ashtray_bliss
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giovedì 4 ottobre 2012
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in bilico tra il mondo reale e l'aldila.
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Anna, e' apparentemente una madre premurosa, forse fin troppo, che adora suo figlio in modo sviscerato. Tanto che questo amore diventa quasi ossessivo. Anna, perde quasi totalmente il sonno per controllare suo figlio, Anders di 8 anni. E non solo: preferisce che il bambino dorma insieme a lei nella camera matrimoniale piuttosto che nella sua cameretta, vorrebbe impedire al figlio di andare a scuola e insegnargli a casa, e alla fine decide di acquistare un babycall per monitorarlo anche quando dorme.
Ma la realta' e' ben diversa. Anna e' una donna che non riesce a superare il trauma della morte del figlio, per mano di un ex marito violento che lo uccise.
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Anna, e' apparentemente una madre premurosa, forse fin troppo, che adora suo figlio in modo sviscerato. Tanto che questo amore diventa quasi ossessivo. Anna, perde quasi totalmente il sonno per controllare suo figlio, Anders di 8 anni. E non solo: preferisce che il bambino dorma insieme a lei nella camera matrimoniale piuttosto che nella sua cameretta, vorrebbe impedire al figlio di andare a scuola e insegnargli a casa, e alla fine decide di acquistare un babycall per monitorarlo anche quando dorme.
Ma la realta' e' ben diversa. Anna e' una donna che non riesce a superare il trauma della morte del figlio, per mano di un ex marito violento che lo uccise. E cosi Anna preferisce crearsi e nascondersi dentro le allucinazioni nelle quali vive, allucinazioni che la porteranno comunque a non saper distinguere la realta' dalla fantasia, il reale dal falso. E in mezzo a tutto questo crescente delirio, tra la realta' e la fantasia c'e' il babycall. Il babycall acquistato per monitorare il figlio (che in realta non esiste) e dal quale Anna sentira' provenire delle urla di un altro bambino che viene maltrattato, continuamente. All'inizio si chiedera' se si tratta dell'ennesima allucinazione, confessando la sua situazione anche al amico Helge, commesso sensibile e gentile, conosciuto da poco tempo ma disposto ad ascoltarla e aiutarla. Fino al momento in cui il suo Anders non le presenti un amico, un altro bambino, senza un nome preciso, il quale si presentera' anche a Helge mostrando segni di violenza, e chiedera' al suo amico Anders di aiutarlo. Perche' il ragazzino e' in realta' lo stesso che Anna sentiva urlare dalle interferenze del babycall. Lo stesso bambino che verra' brutalmente ucciso e il suo cadavere occultato nel bosco vicino al blocco condominiale dove abitavano. E lo stesso bambino, o meglio il suo spirito, si presenta ad Anders confessando che non potra' trovare la pace affinche non verra' trovato. Anna e' probabilmente la donna la quale dovrebbe assumersi il compito di trovare quel bambino, o per meglio dire di trovare il suo cadavere. Ma Anna e' una donna debole e fragile e si lascera' impossessare sempre di piu' dalle allucinazioni. Si abbandonera' a queste allucinazioni e si spingera' a compiere un ultimo, disperato gesto, per ricongiungersi col figlio: In preda al panico che l'ex marito possa tornare e riprendersi il piccolo Anders, lei decidera' di uccidersi, buttandosi dalla finestra della stanza di suo figlio (non a caso Anna si butta dalla camera di Anders e non da qualsiasi altra finestra della casa) liberandosi definitivamente da un inferno di allucinazioni, frutto di un dolore enorme e incolmabile causatole dalla perdita del figlio, ucciso da un violento ex-marito.
Cosi sara' Helge a ritrovare l'altra piccola vittima, il bambino del babycall, grazie ad un disegno trovato nella casa di Anna.
Babycall, e' un film indipendente ma molto ben fatto che nella trama riesce a racchiudere e denunciare molteplici sfaccettature della societa' odierna. In primis, c'e' la violenza sui bambini, i membri piu' deboli e fragili della societa'. In seguito c'e' l'alienazione e la solitudine delle persone, incapaci di comunicare, proprio come il timido Helge, il quale ha come unico punto di riferimento sua madre e una inesistente vita sociale. E sopratutto, il film tratta delle terribili conseguenze che il dolore per la perdita di un figlio puo' avere sulla psiche della madre. Un dolore che prende sempre piu' il sopravvento sulla logica e la ragione, portando le allucinazioni, la totale e cresciente confusione mentale e l'incapacita' di distinguere realta' e fantasia. Alla fine, non resta che un ultima via di fuga da questi incubi: la morte, tragica ma liberatoria. Quest' ultimi elementi sono incarnati nel volto di Anna, una madre disperata che fa del suo obbiettivo di vita proteggere il figlio Anders. Senza mai permettersi di arrendersi alla realta' dei fatti: suo figlio e' morto due anni prima. Cosi lo spettatore segue le vicende di questa madre, fragile ma al tempo stesso premurosa al punto da diventare ossessiva. Ma lo spettatore la comprende, la giustifica e la perdona. Perche' Anna, e' soltanto una trasposizione cinematografica rappresentativa di un numero elevato di donne reali, che ci circondano, le quali vivono o hanno vissuto in un ambiente dove predomina(va) la violenza. Una violenza che pur cercando di lasciarsi alle spalle, le insegue senza mai abbandonarle totalmente dalla paura che quest'ultima possa ripresentarsi. Ecco il perche' Anna, vorrebbe impedire al figlio di andare a scuola; perche' controlla sempre due volte prima di uscire di casa; perche' chiude le tende delle finestre e sopratutto perche' compra un babycall da lasciare nella camera del figlio mentre lui dorme.
Il film segue un ritmo di narazzione abbastanza lento, il che potrebbe risultare a volte pesante o noioso. Invece credo sia il modo migliore per farci immedesimare pienamente nella psiche della madre disturbata. La pellicola e' sicuramente supportata da una immensa interpretazione di Noomi Rapace nonche' dalle tematiche piu' che attuali attorno alle quali ruota il film. Certamente un film pregevole e accurato che seppur non si distacca dal filone di quello che io chiamo "ghosts-movies", ovvero film incentrati sulla visione di fantasmi i quali chiedono aiuto ai vivi per trovare la pace eterna, sa come gestire al meglio tutti gli elementi trattati e non solo quelli riguardanti il metafisico/paranormale. C'e' la violenza (sia fisica che psicologica), l'insanita' mentale, la alienazione e solitudine personale e alla fine c'e' anche la katharsis. La pace e l'armonia ritrovata, questa volta in una dimensione diversa, che qualcuno identifica col Paradiso, di una madre e del proprio figlio.
Una piccola perla del cinema indipendente europeo che si dimostra essere sempre piu' valido e accurato.
Consigliato.
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renato volpone
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mercoledì 2 novembre 2011
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cresce la tensione
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Bel thriller psicologico basato sulla violenza fatta ai bambini. Una madre e il figlio di otto anni vengono alloggiati dai servizi sociali in un grande palazzo alla periferia di Oslo, per farli sfuggire dal padre violento. Ben presto si scopre che la madre è un po' nevrotica e visionaria, inoltre, accanto al bambino appare un altro piccolo amico molto misterioso. Il tutto condito da voci di violenze che giungono per interferenza al baby call che la madre aveva attivato in casa per proteggere il figlio. Trama ben congegnata anche se non sviluppata completamente. L'ansia cresce e ci si affeziona ai personaggi. Ottime le inquadrature e l'alternarsi di momenti di quiete a momenti di angoscia.
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Bel thriller psicologico basato sulla violenza fatta ai bambini. Una madre e il figlio di otto anni vengono alloggiati dai servizi sociali in un grande palazzo alla periferia di Oslo, per farli sfuggire dal padre violento. Ben presto si scopre che la madre è un po' nevrotica e visionaria, inoltre, accanto al bambino appare un altro piccolo amico molto misterioso. Il tutto condito da voci di violenze che giungono per interferenza al baby call che la madre aveva attivato in casa per proteggere il figlio. Trama ben congegnata anche se non sviluppata completamente. L'ansia cresce e ci si affeziona ai personaggi. Ottime le inquadrature e l'alternarsi di momenti di quiete a momenti di angoscia. Un buon film
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donni romani
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mercoledì 12 settembre 2012
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thriller incompiuto con una intensa rapace
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Presentato in anteprima al Festival Internazionale del Film di Roma 2011 il thriller scandinavo con Noomi Rapace risulta un bozzetto incompiuto, capace di fascinazione in alcune scene e però mancante in fase risolutiva, quando si tratta di dare corpo al soggetto. Anna è una madre in fuga, il figlio Anders è sopravvissuto alla violenza del padre che ha tentato di ucciderlo e lei lo difende da ogni contatto esterno, arrivando perfino a comprare un babycall per controllarlo durante la notte, anche se ha ormai quasi dieci anni. Le paranoie di Anna sono evidenti, i traumi del passato le hanno lasciato incubi e allucinazioni che lei non si arrischia a curare andando da un medico per paura che i servizi sociali le sottraggano il bambino, e così si trascina fra il cortile della scuola dove non si fida a lasciare solo Anders e il bosco vicino casa dove segue una giovane mamma col figlioletto, salvo scoprire poi che quel bosco non esiste e che la sua mente sta sempre più tradendola.
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Presentato in anteprima al Festival Internazionale del Film di Roma 2011 il thriller scandinavo con Noomi Rapace risulta un bozzetto incompiuto, capace di fascinazione in alcune scene e però mancante in fase risolutiva, quando si tratta di dare corpo al soggetto. Anna è una madre in fuga, il figlio Anders è sopravvissuto alla violenza del padre che ha tentato di ucciderlo e lei lo difende da ogni contatto esterno, arrivando perfino a comprare un babycall per controllarlo durante la notte, anche se ha ormai quasi dieci anni. Le paranoie di Anna sono evidenti, i traumi del passato le hanno lasciato incubi e allucinazioni che lei non si arrischia a curare andando da un medico per paura che i servizi sociali le sottraggano il bambino, e così si trascina fra il cortile della scuola dove non si fida a lasciare solo Anders e il bosco vicino casa dove segue una giovane mamma col figlioletto, salvo scoprire poi che quel bosco non esiste e che la sua mente sta sempre più tradendola. Solo l'amicizia con il commesso del negozio di elettrodomestici dove ha comprato il babycall sembra poterla tenere ancorata al mondo reale, ma il rapporto con il figlio diventa sempre più ossessivo e la presenza di un inquietante compagno di giochi di Anders non può che peggiorare la situazione. Lo svelamento finale lo lasciamo naturalmente allo spettatore ma non è questo il nodo della pellicola di Sletaune, non è tanto la soluzione dell'enigma a interessare il regista scandinavo quanto la creazione di un'atmosfera tesa e inquietante in cui lo sguardo angosciato di Noomi Rapace - premio per la miglior interpretazione femminile al Festival di Roma - vaga in cerca di risposte che una mente devastata non può più dare. E la dolorosa consapevolezza della propria follia è la nota più interessante del film, la dolente coscienza di star perdendo il contatto con la realtà che chiude le pareti sempre più intorno ad una vita ormai devastata che dà uno spessore ad un thriller altrimenti piuttosto ondivago, incerto su che direzione prendere, senza colpi di scena realmente interessanti e senza uno sviluppo omogeneo. Un prodotto non mediocre ma medio, senza guizzi autoriali nè intuizioni brillanti, che "condanna" ancora una volta la Rapace ad un ruolo disturbato - e di qui a poco anche la scienziata Elizabeth Shaw che interpreta in "Prometheus" avrà di che esprimere angoscia e sofferenza - anche se decisamente meno affascinante di quello di Lisbeth Salander nella trilogia di Millennium.
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de lorean
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martedì 19 febbraio 2013
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film freddo
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Una madre col figlio di 8 anni si trasferisce in un appartamento anonimo in un palazzo popolare anonimo,per sfuggire all'ex marito che picchiava lei e il bambino.
Questo Babycall è un film freddo come il clima del paese di produzione, la Norvegia.
Comunque non è tutto da buttare, si salva infatti solo la protagonista (Noomi Rapace),molto brava a reggere tutto il film da sola, anche perchè gli altri personaggi hanno solo ruoli marginali.
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peer gynt
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sabato 27 febbraio 2016
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annegata in un lago di dolore
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Più che un thriller, questo è un film drammatico sull'enormità di un dolore impossibile da gestire, girato con nordica freddezza e con tempi lenti e di inquietante angoscia. Non se ne può dire nulla senza necessariamente fare anticipazioni sulla trama, resa volutamente un po' criptica nel finale.
Per correttezza dunque ne avvertiamo il lettore che non abbia ancora visto il film.
La protagonista, Anna (un'ottima Noomi Rapace), vive in una realtà solo sua l'intenso, disperato rapporto con un figlio che la vita le ha già tolto. Ha la consapevolezza di non riuscire più a discernere realtà e fantasia, e questo accresce ancor più il suo lancinante dramma. Tutto ciò che complotta per distruggere la vita serena che sogna di vivere con il figlio (compresi il violento marito che la insegue e i due freddi e implacabili assistenti sociali) è frutto della sua mente spossata dall'angoscia e dal dolore.
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Più che un thriller, questo è un film drammatico sull'enormità di un dolore impossibile da gestire, girato con nordica freddezza e con tempi lenti e di inquietante angoscia. Non se ne può dire nulla senza necessariamente fare anticipazioni sulla trama, resa volutamente un po' criptica nel finale.
Per correttezza dunque ne avvertiamo il lettore che non abbia ancora visto il film.
La protagonista, Anna (un'ottima Noomi Rapace), vive in una realtà solo sua l'intenso, disperato rapporto con un figlio che la vita le ha già tolto. Ha la consapevolezza di non riuscire più a discernere realtà e fantasia, e questo accresce ancor più il suo lancinante dramma. Tutto ciò che complotta per distruggere la vita serena che sogna di vivere con il figlio (compresi il violento marito che la insegue e i due freddi e implacabili assistenti sociali) è frutto della sua mente spossata dall'angoscia e dal dolore. E ciò che di idillliaco può esistere nella vita (il placido laghetto in mezzo al bosco) o è frutto della sua fantasia (al suo posto c'è infatti un arido parcheggio) o diventa teatro di un delitto che lei stessa ha commesso, senza averne più consapevolezza.
E sarà un tangibile (e proprio per questo più inquietante) fantasma a far scoprire a Helge, il timido e sensibile commesso amico di Anna, il segreto che la giovane madre ha sepolto nelle profondità della sua mente sconvolta. E nell'ultima scena, contrassegnata da un lieve, intenso dolore, l'idilliaco boschetto si svela per quello che è: la tomba di un bambino ucciso da una madre angosciata e confusa.
Un dramma che, grazie anche allo stile di regia semplice ed efficace, raggela ancor più lo spettatore.
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carloalberto
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lunedì 22 febbraio 2021
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non è reale tutto ciò che sembra
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Thriller psicologico e dramma familiare, con incursioni nel paranormale, di Pal Sletaune, regista norvegese di talento, in cui la suspense regge dall’inizio alla fine del film, anche grazie alla interpretazione, come al solito efficace, di Noomi Rapace, che in questi ruoli sofferti dà il meglio di sé.
I piani temporali si sovrappongono fino alla confusione degli stessi, passato e futuro coincidono con il presente, realtà fantasmatiche prendono parte alla quotidianità e sottraggono verosimiglianza alla vicenda, mentre la visione soggettiva della protagonista si sostituisce a quella falsamente oggettiva dell’obiettivo della cinepresa.
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Thriller psicologico e dramma familiare, con incursioni nel paranormale, di Pal Sletaune, regista norvegese di talento, in cui la suspense regge dall’inizio alla fine del film, anche grazie alla interpretazione, come al solito efficace, di Noomi Rapace, che in questi ruoli sofferti dà il meglio di sé.
I piani temporali si sovrappongono fino alla confusione degli stessi, passato e futuro coincidono con il presente, realtà fantasmatiche prendono parte alla quotidianità e sottraggono verosimiglianza alla vicenda, mentre la visione soggettiva della protagonista si sostituisce a quella falsamente oggettiva dell’obiettivo della cinepresa.
Tutto verrà dipanato nelle sequenze finali in cui i fatti sembrano riacquistare la giusta collocazione nell’ordine cronologico naturale e la realtà sembra prendere il sopravvento sul sogno, lasciando tuttavia qualcosa di irrisolto che non torna logicamente. E’ questo il fascino della pellicola, in ciò più realistica di altre, in quanto l’inspiegabile, seppur inavvertito, fa parte della vita di tutti i giorni.
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cenox
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martedì 19 febbraio 2013
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un film che nel finale ha più di una mancanza
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Noomi Rapace interpreta una giovane mamma che deve prendersi cura da sola del figlioletto, perchè il padre violento è stato incarcerato per violenze, e questa è pure la causa della sua apprensione smisurata nei suoi confronti. Un atteggiamento ossessivo, che la porterà a comprare un babycall, per tenere sotto controllo il figlio anche mentre dorme. Ma le grida e i rumori che capterà non saranno quelli provenienti dalla sua cameretta, ma quelli di un'altra famiglia alloggiata nel suo stesso, e immenso condominio. L'unico soggetto in grado di aiutarla sarà l'inserviente del negozio ove ha acquistato l'oggetto, una persona molto timida ma interessata dalla sua storia e dalle sue attenzioni.
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Noomi Rapace interpreta una giovane mamma che deve prendersi cura da sola del figlioletto, perchè il padre violento è stato incarcerato per violenze, e questa è pure la causa della sua apprensione smisurata nei suoi confronti. Un atteggiamento ossessivo, che la porterà a comprare un babycall, per tenere sotto controllo il figlio anche mentre dorme. Ma le grida e i rumori che capterà non saranno quelli provenienti dalla sua cameretta, ma quelli di un'altra famiglia alloggiata nel suo stesso, e immenso condominio. L'unico soggetto in grado di aiutarla sarà l'inserviente del negozio ove ha acquistato l'oggetto, una persona molto timida ma interessata dalla sua storia e dalle sue attenzioni. La tensione sarà presente durante il film ma per la piega che prende il finale del film, ci sono diversi aspetti che non vengono spiegati ed il tutto lascia un po' confuso lo spettatore (per esempio di chi sia il sangue sul disegno o come l'inserviente abbia potuto vedere l'amico del figlio..).
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peppe.simeone
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mercoledì 2 novembre 2011
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così freddo è brutto
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Una donna nevrotica e ansiosa installa un "babycall" nella cameretta del figlio di otto anni per poterlo controllare durante la notte.
Di una lentezza cronica e quasi genetica, che affronta il tema della violenza domestica sui figli in maniera retorica e banale. La trama poi sembra contenere solo questo: l'assenza di un controno avvilisce sin da subito anche gli spettatori più attenti ed il clima di ambiguità cerca solo di rendere più interessante, fallendo, una serie di avvenimenti lineare e piatta.
Un film freddamente svedese, che manca di pathos e tensione, dove i personaggi sono cubetti di ghiaccio che non riescono a comunicare nient'altro che la loro assenza di caratterizzazione: mal usata, in questo caso, la brava Rapace, che, imbruttita alla massima potenza, sembra spaesata e fuori parte, e riesce ad azzeccare un espressione giusta solamente in punto di morte.
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Una donna nevrotica e ansiosa installa un "babycall" nella cameretta del figlio di otto anni per poterlo controllare durante la notte.
Di una lentezza cronica e quasi genetica, che affronta il tema della violenza domestica sui figli in maniera retorica e banale. La trama poi sembra contenere solo questo: l'assenza di un controno avvilisce sin da subito anche gli spettatori più attenti ed il clima di ambiguità cerca solo di rendere più interessante, fallendo, una serie di avvenimenti lineare e piatta.
Un film freddamente svedese, che manca di pathos e tensione, dove i personaggi sono cubetti di ghiaccio che non riescono a comunicare nient'altro che la loro assenza di caratterizzazione: mal usata, in questo caso, la brava Rapace, che, imbruttita alla massima potenza, sembra spaesata e fuori parte, e riesce ad azzeccare un espressione giusta solamente in punto di morte.
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