angela
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domenica 12 maggio 2019
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casa di riposo a gestione familiare.
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Sì, davvero una perla rara questo film. Offre spunti di riflessione sulla gestione e sul benessere dell' anzianità. Pur partendo da una situazione di bisogno economico, Gianni dimostra in realtà grande amorevolezza, pazienza e premura verso le vecchiette. Ne scaturisce un benessere generale che allarga il cuore. Certo la capacità di creare legami e solidarietà è tipicamente femminile, ma l' uomo che governa la casa è davvero bravo!
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greatsteven
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sabato 1 luglio 2017
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la terza età vista con occhio scanzonato e verace.
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IL PRANZO DI FERRAGOSTO (IT, 2008) diretto da GIANNI DI GREGORIO. Interpretato da GIANNI DI GREGORIO, VALERIA DE FRANCISCIS, ALFONSO SANTAGATA, LUIGI MARCHETTI, MARINA CACCIOTTI, MARIA CALì, MARCELLO OTTOLENGHI, GRAZIA CESARINI SFORZA
Gianni è un uomo sessantenne che vive solo con la madre, Valeria, nobildonna decaduta che lo tiranneggia in vari modi, ad esempio imponendogli di leggerle D’Artagnan la sera prima di dormire. Il 14 agosto viene dapprima l’amministratore del condominio Marcello che, come riconoscimento da parte di Gianni per depennargli alcune rate arretrate non pagate, gli affida la madre Marina e la zia Maria, e in seguito arriva anche Grazia, madre del medico Marcello che prova la pressione a Gianni.
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IL PRANZO DI FERRAGOSTO (IT, 2008) diretto da GIANNI DI GREGORIO. Interpretato da GIANNI DI GREGORIO, VALERIA DE FRANCISCIS, ALFONSO SANTAGATA, LUIGI MARCHETTI, MARINA CACCIOTTI, MARIA CALì, MARCELLO OTTOLENGHI, GRAZIA CESARINI SFORZA
Gianni è un uomo sessantenne che vive solo con la madre, Valeria, nobildonna decaduta che lo tiranneggia in vari modi, ad esempio imponendogli di leggerle D’Artagnan la sera prima di dormire. Il 14 agosto viene dapprima l’amministratore del condominio Marcello che, come riconoscimento da parte di Gianni per depennargli alcune rate arretrate non pagate, gli affida la madre Marina e la zia Maria, e in seguito arriva anche Grazia, madre del medico Marcello che prova la pressione a Gianni. Quest’ultimo è dunque costretto a badare a quattro donne allo stesso tempo che, per l’occasione di imprevista collettività, ritornano d’improvviso bambine e si divertono un mondo a spese del povero Gianni, che deve: inseguire Marina fuori dall’appartamento mentre lei fuma e beve alcolici; tenere Grazia lontana dalla pasta al forno per un di lei disturbo alimentare e guardarla mentre legge le mani alle altre donne; osservare Valeria che fa indossare completi e copricapi sgargianti a Maria. La notte del 14 è pertanto ricca di imprevisti e piccoli, divertenti incidenti, dopodiché, allo scoccare del giorno successivo, il quartetto reclama a gran voce un pranzo coi fiocchi, e Gianni si deve far aiutare dal caro amico Vichingo per racimolare il pesce e il vino per soddisfare le voglie gastronomiche delle coinquiline. Terminata la faticosissima giornata, Gianni sa che dovrà restituire le tre ospiti ai rispettivi figli, ma esse lo corrompono con trecento euro allo scopo di proseguire la giornata insieme mangiando e baloccandosi, visto che insieme hanno trovato numerosi motivi per spassarsela. Esordio dietro alla macchina da presa del 60enne Di Gregorio, sceneggiatore di lungo corso (fra le altre sue opere, l’adattamento di Gomorra diretto da Matteo Garrone che, per riconoscenza, gli ha generosamente prodotto questo film), che qui si cimenta nella triplice veste di attore, autore del copione e regista, conquistando un ottimo obiettivo partendo da un presupposto non facilissimo da assolvere: la scarsità di mezzi a disposizione. Pranzo di Ferragosto è un efficace esempio di cinema povero: sobria scenografia, montaggio che risparmia riprendendo gli attori a distanza ravvicinata, musica ridotta ad arpeggi di fisarmonica inseriti per movimentare le sequenze, e suono in presa diretta che valorizza i dialoghi sovrapponendo le parole degli interpreti che parlano come se agissero in una situazione perfettamente reale. Il risultato è una commedia molto più che dignitosa: dissacrante, umoristica, scoppiettante ed esilarante, giocata sul fatto che, esclusi Di Gregorio e Santagata (l’irresistibile Vichingo, un amico di vecchia data vestito scamiciato di blu, con capigliatura randagia bianca e bottiglia sempre attaccata alla bocca), tutto il resto del cast è formato da attori non professionisti, il che contribuisce alla verosimiglianza sputata della vicenda. Una vicenda allegra oltre ogni dire, molto realistica, che si diverte a prendere in giro gli stereotipi, li ribalta e infonde anche un dialogo non moralistico, ma educativo, sul rapporto fra i due sessi e sulla relazione madre-figlio, vista in triplice versione. La durata contenuta (settantadue minuti) è un altro punto a favore della pellicola, che nasconde, dietro una storia banale e scontata solo in superficie, un’analisi profonda dei meccanismi sociali ed evita di celare la simpatia per il suo insolito ed esuberante protagonista. Gianni regista ama fortemente il Gianni personaggio, lo fa recitare con costanza sotto le righe e, benché non gli conceda nemmeno un istante di riposo a causa delle faccende domestiche che lo fanno andare avanti e indietro per l’appartamento e all’osteria sotto casa, dimostra di stimarlo grandemente, perché lo inquadra come un paladino proletario dei giorni nostri, che sa sacrificarsi per gli altri e accetta volentieri i compromessi, specie se a scopo ludico e ricreativo per i vecchi. Il film propone anche una visuale carina e coerente sul tema della vecchiaia: il quartetto di donne anziane vivono di ricordi e trovano nella reciproca compagnia un mezzo per superare gli acciacchi e condividere emozioni positive. Presentato al Festival di Berlino 2008 e candidato a vari David di Donatello.
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jean marc georgel
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venerdì 4 novembre 2016
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semplicemente un capolavoro
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...e come tanti capolavori, passerà inosservato per un bel po' di tempo. Un film autentico (per spettatori autentici), perfetto in ogni sua parte, divertente, commovente, vero e - qualità rara - originale. Un'interessantissima esplorazione dell'animo umano, un film fatto da un uomo ad uso degli esseri umani, senza ricerca di "effetti" né preoccupazioni di ordine commerciale. Per autenticità, comicità e (non apparente) profonda umanità, è da paragonare a Miseria e Nobiltà, niente meno. Un'idea geniale portata avanti con grazia e intelligenza. Ce ne fossero tante! D'altronde, il cinema italiano era grande quando credeva di essere piccolo, e ora, in mezzo alla cialtroneria enfatica, ecco un piccolo gioiello senza pretese che possiede tutte le qualità per diventare un classico.
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...e come tanti capolavori, passerà inosservato per un bel po' di tempo. Un film autentico (per spettatori autentici), perfetto in ogni sua parte, divertente, commovente, vero e - qualità rara - originale. Un'interessantissima esplorazione dell'animo umano, un film fatto da un uomo ad uso degli esseri umani, senza ricerca di "effetti" né preoccupazioni di ordine commerciale. Per autenticità, comicità e (non apparente) profonda umanità, è da paragonare a Miseria e Nobiltà, niente meno. Un'idea geniale portata avanti con grazia e intelligenza. Ce ne fossero tante! D'altronde, il cinema italiano era grande quando credeva di essere piccolo, e ora, in mezzo alla cialtroneria enfatica, ecco un piccolo gioiello senza pretese che possiede tutte le qualità per diventare un classico...ma ci vorrà tempo, in quanto viviamo un periodo di "effetti speciali" e filmofilosofie da bazar.
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fabio57
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lunedì 14 dicembre 2015
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delicato
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Di Gregorio confeziona, con parsimonioso utilizzo di risorse ed energie,un' intelligente e realistica storia tutta, praticamente, girata in un appartamento,L'idea originalissima di mettere insieme le vecchiette nel giorno di ferragosto è buona e offre svariati spunti di riflessione.
Buona la prima
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rita branca
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domenica 7 luglio 2013
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quando il cinema fa buon sangue
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Pranzo di ferragosto, film di Gianni Di Gregorio (2008), con Valeria de Franciscis.
Divertente, poetico film in cui Gianni, il maturo figlio di una vecchia signora nobile decaduta, Donna Valeria, un po’ snob e molto despota, con lui convivente, senza una lira, è costretto dalle circostanze a sobbarcarsi per ferragosto di altre tre vecchiette, che inizialmente non si guardano di buon occhio, rendendogli la gestione difficile e faticosissima, ma in fine si adattano talmente bene le une alle altre che sono desolate all’idea di lasciarsi.
Gianni è un non frequente esempio di figlio maturo, che si prende amorevolmente cura di una madre inconsapevole della miseria in cui ormai vivono e la quale dispone, in un registro linguistico affettato, da grande dame, che si prepari un elegante pranzo in occasione del ferragosto, quando molti anziani costituiscono un problema per tanti figli desiderosi di festeggiare in libertà.
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Pranzo di ferragosto, film di Gianni Di Gregorio (2008), con Valeria de Franciscis.
Divertente, poetico film in cui Gianni, il maturo figlio di una vecchia signora nobile decaduta, Donna Valeria, un po’ snob e molto despota, con lui convivente, senza una lira, è costretto dalle circostanze a sobbarcarsi per ferragosto di altre tre vecchiette, che inizialmente non si guardano di buon occhio, rendendogli la gestione difficile e faticosissima, ma in fine si adattano talmente bene le une alle altre che sono desolate all’idea di lasciarsi.
Gianni è un non frequente esempio di figlio maturo, che si prende amorevolmente cura di una madre inconsapevole della miseria in cui ormai vivono e la quale dispone, in un registro linguistico affettato, da grande dame, che si prepari un elegante pranzo in occasione del ferragosto, quando molti anziani costituiscono un problema per tanti figli desiderosi di festeggiare in libertà.
Delizioso, delicato, tenero, giustamente premiato a Venezia. Un film che non solo fa riflettere sui rapporti disumanizzati della nostra società contemporanea, ma muove al sorriso e fa frequentemente scatenare il riso.
Dialoghi indimenticabili, particolarmente quelli in cui interviene la madre…. da vedere e rivedere.
Rita Branca
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derriev
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sabato 9 marzo 2013
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tutto qui?
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Ammetto che ero curiosissimo di vedere questo film, di cui sui giornali ed in tv si parlava come di un esordio fulminanante, di una boccata di ossigeno nell'asfittico panorama autoriale italiano.
Invece, nel vederlo, la delusione è stata immensa.
Un'opera, "Pranzo di ferragosto", talmente esile e fiacca da far sfiancare l'occhio nel buio della sala, per controllare sull'orologio quanto può ancora mancare al termine.
Peccato perché l'idea sulla carta era interessante, ovvero il classico maschio talpone di mezz'età, costretto ad occuparsi di vecchiette alquanto vispe ed arzille.
Invece niente: non accade nulla di eclatante ed i dialoghi e le situazioni sono sempre annacquati, portando solo a risatine da "boy-scout".
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Ammetto che ero curiosissimo di vedere questo film, di cui sui giornali ed in tv si parlava come di un esordio fulminanante, di una boccata di ossigeno nell'asfittico panorama autoriale italiano.
Invece, nel vederlo, la delusione è stata immensa.
Un'opera, "Pranzo di ferragosto", talmente esile e fiacca da far sfiancare l'occhio nel buio della sala, per controllare sull'orologio quanto può ancora mancare al termine.
Peccato perché l'idea sulla carta era interessante, ovvero il classico maschio talpone di mezz'età, costretto ad occuparsi di vecchiette alquanto vispe ed arzille.
Invece niente: non accade nulla di eclatante ed i dialoghi e le situazioni sono sempre annacquati, portando solo a risatine da "boy-scout".
Perfino lo spunto della "fuga" di una delle signore non porta a nulla: nessun sobbalzo nè svolta nella trama.
Un film che può andare bene come opera prima per un aspirante regista, ma che assolutamente non lancia nessuna stella nel firmamento del Cinema italiano, così come più volte dichiarato.
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mara65
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giovedì 29 settembre 2011
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tutte queste adulazione per un film amatoriale??
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L'arrivo in tarda età dietro la macchina da presa di Di Gregorio è senz'altro apprezzabile. La sua simpatia ed educata presenza genera una piacevole emozione, soprattutto per la presenza di queste vecchiette sulla scena. Il film sembra fodersi con la realtà di Di Gregorio, in un cortocircuito che mixa documentario e fiction. Di Gregorio utilizza il metodo "Matteo Garrone" con cui ha lavorato e che produce il film. Il metodo si basa sull'avere una traccia dei dialoghi, senza però doverli seguire alla lettera. In questo film ciò non sarebbe stato possibile per la presenza delle attrici non professioniste, incapaci di ricordare un copione.
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L'arrivo in tarda età dietro la macchina da presa di Di Gregorio è senz'altro apprezzabile. La sua simpatia ed educata presenza genera una piacevole emozione, soprattutto per la presenza di queste vecchiette sulla scena. Il film sembra fodersi con la realtà di Di Gregorio, in un cortocircuito che mixa documentario e fiction. Di Gregorio utilizza il metodo "Matteo Garrone" con cui ha lavorato e che produce il film. Il metodo si basa sull'avere una traccia dei dialoghi, senza però doverli seguire alla lettera. In questo film ciò non sarebbe stato possibile per la presenza delle attrici non professioniste, incapaci di ricordare un copione. La macchina da presa per questo è sempre lì, in lunghe inquadrature in piani sequenza interminabili e noiosi. Dall'altra parte sciocche chiacchiere da bar, o meglio da Interno casa, che non scorrono, che sono frenate da uno sviluppo stantio della trama. Non succede niente, si chiacchiera, all'interno delle buie e fotograficamente spente stanze dove si svolge tutta la vicenda. Il film da molti definito un "cult" delude fortemente. Leggendo la sinossi, si ha l'impressione di avere a che fare con un film geniale, ma in realtà, vedendo il film ci si accorge subito della inconsistenza dell'opera. Manca evidentemente la regia, pià che la storia. Non ci si improvvisa regista a 60 anni. Il cinema è spazio, è movimento è ritmo. In questo anonimo film, stranamente osannato dalla critica (non dal pubblico) figure senza anima vagano indistintamente tra i meandri di questa casa-prigione. Di Gregorio non è un regista e non mette brio all'opera, sempre statica e noiosa. La pellicola diventa perciò un inno all'incompiuto, una buona idea, messa mediocramente in scena.
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sarettajan
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giovedì 17 febbraio 2011
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ferragosto all'insegna di una ritrovata vitalità
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Film molto interessante dal punto di vista sociale in quanto racconta con ironia la complicata situazione di un uomo di mezz'età, solo e disoccupato, che ancora convive con l'anziana madre assecondandone con ammirevole dedizione esigenze e capricci. Messo con le spalle al muro da una situazione economica precaria, si trova costretto ad accogliere in casa madre e zia del furbo amministratore. Alla simpatica comitiva si aggiungerà la madre del medico di lui, scaltro nell'approfittare dell'occasione di una visita a domicilio.
Le quattro signore si ritrovano pertanto a confrontarsi intrecciando il loro bagaglio di esperienze di vita, il tutto in un'atmosfera rarefatta e un pò surreale di un'accaldata Roma ferragostiana.
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Film molto interessante dal punto di vista sociale in quanto racconta con ironia la complicata situazione di un uomo di mezz'età, solo e disoccupato, che ancora convive con l'anziana madre assecondandone con ammirevole dedizione esigenze e capricci. Messo con le spalle al muro da una situazione economica precaria, si trova costretto ad accogliere in casa madre e zia del furbo amministratore. Alla simpatica comitiva si aggiungerà la madre del medico di lui, scaltro nell'approfittare dell'occasione di una visita a domicilio.
Le quattro signore si ritrovano pertanto a confrontarsi intrecciando il loro bagaglio di esperienze di vita, il tutto in un'atmosfera rarefatta e un pò surreale di un'accaldata Roma ferragostiana. Le simpatiche vecchiette, ognuna con i propri problemi e le proprie abitudini singolari, inizialmente mostrano difficoltà nell'adattarsi al nuovo forzoso contesto, ma grazie al prodigarsi del paziente Gianni, riusciranno ad integrarsi e a condividere amichevolmente momenti di svago e spensieratezza.
Si evidenzia già dalle prime battute la vita solitaria delle anziane protagoniste che trascorrono le loro ripetitive giornate in compagnia chi dell'alienante tv e chi di estranee badanti, portandole a reprimere la loro personalità verso una progressiva chiusura in loro stesse. Sarà proprio questa unione casuale a permettere loro di ritrovare la forza e lo stimolo giusto per far emergere tutta la loro energia vitale.
Veritiero lui nel suo ruolo di amorevole assistente, che allo stesso tempo sa anche approfittare della situazione per trarne un tutto sommato non troppo amorale tornaconto, accettando del denaro dalle sue ospiti che sembrano voler prolungare il più possibile questo momento di ritrovata libertà.
Il film scorre piacevole tra fotografie di vita romana con il simpatico Enrichetto, scanzonato compagno di chiacchiere e momenti di sincera tenerezza in cui possiamo ritrovare profumi e sapori appartenenti al nostro vissuto personale.
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[+] ottima recensione!
(di il sindaco)
[ - ] ottima recensione!
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catullo
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domenica 24 ottobre 2010
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fanne subito un'altro--gianni!
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Ma perchè Di Gregorio hai aspettato tanto a fare l'attore e il regista? per me è sei sato una scoperta piacevole in tutti i due ruoli.....ironia..dolcezza e intelligenza come attore che trasferisci anche nel film che dirigi...bravo Gianni..aspetterò con ansia il tuo prossimo film!
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maria cristina nascosi sandri
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domenica 24 ottobre 2010
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quando la classe non e' acqua
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Un piccolo grande film, PRANZO DI FERRAGOSTO, del quasi "esordiente" Gianni Di Gregorio, qui nelle vesti di regista e personaggio principale, passato recentemente su Rai 3.
Il cinema l'ha nel sangue da una vita, Di Gregorio, ma solo da poco, ovverossia dall'anno scorso, ha deciso di passare 'dietro alla m.d.p. - oltreché davanti, si capisce – con questa eccezionale opera prima che sfiora la perfezione per contenuto, mise-en-scéne e corollari vari.
Presentato lo scorso anno alla 66a Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, nell’ambito della 24a Settimana della Critica e meritorio del Premio Opera Prima, il film si occupa di una tematica triste quanto mai up to date.
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Un piccolo grande film, PRANZO DI FERRAGOSTO, del quasi "esordiente" Gianni Di Gregorio, qui nelle vesti di regista e personaggio principale, passato recentemente su Rai 3.
Il cinema l'ha nel sangue da una vita, Di Gregorio, ma solo da poco, ovverossia dall'anno scorso, ha deciso di passare 'dietro alla m.d.p. - oltreché davanti, si capisce – con questa eccezionale opera prima che sfiora la perfezione per contenuto, mise-en-scéne e corollari vari.
Presentato lo scorso anno alla 66a Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, nell’ambito della 24a Settimana della Critica e meritorio del Premio Opera Prima, il film si occupa di una tematica triste quanto mai up to date.
Il ruolo degli anziani nella moderna società visto da un figlio non più giovanissimo molto ‘amante’ del vino, quasi alcoolista, che tra pietas virgiliana, affetto e vitali ed essenziali bisogni primari e munerei, riesce a compiere un piccolo miracolo di accettazione di una diversità, quella della vecchiaia, che sempre più distrugge, avanza e colpevolizza persone di ogni ceto, ormai.
Dotato di levitas e nella recitazione ed ancor più nella stupenda direzione che compie un piccolo miracolo di sinergia operandi tra le quattro diverse ‘diaboliche’ eccezionali, ciascuna a modo proprio, vecchiette, il regista si fa prendere la mano – consapevolmente – dal nuovo che avanza sul vecchio: omnia vincit amor, ma qui è l’empatia ad avere il sopravvento: si scopre tra le quattro donne una complicità mai provata finora, dunque unica ed originale, per certi aspetti, ed un’altra, al contrario, totalmente prevedibile.
L’uomo è animale sociale per eccellenza e come tale, specie nelle situazioni di maggior stress, la sua intelligenza emerge ed il suo senso dell’adattamento han la meglio sul linguaggio verbale.
Un film davvero da gustare – pranzo compreso, se si passa lo scherzoso calembour – centellinare, rivedere, perché narra di cose ben presenti in cui, prima o poi potremmo ben ritrovarci: finché morte non ci separi, è ovvio…
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