Nightwatching

Greenaway, un thriller nel quadro di Rembrandt

«Ogni quadro racconta una storia». È a partire dal celebre assioma che Peter Greenaway ha concepito, scritto e diretto Nightwatching, film prezioso e misterioso, elegante e appassionante che potrebbe entrare nella rosa dei vincitori di questa edizione, mettendo d'accordo una giuria composta di cineasti dagli stili molto vari e diversi. La storia in questione è quella di un delitto, il cui segreto è consegnato a un quadro: la "Ronda di notte", appunto, dipinto da Rembrandt nel 1642. Un po' come accadeva nel film che consacrò la fama del regista gallese venticinque anni fa, "I misteri del giardino di Compton House"; ma - ci ricorda lui - anche come in Blow Up" di Michelangelo Antonioni o come avvenne, nella realtà, con lo "Zapruder film" che riprese il delitto Kennedy: dietro l'immagine c'è un mistero; chi la guarda deve interpretarlo.
Dunque, all'epoca l'artista olandese, appena ventitreenne ma già ricco e celebre, accetta di ritrarre in un grande dipinto gli ufficiali della Milizia civile di Amsterdam, un gruppo di ricchi borghesi che giocavano a fare i soldati. Frattanto, il pittore scopre una trama e un delitto: vittima uno dei personaggi del quadro, colpito all'occhio da una pallottola di moschetto. Sulla tela, Rembrandt dipinge un autentico atto d'accusa contro gli assassini, che decidono di vendicarsi: prima screditandolo, poi riducendolo in rovina.
Greenaway, che viene dalla pittura e della pittura ha sempre sostanziato il proprio cinema, dice: «Rembrandt non è mai stato tra i miei artisti preferiti; però mi ha appassionato il mistero di questo quadro, che contiene ben cinquantun enigmi; e che fece di lui il più celebre pittore d'Europa dopo Leonardo e Michelangelo. In più, mi intrigava la sua personalità di uomo democratico, repubblicano, femminista e post-moderno».
Con tali premesse, il -rischio era che Nightwatching diventasse un film pittorico e statico, una sequenza d'inquadrature concepite come dipinti in movimento. Fortunatamente, Greenaway è intellettuale troppo sapiente per cadere nel tranello. Le sequenze evocano sì le luci e i colori rembrandtiani («È stato uno dei primi artisti a dipingere alla luce artificiale delle candele; e proprio da questo discende il cinema»); però le immagini sono movimentate, rese dinamiche da carrellate a seguire che aprono e dilatano lo spazio. Lungo due ore e un quarto, il film si segue con interesse e partecipazione; diversamente dalle ultime opere del regista, sperimentali e vicine a un concetto di "arti visive" che travalica il cinema in senso stretto («Ho sempre voluto essere un cineasta mainstream obietta l'interessato - ma se qualcuno vede in me dell'arroganza non posso farci nulla. I miei non sono film per tutti; e neppure questo è un film di Scorsese»).
In Nightwatching ci sono cinema e pittura, musica («un film senza musica è povero, la musica gli dà potenza») e teatro: nella cornice che lo apre e chiude, questo, presentando la vicenda dell'artista come un «sogno di cecità». Per rendere la storia più coinvolgente, Greenaway aggiunge al tema principale, l'intrigo di delitto, molte scene sulla vita personale del protagonista: il matrimonio con la bionda Saskia, la nascita del figlio e la vedovanza;gli amori con la sfrontata Geetjie, corrotta dai suoi nemici per comprometterlo, e con la pura servetta Hendrickje («certo, il film tratta di sesso e di morte: ma di che altro si deve parlare?»), a partire dalla constatazione che il quadro al centro degli eventi mostra, in forma criptata, aspetti assai privati.
La cosa più originale, però, è il modo in cui il regista ci impartisce, senza farla apparire tale, una lezione sul significato delle immagini, sul loro potere rappresentativo, sulla possibilità d'interpretarle. Con la sua folla di personaggi agghindati di elmi, armati e ritratti in atteggiamento marziale, Rembrandt fece a pezzi tutte le regole della ritrattistica precedente. I miliziani diventano personaggi da commedia dell'arte, mediocri attori impegnati a rappresentare una parte, a mettersi in posa come su una scena. Per questo ciascuno di loro, dopo aver pagato di tasca propria il pittore, non si riconobbe, si sentì ridicolizzato e, quando fu esposto, boicottò il quadro. Non prevedendo di certo che sarebbe diventato uno dei più ammirati di tutti i tempi.
Da La Repubblica, 7 settembre 2007

di Roberto Nepoti, 7 settembre 2007