brucemyhero
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martedì 16 novembre 2010
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un giorno di ordinaria follia.
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La domanda che viene da farsi, è: quanto Bill è veramente 'malato', o quanto la società in realtà mette al muro persone, che spesso e purtroppo poi, non riescono a gestire le tante troppe sconfitte e malefatte subite?. Bill è fondamentalmente un giusto, non travisa la realtà. E non riesce ad accettare le imposizioni di ciò che lo circonda, fino a raggiungere un limite oltre il quale vi è ciò che la maggioranza delle persone, definisce pazzia. Ma diciamolo chiaramente: a quanti di noi capita ogni giorno o settimana, di aver voglia di fare a 'modo proprio'. Di abbattere ciò che ci separa da una normalità che in questa società non esiste?.
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La domanda che viene da farsi, è: quanto Bill è veramente 'malato', o quanto la società in realtà mette al muro persone, che spesso e purtroppo poi, non riescono a gestire le tante troppe sconfitte e malefatte subite?. Bill è fondamentalmente un giusto, non travisa la realtà. E non riesce ad accettare le imposizioni di ciò che lo circonda, fino a raggiungere un limite oltre il quale vi è ciò che la maggioranza delle persone, definisce pazzia. Ma diciamolo chiaramente: a quanti di noi capita ogni giorno o settimana, di aver voglia di fare a 'modo proprio'. Di abbattere ciò che ci separa da una normalità che in questa società non esiste?. Ma non possiamo, perchè esiste lo Stato e la 'sua' giustizia. Quella delle aule civiche o penali, che sovente applica le normative dei codici in modo ottuso. O impiega anni per casi che i mass media fino alla nausea, in nome dell'auditel, ci rifilano poi puntualmente. Demonizzando e poi magari ritrattando tutto, con la facilità di un bambino che sportosi troppo dal balcone per vedere sotto, cade. Bill aveva una famiglia e probabilmente dei problemi. Ma sua moglie invece di aiutarlo psicologicamente, e vedendo in lui segnali che a suo parere erano, come dire, allarmanti o premonitori di un precario equilibrio, lo molla. Mai un dito addosso né a lei né tantomeno alla piccola, eppure la moglie ottiene anche restrizioni di orrdine 'metrico' E come sempre o quasi, l'afffidamento della piccola. Bill si ritrova sbatutto fuori dal mondo che visionando le vhs registrate, quando tutto era calmo, lo porta all'ossessione. Da li una escaletion che assieme a lui viviamo, e che sostanzialmente mette in mostra quanto in realtà la società è folle, non Bill. Che pure infine, travalica il punto di non ritorno, agendo oltre ogni ragionevolezza o buon senso. Vuol raggiungere la sua ex casa, per regalare qualcosa a sua figlia che compie gli anni. Ma sua moglie senza un minimo di riserbo, né tatto, né niente, neppure in nome dei momenti felici passatri assieme, lo tratta come un soggetto pericoloso, scatenandone la parte peggiore. Quel qualcosa che in misura maggiore, o minore, tutti abbiamo dentro. E Bill attraversa in un giorno (appunto), aspetti e realtà inaccettabili: la gang, la coca cola da 85 cent, il falso reduce, il nazi, i 'lavori stradali'... Tutta una serie di test che Bill, dal momento in cui abbandona l'auto, non tollera più. E che invece noi accettiamo in nome di non so cosa. Vero è che non si può fare giustizia a modo proprio, ma anche che il marciume che ci circonda, mette a dura prova chiunque, e schiaccia chi è in difficoltà; è giusto tutto ciò?. Personalmente sono con Bill, senza ombra di dubbio.
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giusepped88
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domenica 3 maggio 2009
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cadere giù, punto di non ritorno
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Un impiegato in giacca e cravatta aspetta in macchina in una strada molto intasata che il traffico inizi a scorrere un po'. Fuori fa caldo e si comincia a perdere la pazienza, una scena che si ripete spesso anche in Italia quando si va al lavoro in una grande città oppure quando si va in vacanza in massa.
Il nostro impiegato allora cosa decide? Va a casa a piedi.
Fin qui sembrerebbe tutto normale, ma mano a mano che andiamo avanti nel film scopriamo che non è così, il protagonista imbocca un tunnel pericoloso senza ritorno che lo compromette sempre di più: distrugge un negozio di un coreano, provoca una sparatoria, minaccia il direttore di un fast food, viene preso avvicinato da un neonazista che nasconde un arsenale, il suo odio verso la società cresce e finisce per maturare l'idea di uccidere sua moglie.
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Un impiegato in giacca e cravatta aspetta in macchina in una strada molto intasata che il traffico inizi a scorrere un po'. Fuori fa caldo e si comincia a perdere la pazienza, una scena che si ripete spesso anche in Italia quando si va al lavoro in una grande città oppure quando si va in vacanza in massa.
Il nostro impiegato allora cosa decide? Va a casa a piedi.
Fin qui sembrerebbe tutto normale, ma mano a mano che andiamo avanti nel film scopriamo che non è così, il protagonista imbocca un tunnel pericoloso senza ritorno che lo compromette sempre di più: distrugge un negozio di un coreano, provoca una sparatoria, minaccia il direttore di un fast food, viene preso avvicinato da un neonazista che nasconde un arsenale, il suo odio verso la società cresce e finisce per maturare l'idea di uccidere sua moglie. In tutto il film il protagonista William Foster interpretato da M.Douglas è combattuto tra l'idea di continuare ad essere un bravo cittadino americano e quello di reagire, cercherà delle giustificazioni per tutte le minacce che farà a chi si frapporrà tra lui e la sua strada verso casa con armi sempre più pericolose, vuole dimostrare di non essere lui il cattivo, il pazzo. Scopriremo che ha perso il suo lavoro per il governo americano (costruzione missili)da poco e che si sente frustrato per il divorzio con la moglie e per il non riuscire a mantenere sua figlia.
Dall'altro lato abbiamo un poliziotto, Prendergast, interpretato da Duvall che deve fermare il piano folle. Prendergast un lavoro lo possiede e sta pure per andare in pensione, solo che non ha una figlia, in compenso ha una moglie ossessiva, invece di uccidere e terrorizzare la consorte come il suo antagonista lui le dice sempre di sì in ogni caso . Anche Prendergast supererà il suo punto di non ritorno e alla fine troverà il coraggio di affermare la propria personalità ma senza eccedere come William Forster.
Il film di Shumacher è profondo e ci fa riflettere sulla società di oggi con i suoi problemi e sui diversi modi di rapportarsi ad essi presentandocene due estremi. Da vedere.
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fabiusss
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mercoledì 7 maggio 2008
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duefacce
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Sarebbe potuto essere un capolavoro se solo Schumacher si fosse arrischiato a penetrare nell'analisi della contorta psiche umana. Psiche che riflessa in parallelo attraverso i 2 protagonisti (il cattivo Michael Duglas e il buon poliziotto Robert Duvall) mette in evidenza le debolezze dell'uomo. Un uomo, infatti. Entrambi rappresentano la doppia faccia razionale/istintiva dell'uomo. Razionale che portato all'esasperazione significa succube della società e istintiva, anch'essa elevata all'eccesso, sinonimo di nevrosi e pazzia.
Shumacher riesce a legare e dividere questa duplice visione fino al punto di esaltarne una al cospetto dell'altra. Vince così il razionale che riesce ad accettare e contenere i suoi impulsi.
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Sarebbe potuto essere un capolavoro se solo Schumacher si fosse arrischiato a penetrare nell'analisi della contorta psiche umana. Psiche che riflessa in parallelo attraverso i 2 protagonisti (il cattivo Michael Duglas e il buon poliziotto Robert Duvall) mette in evidenza le debolezze dell'uomo. Un uomo, infatti. Entrambi rappresentano la doppia faccia razionale/istintiva dell'uomo. Razionale che portato all'esasperazione significa succube della società e istintiva, anch'essa elevata all'eccesso, sinonimo di nevrosi e pazzia.
Shumacher riesce a legare e dividere questa duplice visione fino al punto di esaltarne una al cospetto dell'altra. Vince così il razionale che riesce ad accettare e contenere i suoi impulsi. Vince ma non è un'accezione totalitaria, anzi, il "buono e caro poliziotto" finisce per dare un po' di libertà a quanto represso fino ad allora, il suo "istinto nevrotico).
Il film termina come tutti si aspettano, come è giusto che sia; ma in cuor nostro si risveglia, almeno per un istante, la consapevolezza di una fine ingiusta.
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paolomiki
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martedì 17 agosto 2010
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amore puro
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L'amore puro è quello che hai per i figli.Puoi perdere il lavoro la moglie la testa... ma perdere un figlio è la cosa più atroce. Perderlo per mano di una moglie una delle tante troppe che quando si separano ti vogliono mutilare totalmente è pura follia.Questa follia che è sempre più diffusa,la follia dell'essere umano che mutila un'altro essere umano impedendogli di vedere i propri figli (ma perchè?) solo perchè non si vive più insieme.Il dramma della separazione e della conseguente contesa dei figli del "dopo" è descritto in questo stupendo film in modo eccezionale perchè nella parte finale il protagonista dimostra il suo amore verso la figlia in modo drammatico ma significativo.
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L'amore puro è quello che hai per i figli.Puoi perdere il lavoro la moglie la testa... ma perdere un figlio è la cosa più atroce. Perderlo per mano di una moglie una delle tante troppe che quando si separano ti vogliono mutilare totalmente è pura follia.Questa follia che è sempre più diffusa,la follia dell'essere umano che mutila un'altro essere umano impedendogli di vedere i propri figli (ma perchè?) solo perchè non si vive più insieme.Il dramma della separazione e della conseguente contesa dei figli del "dopo" è descritto in questo stupendo film in modo eccezionale perchè nella parte finale il protagonista dimostra il suo amore verso la figlia in modo drammatico ma significativo. L'amore puro anche a costo della vita!!
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gertrude
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mercoledì 27 agosto 2014
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povero bill...
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Bill, così vuole essere chiamato il protagonista interpretato da Michael Douglas, è bloccato nel traffico per lavori sotto ad un calvalcavia. Fa caldo, nessuna macchina sembra poter avanzare e qualche meccanismo nella testa del nostro pover uomo si inceppa. Non ce la fa più e abbandona la macchina andandosene a piedi. Man mano che la storia prosegue siamo proiettati non soltanto nella sua mente ma nelle vicende che lo hanno condotto a distruggere un negozio, a prendere a mazzate due aggressori, a farsi servire un panino grazie alla forza convincente di un mitra, e molto altro. Nel frattempo è anche l’ultimo giorno di servizio di un poliziotto (Robert Douvall) , costretto ad andare in pensione per la delicata situazione della moglie.
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Bill, così vuole essere chiamato il protagonista interpretato da Michael Douglas, è bloccato nel traffico per lavori sotto ad un calvalcavia. Fa caldo, nessuna macchina sembra poter avanzare e qualche meccanismo nella testa del nostro pover uomo si inceppa. Non ce la fa più e abbandona la macchina andandosene a piedi. Man mano che la storia prosegue siamo proiettati non soltanto nella sua mente ma nelle vicende che lo hanno condotto a distruggere un negozio, a prendere a mazzate due aggressori, a farsi servire un panino grazie alla forza convincente di un mitra, e molto altro. Nel frattempo è anche l’ultimo giorno di servizio di un poliziotto (Robert Douvall) , costretto ad andare in pensione per la delicata situazione della moglie. E’ l’unico della centrale di polizia che riesce a interpretare gli indizi e a trovare Bill, il quale voleva solo andare a festeggiare il compleanno della figlia alla quale per una precedente ordinanza del tribunale non si poteva avvicinare. Povero Bill… Non gliene va una giusta. D'altronde chi almeno una volta nella vita non si è trovato bloccato nel traffico con un’incredibile voglia di lasciare la macchina e mandare tutti a quel paese? O di farsi giustizia da soli? O di obbligare i negozianti a trattarci con cortesia? Questo è quello che pensiamo all’inizio dei suoi gesti. Dopo però Bill cade nell’estremo opposto, non riesce più a tenere a freno questa rabbia accumulata per tutte le sue sfortune. Arriva a spaventarci, motivo per cui è stato lasciato dalla moglie. “Un giorno di ordinaria follia”, azzeccatissimo titolo per indicare questo climax di eventi che escono sempre di più fuori dall’ordinario dopodichè, come dice Bill, non si può più tornare indietro. Mi ha sorpreso molto vedendolo perché me lo aspettavo più “sciapo”, invece mi è sembrato avvincente non solo nella trama ma anche nella critica che viene fatta relativamente alla disumanizzazione della società moderna.
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johnny fritz
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venerdì 22 aprile 2011
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quando la misura è colma
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Il mondo, probabilmente, si divide in oppressi ed oppressori. Quella di William Foster (Michael Douglas) è la dimensione pubblica della tragedia: il remissivo e represso travet californiano sembra raccogliere incondizionatamente l’invito di Howard Beale («Io voglio che voi vi incazziate!») – perché tutto va male e non è normale. I drammi sono quelli quotidiani, ordinari, appunto, com’è ordinaria la follia, il riflesso di uno stato di cose che ha ormai varcato i limiti della tollerabilità. Quella di Martin Prendergast (Robert Duvall), invece, è la dimensione privata: non è più disposto ad accettare la mortificazione del proprio talento, della propria ambizione, della propria professionalità, e cedere così alle paranoie della moglie (dove finisce il malessere e dove comincia la maschera?) ed al disprezzo dei colleghi.
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Il mondo, probabilmente, si divide in oppressi ed oppressori. Quella di William Foster (Michael Douglas) è la dimensione pubblica della tragedia: il remissivo e represso travet californiano sembra raccogliere incondizionatamente l’invito di Howard Beale («Io voglio che voi vi incazziate!») – perché tutto va male e non è normale. I drammi sono quelli quotidiani, ordinari, appunto, com’è ordinaria la follia, il riflesso di uno stato di cose che ha ormai varcato i limiti della tollerabilità. Quella di Martin Prendergast (Robert Duvall), invece, è la dimensione privata: non è più disposto ad accettare la mortificazione del proprio talento, della propria ambizione, della propria professionalità, e cedere così alle paranoie della moglie (dove finisce il malessere e dove comincia la maschera?) ed al disprezzo dei colleghi. Due volti della stessa esasperazione che conducono infine a risultati opposti. Ma non è il dualismo buono-cattivo a fare la differenza. Soltanto questo: Prendergast ha ancora una chance, Foster no. È al punto di non-ritorno.
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giu/da(g)
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giovedì 20 gennaio 2011
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sospensione del giudizio
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William D Foster (Michael Douglas) , afflitto dal divorzio e da un lavoro non appagante decide di andare a casa per il compleanno della piccola figlia, ma reagirà violentemente a chiunque gli sbarri la strada. Contemporaneamente l'ispettore Prendergast (Robert Duvall) nel giorno di pensionamento si ritrova a dover fermare Foster. Costruito sul doppio binario Douglas/Duvall Un giorno di ordinaria follia ci spinge su quel sottile filo che separa lucidità da pazzia. Foster, nonostante la sua folle implacabilità, non è cattivo e potrebbe ai nostri occhi apparire come una sorta di eroe moderno che lotta contro quelle piccole ingiustizie quotidiane che ci riserva la vita, principalmente perché molti di noi avranno pensato, almeno una volta di sfogare la propria rabbia davanti al traffico incomprensibilmente bloccato o in un market dove non si possono cambiare banconote in spiccioli ("Sto difendendo i miei diritti di consumatore").
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William D Foster (Michael Douglas) , afflitto dal divorzio e da un lavoro non appagante decide di andare a casa per il compleanno della piccola figlia, ma reagirà violentemente a chiunque gli sbarri la strada. Contemporaneamente l'ispettore Prendergast (Robert Duvall) nel giorno di pensionamento si ritrova a dover fermare Foster. Costruito sul doppio binario Douglas/Duvall Un giorno di ordinaria follia ci spinge su quel sottile filo che separa lucidità da pazzia. Foster, nonostante la sua folle implacabilità, non è cattivo e potrebbe ai nostri occhi apparire come una sorta di eroe moderno che lotta contro quelle piccole ingiustizie quotidiane che ci riserva la vita, principalmente perché molti di noi avranno pensato, almeno una volta di sfogare la propria rabbia davanti al traffico incomprensibilmente bloccato o in un market dove non si possono cambiare banconote in spiccioli ("Sto difendendo i miei diritti di consumatore"). Dall'altra parte Prendergast che, assillato da una moglie ansiogena e da colleghi che non lo rispettano, reagisce con una serena rassegnazione che nasconde insofferenza e malsopportazione. Due personaggi simili, ma opposti, che reagiscono alla vita in maniera diversa: mentre Foster raggiunge il punto di non ritorno (Falling Down, titolo originale, rende senz'altro bene il concetto) Prendergast trova un equilibrio riuscendo infine ad imporsi senza rinunciare la sua gentile pazienza. Il loro incontro sarà uno scontro che sancirà la vittoria dell'ispettore. Il film nella sua drammaticità mescola elementi comici voluti, proprio per l'identificazione dello spettatore con certe situazioni, ma esagera in certi punti (la parte del nazista) e nel finale s'impasticcia lasciando qualche incomprensione. Nei titoli di coda scorrono i filmati di Foster con la sua famiglia, felice e normale: la follia era parte del suo carattere o è stata generata da una società che lo ha emarginato? Il giudizio rimane sospeso.
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salvatore scaglia
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lunedì 26 dicembre 2011
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tra colpa personale e sociale
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La pellicola di Schumacher sottolinea, anzitutto, i problemi tipici della metropoli: vita febbrile, traffico paralizzato, automobilisti urlanti, cantieri aperti ... esprimono le difficoltà personali e familiari prima che sociali. Così il poliziotto pensionando (Duvall) e il forsennato (Douglas) hanno entrambi, alle spalle, un quadro matrimoniale non facile, anche se diverse sono le loro reazioni. Certo, il cittadino che dà di matto non è giustificato - secondo la reprimenda finale del sergente che sta per andare in pensione - nel fare della città il teatro delle proprie azioni di violenza. Tuttavia, durante lo scorrere delle immagini, si è spesso indotti a confondere vittime e colpevoli: non si comprende bene, cioè, se colpevole sia il folle o, piuttosto, chi l'ha licenziato, chi si gode spazi immensi di verde per farne il territorio della propria gang, un elitario campo da golf ovvero una villa esclusiva.
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La pellicola di Schumacher sottolinea, anzitutto, i problemi tipici della metropoli: vita febbrile, traffico paralizzato, automobilisti urlanti, cantieri aperti ... esprimono le difficoltà personali e familiari prima che sociali. Così il poliziotto pensionando (Duvall) e il forsennato (Douglas) hanno entrambi, alle spalle, un quadro matrimoniale non facile, anche se diverse sono le loro reazioni. Certo, il cittadino che dà di matto non è giustificato - secondo la reprimenda finale del sergente che sta per andare in pensione - nel fare della città il teatro delle proprie azioni di violenza. Tuttavia, durante lo scorrere delle immagini, si è spesso indotti a confondere vittime e colpevoli: non si comprende bene, cioè, se colpevole sia il folle o, piuttosto, chi l'ha licenziato, chi si gode spazi immensi di verde per farne il territorio della propria gang, un elitario campo da golf ovvero una villa esclusiva. Sembrerebbe, questo, facile sociologismo: la causa del crimine è da ricercare, in fondo, nei tratti della vita contemporanea, vieppiù disumanizzante. Così che, quasi, l'individuo è, incredibilmente, assolto dalle sue responsabilità. Ma merito del film è, a mio avviso, proprio quello di far riflettere sul confine tra la colpa soggettiva e quella collettiva; sull'intrecciarsi della genesi personale e sociale del crimine oggi. Nell' "ordinaria follia" sia di chi, appunto, sovente viene sbrigativamente etichettato come pazzo sia dei molti impegnati a consumare quotidianamente riti urbani, che, seppur involontariamente ed inconsapevolmente, generano, alimentano o non contengono la ferinità che può nascondersi in ognuno di noi.
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brando fioravanti
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martedì 3 aprile 2012
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ti avrei ucciso io
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Un uomo rimane bloccato nel traffico mentre si dirige dalla propria figlia, improvvisamente scende e continua il percorso a piedi. In preda alla sua crisi nervosa comincia ad avere un comportamento violento e incontrollabile. Alla fine verrà ucciso da un poliziotto in un duello come nei far west. Ma in realtà il protagonista aveva una pistola giocattolo da sfoderare, si lascia uccidere. Dopo l'irrimediabile disastro doveva scegliere se morire o continuare a vivere dietro le sbarre. La metropoli è caotica e il poco spazio verde si riserva alle ville dei chirurghi e ai borghesi giocatori di golf, invece di farci un luogo per famiglie. Questo non giustifica tanta violenza.
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Un uomo rimane bloccato nel traffico mentre si dirige dalla propria figlia, improvvisamente scende e continua il percorso a piedi. In preda alla sua crisi nervosa comincia ad avere un comportamento violento e incontrollabile. Alla fine verrà ucciso da un poliziotto in un duello come nei far west. Ma in realtà il protagonista aveva una pistola giocattolo da sfoderare, si lascia uccidere. Dopo l'irrimediabile disastro doveva scegliere se morire o continuare a vivere dietro le sbarre. La metropoli è caotica e il poco spazio verde si riserva alle ville dei chirurghi e ai borghesi giocatori di golf, invece di farci un luogo per famiglie. Questo non giustifica tanta violenza. Il film non spinge lo spettatore a comportarsi come il protagonista, ma illustra tutte le cause che possono spingere un cittadino alla follia. Considerato comunque molto pericoloso dalla popolazione in usa. Grande interpretazione di Douglas, bravo anche Duvall nel ruolo del polizziotto umano e comprensibile
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nefas-scire
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giovedì 12 aprile 2012
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taxi driver anni 90!
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Un film con tanti spunti, dalla violenza fisica a quella psicologica delle pubblicità,dei luoghi comuni sulle persone, ai luoghi comuni sull' economia e la politica.Dalle facili critiche alla società al tentativo di riscatto umano del cattivo di turno (un ottimo Michael Douglas) che senza lavoro, il divorzio recente, si perde nella violenza in maniera ineluttabile.Da spettatore ti si presenta la dualità tra il buono e il cattivo, con un buono pieno di dubbi e un cattivo che ha intrapreso una strada senza ritorno.Un altrettanto bravo Robert Duvall che riesce a far emozionare in un film volutamente con pochi attimi di pathos, che riesce a dare caratterizzazione psicologica al personaggio, eccezione anche questa del film.
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Un film con tanti spunti, dalla violenza fisica a quella psicologica delle pubblicità,dei luoghi comuni sulle persone, ai luoghi comuni sull' economia e la politica.Dalle facili critiche alla società al tentativo di riscatto umano del cattivo di turno (un ottimo Michael Douglas) che senza lavoro, il divorzio recente, si perde nella violenza in maniera ineluttabile.Da spettatore ti si presenta la dualità tra il buono e il cattivo, con un buono pieno di dubbi e un cattivo che ha intrapreso una strada senza ritorno.Un altrettanto bravo Robert Duvall che riesce a far emozionare in un film volutamente con pochi attimi di pathos, che riesce a dare caratterizzazione psicologica al personaggio, eccezione anche questa del film. Sottovalutata a mio avviso anche la musica, urbana e sub-urbana, a volte rumore a volte più melodica.Molta sceneggiatura, in parte gli attori, in parte la musica, in ultima analisi un pizzico di regista (Schumacher ha talento e lo dimostrerà anche in futuro) rendono questo film un mix perfetto di analisi e sintesi degli anni 90 americani!
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