lore64
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giovedì 8 gennaio 2015
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coinvolgente film di atmosfera
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Coinvolgente film di atmosfera che analizza il decorso psicologico di alcuni militanti ecologisti dopo aver compiuto un attentato dimostrativo, dove casualmente ci scappa il morto.
Chiunque abbia qualche esperienza di simili atmosfere non può che apprezzare la finezza analitica del regista e la recitazione di Peter Sarsgaard, uno delle rare autentiche promesse del cinema-polpettone statunitense. La lentezza del film, che per molti spettatori è fonte di comprensibile insofferenza, trasmette bene la pressione psicologica che, dopo l’azione, si impadronisce progressivamente degl’improvvisati attentatori destabilizzando le personalità più fragili, tantopiù quando come in questo caso essi non scelgano la via della clandestinità ma rientrino nei ranghi della normalità.
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Coinvolgente film di atmosfera che analizza il decorso psicologico di alcuni militanti ecologisti dopo aver compiuto un attentato dimostrativo, dove casualmente ci scappa il morto.
Chiunque abbia qualche esperienza di simili atmosfere non può che apprezzare la finezza analitica del regista e la recitazione di Peter Sarsgaard, uno delle rare autentiche promesse del cinema-polpettone statunitense. La lentezza del film, che per molti spettatori è fonte di comprensibile insofferenza, trasmette bene la pressione psicologica che, dopo l’azione, si impadronisce progressivamente degl’improvvisati attentatori destabilizzando le personalità più fragili, tantopiù quando come in questo caso essi non scelgano la via della clandestinità ma rientrino nei ranghi della normalità.
Si apre così un doppio registro che minuto dopo minuto toglie terreno sotto i piedi dei protagonisti, proprio a partire dalla una quotidianità che vede rovesciato il proprio consueto valore rassicuratorio. Il timore spasimodico per ogni automobile che ferma sotto casa e ogni sirena udita in lontananza; la consapevolezza dell'impossibilità di tornare indietro e del fatto che ogni domani sarà foriero di nuova trepidazione; gli sguardi di amici e colleghi che improvvisamente sembrano riempirsi di implicazioni minacciose; lo sforzo via via più arduo - e a sua volta destabilizzante - di nascondere la risultante patologia nervosa per non destare sospetti. Fino agli scrupoli di coscienza dell'unica ragazza partecipante, che non riesce a scrollarsi di dosso le fantasie umaniste inculcatele dall’ (in-) cultura dominante, e che destabilizza ulteriormente gli altri attentatori.
Purtroppo il film, attingendo anche al Dostojewskj dei ‘Demoni’ e ‘Delitto e castigo’, non è del tutto esente da una valutazione negativa dei protagonisti, anche se – sorprendentemente per una pellicola americana – non ha la volgarità di schiaffarla in prima pagina. La ricostruzione psicologica non si arresta alla constatazione dei parametri oggettivi della situazione, ma lascia intravedere, sia pure in controluce, una sorta di cogenza nel percorso disgregativo tracciato dall’anima oppressa dalla greve carico di aver leso la pregiata maestà di uno fra i sette miliardi di esemplari di bestiame umano stipati sul pianeta. Il dio giudaico, prima rarefattosi in quello cristiano e oggi secolarizzatosi nella religione laica dei diritti umani, continua a lanciare la propria ombra sui processi di autocomprensione e autorappresentazione dell'umanità europea.
Molto azzeccata la conclusione, che rimane fedele alla natura introspettiva del film evitando colpi di scena che reciderebbero il rovello del protagonista. Purtroppo gli avvenimenti immediatamente precedenti al finale vanno in direzione diametralmente opposta, e rappresentano una forzatura tanto inverosimile dal punto di vista psicologico e criminologico, quanto funzionale al filone psicoteologicizzante di cui si parlava sopra. Una brutta caduta di tono che per fortuna rimane isolata e non sottrae eccessivamente al valore di una pellicola originale e di sicuro spessore.
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gianleo67
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sabato 7 novembre 2015
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paranoie ecologiste da ribalta festivaliera
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Tre ecologisti radicali pianificano e mettono in atto un piano dinamitardo che porta alla distruzione di una diga idroelettrica, considerata responsabile di un grave impatto ambientale e di un ingiustificato dispendio di risorse naturali. Quando la loro azione sarà causa della morte di un incolpevole turista, la fermezza delle loro convinzioni ideologiche e la fiducia nella reciproca omertà saranno messe a dura prova dal vacillare di una condizione psicologica che scivola inesorabilmente verso la paranoia ed il sospetto. Inevitabile dramma finale.
Avvezza sin dai suoi esordi alla ribalta festivaliera di un cinema da sempre impegnato, la regista Kelly Reichardt si cimenta con un soggetto che pare fatto apposta per solleticare tanto l'interesse di una platea generalmente riflessiva e attenta quanto per provocare la reazione stizzita e scomposta di una critica che difficilmente accetta di buon grado la furbesca programmaticità di intenti di argomenti tanto spinosi e controversi.
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Tre ecologisti radicali pianificano e mettono in atto un piano dinamitardo che porta alla distruzione di una diga idroelettrica, considerata responsabile di un grave impatto ambientale e di un ingiustificato dispendio di risorse naturali. Quando la loro azione sarà causa della morte di un incolpevole turista, la fermezza delle loro convinzioni ideologiche e la fiducia nella reciproca omertà saranno messe a dura prova dal vacillare di una condizione psicologica che scivola inesorabilmente verso la paranoia ed il sospetto. Inevitabile dramma finale.
Avvezza sin dai suoi esordi alla ribalta festivaliera di un cinema da sempre impegnato, la regista Kelly Reichardt si cimenta con un soggetto che pare fatto apposta per solleticare tanto l'interesse di una platea generalmente riflessiva e attenta quanto per provocare la reazione stizzita e scomposta di una critica che difficilmente accetta di buon grado la furbesca programmaticità di intenti di argomenti tanto spinosi e controversi. Che il cinema indipendente americano avesse una fissa per le implicite contraddizioni di una democrazia costituzionale fondata sulla libertà di pensiero e di azione che rischia di ritorcersi contro se stessa, lo avevamo già capito da tempo con le denunce di un pericoloso settarismo animista-ecologista che va dalla premiata ditta Marling-Batmanglij (Sound of My Voice 2011 - The East - 2013) a quello altrettanto cupo e livoroso di Sean Durkin (Martha Marcy May Marlene 2011), per non parlare della irriverente vena iconoclasta di un kevin Smith d'annata (Red State 2011). Qui la Reichardt gioca con un meccanismo della tensione che sembra funzionare bene almeno all'inizio, imbastendo un rendez-vous carbonaro dove lo spericolato pragmatismo dei due personaggi principali sembra irridere l'ingenuità accademica di un cineforum ecologista fatto di tante belle parole ma di pochi fatti concreti e conducendoci verso il misticismo noir di una citazione del classico di Arthur Penn (Night Moves 1975) dove le relazioni umane sembrano fondate sul fragile equilibrio di un'apparenza pronta ad infrangersi contro le secche di una cinico e spietato individualismo (egoismo personale). Peccato però che l'occasione per una interessante analisi di rapporti personali sempre sull'orlo di una perniciosa crisi di nervi sia inevitabilmente inficiata dal pregiudizio ideologico ed etico che l'autrice nutre verso la storia ed i suoi personaggi, descritti più come ingenui e paranoici rappresentanti di un attivismo velleitario ed inconcludente che, dopo il delitto, non sanno reggere al peso di un castigo che li conduce alla deriva di reazioni impulsive e criminali e finendo per dimostrare (ma c'era poi tutto questo bisogno?) che il furore anti-sistema e la violenza senza costrutto sono strade che non portano da nessuna parte. Abbastanza schematico e carente da un punto di vista narrativo, con personaggi fondamentali che sembrano uscire troppo presto dalla storia (Peter Sarsgaard) o ricomparirvi solo alla fine (Dakota Fanning), soffre per una inevitabile debolezza della messa in scena e per un ritmo decisamente soporifero, lasciando tutto il peso del film sulle spalle del volenteroso Jesse Eisenberg nella parte del solito imbranato di successo (Il Calamaro e la Balena 2005 - The Social Network 2010) costretto non si sa bene perchè a lasciare il lavoro (qualcuno sospetta qualcosa ma non fa accuse specifiche) ed a guardarsi le spalle con la coda dell'occhio perennemente incollata allo specchietto retrovisore. Peccato, perchè i film precedenti avevano fatto sperare bene. Nominato al Leone d'oro alla Mostra del Cinema di Venezia 2013 e Premio Speciale della Giuria al Deauville Film Festival dello stesso anno.
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alfa999
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sabato 8 novembre 2014
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notevole.
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Film notevole e intenso basato sulla Potenza dell'ideologia nel determinare le decisioni e le azioni dei soggetti.
Molto apprezzabile among other Things la carenza di parole scambiate fra i protagonisti da intendere a paradigma della solitudine esistenziale che essi vivono.
Ad essere essenziali nei rapporti intersoggettivi risultano essere gli sguardi, le espressioni del volto, la stessa emersione di fenomeni patologici fisici a metafora dell'impossibilità di comprendere.
I tre soggetti sono dominati dal meccanismo ideologico di mistificazione del reale funzionale alla perpetuazione del medesimo e non possono fare altro che percorrere la usuale via che porta all'inferno animati dalle più nobili intenzioni.
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Film notevole e intenso basato sulla Potenza dell'ideologia nel determinare le decisioni e le azioni dei soggetti.
Molto apprezzabile among other Things la carenza di parole scambiate fra i protagonisti da intendere a paradigma della solitudine esistenziale che essi vivono.
Ad essere essenziali nei rapporti intersoggettivi risultano essere gli sguardi, le espressioni del volto, la stessa emersione di fenomeni patologici fisici a metafora dell'impossibilità di comprendere.
I tre soggetti sono dominati dal meccanismo ideologico di mistificazione del reale funzionale alla perpetuazione del medesimo e non possono fare altro che percorrere la usuale via che porta all'inferno animati dalle più nobili intenzioni.
Essi vogliono cambiare le cose ma non dispongono neppure della condizione preliminare per poter tentare di farlo: la conoscenza del reale sulla cui sola base è possibile impegnarsi socialmente nella direzione di un cambiamento radicale.
Nulla invece può essere costruito sulla base dell'ignoranza e del timore da essa sprigionato se non altra violenza ed orrore.
Dei tre protagonisti preferisco soffermarmi un attimo su Dena e quindi sulla prova della fantastica Dakota Fanning.
Non sono molto obbiettivo nel valutare un'attrice di cui sono ammiratore totale ma devo dire che ancora una volta Dakota si è calata molto bene nella parte.
Essa rappresenta ottimamente una giovane attivista ambientalista di estrazione sociale borghese che decide di rompere con il proprio mondo di privilegio e di abbracciare una assurda ideologia di pseudocambiamento radicale come l'estremismo ambientalista.
Non è minimamente cosciente della origine profonda delle sue convinzioni come lo stregone non è cosciente della origine profonda delle superstizioni bestiali che egli amministra.
Eppure la ideologia ecologista non è altro che la retroazione incontrollabile della potente ideologia necessaria per un determinato ramo di interessi industriali capitalisti nel combattere contro altri interessi della medesima sostanza (nuova economia verde contro vecchia economia).
Eppure la giovane attivista può accettare la distruzione di cose ma non l'effetto collaterale indesiderato di una perdita umana:
Gli esponenti della oligarchia che siedono nei cda delle grandi corporations non penso si pongano questi limiti nel pianificare le strategie di mercato:
Per essi è la stessa vita delle masse umane sottoposte a costituire un puro effetto collaterale.
Dena invece come lo stesso protagonista maschile si lascia puntualmente sopraffare da scrupoli e cade in un meccanismo di autodistruzione che viene purtroppo descritto troppo frettolosamente a conclusione della pellicola.
Evidenti i riferimenti letterari a Dostoevskij di "delitto e castigo" e dei "demoni".
Comunque tirando le somme film molto buono e che può innescare utili riflessioni.
Per gli ammiratori di Dakota molto bello vederla ancora nella parte iniziale del film dotata ancora di un minimo di serenità quando in compagnia di Josh si ferma durante un trasferimento in auto notturno: ella scende dall'auto e la telecamera la inquadra per pochi secondi circondata dall'oscurità sinonimo della condizione mentale della giovane e di fronte a tale visione l'unico commento appropriato consiste proprio nel silenzio, nella contemplazione.
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(di lore64)
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