Titolo originale The Dictator.
Commedia,
durata 83 min.
- USA 2012.
- Universal Pictures
uscita venerdì 15giugno 2012.
MYMONETROIl dittatore
valutazione media:
3,19
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Aladeen e' un dittatore di un piccolo paese africano, Wadiya, ignorante e crudele, finira' solo nella "grande mela" a seguito di un tradimento da parte del suo braccio destro Tamir per instaurare una democrazia di facciata con cui vendere il petrolio di cui e' ricco il paese.
Il film ha un ritmo incredibile, non ci sono praticamente momenti morti, e' un susseguirsi di battute, in sala la gente non faceva in tempo a finire di ridere per la battuta che scattava un altra.
L'umorismo di Cohen , e' sicuramente alla portata di tutti, di forte impatto,volgare, diretto ma non e' banale come vuole sembrare, nasconde sempre una forte critica e un ironia piu' sottile.
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Aladeen e' un dittatore di un piccolo paese africano, Wadiya, ignorante e crudele, finira' solo nella "grande mela" a seguito di un tradimento da parte del suo braccio destro Tamir per instaurare una democrazia di facciata con cui vendere il petrolio di cui e' ricco il paese.
Il film ha un ritmo incredibile, non ci sono praticamente momenti morti, e' un susseguirsi di battute, in sala la gente non faceva in tempo a finire di ridere per la battuta che scattava un altra.
L'umorismo di Cohen , e' sicuramente alla portata di tutti, di forte impatto,volgare, diretto ma non e' banale come vuole sembrare, nasconde sempre una forte critica e un ironia piu' sottile. Smaschera gli orrori e le falsità, le mette a nudo e le deride, che sia l'uomo dietro un dittatore (o dietro la barba, simbolo dello stereotipo e del potere) o le ipocrisie della democrazia moderna o l'alienazione del potere o il razzismo.
Sesso, Terrorismo, Razzismo...nessun taboo, nessuna limitazione, Cohen martella con il suo eccesso e humor nero senza dare tregua, e di questo lo ringraziamo....nulla e' piu' liberatorio di una risata.
Ridi tantissimo durante il film ma in qualche angolo della tua mente ti rimane, ti fa riflettere, finisci per ripensarci e riderci di nuovo; e questo avviene solo con la migliore ironia.
Per molti versi e' migliore di Borat e Bruno, e' un film consigliatissimo, anche a chi i precedenti film magari non erano piaciuti. [-]
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Mai come per questo film l’aggettivo “demenziale” va inteso come un complimento. Stiamo parlando de Il dittatore, l’ultima irriverente creatura dello scatenato Sacha Baron Cohen. L’ex Borat impersona l’ammiraglio generale Aladeen, supremo leader dell’immaginario stato arabo Wadiya, che cerca in tutti i modi di impedire la firma di una nuova costituzione democratica in quanto il suo popolo adora essere oppresso. Nato già con la barba, dedito al gioco della Wii e dotato di conoscenze nucleari apprese dai cartoni animati, il dittatore in questione si pone l’obiettivo di fugare ogni pericolo sulla diffusione nel suo paese della stampa libera, dei diritti civili e delle donne al volante.
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Mai come per questo film l’aggettivo “demenziale” va inteso come un complimento. Stiamo parlando de Il dittatore, l’ultima irriverente creatura dello scatenato Sacha Baron Cohen. L’ex Borat impersona l’ammiraglio generale Aladeen, supremo leader dell’immaginario stato arabo Wadiya, che cerca in tutti i modi di impedire la firma di una nuova costituzione democratica in quanto il suo popolo adora essere oppresso. Nato già con la barba, dedito al gioco della Wii e dotato di conoscenze nucleari apprese dai cartoni animati, il dittatore in questione si pone l’obiettivo di fugare ogni pericolo sulla diffusione nel suo paese della stampa libera, dei diritti civili e delle donne al volante. Per raggiungere il suo scopo si reca in missione nel “nido del diavolo”: l’America costruita dai neri e di proprietà dei cinesi. Qui però s’imbatte in Zoe, un’attivista che, credendolo un rifugiato e dopo avergli insegnato alcune tecniche di autoerotismo, lo farà innamorare e riuscirà a redimerlo(?).
Ancora una volta doppiato dall’arabeggiante Pino Insegno, il politicamente scorretto Baron Cohen si dimostra insuperabile nella sua comicità trash ma satiricamente pungente e sprezzante. Il risultato è un commedia ilare che, spingendo al massimo sul grottesco, non può che strappare allo spettatore grasse risate. [-]
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“Il dittatore” (The Dictator, 2012) è il quinto lungometraggio del regista di Brooklyn Larry Charles. Personaggio che nella relativa breve carriera cinematografica non le manda certo a dire. Puntiglioso, sarcastico, spudorato e, tanto quanto basta, scurrile (per rompere tutte le uova del paniere); un newyorkese che si fa beffa dell’America-sogno e irriverente verso il facile modo di misurarsi col pubblico. Una filmografia che comprende le tre pellicole con Sacha Baron Cohen (‘Borat’, 2006, ‘Bruno’, 2009 e appunto ‘Il dittatore’), un documentario (‘Religiolus’, 2008) sulla fede religiosa in tutte le sue forme (scorretto e satirico) e un film sui concerti ad ‘uso beneficienza’ (‘Masked and Anonymous’ co-sceneggiato con Bob Dylan anche interprete).
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“Il dittatore” (The Dictator, 2012) è il quinto lungometraggio del regista di Brooklyn Larry Charles. Personaggio che nella relativa breve carriera cinematografica non le manda certo a dire. Puntiglioso, sarcastico, spudorato e, tanto quanto basta, scurrile (per rompere tutte le uova del paniere); un newyorkese che si fa beffa dell’America-sogno e irriverente verso il facile modo di misurarsi col pubblico. Una filmografia che comprende le tre pellicole con Sacha Baron Cohen (‘Borat’, 2006, ‘Bruno’, 2009 e appunto ‘Il dittatore’), un documentario (‘Religiolus’, 2008) sulla fede religiosa in tutte le sue forme (scorretto e satirico) e un film sui concerti ad ‘uso beneficienza’ (‘Masked and Anonymous’ co-sceneggiato con Bob Dylan anche interprete).
“Il dittatore” appare da subito come un film in presa diretta da un paese fantasioso-suurreale ad un paese feticcio-reale. Una cadenza narrativa da passo accelerato dove ad ogni greve e saccente battuta ne nascono (o meglio ne scaturiscono) molte altre talmente compresse che si fa fatica a colmare una risata liberatoria: tutto in un contrattempo sgrammaticato e imbastito con artistiche velleità e trash-manie argomentate. Il film di Larry Charles è costantemente in bilico tra qualcosa di ‘sublime’ (per intendersi non di risata sguaiata) a qualcos’altro di ‘grezzo’ (per intendersi cercando di accattivarsi il pubblico con disarmante facilità). Un simbolismo vivo tra un manifesto big-cultural e una scrittura pig-pop. Tutto con manierismo certamente intelligente ma calante in un vezzo irrisolto e non pieno di toccate feroci e radenti. Quando la storia è di ieri (e non do oggi) è lecito porsi un questionario, irrisolto finché si vuole, per sparare cartucce future di illogicità umana per una cronimania sacrale di quello che il futuro attende a noi e di quello che la risata di oggi aspetta per squarciare ogni disabilità legale. Appare un frammisto, ora uno sputo e ora un sorso d’acqua, di avvenimenti (visti dall’alto) che sono interiori al linguaggio del dittatore (di noi tutti) non certamente esplicitatati in modo veramente irrispettoso. Ora Saddam Hussein è nella memoria (non di certo per premio) mentre il dittatore vuole appropriarsene nel presente in un ieri trasandato mentre non corrode un Presidente di oggi, che sì appare e preso in giro con voce fuori campo, che lungi da essere fuori luogo, non castiga i vivi perché dei morti (viventi nel film) ne abbiamo a iosa (arrecando danni inusitati). Una pellicola che apre molte e forti speranze di rottura per rompersi sul più bello col personaggio doppio (sosia vero e sosia falso) che non incide per nulla (o quasi) nella teatralità di un mondo (newyorkese) ferito fino al midollo. E il richiamo chapliniano (‘il grande dittatore’) e lo specchio Kurosawaniano (‘Kagemusha’) si ritrovano quasi a braccetto senza un compiuto vero e un’irriverenza cadaverica di quello che il sogno americano ha perduto e dello skyline di Manatthan oramai segnato (le torri gemelle richiamate più volte parlando dell’Empire State Building come vortice e vertice di una città spremuta).
Le immagini dall’alto e verticali della città (con i suoi grattacieli) stile ‘blade runner’ e le notturne in lungo orizzontale che raccordano le scene dovrebbero spaventare oltre il significato invece diventano (ad uno spettatore non colto in fallo… di fuori gioco) un quadro pulito che accarezza un’ignominia di una centralità persa e di una politica culturale in ribasso e per nulla veritiera. Chaplin irrideva e triturava il presente, Kurosawa ricordava e intrepidamente dava vivacità al mondo circostante mentre Larry Charles (e l’alter-ego che diventa partecipe di se stesso) schiuma rabbia con fugacità irrisolta e maestria un po’ rabberciata. Certo i confronti sono irriverenti (se ne rende conto benissimo chi ha visto il film e ne scrive) ma per smuovere veramente le acque si deve andare fino in fondo con una risata piena e un gioco di smarco ficcante e portentoso senza aggiungere manifestazioni (per carità gustose) e risvolti deretani, eiaculanti e fortemente puzzolenti. Il trash arriva in un tempo ristretto (appena non te ne rendi conto appare fuori dalla finestra) e sfacciatamente si appropria del tutto. Farsi raccontare la masturbazione è un filmino nel film (ripeto anche sagace) di pieno sfogo ma appare alla lunga col fiato corto mettendoci dentro tutto (o buona parte) dell’immaginario hollywoodiano (fino alla corsa di ‘Forrest Gump’) per arrivare allo ‘splatter’ giocoso di uno scary-movie qualsiasi e di un fanta(porno) in prossimità (simil faccende di certi ‘idioti’ soliti). Perché nel mentre si rivuole la scena attoriale (perché non far fuori il sosia che di gusto vorrebbe andarsene) ecco che fa capolino una capra (come non pensare all’uomo ‘capra’ George Clooney già nominato) che cerca di far saltare i piani del dittatore che con una carrucola vuole entrare nel palazzo che conta mentre (per accontentare chi è distratto) un pene (contro-figurato?) si scaglia distrattamente contro la cinepresa e di rabbuiata voglia di spargere (bianca sentenza…) sale. Un chiuso e una chiusa tra una libera elezione e un rigurgito dittatoriale prima che il fine ultimo è uno sberleffo a tutti quando un matrimonio di entità disgiunte avalla una trivialità di odori ripugnanti e di puzze arrapanti (come per dire che di tutto c’è fino al gracile leccare di peli e alla maternità ancora in vagina mentre un cellulare si diverte a contattare un sms del pargolo in arrivo –che peccato è una femmina dove la buttiamo…-).
Una compiaciuta pellicola dove il piatto è ricchissimo senza confini di registro e di scrittura inondando molti generi con toni parodistici, macchiettistici e commedianti dove la satira sconfina nella celebrazione di ciò che non si vuole e il tono appare smorzato e claustrofobico. L’affronto sociologico a cui tende si abbevera dello stesso script divorando le frecciate ed eliminando qualche spunto denigratorio (e fortemente irriverente). E lo spirito di movimento corporale del dittatore (e di Sacha Baron Cohen) restaura ciò che Bin Laden poteva simboleggiare e ciò che è un sogno sfinito e odierno con una demenzialità (americanizzata) che rifà il verso ad un recitare vecchio (una comicità muta) e nuovo (un fagocitare continuo di sberleffi –da tv di piazza…da dove proviene l’attore londinese). E il marchio teatral-tv rende il tutto appetibile e voluminoso anche se rischia (quasi) sempre il fuori onda (e l’orrore di qualcosa appare scaduto).
Sacha Baron Cohen (che ha co-sceneggiato la pellicola) è al centro di tutto sempre e comunque e regge tutta la baracca; da ricordare il comprimario di lusso Ben Kingsley (nei panni di Tamir che vorrebbe raggirare il dittatore e i suoi modi) con una recitazione veramente spassosa; infine sono da menzionare (e vedere) ragazze di rara bellezza che circondano il letto del dittatore (mogli e amanti….con un archivio degno di un viziato del super-sesso); Megan Fox e Edward Norton rappresentano se stessi (chi sa se Edward Norton –che appare in pochi secondi- è stato chiamato appositamente per un giusto richiamo al film di Spike Lee “La 25° ora”…). [-]
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Ecco come perfettamente si uniscono il divertimento puro e la politica. Una denuncia sociale di interi sistemi resa talmente divertente da essere unica, esilarante come pochi e allo stesso tempo fà riflettere in maniera seria. Non si perde o rallenta, i dialoghi tengono altissima la qualità insieme ad una sceneggiatura scoppiettante e illuminante. Sacha Baron Cohen immenso, un personaggio stellare che governa il film nell'aspetto e nelle azioni. Elettrizzante, che dire del Cameo di Edward Norton e della foto con Shwarzenegger. Non si può non guardare.
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IL DITTATORE (USA, 2012) di LARRY CHARLES con SACHA BARON COHEN - BEN KINGSLEY - ANNA FARIS - JOHN C. REILLY - MEGAN FOX - JASON MANTZOUKAS § Tratto con beffarda libertà d'espressione da un libro autobiografico di Saddam Hussein.
Aladeen (S. Baron Cohen) è il tiranno di Wadiya, un fantomatico paese africano dall'ambiente desertico. Infantile, idiota, maschilista (ma apprezza la compagnia femminile in camera), sadico, passa il tempo impartendo ordini violenti e sconsiderati a danno dei suoi dipendenti che poi vengono giustiziati... almeno è ciò che lui crede inizialmente! Costretto dalle Nazioni Unite a cambiare la propria forma di governo a causa delle proteste popolari, si reca a Washington per firmare una costituzione democratica.
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IL DITTATORE (USA, 2012) di LARRY CHARLES con SACHA BARON COHEN - BEN KINGSLEY - ANNA FARIS - JOHN C. REILLY - MEGAN FOX - JASON MANTZOUKAS § Tratto con beffarda libertà d'espressione da un libro autobiografico di Saddam Hussein.
Aladeen (S. Baron Cohen) è il tiranno di Wadiya, un fantomatico paese africano dall'ambiente desertico. Infantile, idiota, maschilista (ma apprezza la compagnia femminile in camera), sadico, passa il tempo impartendo ordini violenti e sconsiderati a danno dei suoi dipendenti che poi vengono giustiziati... almeno è ciò che lui crede inizialmente! Costretto dalle Nazioni Unite a cambiare la propria forma di governo a causa delle proteste popolari, si reca a Washington per firmare una costituzione democratica. Ovvio che le sue intenzioni sono ben altre, ma il tradimento del suo portavoce (B. Kingsley) e collaboratore più stretto lo caccia in brutti guai: si ritrova a vagare per la capitale statunitense povero, mal vestito e senza la possibilità di farsi riconoscere (perché è senza barba!). Lo aiuteranno a risalire la china il suo "redivivo" scienziato e una ragazza a capo d'un gruppo di protestatori.
Un film interessante, divertente, emozionante grazie alla comicità slapstick aggiornata al Nuovo Millennio ma anche rilassante per il lieto decorso degli eventi, e soprattutto valorizzato da una durata contenuta. Poteva essere fatto meglio? Sì, abbassando la carica grottesca che esplode molto spesso fra una scena e l'altra e contestualizzando maggiormente la volgarità delle battute, la quale viene troppo spesso messa per puro riempimento, solo perché in quel momento non si hanno
altre gag da sfoderare. Credo anche che gli argomenti e vari fatti luttuosi inerenti al terrorismo e ai rapporti politici internazionali siano stati parodizzati troppo alla leggera e, pur risultando motivo d'ilarità, sembrano e sono chiacchiere da salotto. Strepitoso Baron Cohen con la sua recitazione che dissacra, abbatte e taglia da tutte le parti lasciando senza parole sia gli spettatori che gli attori in scena, mentre non è in formissima Kingsley. "The Dictator" è la loro seconda collaborazione quest'anno, dopo "Hugo Cabret" di Martin Scorsese. In fin dei conti, è lucido lo sguardo sui cancri che porta la dittatura, benché il film di L. Charles (che non dirige malissimo...) non sia un elogio alla democrazia. COMICO; GIUDIZIO PERSONALE: 7
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[+] gran bella recensione (di peppe2994)[ - ] gran bella recensione
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Sascha Baron Cohen dissacrante come sempre, questa volta assume il ruolo di un dittatore che non si fa fatica ad associare ad Osam Bin Laden. Il film è sostanzialmente diviso in due parti asimettriche: la prima - e più divertente - ambientata nello staterello di cui è monarca assoluto e la seconda - più ampia - ambientata a New York. Non mancano perle di ironia nera davvero belle. Da vedere.
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Già in passato il Cinema ha ridicolizzato i dittatori. Due esempi su tutti: Il grande dittatore di Charlie Chaplin e Il dittatore dello Stato libero di Bananas. Certo, il paragone è un pò troppo scomodo. Di sicuro però Larry Charles non sfigura, con un film ironico, ovviamente adeguato ai crismi della comicità contemporanea. Ancora una volta il regista si serve della bravura di Sacha Baron Coen, nelle doppie vesti, come fece Chaplin, del dittatore e del cittadino sempliciotto. Vengono così prese in giro le dittature nordafricane, certo, ma non manca una critica agli Usa. Soprattutto quando il dittatore tiene il discorso all'Onu, menzionando tante caratteristiche di un regime dittatoriale che in realtà non si discostano dal tanto decantato regime democratico americano.
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Già in passato il Cinema ha ridicolizzato i dittatori. Due esempi su tutti: Il grande dittatore di Charlie Chaplin e Il dittatore dello Stato libero di Bananas. Certo, il paragone è un pò troppo scomodo. Di sicuro però Larry Charles non sfigura, con un film ironico, ovviamente adeguato ai crismi della comicità contemporanea. Ancora una volta il regista si serve della bravura di Sacha Baron Coen, nelle doppie vesti, come fece Chaplin, del dittatore e del cittadino sempliciotto. Vengono così prese in giro le dittature nordafricane, certo, ma non manca una critica agli Usa. Soprattutto quando il dittatore tiene il discorso all'Onu, menzionando tante caratteristiche di un regime dittatoriale che in realtà non si discostano dal tanto decantato regime democratico americano.
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Il dittatore Aladeen ossessionato da una dittatura severa e parentoria,è un personaggio dai molteplici vizi quali le pene capitali,i cartonianimati e la Wii oltre ad essere caratterizzato da un forte carattere antidemocratico.Ma una congiura di palazzo,cambia il corso degli eventi e il nostro dittatore,sostituito da un sosia più scemo di lui è costretto a vagare per Manhattan tra i lussi e i piaceri della democrazia.Ma tra il suo essere dittatoriale e il suo carattere fortemente antidemocratico si pone una figura femminile ovvero Zoe,di cui si innamora e nel contempo si troverà di fronte a una decisione difficile,la dittatura o l'amore in democrazia?.
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Il dittatore Aladeen ossessionato da una dittatura severa e parentoria,è un personaggio dai molteplici vizi quali le pene capitali,i cartonianimati e la Wii oltre ad essere caratterizzato da un forte carattere antidemocratico.Ma una congiura di palazzo,cambia il corso degli eventi e il nostro dittatore,sostituito da un sosia più scemo di lui è costretto a vagare per Manhattan tra i lussi e i piaceri della democrazia.Ma tra il suo essere dittatoriale e il suo carattere fortemente antidemocratico si pone una figura femminile ovvero Zoe,di cui si innamora e nel contempo si troverà di fronte a una decisione difficile,la dittatura o l'amore in democrazia?.Così si consuma questo prodotto alquanto piacevole per la propria idea di visione,una commedia ben confezionata e per niente impegnativa,da vedere solo se si vuole passare un ora e venti in serenità visiva che in realtà tende a durare più del previsto.Lo definirei per lo più un film di sufficiente intrattenimento che riesce a strappare qualche risata segnando così la sua supremazia su borat e bruno,prodotti decisamente inferiori.Il dittatore è quindi una commedia da consumare al volo,nella quale confluiscono leggerezza e linearità,anche se l'elemento più valente è la semplicità non eccessiva,poichè non annoia e preserva novità rilevanti tanto da considerarlo un prodotto più che discreto e sinceramente non si poteva chiedere di meglio.
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[+] per voi si può chiedere di meglio? (di peppe2994)[ - ] per voi si può chiedere di meglio?
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A confronto di questo personaggio persino Ali G, Borat e Bruno impallidirebbero, risultando tutti e tre politicamente corretti. A metà tra Saddam e Gheddafi, Sacha Baron Cohen stavolta è un tiranno pronto a rischiare la vita pur di impedire alla democrazia di entrare nel proprio paese, da lui affettuosamente oppresso. Il film si basa sul romanzo "Zibabah and the King" pubblicato anonimo ma di fatto scritto proprio da Saddam Hussein, allegoria dei rapporti tra il pacifico e democratico Iraq e i crudeli Stati Uniti invasori. Cohen ride delle follie del potere assoluto nel primo film da lui interamente sceneggiato, ne esce un nonsense non riuscito, si ride ben poco e il tentativo di raccontare le storture dell'Occidente (bugie sulle armi di distruzione di massa, manipolazioni dei media e illusione della democrazia) naufraga ben presto.
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A confronto di questo personaggio persino Ali G, Borat e Bruno impallidirebbero, risultando tutti e tre politicamente corretti. A metà tra Saddam e Gheddafi, Sacha Baron Cohen stavolta è un tiranno pronto a rischiare la vita pur di impedire alla democrazia di entrare nel proprio paese, da lui affettuosamente oppresso. Il film si basa sul romanzo "Zibabah and the King" pubblicato anonimo ma di fatto scritto proprio da Saddam Hussein, allegoria dei rapporti tra il pacifico e democratico Iraq e i crudeli Stati Uniti invasori. Cohen ride delle follie del potere assoluto nel primo film da lui interamente sceneggiato, ne esce un nonsense non riuscito, si ride ben poco e il tentativo di raccontare le storture dell'Occidente (bugie sulle armi di distruzione di massa, manipolazioni dei media e illusione della democrazia) naufraga ben presto. Rispetto a "Borat" e "Bruno" c'è una sceneggiature definita e svanisce l'effetto candid camera e nessuno spazio per la casualità, Cohen è bravo solo nel mostrare una maschera di una bassezza e di una volgarità di livello assolutamente ineguagliabile. Va detto che, per fortuna, il film dura pochissimo, quindi la sofferenza è breve, domina uno stile grezzo se di stile di può parlare, non disturba nemmeno la volgarità, ad essere onesti è proprio il comico londinese ad essere fastidioso e ripetitivo, condannato ormai a rifare se stesso coi suoi personaggi che si sbriciolano nella durata di un film. Anche la struttura comica è semrpe quella, basata su un protagonista rozzo, odioso e politicamente scorrettissimo che approda negli States per farsi burla della democrazia e smascherare le false coscienze occidentali. La critica è comunque totalmente strabica e misera, quella che doveva essere l'opera più folle e provocatoria di Cohen si rivela la più perfetta delle boiate pazzesche e nemmeno la voce di Pino Insegno riesce a dare brio e simpatia al personaggio.
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Baron Cohen prosegue la sua opera di satira su personaggi della società contemporanea, stavolta però puntando a quello di un ipotetico dittatore, simbolo unico di tutti quelli che, volta per volta, occupano pagine o spazi nei notiziari occidentali.
Il risulatato è un mix di "figure" oppressive, o almeno come ci sono dipinte dai media, che strombazza apertamente la sua avversità alla democrazia, in omaggio alla tirannide.
Baron Cohen affastella gag su gag, com'è suo stile, non preoccupandosi di vere sceneggiatura e trama, e questo penalizza il film.
Per quanto alcune battute, scene e "trovate" siano divertenti, alcune poi alquanto "pecorecce", alla fine si sente la mancanza di un vero collante generale, di una struttura che giustifichi il tutto.
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Baron Cohen prosegue la sua opera di satira su personaggi della società contemporanea, stavolta però puntando a quello di un ipotetico dittatore, simbolo unico di tutti quelli che, volta per volta, occupano pagine o spazi nei notiziari occidentali.
Il risulatato è un mix di "figure" oppressive, o almeno come ci sono dipinte dai media, che strombazza apertamente la sua avversità alla democrazia, in omaggio alla tirannide.
Baron Cohen affastella gag su gag, com'è suo stile, non preoccupandosi di vere sceneggiatura e trama, e questo penalizza il film.
Per quanto alcune battute, scene e "trovate" siano divertenti, alcune poi alquanto "pecorecce", alla fine si sente la mancanza di un vero collante generale, di una struttura che giustifichi il tutto.
Prova ne è la digressione sui divi holliwodiani, da lui dipinti come pronti a qualsiasi mercificazione sessuale, pur di intascare soldi: una parentesi nella trama tutto sommato inutile, ma che dimostra la sua tendenza a intasare di umorismo la trama.
Appena prevedibile il pistolotto finale, in cui il dittatore dimostra agli americani come la sua idea di dittatura non sia dissimile dalla loro idea di democrazia, di fatto messa in atto da loro seppur con "nobili" intenti!
Il difetto del film di Baron Cohen è di non avere una cifra stilistica: si passa da comicità stile Allen, a "una pallottola spuntata" per deflagrare su "vacanze di natale", e questo fa perdere di incisività al tutto.
Da sottolineare la sua buona prova di attore, comunque. [-]
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