giuliacanova
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giovedì 24 febbraio 2011
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127 ore di staticità tutte di corsa
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Mi viene subito da dire bellissimo film. E lo è innanzitutto per il linguaggio moderno, un linguaggio a cui il regista ci aveva già abituati con il film precedente, The Millionaire, 7 premi Oscar nel 2009. Anche qui la musica è parte integrante del racconto sin dall'inizio e con i suoi toni frenetici finisce poi per rappresentare l'animo pulsante del protagonista contrapposto alla staticità silenziosa in cui sarà costretto. La storia (vera) si conosce e praticamente quasi tutto il film ha una sola location, la cavità dove il protagonista rimane incastrato durante una escursione sul Canyon e qui vive il suo dramma per 127 ore come ci indica il titolo.
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Mi viene subito da dire bellissimo film. E lo è innanzitutto per il linguaggio moderno, un linguaggio a cui il regista ci aveva già abituati con il film precedente, The Millionaire, 7 premi Oscar nel 2009. Anche qui la musica è parte integrante del racconto sin dall'inizio e con i suoi toni frenetici finisce poi per rappresentare l'animo pulsante del protagonista contrapposto alla staticità silenziosa in cui sarà costretto. La storia (vera) si conosce e praticamente quasi tutto il film ha una sola location, la cavità dove il protagonista rimane incastrato durante una escursione sul Canyon e qui vive il suo dramma per 127 ore come ci indica il titolo. E poi i continui flashback, che ci danno la misura di un uomo del nostro tempo, convinto di poter controllare ogni cosa e di non aver bisogno di nessuno, convinto che la sua libertà sta lì, nel suo individualismo più estremo, quel totem contemporaneo dell'autosufficienza che ci riguarda un pò tutti. Ma poi si trova in una situazione in cui questa sua convinzione viene meno e a poco a poco si aprono le crepe, e arriverà a fare la scelta estrema per oltrepassare quella soglia e prendendo coscienza che la vera libertà è nel non aver paura di aver bisogno degli altri. Ed è proprio quando urla disperatamente aiuto che qualcosa comincia a sgretolarsi della sua sicurezza che fino a quel momento ostenta quasi compiaciuto mentre si riprende con la sua videocamera convinto che ciò di cui ha bisogno sono solo gli oggetti che si è portato dietro. A me ha molto coinvolto questo film, la location è splendida ed è resa ancora più suggestiva dalla fotografia e dagli angoli di ripresa, bellissima e poetica la sequenza della luce del sole che scivola lentamente sulle pareti rocciose che intrappolano il protagonista, illuminandole per pochi minuti al giorno. E poi un montaggio che trascina lo spettatore. Questo film è la dimostrazione che non è detto che un film perfetto è quello più bello. Tra i film candidati agli Oscar come miglior film questo è il meno ortodosso, e secondo me anche con qualche ruffianeria di troppo per conquistarsi la platea più giovane, eppure meriterebbe quel premio a pari merito con "Il discorso del re" , un film che in qualche modo affronta anch'esso il tema del rifiuto di aver bisogno degli altri, anche se in tutt'altro contesto e da un'angolazione completamente diversa. Ho visto questo film in streaming ma domani che esce in sala vado a rivederlo perchè vale la pena apprezzarlo con l'amplificazione del grande schermo.
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(di erixon)
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claudus
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domenica 27 febbraio 2011
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il braccio lasciato ai millenni
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Il miglior film di Danny Boyle. Perfetto. Limpido, visionario.
James Franco lo si sapeva già attore eccellente per chi l'avesse seguito a impersonare James Dean, ma in questa pellicola ci offre un'interpretazione da statuetta, sebbene tale riconoscimento andrebbe diviso a metà col protagonista di " The social network " .
Danny Boyle, straordinariamente cresciuto, trova nella visione quella pulizia che gli era mancata in un "trainspotting", il quale, tuttavia, si prestava per narrazione, a una "metal"-psicadelia , quì invece riesce ad alternare momenti terribilmente drammatici a una purezza poetica di spazi cristallini.
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Il miglior film di Danny Boyle. Perfetto. Limpido, visionario.
James Franco lo si sapeva già attore eccellente per chi l'avesse seguito a impersonare James Dean, ma in questa pellicola ci offre un'interpretazione da statuetta, sebbene tale riconoscimento andrebbe diviso a metà col protagonista di " The social network " .
Danny Boyle, straordinariamente cresciuto, trova nella visione quella pulizia che gli era mancata in un "trainspotting", il quale, tuttavia, si prestava per narrazione, a una "metal"-psicadelia , quì invece riesce ad alternare momenti terribilmente drammatici a una purezza poetica di spazi cristallini.
Utilizza, senza mai cadere nel gretto, quei trittici cari a Sam Raimi e Ang Lee e , prima di loro, a Richard Fleischer .
L'operazione era difficile in quanto bisognava tradurre qualcosa di estremamente psico-patologico in immagini, senza scivolare nel parossismo retorico, non credevo Boyle all'altezza di questo compito, sono infatti convinto, pur non avendolo letto, che il testo sia un diario fitto di introspezioni circa gli stati d'animo del protagonista, ma quì, non si potevano dire ... Il detto avrebbe stonato, invece a Boyle riesce quell'incantesimo dell'equilibrio di cui solo i grandissimi cineasti conoscono le alchimie.
L'essere umano inciampa nel paleolitico, scivola nell'abisso dei millenni e vi trova un destino , allora Aron deve farsi più Natura di quanto non sia , deve abbandonare l'uomo.
Il braccio resterà con la pietra in quell'anfratto del divenire, ma non durerà quanto lei ...
La volontà del meteorite o delle terre emerse si fanno in lui visione sciamanica in un padre che insegna i primi passi a suo figlio, così laddove serviranno le gambe si deve rinunciare a una mano.
Quel futuro, quella speranza che era nel fanciullo che dal futuro lo chiamava , gli ha offerto la "volontà di potenza" necessaria a gridare l'infinito sì davanti a ogni cosa.
Miglior regia, montaggio e fotografia , questi i premi che ritengo doverosi per la pellicola.
L'anno scorso si è potuta arrichire la videoteca con tre capolavori : "Shutter Island" , " Inception " e " The social network ".
In queste 127 ore ,che sono sembrate 90' minuti, abbiamo trovato il quarto.
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cascio
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sabato 26 febbraio 2011
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un viaggio tra paure, rimpianti e sogni
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Danny Boyle avrebbe potuto semplicemente raccontarci l'eroica vicenda di Aron, delle sue 127 ore bloccato in quel crepaccio dei suoi numerosi e vani tentativi di liberarsi, invece, invece Boyle ribalta tutte le aspettative e il film diventa la storia dell'uomo Aron (non dell'eroe), dei suoi rimpianti e delle sue paure, e più il corpo è bloccato alla pietra più la sua mente vaga a cercare i momenti passati, le scelte sbagliate, i futuri più improbabili, e nella solitudine di Aron nel suo pentirsi di questa scelta anche lo spettatore non può esimersi dal riflettere sulle proprie solitudini autoimposte sulle volte che non ha risposto al cellulare, su quando ha dato buca all'amico\a, ancora unja volta Boyle riesce ricreare quella magia del superuomocomune, senza esagerare negli eroismi nè nelle scene cruenti (considerata la vicenda), un ultima nota a questo film è per James Franco, un attore che mi ha stupito, avevo storto il naso qualche mese fa sapendo che 2 film che attendevo con ansia (127 ore e L'Urlo) avevano lui come protagonista, mi sono invece felicemente ricreduto, dismessi i panni del belloccio di turno, Franco si sta rivelando un bravissimo attore capace di trasmettere tutte le contraddizioni i timori e le sofferenze, non solo fisiche, che Aron ha provato in quel crepaccio.
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riccardo t.
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domenica 27 febbraio 2011
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danny e james funzionano
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il plot del film è semplice: un escursionista rimane con il braccio destro bloccato a causa di un masso, deve sopravvivere. per fare un film simile ci voleva un bravo attore, difatti James Franco lo è eccome regalandoci un Aron Ralston mix di sfrontatezza estrema e frustrazione. E ci voleva un regista capace di ottimizzare lo spazio angusto in cui si girava, e Danny Boyle lo fa, non abbandonando anche in tali condizioni il suo personale stile registico(split scrren,soggettive,camera a mano,ralenty e accelerazioni). La sceneggiatura e il montaggio si autano nel narrare e costruire Aron. I suoi ricordi, i suoi rimorsi, e le sue speranze per il futuro.
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il plot del film è semplice: un escursionista rimane con il braccio destro bloccato a causa di un masso, deve sopravvivere. per fare un film simile ci voleva un bravo attore, difatti James Franco lo è eccome regalandoci un Aron Ralston mix di sfrontatezza estrema e frustrazione. E ci voleva un regista capace di ottimizzare lo spazio angusto in cui si girava, e Danny Boyle lo fa, non abbandonando anche in tali condizioni il suo personale stile registico(split scrren,soggettive,camera a mano,ralenty e accelerazioni). La sceneggiatura e il montaggio si autano nel narrare e costruire Aron. I suoi ricordi, i suoi rimorsi, e le sue speranze per il futuro. infine film ben diretto che gira attorno James Franco, e alla disperazione del suo personaggio. Ottmie musiche.
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olghina
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martedì 1 febbraio 2011
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quel masso mi ha atteso da tutta la vita
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Ho visto questo film in lingua originale, non sono riuscita a resistere fino al 25 febbraio! Danny Boyle non mi ha delusa(come del resto non l'ha mai fatto)! Tratto da una storia vera mi è piaciuto il modo in cui è riuscito a mettere in luce come, quando pensi che tutto stia per finire, si pensi alla propria vita capendo che le cose a cui hai dato più valore sono quelle più ovvie, e che faresti veramente di tutto(istinto di sopravvivenza) pur di non perderle per sempre. Un film tutto da gustare con tratti di pura follia, lo reputo veramente originale,e la colonna sonora!!!Magnifica!
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ultimoboyscout
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domenica 6 marzo 2011
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da vedere e assaporare ogni attimo.
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Parte in stile teen movie, solo per un attimo, ma nel momento in cui Franco cade nel budello rimanendo incastrato capiamo subito a cosa andremo incontro: il one man show più doloroso, drammatico e allucinante della storia del cinema! Il merito oltrer alla folle genialità di Boyle va ovviamente al protagonista, quel James Franco da me mai apprezzato che stavolta invece è così credibile, intenso, vero e sofferente. L'ex flyboy è un uomo sopraffatto dagli eventi ma mai rassegnato, sconvolto, sommerso dai (cattivi) pensieri e dalle allucinazioni (che sono parte fondamentale del film) ad occhi aperti, incubi e voglie di bisogni primari. Ma è soprattutto un uomo pieno di vita che vuole vivere, che non si abbatte ne si fa abbattere nemmeno quando sembra non esserci nemmeno l'ultimo barlume di speranza.
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Parte in stile teen movie, solo per un attimo, ma nel momento in cui Franco cade nel budello rimanendo incastrato capiamo subito a cosa andremo incontro: il one man show più doloroso, drammatico e allucinante della storia del cinema! Il merito oltrer alla folle genialità di Boyle va ovviamente al protagonista, quel James Franco da me mai apprezzato che stavolta invece è così credibile, intenso, vero e sofferente. L'ex flyboy è un uomo sopraffatto dagli eventi ma mai rassegnato, sconvolto, sommerso dai (cattivi) pensieri e dalle allucinazioni (che sono parte fondamentale del film) ad occhi aperti, incubi e voglie di bisogni primari. Ma è soprattutto un uomo pieno di vita che vuole vivere, che non si abbatte ne si fa abbattere nemmeno quando sembra non esserci nemmeno l'ultimo barlume di speranza. Film d'azione molto atipico, semplicemente perchè statico, strepitoso e coraggioso come solo un camaleonte come Boyle poteva concepire, dallo stile puramente adrenalinico perchè emozionante, nonostante sia imperniato su un uomo immobile, e difficilissimo da gestire e trasporre su pellicola. Viene amplificato l'estremo, estremo come lo sport di Ralston ed estrema come la decisione agghiacciante ma necessaria per liberarsi. I primi piani (tanti) del protagonista ci dicono veramente tutto di lui e del film. Scommessa stravinta!
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paolo bisi
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mercoledì 2 marzo 2011
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la conferma di danny boyle
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Ispirato alla vera storia di Aaron Ralston, 26enne appassionato escursionista statunitense, che nel 2003, durante un weekend tra i canyon, rimase intrappolato in profondità, senza apparente possibilità d'uscita. Solo la sua grande voglia di continuare a vivere, lo salverà. Non era semplice per Danny Boyle, trovare una conferma, dopo gli 8 (forse troppi) oscar per "The millionaire", e invece ci è riuscito creando un'opera originale e allo stesso tempo molto emozionante. Molto scarno, arido, ma mai del tutto cupo, questo film trova il suo magnifico protagonista in James Franco, il quale riesce a portare lo spettatore a diretto contatto con una situazione critica e con una scelta estrema.
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Ispirato alla vera storia di Aaron Ralston, 26enne appassionato escursionista statunitense, che nel 2003, durante un weekend tra i canyon, rimase intrappolato in profondità, senza apparente possibilità d'uscita. Solo la sua grande voglia di continuare a vivere, lo salverà. Non era semplice per Danny Boyle, trovare una conferma, dopo gli 8 (forse troppi) oscar per "The millionaire", e invece ci è riuscito creando un'opera originale e allo stesso tempo molto emozionante. Molto scarno, arido, ma mai del tutto cupo, questo film trova il suo magnifico protagonista in James Franco, il quale riesce a portare lo spettatore a diretto contatto con una situazione critica e con una scelta estrema. L'ottimo uso della telecamera e una buona sceneggiatura consentono a Boyle di riuscire a dare grande tensione a un film apparentemente statico e privo di azione.
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mariangela sansone
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giovedì 24 marzo 2011
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127 ore: dolore e sofferenza per ritrovare se stes
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127 ore, in silenzio,in solitudine,in compagnia del proprio dolore e delle allucinazioni che una mente sotto stress proietta per mantenersi in vita.127 ore, concentrate in poco più di un'ora e mezza,catapultano lo spettatore,insieme al protagonista James Franco, in un canyon dello Utah a combattere tra la vita e la morte; i ricordi di una vita spensierata si alternano allo sforzo ed alla sofferenza per mantenersi in vita.Il nuovo film di Danny Boyle è basato su una storia vera, raccontata dal protagonista ed autore del libro "Between a rock and a hard place" Aron Ralston. Spericolato e con uno spiccato spirito di avventura, Ralston ama le arrampicate, ma soprattutto ama mettersi alla prova, in un continuo gioco di superamento dei propri limiti, una corsa in competizione contro se stesso nel tentativo di migliorarsi.
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127 ore, in silenzio,in solitudine,in compagnia del proprio dolore e delle allucinazioni che una mente sotto stress proietta per mantenersi in vita.127 ore, concentrate in poco più di un'ora e mezza,catapultano lo spettatore,insieme al protagonista James Franco, in un canyon dello Utah a combattere tra la vita e la morte; i ricordi di una vita spensierata si alternano allo sforzo ed alla sofferenza per mantenersi in vita.Il nuovo film di Danny Boyle è basato su una storia vera, raccontata dal protagonista ed autore del libro "Between a rock and a hard place" Aron Ralston. Spericolato e con uno spiccato spirito di avventura, Ralston ama le arrampicate, ma soprattutto ama mettersi alla prova, in un continuo gioco di superamento dei propri limiti, una corsa in competizione contro se stesso nel tentativo di migliorarsi.Dopo i fasti del pluripremiato The Millionaire, Danny Boyle torna alla regia con una nuova storia da raccontare, probabilmente affascinato dalla figura di Ralston e dalla vicenda che lo ha reso celebre.Boyle riesce ad impreziosire un soggetto scarno, utilizzando una regia viva, frenetica e mai noiosa; l'estetica registica di Boyle è caratterizzata dal ricorso ad espedienti tecnici moderni come lo split screen, i ralenti e le accellerazioni improvvise, che non risultano comunque eccessive, rimanendo funzionali a conferire maggior ritmo al film; l'uso sapiente del dolly e gli insistiti primissimi piani di Franco, visto dalla piccola telecamera che Aron ha con sé, danno l'impressione allo spettatore di condividere lo spazio angusto e ristretto nel quale è prigioniero il protagonista, e di comprendere nitidamente la sua angoscia ed il suo stesso dolore fisico. Esplosioni di colori vivi, talmente saturi da sembrare liquidi, e continui giochi di luce, si rincorrono durante tutto il film.L'azzurro abbacinante di un cielo inesorabilmente terso rende ancora più angosciante il lento scorrere del tempo; i drastici e continui mutamenti climatici, che segnano l'alternanza dei giorni e delle notti nel deserto, accompagnano la sofferenza psico-fisica di Aron, portandogli ristoro ed esasperazione, rivelando l'eterno rapporto di amore ed odio tra l'uomo e la natura.Il regista mette in scena le allucinazioni che si affollano nella mente del giovane, chiamato a confrontarsi con se stesso, attraverso i ricordi a lui più cari, cercando in essi una forma di rassicurazione, a volte lasciandosi rapire da miraggi di libertà, illusioni immaginifiche e deliranti prodotte dalla sua mente provata.Gran bella prova attoriale da parte di James Franco, istrione e mattatore di gran parte del film; offre, con una gran verve, una recitazione convincente ed accattivante, confrontandosi con un ruolo coraggioso e non facile. Danny Boyle, regista poliedrico, dopo aver esordito alla regia nel 1996 con il noir "Piccoli omicidi tra amici", ha diretto numerosi film di successo, spaziando attraverso i generi, dal controverso "Trainspotting", all'horror moderno "28 giorni dopo", passando dalla sci-fi "Sunshine", fino all'ultimo "The Millionaire", con cui ha vinto ben nove premi oscar. Boyle riesce a convincere anche in 127 ore, film mai scontato e mai banale, claustrofobico e angosciante, ma anche molto intimista, inevitabilmente vicino per alcuni aspetti, ma soprattutto per alcune tematiche al recente "Buried" di Rodrigo Cortés.Sorprendente per i suoi guizzi di ironia ma anche per la sua estrema crudezza, 127 ore è un film da vedere, sconsigliato ai deboli di stomaco.
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hitman1
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mercoledì 14 settembre 2011
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127 ore
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127 Ore:
Cerca metaforicamente la luce il girasole sulla sua t-shirtche si bagna dell'angoscia di 127 ore buie al sapore di sabbia e roccia, quest'ultima, dominata prima e temuta, poi, ingoiato nelle sue viscere. Aron Ralston, esperto scalatore, vive la sua vita perimetrale alla sua passione in modo sbadato e, forse volutamente, disinteressato, fino al momento in cui sarà Madre Natura a metterlo al confronto con valori quali la famiglia e l'amore, in una contemplazione e meditazione forzata, di fronte al suo "Io" più profondo. Una telecamera come specchio dei suoi ricordi e delle sue emozioni, alcune molto lontane per certi aspetti dalla sua tragica situazione del momento, in un percorso narrativo che l'inglese Danny Boyle, da maestro navigato, mantiene perennemente vivo e ricco d'interesse, saldo nella sua linearità e nel suo sviluppo filmico.
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127 Ore:
Cerca metaforicamente la luce il girasole sulla sua t-shirtche si bagna dell'angoscia di 127 ore buie al sapore di sabbia e roccia, quest'ultima, dominata prima e temuta, poi, ingoiato nelle sue viscere. Aron Ralston, esperto scalatore, vive la sua vita perimetrale alla sua passione in modo sbadato e, forse volutamente, disinteressato, fino al momento in cui sarà Madre Natura a metterlo al confronto con valori quali la famiglia e l'amore, in una contemplazione e meditazione forzata, di fronte al suo "Io" più profondo. Una telecamera come specchio dei suoi ricordi e delle sue emozioni, alcune molto lontane per certi aspetti dalla sua tragica situazione del momento, in un percorso narrativo che l'inglese Danny Boyle, da maestro navigato, mantiene perennemente vivo e ricco d'interesse, saldo nella sua linearità e nel suo sviluppo filmico. Persino un "lovely day", come dice Bill Withers nella canzone colonna sonora del film, può divenire tragico e successivamente di nuovo bello e magico se si segue il giusto percorso emotivo. Il Boyle che usa lo scalpello su 127 ore di terrore e criticità, da cui si arriva ad un miglioramento dello spirito del protagonista, ci regala 90 minuti (mai noiosi e non era facile) di rappresentazione umanistica nella sua accezione originaria. Nelle oramai estinte videoteche cittadine sarebbe con merito tra i film con su il bollino "CONSIGLIATO".
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giacomogabrielli
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domenica 27 febbraio 2011
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angosciante ****
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La 20th Century Fox Searchlight (che distribuisce film "più autoriali") torna alla carica dopo averci fatto godere il capolavoro "BLACK SWAN", con un film molto particolare diretto come sempre in maniera impeccabile dal regista di "TRAINSPOTTING". Un film bellissimo ed estremo per molti versi, partendo principalmente dalla regia. Un pregio di Boyle è che dirige ogni suo film in maniera sempre diversa ed impeccabile. Qui si è proprio scatenato: dalle innovative tipologie di inquadrature, ai differenti tipi e formati di ripresa utilizzati, infatti passiamo dalla classica ed eterna pellicola 35mm alla famigerata 5D, una macchinetta fotografica che gira ad alta risoluzione.
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La 20th Century Fox Searchlight (che distribuisce film "più autoriali") torna alla carica dopo averci fatto godere il capolavoro "BLACK SWAN", con un film molto particolare diretto come sempre in maniera impeccabile dal regista di "TRAINSPOTTING". Un film bellissimo ed estremo per molti versi, partendo principalmente dalla regia. Un pregio di Boyle è che dirige ogni suo film in maniera sempre diversa ed impeccabile. Qui si è proprio scatenato: dalle innovative tipologie di inquadrature, ai differenti tipi e formati di ripresa utilizzati, infatti passiamo dalla classica ed eterna pellicola 35mm alla famigerata 5D, una macchinetta fotografica che gira ad alta risoluzione. Tante volte sembra girato in soggettiva e tante volte la macchina sembra l'occhio dello spettatore che vuole scavare dentro la testa del malcapitato James Franco, qui in un'interpretazione ben riuscita. Un film che passa dall'avventura, al thriller, al drammatico. L'altro lato "estremo" è inevitabilmente la scena dell'(auto)amputazione del braccio del protagonista. Una scena crudissima che picchia forte e buca lo schermo: fate conto di vedere la flagellazione de "LA PASSIONE DI CRISTO", concentrata però in un minuto; bellissima quanto scovolgente. Poi, come sempre, i film di Danny Boyle sono dei juke box: bellissima infatti la scelta della musica. Il montaggio è uno degli altri tanti elementi innovativi che rendono il film un gioiellino e che connotano chi è il regista. Anche se a tratti mi ha ricordato "BURIED" (a differenza che Rodrigo Cortes girò TUTTO in una bara, senza flashback per riempire un po'...), è ottima anche la scenografia, che aiuta a rendere il tutto un film realistico e al cardiopalma che mette davanti a tutto lo spettatore, qui in grado di immergersi nel film come mai prima d'ora. ANGOSCIANTE ****
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