Anna, e' apparentemente una madre premurosa, forse fin troppo, che adora suo figlio in modo sviscerato. Tanto che questo amore diventa quasi ossessivo. Anna, perde quasi totalmente il sonno per controllare suo figlio, Anders di 8 anni. E non solo: preferisce che il bambino dorma insieme a lei nella camera matrimoniale piuttosto che nella sua cameretta, vorrebbe impedire al figlio di andare a scuola e insegnargli a casa, e alla fine decide di acquistare un babycall per monitorarlo anche quando dorme.
Ma la realta' e' ben diversa. Anna e' una donna che non riesce a superare il trauma della morte del figlio, per mano di un ex marito violento che lo uccise. E cosi Anna preferisce crearsi e nascondersi dentro le allucinazioni nelle quali vive, allucinazioni che la porteranno comunque a non saper distinguere la realta' dalla fantasia, il reale dal falso. E in mezzo a tutto questo crescente delirio, tra la realta' e la fantasia c'e' il babycall. Il babycall acquistato per monitorare il figlio (che in realta non esiste) e dal quale Anna sentira' provenire delle urla di un altro bambino che viene maltrattato, continuamente. All'inizio si chiedera' se si tratta dell'ennesima allucinazione, confessando la sua situazione anche al amico Helge, commesso sensibile e gentile, conosciuto da poco tempo ma disposto ad ascoltarla e aiutarla. Fino al momento in cui il suo Anders non le presenti un amico, un altro bambino, senza un nome preciso, il quale si presentera' anche a Helge mostrando segni di violenza, e chiedera' al suo amico Anders di aiutarlo. Perche' il ragazzino e' in realta' lo stesso che Anna sentiva urlare dalle interferenze del babycall. Lo stesso bambino che verra' brutalmente ucciso e il suo cadavere occultato nel bosco vicino al blocco condominiale dove abitavano. E lo stesso bambino, o meglio il suo spirito, si presenta ad Anders confessando che non potra' trovare la pace affinche non verra' trovato. Anna e' probabilmente la donna la quale dovrebbe assumersi il compito di trovare quel bambino, o per meglio dire di trovare il suo cadavere. Ma Anna e' una donna debole e fragile e si lascera' impossessare sempre di piu' dalle allucinazioni. Si abbandonera' a queste allucinazioni e si spingera' a compiere un ultimo, disperato gesto, per ricongiungersi col figlio: In preda al panico che l'ex marito possa tornare e riprendersi il piccolo Anders, lei decidera' di uccidersi, buttandosi dalla finestra della stanza di suo figlio (non a caso Anna si butta dalla camera di Anders e non da qualsiasi altra finestra della casa) liberandosi definitivamente da un inferno di allucinazioni, frutto di un dolore enorme e incolmabile causatole dalla perdita del figlio, ucciso da un violento ex-marito.
Cosi sara' Helge a ritrovare l'altra piccola vittima, il bambino del babycall, grazie ad un disegno trovato nella casa di Anna.
Babycall, e' un film indipendente ma molto ben fatto che nella trama riesce a racchiudere e denunciare molteplici sfaccettature della societa' odierna. In primis, c'e' la violenza sui bambini, i membri piu' deboli e fragili della societa'. In seguito c'e' l'alienazione e la solitudine delle persone, incapaci di comunicare, proprio come il timido Helge, il quale ha come unico punto di riferimento sua madre e una inesistente vita sociale. E sopratutto, il film tratta delle terribili conseguenze che il dolore per la perdita di un figlio puo' avere sulla psiche della madre. Un dolore che prende sempre piu' il sopravvento sulla logica e la ragione, portando le allucinazioni, la totale e cresciente confusione mentale e l'incapacita' di distinguere realta' e fantasia. Alla fine, non resta che un ultima via di fuga da questi incubi: la morte, tragica ma liberatoria. Quest' ultimi elementi sono incarnati nel volto di Anna, una madre disperata che fa del suo obbiettivo di vita proteggere il figlio Anders. Senza mai permettersi di arrendersi alla realta' dei fatti: suo figlio e' morto due anni prima. Cosi lo spettatore segue le vicende di questa madre, fragile ma al tempo stesso premurosa al punto da diventare ossessiva. Ma lo spettatore la comprende, la giustifica e la perdona. Perche' Anna, e' soltanto una trasposizione cinematografica rappresentativa di un numero elevato di donne reali, che ci circondano, le quali vivono o hanno vissuto in un ambiente dove predomina(va) la violenza. Una violenza che pur cercando di lasciarsi alle spalle, le insegue senza mai abbandonarle totalmente dalla paura che quest'ultima possa ripresentarsi. Ecco il perche' Anna, vorrebbe impedire al figlio di andare a scuola; perche' controlla sempre due volte prima di uscire di casa; perche' chiude le tende delle finestre e sopratutto perche' compra un babycall da lasciare nella camera del figlio mentre lui dorme.
Il film segue un ritmo di narazzione abbastanza lento, il che potrebbe risultare a volte pesante o noioso. Invece credo sia il modo migliore per farci immedesimare pienamente nella psiche della madre disturbata. La pellicola e' sicuramente supportata da una immensa interpretazione di Noomi Rapace nonche' dalle tematiche piu' che attuali attorno alle quali ruota il film. Certamente un film pregevole e accurato che seppur non si distacca dal filone di quello che io chiamo "ghosts-movies", ovvero film incentrati sulla visione di fantasmi i quali chiedono aiuto ai vivi per trovare la pace eterna, sa come gestire al meglio tutti gli elementi trattati e non solo quelli riguardanti il metafisico/paranormale. C'e' la violenza (sia fisica che psicologica), l'insanita' mentale, la alienazione e solitudine personale e alla fine c'e' anche la katharsis. La pace e l'armonia ritrovata, questa volta in una dimensione diversa, che qualcuno identifica col Paradiso, di una madre e del proprio figlio.
Una piccola perla del cinema indipendente europeo che si dimostra essere sempre piu' valido e accurato.
Consigliato.
[+] lascia un commento a ashtray_bliss »
[ - ] lascia un commento a ashtray_bliss »
|