film quali "Silent Hill", il paese spettrale, avvolto dalla nebbia in tante occasioni e da una pioggia incessante, "Shining", apparizioni terrificanti e segni premonitori che rievocano le gemelline Kubrickiane. Ma il lavoro di Bianchini prende comunque una via del tutto diversa. L'etologo che si ritroverà bloccato in quel paese fantasma a causa dell'ingrossamento del fiume, impossibile tornare indietro, si troverà solo, impaurito a dover vagare per quelle stradine e per quelle case e ben presto si renderà conto che qualcosa di terribile è presente lì, lo osserva, qualcosa che appartiene al passato e il cui segreto è nascosto in un vecchio filmino Super 8 e in vecchie fotografie trovate nel rudere che un tempo era una scuola. Qui vi sono rimandi anche a "Sinister" e a "Zeder", sempre con un ottica del tutto personale. Grande atmosfera, tra giochi di luci, ombre, il rumore della pioggia che cade e scandisce il tempo, l'alternanza tra giorno e notte che un poco come in "The Blair Witch Project", lascerà poi il posto alle immagini notturne, con le voci misteriose sempre più inquietanti e particolari. L'ultima parte è da brividi. La fotografia è perfetta. Che dire, un prodotto indipendente fatto con tanto impegno che fa un figurone al cospetto di film e blockbuster del genere horror/fantastico più blasonati e conosciuti.
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max steel
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lunedì 17 novembre 2014
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con "oltre il guado" si riscatta l'horror nostrano
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L’ etologo Marco Contrada (Marchese) lavora con passione e dedizione nei territori dei boschi del friulano a ridosso del confine sloveno, posizionando delle videocamere in punti strategici o fissandole direttamente su alcuni animali catturati in modo da poter osservare il loro comportamento a distanza.
Immerso in questa natura, si ritroverà a dover fare i conti con la sua integrità mentale (e fisica) quando le registrazioni lo condurranno a visitare un sinistro villaggio, luogo di un’antica leggenda, in cui rimarrà intrappolato a causa della forte pioggia che alza il livello del fiume e inonda l’unica via praticabile…In un periodo in cui il genere horror sembra quasi scomparso del tutto all’orizzonte del cinema italiano e in cui tutto sà di già visto.
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L’ etologo Marco Contrada (Marchese) lavora con passione e dedizione nei territori dei boschi del friulano a ridosso del confine sloveno, posizionando delle videocamere in punti strategici o fissandole direttamente su alcuni animali catturati in modo da poter osservare il loro comportamento a distanza.
Immerso in questa natura, si ritroverà a dover fare i conti con la sua integrità mentale (e fisica) quando le registrazioni lo condurranno a visitare un sinistro villaggio, luogo di un’antica leggenda, in cui rimarrà intrappolato a causa della forte pioggia che alza il livello del fiume e inonda l’unica via praticabile…In un periodo in cui il genere horror sembra quasi scomparso del tutto all’orizzonte del cinema italiano e in cui tutto sà di già visto.., ecco che un regista di origine friulane Lorenzo Bianchini, poco conosciuto in Italia e autore in passato di medio e cortometraggi ad ambito locale, confeziona invece un horror con un piccolo budget ma potente e di pregevole qualità, portando sullo schermo una favola oscura in grado di far rabbrividire anche lo spettatore più indulgente e disincantato.
Il giovane Bianchini, considerato regista scomodo, indipendente e dal personale stile minimale, ci presenta un horror atipico, fuori dai canoni e dagli schemi convenzionali degli ultimi anni, utilizzando solo un pugno di attori semisconosciuti, con un copione di pochi dialoghi in italiano e girando sapientemente luoghi e paesaggi suggestivi per lo spettatore: cio sembra un lavoro quasi artigianale dal punto di vista tecnico, tuttavia mai grossolano o banale nel suo sviluppo.
Il regista da vità così a una storia di fantasmi con un tratto e una regia più matura del consueto, unita sia al mistery, sia a un quasi genere “documentary” .
Difatti per quasi metà della visione viene illustrata scrupolosamente l’attività dell’etologo Marco (su cui come vedremo ruota praticamente tutta la trama).
Ad arricchire il lungometraggio vi sono la splendida e suggestiva fotografia, molto cupa e sinistra in alcuni punti, e le musiche, piacevolmente originali (e disturbanti), che creano un’atmosfera ansiogena e rarefatta capace di calarci psicologicamente, insieme allo stesso protagonista, nelle profondità più sinistre dei villaggi semi-abbandonati del Friuli e nella dimensione più onirica e irreale della vicenda.
Altro buon lavoro é stato fatto con i suoni (freddi e angoscianti) che prevalgono per la maggior parte della pellicola.
Una piccola nota di demerito potrebbe andare sui dialoghi (davvero pochi) in dialetto friulano/sloveno, a volte un pò fastidiosi per il pubblico meno abituato e per la comprensione della trama prima dell’epilogo, ma evidentemente voluti dal regista per mantenere più originali le voci degli attori e l’atmosfera folkloristica-contadina. Stessa cosa per quanto riguarda alcune inquadrature d’intermezzo non sempre lineari tra di loro, ma che non rovinano o spezzano in alcun modo la tensione generale trasmessaci all’inizio dal regista e permeata in tutta la pellicola.
Inoltre “Oltre il guado” é stato candidato nell’ultimo anno a diversi festival ed ha vinto vari concorsi e premi fra cui: il Trento FilmFestival, Ravenna Nightmare e Fantasia FilmFestival
In conclusione:
Un lungometraggio ben congeniato, quasi del tutto riuscito nell'intento, se vogliamo, di far riscattare il cinema horror italiano e indipendente sopratutto nei confronti di chi abitualmente associa i film a basso costo (low budget) a prodotti facilmente scartabili e dimenticabili nel panorama cinematografico, e che dimostra degnamente e artisticamente che il vero cinema non "appartiene" in modo esclusivo a chi ha disponibilità e risorse finanziarie, ma anche a chi ha idee, talento e una buona cultura radicata nel proprio territorio.
Ottimo lavoro per il nostro Bianchini..!
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