Lietta Tornabuoni
L'Espresso
Vizi di famiglia di Rob Reiner comincia con l’avvertenza «Basato su un vero pettegolezzo», finisce con un matrimonio, rende omaggio con insistenza a Il laureato, il film del 1967 diretto da Mike Nichols in cui Dustin Hoffman s’innamora di Mrs. Robinson e anche della figlia di lei. È un film di modeste battute: «Mi piace volare. È cadere che detesto», dice la protagonista Jennifer Aniston, aspirante giornalista a New York snervata dalla prospettiva di sposarsi e dal dover tornare in famiglia a Pasadena per il matrimonio della sorella. «Calciai la palla sbagliata», racconta Kevin Costner spiegando perché, in seguito a un incidente sul campo da gioco, sia diventato sterile; e offrendo la prima colazione alla ragazza sconvolta con la quale ha passato la notte, domanda: «Uova, succo d’arancia, polmone d’acciaio?».
Il segreto di Vizi di famiglia, però, è un altro. Come struttura, ambientazione e recitazione, si tratta di una delle solite commedie domestiche americane: ragazza che torna in provincia dalla metropoli per una cerimonia famigliare, nonna alcolista e ribalda (Shirley MacLaine, naturalmente), padre migliore di quanto sembri, ansie pre-nuziali, nostalgia della mamma morta, ricevimenti lussuosi con molti gazebo di tela bianca, vecchi amici ricchi da strozzare. In realtà, si tratta del perverso “Beautiful”: ossia di cronache famigliari fatte di pasticci carnali, promiscuità, nuore che seducono i suoceri, incesti, tre generazioni di donne conquistate dallo stesso affascinante miliardario di nome Beau (Bello). Quindi, piuttosto divertente. Jennifer Aniston conserva una mimica da teenager quando ha 36 anni (bronci, smorfia, fronte aggrottata) e, se era carina da ragazza, da donna non è bella. Produttori, George Clooney e Steven Soderbergh.
Da L’Espresso, 4 gennaio 2006
di Lietta Tornabuoni, 4 gennaio 2006