L'inquilino del terzo piano |
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Un film di Roman Polanski.
Con Isabelle Adjani, Melvyn Douglas, Bernard Fresson, Roman Polanski, Jo Van Fleet.
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Titolo originale Le locataire.
Commedia,
durata 125 min.
- Francia 1976.
MYMONETRO
L'inquilino del terzo piano
valutazione media:
3,80
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Capolavoro psicologico e grottescodi gioelegentileFeedback: 100 |
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giovedì 5 marzo 2015 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Inutile mettersi a discutere della trama di questo capolavoro, semplice negli eventi ma incomprensibile nel complesso. Vorrei invece mettere l'accento su alcuni aspetti ricorrenti del Polanski fino a quel momento: fatta eccezione per il noir Chinatown, che ha sicuramente del polanskiano, ma è un prodotto differente (anche perchè è l'unico di questo primi 10 film di cui non ha scritto la sceneggiatura, a parte il finale), ritroviamo un'ambientazione circoscritta, atmosfere cupe, personaggi grotteschi ed intreccio realtà/allucinazione. Sono evidenti infatti i richiami alla follia di Carole Ledoux e l'appartamento stregato di Repulsion, così come i vicini invadenti di Rosemary eccetera. Ogni suo film comincia lentamente con una situazione che pare normale, per poi precipitare lentamente nella follia, fino all'exploit finale. Questa volta Polanski non da punti di riferimento: appena sembra voler dare una spiegazione agli eventi, quando sembra voler dare una spiegazione, smentisce il tutto nella scena successiva, per poi tornare sui suoi passi, o cambiare versione ancora una volta. Tipo la caduta del dente: ciò accade solo nella sua testa perchè quel dente subito dopo glielo ritroviamo ancora. Non è lo stesso per la ferita alla manoche invece gli rimane. Fino alla fine non puoi affermare con certezza se sia lui ad essere pazzo, o se è tutto un complotto di chi gli è intorno (richiamo forte a Rosemary's Baby). Lo sdoppiamento della personalità è uno di quegli elementi che alimenta la confusione nella mente dello spettatore, così come il modo di porsi degli altri personaggi verso di lui, accusandolo costantemente di cose che Trelkowsi non sembra aver fatto, anche perchè non viste dallo spettatore. Per non parlare del finale in cui il tuo sembra riavvolgersi (come ne "Il seme della follia" di Carpenter). Cioè, capite? E' pazzo o non è pazzo? Siamo in un mondo reale o Trelkowski è rimasto incastrato nel tempo? Questo mischiare realtà e non realtà, conscio e subconscio è il vero punto forte del film, che lo eleva a capolavoro.
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