Synecdoche, New York

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Un film di Charlie Kaufman. Con Philip Seymour Hoffman, Samantha Morton, Michelle Williams, Catherine Keener, Emily Watson.
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Commedia, durata 124 min. - USA 2008. - Bim Distribuzione uscita giovedì 19 giugno 2014. MYMONETRO Synecdoche, New York * * * - - valutazione media: 3,02 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Provaci ancora Charlie Valutazione 3 stelle su cinque

di veritasxxx


Feedback: 7044 | altri commenti e recensioni di veritasxxx
giovedì 3 luglio 2014

Una bella gatta da pelare questo “Synecdoche, New York”. Ma sapendo che il signor Kaufman era alla sua prima prova alla regia dopo avere scritto la sceneggiatura di film belli e complicati come “Essere John Malkovich” e “Se mi lasci ti cancello”, c’era da aspettarsi un delirio di onnipotenza creativa fuori controllo. Il film è complesso e con molteplici sfaccettature, e lascerà la maggior parte degli spettatori meravigliati, disorientati, commossi. Forse annoiati, dopo due ore di (apparente) nonsense.
Sì, perché nel racconto è spesso poco chiaro quali eventi siano reali e quali siano sogno o immaginazione, come se fosse l’effetto provocato dallo stato alterato della mente di Caden, il protagonista, che ha evidentemente seri problemi di salute e di depressione e che vede la morte avvicinarsi inesorabile. La successione temporale degli eventi è parimenti intenzionalmente confusa. La chiave per la comprensione del film è il titolo stesso: la sineddoche è una figura retorica in cui una parte fa riferimento al tutto o il tutto a una parte (ad esempio “Inghilterra” al posto di “Regno Unito” o “la legge” invece de “la polizia”). Il teatro è una sineddoche, nella quale gli eventi sul palco rappresentano il mondo intero, e viceversa, il mondo può essere visto puramente come un teatro e la vita come una commedia. Il magazzino in cui Cotard costruisce la sua copia di New York lentamente diventa una sineddoche della sua esistenza e risulta progressivamente meno chiaro, nell’avanzare della storia, se gli eventi della vita di Caden siano recitati in scena, o se le scene della commedia vengano rappresentate nella vita reale del suo autore. L’opera teatrale di –pace all’anima sua- Philip Seymour Hoffman rappresenta quindi la sua vita e nel finale arriverà a seguire le indicazioni dell’assistente di scena attraverso un auricolare, addirittura obbedendo al suo comando finale: “Muori”.
Le trovate sono tante e tali che sarebbero bastate per fare non uno ma cinque film tanto originali da fare impallidire il resto della produzione Hollywoodiana. Ma sono così complesse e intrecciate tra di loro (l’attore che interpreta Caden nella commedia e tutti gli altri sosia dei personaggi reali hanno a loro volta altre copie e altre vite parallele che si confondono tra di loro) che il mal di testa è quasi inevitabile e l’iniziale entusiasmo per una storia così fuori dalle righe dopo un’ora comincerà a surriscaldare le meningi dello spettatore medio fino a farlo sentire non all’altezza di comprendere un racconto tanto intriso di significati filosofici e di riflessioni profonde sul senso dell’esistenza.
L’impressione personale, e qui sfioriamo il paradosso, è che al nostro bravo ex-sceneggiatore sia mancata una buona sceneggiatura. Forse era troppo preso dallo stare dietro alla macchina da presa e si è dimenticato che per tenere la gente due ore davanti ad uno schermo ogni tanto ci vuole un break per il loro povero cervellino stanco della settimana di lavoro, o almeno dei sottotitoli che spieghino meglio cosa sta succedendo. O il risultato è quello di creare un effetto zapping (ogni scena apparentemente sembra avere poco legame con quella precedente e la successiva), o un film alla Lynch - e in questo Mulholland Drive torna alla mente - tanto bello quanto complesso e bisognoso di visioni ripetute per essere compreso appieno. Si sarebbe potuto sfiorare il capolavoro con dei momenti tecnicamente “morti”, ma che favorissero l’identificazione con i protagonisti, pur nella tristezza delle loro vite insignificanti. E invece, si esce dal cinema confusi e un po’ stupidi, come dopo aver letto un saggio su Nietzsche senza averci capito molto.
Provaci ancora Charlie.

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