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                Ho visto il film  “A Dangerous Method”.  E’ la storia  del rapporto tra Sabina Spielrein e Jung e tra Jung e Freud. Mi è piaciuto. Al di la del linguaggio  cinematografico e forse,  della verità storica c’è il tentativo, la ricerca, la riuscita di raccontare cos’è la Psicoanalisi. Essa é il frutto, ciò che resta  delle relazioni.  La  Psicoanalisi è il prodotto di una relazione.Il film racconta che la    Spielrein, paziente gravemente disturbata arriva alla clinica psichiatrica dove lavora Jung. Si sofferma ad evidenziare come la crescita teorica del genio ma anche della paziente  sia passata  attraverso il rapporto sofferto, doloroso di questi due che vengono a contatto con le loro fragilità, le  riconoscono, le superano per  poi  usarle  come strumento di lettura e di terapia.
 Il regista non lo dice ma, anche Freud aveva iniziato allo stesso modo. Quando incontrò la paziente Anna O, una isterica,  praticava  l’ipnosi e,  all’inizio cerca di usarla anche con Anna. Ben presto  si accorse che la ragazza aveva bisogno, cercava  “altro”: il sesso.  La storia racconta  di come  anche Freud  barcollò   sotto il massiccio transfert di Anna, ma “la parola” compensò e sostituì. Permise  ad Anna  di dare un nome al suo bisogno, di elaborarlo,  di guarire. Sicuramente Freud  in quel caso seppe leggere    il suo contro-transfert e lo gestì    meglio di quanto saprà poi fare Jung con Sabrina.
 Il film  però  non è la storia del rapporto di Jung con la Spielrein o per lo meno non solo questo, é la storia della Psicoanalisi che anzitutto è anzitutto  il frutto del rapporto tra Freud e Jung.
 Due   uomini, due geni sofferenti che si incontrano e per sei anni lavorano assieme producono assieme  e poi,  naufragano  sugli iceberg delle rispettive nevrosi. Appunto,  come il Titanic che si infrange   sul ghiaccio, anche loro sbatteranno  contro le rispettive  nevrosi e  di fatto, come dice Jung nel film , interromperanno  il loro viaggio assieme proprio mentre stavano andando in nave a New York.
 La verità è,   Sabrina ce lo dice,  che  noi cresciamo attraverso continui incontri e dolorose separazioni. Cresciamo attraverso un continuo morire e rinascere dove le relazioni segnano il tempo.
 Certo, la Psicoanalisi è, o dovrebbe essere il teatro dove questo avviene e dove il paziente “vive” le sue morti e risurrezioni,    difeso dal suo mondo esterno come un attore è protetto dalle  quinte: il setting analitico.  Se ciò ora avviene é perché  si conoscono le forze in gioco, abbiamo una teoria, una tecnica. Freud e Jung non ce l’avevano erano  esploratori  e spesso si trovarono disarmati davanti a mostri voraci.
 Termino  evidenziando un’altra delle tante cose che il film dice: la vera spinta verso la morte-rinascita è la sofferenza. E’ questa che spinge   sull’orlo del baratro. Jung nella  scena finale del film, sta male, più male di Freud. E’ questo  il motivo che lo  spingerà  a  proseguire  il suo cammino andando oltre la  “nevrosi pansessuale” di Freud, peraltro senza mai rinnegarla,  esplorando spazi che al suo ex compagno di viaggio   erano pre-clusi
 
 
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