Babycall |
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Un film di Pal Sletaune.
Con Noomi Rapace, Kristoffer Joner, Vetle Qvenild Werring, Stig R. Amdam, Maria Bock.
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Titolo originale Babycall.
Thriller,
durata 96 min.
- Norvegia 2011.
- Nomad Film
uscita venerdì 31 agosto 2012.
MYMONETRO
Babycall
valutazione media:
2,50
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Thriller incompiuto con una intensa Rapacedi donni romaniFeedback: 23283 | altri commenti e recensioni di donni romani |
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mercoledì 12 settembre 2012 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Presentato in anteprima al Festival Internazionale del Film di Roma 2011 il thriller scandinavo con Noomi Rapace risulta un bozzetto incompiuto, capace di fascinazione in alcune scene e però mancante in fase risolutiva, quando si tratta di dare corpo al soggetto. Anna è una madre in fuga, il figlio Anders è sopravvissuto alla violenza del padre che ha tentato di ucciderlo e lei lo difende da ogni contatto esterno, arrivando perfino a comprare un babycall per controllarlo durante la notte, anche se ha ormai quasi dieci anni. Le paranoie di Anna sono evidenti, i traumi del passato le hanno lasciato incubi e allucinazioni che lei non si arrischia a curare andando da un medico per paura che i servizi sociali le sottraggano il bambino, e così si trascina fra il cortile della scuola dove non si fida a lasciare solo Anders e il bosco vicino casa dove segue una giovane mamma col figlioletto, salvo scoprire poi che quel bosco non esiste e che la sua mente sta sempre più tradendola. Solo l'amicizia con il commesso del negozio di elettrodomestici dove ha comprato il babycall sembra poterla tenere ancorata al mondo reale, ma il rapporto con il figlio diventa sempre più ossessivo e la presenza di un inquietante compagno di giochi di Anders non può che peggiorare la situazione. Lo svelamento finale lo lasciamo naturalmente allo spettatore ma non è questo il nodo della pellicola di Sletaune, non è tanto la soluzione dell'enigma a interessare il regista scandinavo quanto la creazione di un'atmosfera tesa e inquietante in cui lo sguardo angosciato di Noomi Rapace - premio per la miglior interpretazione femminile al Festival di Roma - vaga in cerca di risposte che una mente devastata non può più dare. E la dolorosa consapevolezza della propria follia è la nota più interessante del film, la dolente coscienza di star perdendo il contatto con la realtà che chiude le pareti sempre più intorno ad una vita ormai devastata che dà uno spessore ad un thriller altrimenti piuttosto ondivago, incerto su che direzione prendere, senza colpi di scena realmente interessanti e senza uno sviluppo omogeneo. Un prodotto non mediocre ma medio, senza guizzi autoriali nè intuizioni brillanti, che "condanna" ancora una volta la Rapace ad un ruolo disturbato - e di qui a poco anche la scienziata Elizabeth Shaw che interpreta in "Prometheus" avrà di che esprimere angoscia e sofferenza - anche se decisamente meno affascinante di quello di Lisbeth Salander nella trilogia di Millennium.
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