flyanto
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martedì 17 dicembre 2013
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tra finzione e realt ecco il ritratto di un vero
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Film in cui si narra di un ex-grande attore, ormai ritiratosi dalle scene e dalla vita pubblica nell' Isola del Re in Bretagna, il quale viene contattato da un suo ex collega, più giovane ed interprete per lo più di fiction televisive, con la proposta di partecipare alla rappresentazione teatrale de "Il Misantropo" di Molière. Sebbene all'inizio sia alquanto riluttante l' ex grande attore, interpretato da Fabrice Luchini, pian piano accarezza l'idea di ritornare sulle scene ma con la condizione di interpretare il personaggio principale di Alceste che invece gli viene conteso dall'ex collega. Tra schermaglie varie verbali, corse in bicicletta, prove di recitazione e la conoscenza, nonchè breve frequentazione, di una giovane donna italiana lì residente, l'ex attore comincia a condurre una vita più sociale da cui alla fine, però, per motivazioni varie, ma soprattutto per incomprensioni di base con l'ex collega, egli vi ritornerà, incarnando realmente la figura del misantropo.
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Film in cui si narra di un ex-grande attore, ormai ritiratosi dalle scene e dalla vita pubblica nell' Isola del Re in Bretagna, il quale viene contattato da un suo ex collega, più giovane ed interprete per lo più di fiction televisive, con la proposta di partecipare alla rappresentazione teatrale de "Il Misantropo" di Molière. Sebbene all'inizio sia alquanto riluttante l' ex grande attore, interpretato da Fabrice Luchini, pian piano accarezza l'idea di ritornare sulle scene ma con la condizione di interpretare il personaggio principale di Alceste che invece gli viene conteso dall'ex collega. Tra schermaglie varie verbali, corse in bicicletta, prove di recitazione e la conoscenza, nonchè breve frequentazione, di una giovane donna italiana lì residente, l'ex attore comincia a condurre una vita più sociale da cui alla fine, però, per motivazioni varie, ma soprattutto per incomprensioni di base con l'ex collega, egli vi ritornerà, incarnando realmente la figura del misantropo. Il regista Philippe Le Guay ha già diretto Fabrice Luchini nella sua precedente opera "Le donne del sesto piano" ed ancora una volta è evidente il sodalizio, nonchè la complicità, che regna tra i due artisti che riescono così, lavorando all'unisono, a dare allo spettatore un prodotto di alta qualità. Le Guay affronta la tematica dell'importanza di fare teatro o cinema di qualità in contrapposizione alla scelta di accettare ruoli meno impegnativi e relegati, per esempio, a prodotti televisivi di minor spessore e pregio ma sicuri garanti di successo e considerevole guadagno. Il film nel complesso è divertente ma quello che si evince in generale dalla pellicola è soprattutto lo stile elegante, spiritoso e leggero con cui essa è stata girata. Le battute pronunciate dai protagonisti sono una vera e propria testimonianza di fare del teatro comico, quelle, tratte dal reale testo de "Il Misantropo", che i due attori pronunciano durante le prove in vista della loro futura rappresentazione, costituiscono invece un esempio di ottima drammaturgia. Pertanto l eccellente recitazione di tutti gli attori scelti, Fabrice Luchini nettamente al di sopra degli altri, Lambert Wilson e Maya Sansa, risulta essere tutto ciò che determina l'alto valore del film, innalzandolo da mero e semplice divertissement, o semplicemente da comune brillante commedia, ad opera, direi, di stampo teatrale di elevato pregio artistico. Da non perdere.
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vanessa zarastro
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venerdì 27 dicembre 2013
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alceste o filinte?
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Una deliziosa commedia francese – che consiglierei di vedere in originale – sull’amicizia maschile filmata da Philippe Le Guay. Un attore di successo di nome Gauthier Valence (Lambert Wilson) va a trovare un amico ex-attore ritiratosi a Saint-Martin-de-Ré, un’isola un pò “modaiola” nell’oceano atlantico, unita da un lungo ponte a La Rochelle. Gli propone di recitare nel Misantropo di Molière e per una settimana provano insieme incessantemente scambiandosi i ruoli a turno di Alceste e Filinto. Questo rapporto così civile e così garbato di reciproca stima si trasforma man mano ingarbugliandosi e facendo uscire rancori, critiche, visioni diverse sul teatro e sulla vita ma soprattutto scoperchiando una competitività non più latente.
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Una deliziosa commedia francese – che consiglierei di vedere in originale – sull’amicizia maschile filmata da Philippe Le Guay. Un attore di successo di nome Gauthier Valence (Lambert Wilson) va a trovare un amico ex-attore ritiratosi a Saint-Martin-de-Ré, un’isola un pò “modaiola” nell’oceano atlantico, unita da un lungo ponte a La Rochelle. Gli propone di recitare nel Misantropo di Molière e per una settimana provano insieme incessantemente scambiandosi i ruoli a turno di Alceste e Filinto. Questo rapporto così civile e così garbato di reciproca stima si trasforma man mano ingarbugliandosi e facendo uscire rancori, critiche, visioni diverse sul teatro e sulla vita ma soprattutto scoperchiando una competitività non più latente. La storia ripropone l’intreccio e la con-fusione tra vita di Alceste e la vita di Serge Tanneur (Fabrice Lucchini) dai processi persi ai tradimenti amorosi (Maya Samsa). Il film ha un ritmo serrato e non annoia mai, pur essendo molto recitato riesce a inframezzare le prove teatrali e le schermaglie dei protagonisti, con viste dell’oceano, ville lussuose e percorsi in bicicletta con una bella fotografia. Molto bravi gli attori, ma anche... i doppiatori.
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(di cristmas)
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fabiofeli
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lunedì 23 dicembre 2013
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homo homini lupus
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Serge (Fabrice Luchini) è un attore di teatro che si è ritirato dalle scene, eleggendo a suo rifugio solitario un casale sull’Ile de Rè, davanti a La Rochelle, sulla costa atlantica della Francia tra Nantes e Bordeaux; il suo carattere alieno dall’ipocrisia rende difficili i rapporti con il prossimo. Gauthier (Lambert Wilson) è un attore reso ricco e noto da una stucchevole serie televisiva imperniata sugli zuccherosi drammi di “medici senza macchia e senza paura”, che riceve da un produttore l’incarico di stanare Serge per riportarlo in teatro a recitare il Misantropo di Molière; ha notevoli doti di equilibrista tra il dire e non dire per piacere a tutti e saziare una smisurata vanità.
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Serge (Fabrice Luchini) è un attore di teatro che si è ritirato dalle scene, eleggendo a suo rifugio solitario un casale sull’Ile de Rè, davanti a La Rochelle, sulla costa atlantica della Francia tra Nantes e Bordeaux; il suo carattere alieno dall’ipocrisia rende difficili i rapporti con il prossimo. Gauthier (Lambert Wilson) è un attore reso ricco e noto da una stucchevole serie televisiva imperniata sugli zuccherosi drammi di “medici senza macchia e senza paura”, che riceve da un produttore l’incarico di stanare Serge per riportarlo in teatro a recitare il Misantropo di Molière; ha notevoli doti di equilibrista tra il dire e non dire per piacere a tutti e saziare una smisurata vanità. La mira segreta di Gauthier è quella di riservare per sé la parte di protagonista relegando Serge al ruolo di “spalla”; ma costui è un osso duro e non si piega facilmente ai voleri dell’altro: i due proveranno a turno i ruoli di Alceste e Filinte per verificare come assegnare le parti nel modo più giusto. Essi incrociano il fioretto, alternando recitazione e dialoghi fuori dal testo e girando in bicicletta nel piatto paesaggio su strade sospese sugli argini di canali, con esiti comici prevedibili. Durante le prove visitano case in vendita, perché Gauthier è interessato ad acquistarne una nella zona, sempre più di moda nel mondo borghese parigino. Incontrano la proprietaria di una di queste case, Francesca (Maya Sansa), una donna bella e scorbutica in preda a una burrasca che precede un divorzio; la donna non si fa scrupoli nello sbattere subito in faccia ai due che detesta gli attori per il loro difetto capitale, il narcisismo. L’attrazione che provano Serge e Gauthier per Francesca, donna decisa e senza peli sulla lingua, è ineluttabile. Entra in gioco, quindi, un altro oggetto del contendere tra i due; il medesimo oggetto, però, è anche un imprevedibile soggetto e i due contendenti passano dal fioretto alla spada, accompagnata da un nodoso randello. L’imbrattamento di sangue – metaforico – dello schermo è altrettanto scontato e pagano le spese dello scontro tutti i personaggi …
In questa pellicola si ricompone il fortunato binomio Le Guay-Luchini, varato con successo nel recente Le donne del 6° piano. La bravura espressiva di Luchini è indubbia e sovrasta quella degli altri interpreti, pur bravi nella loro parte. Il dialogo è scoppiettante e serrato. I luoghi dell’azione sono costruiti con cura e i paesaggi sono belli. Insomma: tutto scorre gradevolmente in questa storia, regalando un film da vedere.
Valutazione ***1/2
FabioFeli
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erlebnis
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martedì 4 febbraio 2014
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non alceste non filinto il mondo di terra é tinto
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Una nota stella del cinema(Gauthier), decide di invertire, per una volta, il suo tabellone di marcia, contraddistinto fino a quel momento da banali fiction televisive garanti del salario ma povere di virtù, con l'intento di mettere in scena "il Misantropo" di Molière. Gauthier, per realizzare una strabiliante performance, spera nell'aiuto del suo vecchio e talentuoso amico Serges, ormai ritiratosi dalla carriera per scelta personale e troppo orgoglioso per pensare di ritornarci, così tenta in tutti i modi di convincerlo a lavorare con lui, senza mai avere del tutto una sicura conferma.
La storia mette a nudo la profonda rivalità fra due attori, che, pur stimandosi a vicenda, ricreano un agone di recitazione quasi amebeo nel quale l'uno mira sempre a prevalere sull'altro.
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Una nota stella del cinema(Gauthier), decide di invertire, per una volta, il suo tabellone di marcia, contraddistinto fino a quel momento da banali fiction televisive garanti del salario ma povere di virtù, con l'intento di mettere in scena "il Misantropo" di Molière. Gauthier, per realizzare una strabiliante performance, spera nell'aiuto del suo vecchio e talentuoso amico Serges, ormai ritiratosi dalla carriera per scelta personale e troppo orgoglioso per pensare di ritornarci, così tenta in tutti i modi di convincerlo a lavorare con lui, senza mai avere del tutto una sicura conferma.
La storia mette a nudo la profonda rivalità fra due attori, che, pur stimandosi a vicenda, ricreano un agone di recitazione quasi amebeo nel quale l'uno mira sempre a prevalere sull'altro. Ognuna dele loro vigorose battute concentra e collabora a gonfiare a dismisura un nitido narcisismo, che forse non comprende solamente i due coprotagonisti, ma allarga la cerchia a tutti gli attori. Nel contesto cinematografico del film, si inserisce con finezza ed eleganza la teatralità dei due personaggi, lo scenario è quasi da camera, le parole aumentano di peso e gravità durante le prove, l'altezzosità di entrambi raggiunge livelli elevati, si leva dal terreno la poesia del teatro. Dal canto loro Serges e Gauthier si librano in volo sopra il mondo intero nel momento in cui interpretano le parti assegnatesi, l'importanza della completa immedesimazione quasi li tormenta, li fa sfidare, facendoli sembrare come fuori luogo: Alceste e Filinto puri e sinceri personaggi di un capolavoro della drammaturgia, Serges e Gauthier finiti a tarparsi le ali vicendevolmente cascando a capofitto nella meschinità terrena, nella falsità, nell'ipocrisia, nella futilità dei litigi, nelle ombre lugubri della superbia.
Stefano La Cava
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eugenio
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venerdì 20 dicembre 2013
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una versione inedita del misantropo
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Cinema un po’ d’essay la nuova “avventura filmica” del regista francese Le Guay dopo l’acclamato successo de “Le donne del sesto piano”.
Siamo lontani da quel filone ma la strada dell’originalità -in questo caso definita dalla contaminazione teatro-cinema- è ben percorsa e procede senza intoppi. Certo, adattare Moliere ed in particolare “Il misantropo” fino a renderlo protagonista di una pellicola, è scelta coraggiosa in un cinema che fa sempre più abuso di effetti digitali di massa ma Le Guay complice un cast che ha tra le sue stelle il sempre bravo Luchini, riesce nell’impresa.
Al centro di "Moliere in bicicletta" stanno i preparativi del Misantropo ad opera di due carismatici quanto antitetici personaggi che hanno in comune solamente la formazione artistica: il primo, Gauthier, è un narcisista arrogante attore di successo di una soap opera medico-sentimentale, desideroso di tornare ai “patri lidi” interpretando un dramma di successo; il secondo, Serge, è un grande talento teatrale ritiratosi a Ilè del Rè al culmine della sua carriera artistica.
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Cinema un po’ d’essay la nuova “avventura filmica” del regista francese Le Guay dopo l’acclamato successo de “Le donne del sesto piano”.
Siamo lontani da quel filone ma la strada dell’originalità -in questo caso definita dalla contaminazione teatro-cinema- è ben percorsa e procede senza intoppi. Certo, adattare Moliere ed in particolare “Il misantropo” fino a renderlo protagonista di una pellicola, è scelta coraggiosa in un cinema che fa sempre più abuso di effetti digitali di massa ma Le Guay complice un cast che ha tra le sue stelle il sempre bravo Luchini, riesce nell’impresa.
Al centro di "Moliere in bicicletta" stanno i preparativi del Misantropo ad opera di due carismatici quanto antitetici personaggi che hanno in comune solamente la formazione artistica: il primo, Gauthier, è un narcisista arrogante attore di successo di una soap opera medico-sentimentale, desideroso di tornare ai “patri lidi” interpretando un dramma di successo; il secondo, Serge, è un grande talento teatrale ritiratosi a Ilè del Rè al culmine della sua carriera artistica.
Opposti si attraggono ma qui l’eccezione fa la regola per rimanere in tono di luoghi comuni. Serge ha deciso di vivere da eremita rinunciando al palco che gli era divenuto “troppo stretto” e rifiuta almeno inizialmente la proposta di Gauthier ma di nascosto sottende la brama di coprire il ruolo di Alceste, l'innamorato di Celimene e amico di vecchia data di Filinte.
Dalla finzione teatrale alla finzione cinematografica, lo spettatore assiste per buona parte ai diverbi tra i due ex amici, alle prove alterne dei due ripetute fino allo sfinimento la prima scena del primo atto, alla conoscenza con Francesca (Maya Sansa) divorziata dal marito che intreccerà una quantomeno apparente storia col ramingo Serge.
Il climax è nell’angolo e lo spettatore non foriero a pellicole di questo stile pregusta già cosa lo attende. Dall’incontro/scontro tra due approcci che si traducono in differenti stili di vita, Le Guay traccia abilmente il profilo psicologico di due attori sull’oramai definito viale del tramonto indagandone con acume il senso di isolamento dalla realtà che talune volta comportano le dinamiche del mondo dello spettacolo e sui deleteri effetti nell'animo.
In mani poco esperte il rischio del “triangolo” innestato in ambito teatrale avrebbe lasciato perplessi col rischio di cadere nel già visto o peggio nell’esecrabile volgarità. L’esile trama poi poteva avvalorare questa tesi impreziosita soltanto da un vezzo borghese come l’esibizione del Misantropo in una commedia anomala che nascondeva sotto la veste “aulica” una trama molto “italiana” anni novanta che difficilmente avrebbe saputo narrare qualcosa in più.
I momenti di lirica, di ironia e di evidente misantropia di Serge unito a un gusto un po’ retrò e raffinato nella scelta estetica e formale, innalza l’aura della pellicola a un livello di buona fattura formale, dove ogni scena assume un senso specifico, dove il rapporto dialogico tra i due contendenti nasconde l’inferno di tutto il genere umano.
Come dirà Serge in un pregnante primo piano: “Troppe perversità, troppo malanimo. Io chiuderò i rapporti con il prossimo, troppo dolore le disgrazie portano tirandosi da parte, più si sopportano poiché gli umani si azzannano come lupi.
E non occorre certo Molierè per ricordarcelo.
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linus2k
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sabato 4 gennaio 2014
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una bella commedia benedetta da molière
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Si racconta che Molière scrisse "il Misantropo", una delle sue più importati opere, sull'onda di una serie di delusioni importanti affettive e professionali: dopo l'abbandono della moglie ed il fallimento delle 2 sue ultime opere. Mettendo in scena Alceste e la sua rigida morale, recitava un suo personale "J'accuse" verso la doppiezza e la bassezza morale umana ed il suo personale manifesto morale.
Philippe Le Guay, insieme al suo attore feticcio (e come al solito immenso) Fabrice Luchini, reduci entrambi dal successo del bellissimo "Le donne del sesto piano", ripropongono il tema della commedia di Moliére in una sottile (ma nemmeno più di tanto) riflessione sul mondo dello spettacolo in primis e dell'amicizia e dei rapporti interpersonali in senso più lato.
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Si racconta che Molière scrisse "il Misantropo", una delle sue più importati opere, sull'onda di una serie di delusioni importanti affettive e professionali: dopo l'abbandono della moglie ed il fallimento delle 2 sue ultime opere. Mettendo in scena Alceste e la sua rigida morale, recitava un suo personale "J'accuse" verso la doppiezza e la bassezza morale umana ed il suo personale manifesto morale.
Philippe Le Guay, insieme al suo attore feticcio (e come al solito immenso) Fabrice Luchini, reduci entrambi dal successo del bellissimo "Le donne del sesto piano", ripropongono il tema della commedia di Moliére in una sottile (ma nemmeno più di tanto) riflessione sul mondo dello spettacolo in primis e dell'amicizia e dei rapporti interpersonali in senso più lato.
Serge (Luchini) è un attore che, tradito nella fiducia riposta nel suo lavoro e soprattutto delle persone con cui lavorava e di cui si fidava, decide di allontanarsi da tutto e da tutti, isolandosi sull'Ile de Re tra dipinti, restauro della casa e passeggiate in bicicletta. Lo raggiunge il suo fidato amico Gauthier (un bravissimo Lambert Wilson), attore di grande successo televisivo, deciso a chiedere all'amico di sempre di tornare al lavoro con lui mettendo proprio in scena "Il Misantropo" di Molière.
Parte quindi uno splendido duetto/sfida tra i due attori che intreccia la contemporaneità con la classicità, le vicende personali con le citazioni della commedia, in una sorta di splendido incontro scontro, quasi una danza, tra attore di successo ed attore in crisi, tra recitazione teatrale e commerciale, tra presente e passato, tra alti valori e piccole bassezze quotidiane.
Gli opposti si richiamano, si confrontano, si uniscono con una sottile e delicata grazia che percorre tutto il film, regalando un miracoloso equilibrio tra malinconia e ironia.
A scombinare le carte e rendere questo confronto più difficile arriva lei, Francesca (una intensa Maya Sansa), italiana in crisi per l'imminente divorzio con il marito. L'incontro tra i 3 renderà, come immaginabile, tutto più complicato. Francesca sarà un po' Celimene ed un po' Eliante, un po' civettuola un po' saggia confidente e porterà una evoluzione della storia in un certo senso immaginabile, ma di certo non scontata.
"Molière in bicicletta" rappresenta l'ennesimo capitolo felice di questa era d'oro per la commedia francese, complice l'affiatamento evidente ed ormai noto di regista e protagonista (nonché sceneggiatori) e lo sguardo benevolo di un'opera teatrale che, dopo 350 anni, dimostra sempre la sua grande attualità.
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catcarlo
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venerdì 3 gennaio 2014
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molière in bicicletta
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Gauthier (Wilson) è un attore assai piacente, stella della prima serata televisiva dove, grazie all’interpretazione di un (abbastanza improbabile) neurochirurgo, è diventato il beniamino della Francia intera. Nel ruolo, però, si sente un po’ stretto, visto che il suo sogno resta il teatro e, più nello specifico, Molière. Per arrivarci, va a disturbare Serge (Luchini), un vecchio collega di set cinematografici, ma anche valente attore teatrale, che si è da tempo ritirato in solitudine sulle sponde dell’Atlantico. Lo raggiunge sull’Isola di Rè (davanti a La Rochelle) e gli propone di recitare insieme ‘Il misantropo’ (scelta inattesa, eh?) alternandosi le parti di Alceste e Filanto: per convincere il riottoso Serge – che parte da ‘non se ne parla nemmeno’ - è disposto a tutto, incluso acquistare una casa sull’isola, andare in bicicletta senza freni e sottoporsi a infinite giornate di prove pur con il sospetto (sempre meno vago) di venir preso in giro.
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Gauthier (Wilson) è un attore assai piacente, stella della prima serata televisiva dove, grazie all’interpretazione di un (abbastanza improbabile) neurochirurgo, è diventato il beniamino della Francia intera. Nel ruolo, però, si sente un po’ stretto, visto che il suo sogno resta il teatro e, più nello specifico, Molière. Per arrivarci, va a disturbare Serge (Luchini), un vecchio collega di set cinematografici, ma anche valente attore teatrale, che si è da tempo ritirato in solitudine sulle sponde dell’Atlantico. Lo raggiunge sull’Isola di Rè (davanti a La Rochelle) e gli propone di recitare insieme ‘Il misantropo’ (scelta inattesa, eh?) alternandosi le parti di Alceste e Filanto: per convincere il riottoso Serge – che parte da ‘non se ne parla nemmeno’ - è disposto a tutto, incluso acquistare una casa sull’isola, andare in bicicletta senza freni e sottoporsi a infinite giornate di prove pur con il sospetto (sempre meno vago) di venir preso in giro. La situazione pare sbloccarsi con l’entrata in scena di una donna italiana alle prese con un divorzio difficile, Francesca (una Maya Sansa di notevole presenza), ma quella che si annuncia come una svolta positiva si rivela invece l’innesco per il tradimento umano e artistico: Gauthier mostra la sua inadeguatezza in entrambi i campi (già le avvisaglie si scorgevano nella vicenda del tassista) e Serge vede riconfermata la pessima opinione che ha degli attori e dell’umanità (anche se lui, in fondo, non dimostra di essere tanto meglio). Da un soggetto dello stesso Luchini, Le Guay cuce il film addosso a uno dei suoi attori preferiti meditando sulle umane tristezze, ma soprattutto giocando sulla brillante musicalità dei versi alessandrini del commediografo francese: i momenti migliori sono infatti quelli in cui i due attori provano e, al contempo, si lanciano frecciate pungenti alternate a vecchi ricordi, sempre con Serge nella parte del custode del testo e Gauthier incline all’errore, visto che sbaglia le battute e si dimentica gli accenti. Wilson si rivela un’ottima spalla in un personaggio che rende evidente via via la propria vanità mentre Luchini evita di strabordare, mettendosi al servizio di Molière e non viceversa. Al confronto, il resto del film risulta più debole, alternando qualche svolta telefonata e momenti di stanca (ad esempio, la storia della vasectomia non è certo sfruttata al meglio) a momenti azzeccati, come la scena dell’idromassaggio e le passeggiate a due ruote sulle stradine in terra battuta tra le lingue di mare che penetrano nell’isola (grazie anche all’ottima fotografia di Jean-Claude Lattieu). Forse sarebbe semplicemente bastato dare una sforbiciata qua e là, ma sono tutti appunti che non pregiudicano certo la godibilità di una commedia comunque ben fatta e divertente – a conferma della salute del cinema francese anche a livello medio: l’importante è che lo spettatore non si faccia spaventare dall’argomento ‘letterario’ perché lo stesso è trattato con leggerezza e perché Molière si rivela capace di coinvolgere anche chi ne è del tutto digiuno. In fondo, la vera magia sta nel testo e nel palcoscenico, non negli interpreti: anche se letti da un’attrice porno di provincia (la Betty di Julie-Anne Roth) i versi de ‘Il misantropo’ mantengono intatto il loro fascino.
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francesca meneghetti
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lunedì 6 gennaio 2014
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elogio della libertà solitaria o del teatro?
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“Moi, je veux me fâcher, et ne veux point entendre” (Io voglio risentirmi, e non voglio ascoltare).
” L'ami du genre humain n'est point du tout mon fait” (Non fa per me chi ama tutto il genere umano).
Due battute di Alceste, protagonista del “Misantropo” di Molière, commediografo francese vissuto nel ‘600, ne riassumono il “carattere” (per i più: un cattivo carattere). Alceste, infatti, detesta le regole sociali, le formalità, le cortesie, considerate, ieri e oggi, come simbolo di urbanità, ma che per lui sono pure ipocrisie. Al punto da condurre una battaglia solitaria in nome della sincerità.
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“Moi, je veux me fâcher, et ne veux point entendre” (Io voglio risentirmi, e non voglio ascoltare).
” L'ami du genre humain n'est point du tout mon fait” (Non fa per me chi ama tutto il genere umano).
Due battute di Alceste, protagonista del “Misantropo” di Molière, commediografo francese vissuto nel ‘600, ne riassumono il “carattere” (per i più: un cattivo carattere). Alceste, infatti, detesta le regole sociali, le formalità, le cortesie, considerate, ieri e oggi, come simbolo di urbanità, ma che per lui sono pure ipocrisie. Al punto da condurre una battaglia solitaria in nome della sincerità.
Che senso ha riproporre nel cinema un testo teatrale antico e per di più versificato (in alessandrini)?
Anzitutto diciamo che non si tratta di un caso unico nel cinema. Anche nel premiatissimo “Cyrano de Bergerac” del 1990 diretto da Jean-Paul Rappeneau e interpretato da un grande Depardieu, si recita in rime. E così pure in “Shakespeare in Love”, tanto per citare due esempi di rivisitazione di opere teatrali o poetiche classiche. Così come non è un’operazione del tutto originale fare del metateatro (mostrare cioè il teatro nel suo farsi); anzi molti sono i film caratterizzati da simili operazioni: l’ultimo citato, di John Madden, ne costituisce una prova. Quanto all’idea di riproporre oggi il “Misantropo”, assai meno popolare di altre opere di Molière come l’”Avaro” (versione cinematografica di Tonino Cervi del 1990, con Alberto Sordi), o il “Tartufo” (film del 1925, diretto da Friedrich Wilhelm Murnau), il regista Philppe le Guay è stato preceduto pochi anni fa (2009), nel teatro francese da Nicolas Rigas.
Però “Molière in bicicletta” (il titolo originale, “Alceste à bicyclette” è più corretto, ma meno riconoscibile da parte del pubblico italiano) è un film interessante e dotato comunque di originalità. Del resto, rifarsi a un classico, è “un classico”.Anzi, In tempi di crisi e di incertezze, spesso si risale ai fondamenti, per trovare appigli validi e di valore universale. Ciò vale per il pensiero filosofico, politico ed economico, ma anche per l’ambito artistico. La domanda di fondo è allora: è un film sull’immutabile condizione umana o un film sugli attori, più indotti dei comuni umani, da loro mestiere, a recitare una parte, e dunque a fingere? Entrambi le chiavi di lettura hanno una giustificazione.
Partiamo dalla seconda. I due amici, che aspirano ugualmente a recitare in teatro la parte più prestigiosa di Alceste, incarnano due atteggiamenti diversi nel mondo dello spettacolo: da un lato un artista bello, affermato, ambizioso, superficiale, adulante, disposto a sottostare alle regole del mercato e a tutti gli obblighi sociali che ne derivano (perfetta incarnazione dello spirito di Filinto, l’amico-nemico di Alceste). Dall’altro un artista refrattario ai compromessi, deluso, depresso che si è ritirato dal bel mondo per evitare di essere ferito, ma che, risvegliatasi in lui la fame di recitazione, le dedica un impegno totale, puntiglioso, rispettoso del testo originale (interpreta in modo splendido e intenso la parte Fabrice Luchini, pratico di scene teatrali). Si tratta anche di una contrapposizione tra cinema, più sensibile alle ragioni della cassetta, e teatro, più raffinato ed esclusivo? tendenzialmente sì.
Quanto al primo punto, ci piace interpretarlo in chiave di attualità, accettando la regola che da sempre ci sono uomini inclini al compromesso e uomini integri e totalmente sinceri (molti di meno)… In un’epoca come quella attuale che ci forza verso la socializzazione a tutti i costi, verso la padronanza delle tecniche di comunicazione (che spesso mascherano l’arte di fregare il prossimo), l’elogio della schiettezza, e dell’inevitabile solitudine che ne consegue, è un modo di andare controcorrente. “Io vostro amico? Prego, toglietemi dal mazzo./ Invero, ho ritenuto d'esserlo fino ad oggi; /Ma dopo quel che or ora mi avete palesato,/ Vi dico chiaro e tondo che non lo sono più./Non voglio avere posto in un cuore corrotto.”
In quest’ottica, acquista un senso anche la bicicletta, come simbolo di libertà, come esempio di una corsa contro il vento (perché la regola universale del ciclismo è che il vento non è mai alle spalle), solitaria o condivisa, non priva di comici incidenti, tanto più se priva di freni, ma spoglia di orpelli e carrozzerie. Film troppo didattico? No. C'è piuttosto qualche pedanteria nel riproporre gli stessi pezzi (la scena 1^ del 1^ atto), ma si vedrà alla fine che la cosa aveva anche un senso. Nell’insieme uno spettacolo da non perdere, anche per le altre interpretazioni Lambert Wilson e la splendida Maya Sansa, e per gli scenari dell île de Ré, posta sull’Atlantico vicino a La Rochelle.
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ennas
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sabato 1 marzo 2014
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il misantropo e l'altro
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Gauthier Valence è un attore di successo, il pubblico lo riconosce per strada,risponde in pieno alle regole dell’apparire : alto, elegante, fisico snello e prestante, incarna con stile un personaggio virtuale cui dà vita in televisione, un medico d’assalto di una serie ospedaliera TV. Pur immerso nel vortice mondano dei suoi impegni Gauthier decide di dare corpo ad un suo vecchio desiderio: interpretare a teatro un classico della commedia francese, Il Misantropo” di Molière.
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Gauthier Valence è un attore di successo, il pubblico lo riconosce per strada,risponde in pieno alle regole dell’apparire : alto, elegante, fisico snello e prestante, incarna con stile un personaggio virtuale cui dà vita in televisione, un medico d’assalto di una serie ospedaliera TV. Pur immerso nel vortice mondano dei suoi impegni Gauthier decide di dare corpo ad un suo vecchio desiderio: interpretare a teatro un classico della commedia francese, Il Misantropo” di Molière. Con questo progetto va alla ricerca di una vecchia conoscenza, Serge, un attore un tempo quotato e famoso che al culmine della carriera si è ritirato dalle scene e vive isolato nell’Ile de Ré.
Serge Tanneur, questo attore eremita, lo riceve nella casa dove vive, casa ereditata da uno zio, zeppa di suppellettili d’antan e bisognosa di manutenzione. Con Gauthier rievoca il suo ripudio del successo: durante una malattia e crisi esistenziale ha toccato con mano l’altra faccia della medaglia , il suo mondo gli ha mostrato l’indifferenza ipocrita e il cinismo bieco del tradimento. Ha un primo moto di rifiuto alla proposta di Gauthier di interpretare con lui in teatro “Il Misantropo” nei panni di Filinte ma il fascino del progetto lo tenta, anche se si sente più affine al ruolo di Alceste.
Dopo una lunga schermaglia su chi dovrebbe fare Alceste ( il misantropo) si accordano di provare insieme a declamare l’opera, alternandosi nei ruoli di Alceste e dell’amico Filinte. La prova reiterata dei due del dialogo del I° atto della commedia è il nocciolo del film, la messa in luce del sottile confine tra l’ideale aspirazione all’integrità umana e l’integralismo, in un mondo cinico e barbaro.
La società dello spettacolo è lo scenario scelto dal regista Philippe Le Guay per ambientare il suo misantropo post-moderno, una scelta azzeccata che la regia usa in modo efficace regalandoci una commedia di divertente e simpatica freschezza. Alla resa eccellente dei due attori protagonisti (Lambert Wilson e Fabrice Luchini ), fa eco una resa altrettanto accurata dei personaggi di contorno: il pubblico ingenuo, lezioso e pretenzioso, la ragazza, attrice candida e disinvolta (incosciente?) di film porno che messa alla prova può rivelare una “serietà” inaspettata, la scorbutica italiana Francesca ( una brava Maya Sansa ) gravida di emotività e di vitale irruenza. Oltre ad essere ben caratterizzati come personaggi minori, contribuiscono ad accentuare il carattere e l’ambiguità dei due protagonisti.
Bella la fotografia e il paesaggio ventoso dell’Ile de Ré, insieme isola e vorticoso movimento.
La difesa della sincerità come valore assoluto, il rifiuto di “sporcarsi le mani” in un ambiente superficiale e vanitoso, rendono Serge ipersensibile agli affronti della vita: l’accadere senza riflessione ( il tradimento sull’onda delle emozioni incontrollate di Francesca e Gauthier) lo feriscono ma gli alimentano anche un rancoroso spirito di rivalsa, una sete di vendetta che lo
spingerà di nuovo nell’isolamento.
Ma il rifiuto totale produce anche “la catastrofe spaventosa” , la solitudine. Anche per chi persegue imperterrito e noncurante i propri egoistici interessi il risultato sarà catastrofico. L’equilibrio fra estremi è un arduo traguardo di fragile armonia. Questo Molière di oggi è un film delizioso, proprio da non perdere.
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marilena
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giovedì 13 marzo 2014
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da meditare
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Questo lungometraggio ci presenta la diversità della natura umana: prendendo Molière come riferimento, si dipanano le storie parallele dei 3 protagonisti: il primo molto impulsivo e sicuro del suo successo, l'altro deluso dal mondo chiuso in un cupo cinismo, in una sorta di rassegnazione alla vita e la terza una donna addolorata dal fallimento matrimoniale ed affettivo.... tutti e 3 sembrano essere alla ricerca di un qualcosa....qualcosa che li spinga a trovare una ragione per sopravvivere....
Riflessione agrodolce sulle relazioni umane...intercalata dal testo originale dell'autore francese, il film coinvolge letteralmente lo spettatore in un turbinio di intense emozioni.
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Questo lungometraggio ci presenta la diversità della natura umana: prendendo Molière come riferimento, si dipanano le storie parallele dei 3 protagonisti: il primo molto impulsivo e sicuro del suo successo, l'altro deluso dal mondo chiuso in un cupo cinismo, in una sorta di rassegnazione alla vita e la terza una donna addolorata dal fallimento matrimoniale ed affettivo.... tutti e 3 sembrano essere alla ricerca di un qualcosa....qualcosa che li spinga a trovare una ragione per sopravvivere....
Riflessione agrodolce sulle relazioni umane...intercalata dal testo originale dell'autore francese, il film coinvolge letteralmente lo spettatore in un turbinio di intense emozioni....persino un personaggio molto secondario con pochissime battute come la ragazzina dal futuro di attrice "Hard", calandosi completamente nella recita del Misantropo, riesce a scoprirsi talmente brava nella declamazione dei versi, da accalappiarsi le simpatie dei due protagonisti.
Da vedere, ri-vedere, gustare e meditare...
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