achab50
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sabato 1 agosto 2020
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due palle un soldo
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il mio titolo non sembri irriguardoso, perchè era il classico richiamo delle bancarelle nei mercati di paese, questo film si può sintetizzare in questo richiamo, rinunciando al soldo. Lento, verboso, ipertrofico e che per di più necessita di una voce narrante (quando c'è una voce narrante in un film metto istintivamente mano alla pistola, che per fortuna non possiedo). Tratta dell'amore impossibile fra un giovane della buona società ed una fascinosissima contessa separata dal marito; amore impossibile per la gabbia delle convenzioni sociali del tempo, ma di cui (il Gattopardo ci insegna) ognuno se ne faceva, in privato, un baffo. Realizzare un film di due ore abbondanti su questo esilissimo tema significa essere dotati di un coraggio leonino, o forse di incoscienza, più probabilmente di un nome nel campo della cinematografia.
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il mio titolo non sembri irriguardoso, perchè era il classico richiamo delle bancarelle nei mercati di paese, questo film si può sintetizzare in questo richiamo, rinunciando al soldo. Lento, verboso, ipertrofico e che per di più necessita di una voce narrante (quando c'è una voce narrante in un film metto istintivamente mano alla pistola, che per fortuna non possiedo). Tratta dell'amore impossibile fra un giovane della buona società ed una fascinosissima contessa separata dal marito; amore impossibile per la gabbia delle convenzioni sociali del tempo, ma di cui (il Gattopardo ci insegna) ognuno se ne faceva, in privato, un baffo. Realizzare un film di due ore abbondanti su questo esilissimo tema significa essere dotati di un coraggio leonino, o forse di incoscienza, più probabilmente di un nome nel campo della cinematografia. Costumi sfarzosi, ambientazione accuratissima, sigari che si tagliano con l'apposito marchingegno... il personaggio che vivacizza il tutto è la vecchia ed abbondante zia, che ne ha viste (e probabilmente fatte) di tutti i colori e per questo ha l'occhio lungo ed il giudizio giusto su tutto. Ma un personaggio da solo non fa il film. Dopo aver ammirato in più occasioni la bellezza della Pfeiffer, ma all'ennesimo sbadiglio, si abbandona la visione e buona notte ai suonatori.
Citare per questa opera Visconti, come non di rado è stato fatto, pare davvero una bestemmia.
Non potendo dare zero stelle e volendo riconoscere l'attenuante che i quasi trent'anni dalle riprese trovano oggi una società profondamente diversa di quella degli anni '90 cui era destinata, voglio premiare il tutto con una forse immeritata stellina.
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mencio
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domenica 16 settembre 2018
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una signora vestita di scuro, pallida e bruna
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Quando si vede un film, privo di soggetto originale, bisognerebbe dimenticare il romanzo da cui è tratto o, meglio, non averlo mai letto e risparmiarsi la solita tiritera su "come era più bello il libro". Questo perché il film è sempre un'opera nuova e originale rispetto a ciò che lo ha ispirato, ma, forse, questo assunto è sbagliato, perché il cinema, più di ogni altra arte resta in rapporto alla sua prima fonte e questo non può esser un fatto casuale. Ciò è ancor più vero quando il film, nel nostro caso, seguendone pedissequamente il dettato, appare quasi una riflessione sul romanzo. E seguendo il filo di questa riflessione si chiariscono le differenze e la diverse personalità della Wharton, erede di una grande famiglia aristocratica e Scorsese, rampollo di poveri immigrati siciliani.
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Quando si vede un film, privo di soggetto originale, bisognerebbe dimenticare il romanzo da cui è tratto o, meglio, non averlo mai letto e risparmiarsi la solita tiritera su "come era più bello il libro". Questo perché il film è sempre un'opera nuova e originale rispetto a ciò che lo ha ispirato, ma, forse, questo assunto è sbagliato, perché il cinema, più di ogni altra arte resta in rapporto alla sua prima fonte e questo non può esser un fatto casuale. Ciò è ancor più vero quando il film, nel nostro caso, seguendone pedissequamente il dettato, appare quasi una riflessione sul romanzo. E seguendo il filo di questa riflessione si chiariscono le differenze e la diverse personalità della Wharton, erede di una grande famiglia aristocratica e Scorsese, rampollo di poveri immigrati siciliani. L'opera della Wharton è un'invettiva impietosa contro una società provinciale, bigotta, ignorante ed ipocrita, quella di Scorsese è la rievocazione prudente di un'epoca passata, non priva di difetti, ma piena del fascino di fiori sbocciati tanto tempo fa e visti attraverso il velo di ricami antichi. Dove però il contrasto si fa più forte tra romanzo e film è nel modo di delineare le due figure-chiave della vicenda: le due donne del protagonista, la moglie e l'amata irragiungibile, la contessa Olenska. Scorsese ha rappresentato la prima come un bruno gioiello delizioso e la seconda come una gran dama bionda, dalla bellezza matura e dall'eleganza sicura, che vive in una via non alla moda, ma in un salotto carico di tutti i cuscini e le chincaglierie che l'ottocento esigeva da ogni contessa. Tutto il contrario la Wharton: per lei la moglie è una bella ragazzona bionda ed atletica, la contessa una ragazza esile, bruna e ricciuta che vive in quartiere di artigiani e bohemiens in un appartamento spoglio e adornato solo da pochi resti "di un naufragio": qualche bronzetto antico, quadri italiani di scuola contemporanea e fiori, che lei sa come disporre con la sua cameriera siciliana con cui lei sola può parlare e solo in italiano. La contessa Olenska della Wharton è una piccola porta su di un altro mondo, povero di porcellane e di cibi mal cotti, ma ben impiattati a cui, forse, Scorsese, non sa rinunciare.
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marcot76
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mercoledì 3 maggio 2017
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capolavoro assoluto
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l'ho visto da ragazzo, è il film che mi ha fatto amare il cinema e mi ha fatto rendere conto che poteva essere arte assoluta.
Raffinato, maniacale nella ricostruzione dell'epoca, perfetto in ogni sfumatura, splendido fin dai titoli di testa.
Recitazione ai massimi livelli, storia delicata e coinvolgente.
Magnifico
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aabbaa
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giovedì 7 aprile 2016
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possente
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Uno dei film più delicati e raffinati della storia del cinema.
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aabbaa
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giovedì 7 aprile 2016
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meraviglioso
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Delicato e profondo, un applauso a Scorsese.
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aabbaa
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giovedì 7 aprile 2016
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capolavoro
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Capolavoro firmato Scorsese poco conosciuto ma bello e profondo.
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josef_57
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domenica 18 gennaio 2015
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come una sonata
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L' età dell'innocenza è un Adagio, come il secondo movimento della sonata "Patetica" di Beethoven che sentiamo nelle due scene nei salotti di casa Beaufort che aprono e chiudono il film. Gli sguardi, i dialoghi, la fotografia, la colonna sonora e naturalmente i movimenti della macchina da presa, seguono quel ritmo lento ed elegante, che è lo specchio di una classe sociale che ha fatto dell'apparire il proprio credo. Magnifico!
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oruas
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giovedì 24 aprile 2014
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l'amore sconfigge la solitudine
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la consapevolezza da parte di Ellen di essere amata senza poter amare Le permette di non sentirsi più sola.
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jacopo b98
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martedì 18 febbraio 2014
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ennesimo capolavoro di un maestro!
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Nella New York del 1870 Newland Archer (Day-Lewis), un ricco avvocato, è fidanzato con la giovane May Welland (Ryder). Ma quando la contessa Ellen Olenska (Pfeiffer) giunge a New York Newland non può non innamorarsi della sua eleganza e sofisticatezza. E i suoi sentimenti verso la più convenzionale May cambiano totalmente… Dal romanzo di Edith Warton, Scorsese e Jay Cocks hanno tratto una mirabile sceneggiatura estremamente fedele al romanzo originale. È il primo film in costume di Scorsese ma solo apparentemente differisce dai suoi precedenti lavori: la New York dell’Ottocento non è meno violenta e crudele dei Godfellas o di La Motta, solo la sua violenza è mascherata dalla sua tremenda formalità: per certi versi sembra un remake di Barry Lyndon, con una componente melodrammatica assente nel capolavoro di Kubrik.
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Nella New York del 1870 Newland Archer (Day-Lewis), un ricco avvocato, è fidanzato con la giovane May Welland (Ryder). Ma quando la contessa Ellen Olenska (Pfeiffer) giunge a New York Newland non può non innamorarsi della sua eleganza e sofisticatezza. E i suoi sentimenti verso la più convenzionale May cambiano totalmente… Dal romanzo di Edith Warton, Scorsese e Jay Cocks hanno tratto una mirabile sceneggiatura estremamente fedele al romanzo originale. È il primo film in costume di Scorsese ma solo apparentemente differisce dai suoi precedenti lavori: la New York dell’Ottocento non è meno violenta e crudele dei Godfellas o di La Motta, solo la sua violenza è mascherata dalla sua tremenda formalità: per certi versi sembra un remake di Barry Lyndon, con una componente melodrammatica assente nel capolavoro di Kubrik. Scorsese disegna il personaggio di Archer come un infinito idiota, sedotto dalla Olenska, simbolo di un sogno americano, di una fiducia nel futuro sciocche e deboli. Ma la Olenska è tutto tranne che sciocca e debole, anzi: è una donna avanti sui tempi, nata in un epoca incapace di capirla, esemplare è l’episodio del divorzio, visto da Newland come uno scandalo. E così Scorsese lancia l’ennesimo atto d’accusa contro una nazione e un’epoca che hanno perso la loro innocenza. Visivamente trionfale grazie ai costumi di Gabriella Pescucci (premio Oscar), le scenografie di Dante Ferretti e la fotografia caravaggesca di Michael Ballhaus. Ottimi interpreti, perfetti per i loro ruoli.
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