Tutto su mia madre

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Un film di Pedro Almodóvar. Con Penélope Cruz, Cecilia Roth, Marisa Paredes, Candela Peña, Antonia San Juan.
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Titolo originale Todo sobre mi madre. Drammatico, durata 105 min. - Spagna 1999. MYMONETRO Tutto su mia madre * * * 1/2 - valutazione media: 3,72 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Irene Bignardi

La Repubblica

Annotate una nuova parola, Almodrama. Che non vuol dire un film drammatico, non vuol dire un film sentimentale, non vuol dire melodramma. Ma che identifica quel mix miracoloso di tragedia e commedia, di pianto e risate, di sentimenti e sfondo sociale che è l'inconfondibile carattere dei film di Pedro Almodovar. Tutto su mia madre - che non ha vinto la Palma d'oro a Cannes, ma solo il premio per la regia, per la presuntuosa stupidità del presidente della giuria David Cronenberg - è la punta più alta raggiunta dall'Almodrama, il film più bello dell'anno e un capolavoro che resterà. Eppure, a metterlo sul tavolo anatomico della logica, o semplicemente a riassumerlo in una veloce sinossi, sembrerebbe il più delirante dei mèlo, un condensato di Matarazzo e di Douglas Sirk intessuto di civetterie cinefile. Figurarsi, c'è una madre sola che perde il figlio adolescente in un incidente, un padre transessuale che non sa di essere padre, una giovane suora incinta dello stesso e ammalata di Aids, una grande attrice - quella da cui il giovane Esteban voleva un autografo la sera della sua morte - innamorata di una eroinomane, una madre cattiva che dipinge falsi, un transessuale buono (anzi, "buona"), agnizioni, ribaltamenti di ruoli, morti, risanamenti improvvisi. Ma questo apparentemente improbabile cocktail di elementi narrativi e di storie, in forza di uno stile semplicissimo e sofisticato, di una profonda umanità, di uno humour affettuoso che controlla ogni eccesso, di una straordinaria finezza nel raccontare i sentimenti, di una squadra di interpreti di prim'ordine - da Marisa Paredes alla stupenda Cecilia Roth, dall'adorabile "transessuale" Antonia San Juan alla dolcissima Penelope Cruz - produce invece un piccolo miracolo: un film folle e strano, commovente e divertente, eccentrico e popolare. Come Shakespeare - e, ovviamente, come la vita - Almodovar sa come alternare i toni, mescolare dramma e risate, commedia e tragedia. Il titolo Tutto su mia madre traduce letteralmente quello di All about Eve, Eva contro Eva, il film che, assieme alla messinscena di Un tram che si chiama desiderio, lo percorre a tormentone e suggerisce molte situazioni: anche qui, come nel capolavoro di Mankievicz, c'è sempre qualcuno pronto a prendere il posto dell'altro. Ma le motivazioni dei personaggi di Almodovar sono assai diverse da quelle della giovane Anne Baxter. Possiamo anzi forse mettere nel conto di questo continuo cambiamento di ruoli il discorso più doloroso del film - Manuela, che lavora in un centro per i trapianti, si trova a vivere la tragedia che prima simulava per ragioni di studio - e quello più profondo: l'accettazione dei confini sempre più labili delle identità sessuali, che, uomini o donne, transessuali o asessuati, lasciano alle persone l'unica cosa che conta, le loro qualità di fondo. Come la Blanche Dubois del dramma di Tennessee Williams che la grande attrice Huma (Marisa Paredes) interpreta nel film ("Ho sempre confidato nella bontà degli sconosciuti") anche Almodovar ci crede, certo più che alle regole di una morale piena di discriminazioni. E la grande qualità del film è di riuscire, in un cinema sempre più evirato dei sentimenti - o, dall'altra parte, più sentimentalistico - a rappresentarli o a trasmetterli con la massima semplicità drammaturgica, con pochi tratti, con i tocchi giusti, senza indulgenze. Come quando il giovane Esteban (un'incantevole immagine di poetica adolescenza), guardando una foto di giovinezza della madre, strappata a metà, osserva che è quella parte mancante, in cui lui intuisce che era ritratto suo padre, la metà che manca anche alla sua vita. Almodovar dedica il suo film oltre che alle sue icone predilette (tra cui Gena Rowlands, che con La sera della prima ha ispirato l'inizio del film) a "tutte le persone che vogliono essere madri" - non solo donne. Ma sono le donne - con la loro capacità di accudire, curare, consolare, costruire la vita - il vero destinatario del suo omaggio. Che dire? Grazie. Per l'omaggio e - soprattutto - per il film.
Da La Repubblica, 17 settembre 1999


di Irene Bignardi, 17 settembre 1999

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