giu/da(g)
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domenica 27 febbraio 2011
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riuscito non del tutto
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Giasone, alla ricerca del mitico Vello d'Oro, viene aiutato nell'impresa da Medea (Callas), regina sacerdotessa della Colchide, che s'innamora perdutamente dell'argonauta fuggendo con lui. Dieci anni dopo però Giasone decide di accettare in sposa la figlia di Creonte (Massimo Girotti), re di Corinto, abbandonando Medea che, per reazione, ordisce una razionale e feroce vendetta uccidendo la rivale ed i figli avuti con l'amato, condannandolo all'eterna solitudine. Medea, rispetto al precedente Edipo Re è sicuramente un film molto più ardito, non tanto per le tematiche (il conflitto fra la società moderna razionalista di Giasone con quella antica selvaggia e mistica di Medea) ma piuttosto per la sua realizzazione; Pasolini scatena nel film un piacere visivo sublime nella la bellezza dei costumi, delle scenografie (affidate a Dante Ferretti) e dei paesaggi ancestrali, dove si fondono meravigliosamente elementi contrastanti non senza qualche forzatura, come l'accostamento di Pisa con il paesaggio Siriano.
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Giasone, alla ricerca del mitico Vello d'Oro, viene aiutato nell'impresa da Medea (Callas), regina sacerdotessa della Colchide, che s'innamora perdutamente dell'argonauta fuggendo con lui. Dieci anni dopo però Giasone decide di accettare in sposa la figlia di Creonte (Massimo Girotti), re di Corinto, abbandonando Medea che, per reazione, ordisce una razionale e feroce vendetta uccidendo la rivale ed i figli avuti con l'amato, condannandolo all'eterna solitudine. Medea, rispetto al precedente Edipo Re è sicuramente un film molto più ardito, non tanto per le tematiche (il conflitto fra la società moderna razionalista di Giasone con quella antica selvaggia e mistica di Medea) ma piuttosto per la sua realizzazione; Pasolini scatena nel film un piacere visivo sublime nella la bellezza dei costumi, delle scenografie (affidate a Dante Ferretti) e dei paesaggi ancestrali, dove si fondono meravigliosamente elementi contrastanti non senza qualche forzatura, come l'accostamento di Pisa con il paesaggio Siriano. Tuttavia non convince del tutto nella narrazione: troppo discontinua, sussiegosa, impregnata di quei lunghissimi silenzi, indubbiamente suggestivi, che impediscono di fatto l'emergere della personalità dei protagonisti ed una comprensione più ampia della storia.
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esegeta
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giovedì 24 maggio 2012
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tra mitologia e ritratto antropologico
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Trovo che tra i film di Pasolini "Medea" si distingua per la mancanza di quella passione (civile, etica, sessuale, politica) che caratterizza ogni altra sua pellicola.
Al contrario di "Edipo re" la rilettura del mito non è filtrata attraverso una chiave di interpretazione personale; il tutto assume un aspetto molto oggettivo:
la prima parte del film, il preambolo che ci presenta lo stupendo episodio di Giasone e l'Unicorno, è una narrazione (pregevolissima e poetica, ma quasi "scolastica"), la parte centrale è invece un vero e proprio ritratto antropologico che ci mostra i riti e le usanze del popolo selvaggio a cui appartiene Medea.
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Trovo che tra i film di Pasolini "Medea" si distingua per la mancanza di quella passione (civile, etica, sessuale, politica) che caratterizza ogni altra sua pellicola.
Al contrario di "Edipo re" la rilettura del mito non è filtrata attraverso una chiave di interpretazione personale; il tutto assume un aspetto molto oggettivo:
la prima parte del film, il preambolo che ci presenta lo stupendo episodio di Giasone e l'Unicorno, è una narrazione (pregevolissima e poetica, ma quasi "scolastica"), la parte centrale è invece un vero e proprio ritratto antropologico che ci mostra i riti e le usanze del popolo selvaggio a cui appartiene Medea.
La protagonista del film è inevitabilmente conquistata dal nuovo arrivato Giasone, ma in tutto questo manca quell'aspetto della sensualità e della seduzione che ha sempre caratterizzato la poetica di Pasolini
.
E' vero, il ritratto antropologico del popolo di Medea pone in primo piano certi temi cari a Pasolini: in primo luogo il rapporto dell'uomo contadino primordiale con la propria terra.
Ma la regia risulta quasi distaccata; manca in "Medea" quell'ammirazione mista a pietà e a forza etica che caratterizza gli altri film di Pasolini, da "Accattone" a "La trilogia della vita".
Non per questo il risultato è di minore impatto: ma trovo che in "Medea" Pasolini sia molto debitore di Kerenyi e soprattutto di Pavese, con i suoi racconti di campagne dove regna il sangue e il sesso.
Che però non viene mai rappresentato in "Medea": tutto scivola attraverso una descrizione antropologica e, soprattutto, attraverso il volto severo e profondo di Maria Callas, sorprendente protagonista del film:
Tutta la passione, che esplode solo nel brevissimo incendio finale, è totalmente trattenuta nei tratti del suo viso, nella sua bellezza meridionale, greca, classica, ferma, terrena e profonda.
Solo nel finale del film Pasolini si lascia andare a trovate registiche degne del suo stile, dove la rappresentazione della realtà in se stessa diventa poesia:
nella scena in cui Medea prima immagina e poi compie l'immane delitto. Nella scenografia austera dei palazzi del re (impersonato da un ottimo Girotti), nel trasognante inganno di un doppio che ci confonde, dove non riusciamo più a distinguere la realtà dall'immaginazione, dove il destino mitico, il fato greco già padrone di "Edipo re" si manifesta in tutta la sua lacerante realtà.
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elgatoloco
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martedì 3 novembre 2015
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geniale trasposione di(da)euripide
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Felicemente infedele alla tragedia euripidea, il film di Pasolini, riflette(per immagini e parole, ma soprattutto per immagini)sul bakgound culturale della"barbara"(per i Greci erano e in parte sono tuttora barbari i Non-Greci)maga-incantatrice-poi infanticida Medea, ma anche sul panteismo naturalistico del centauro Chirone, con il suo discorso sulla natura e la naturalità/innatualità, dove è chiaro anche il riferimento"paidico"nella figura del"pedagogo"Chirone, chiaro ma non inutilmente esibito e/o"strombazzato"... Riflessione, per immagini, anche sulla"sacralità"di certa violenza, quando"La violence et le sacré"di René Girard(1972) era ancora di là a venire Callas forever anche come attrice?Si può dre di sì senza problemi, in un'opera che vede anche interpreti come Massimo Girotti e Laurent Terzieff, tra gli altri.
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Felicemente infedele alla tragedia euripidea, il film di Pasolini, riflette(per immagini e parole, ma soprattutto per immagini)sul bakgound culturale della"barbara"(per i Greci erano e in parte sono tuttora barbari i Non-Greci)maga-incantatrice-poi infanticida Medea, ma anche sul panteismo naturalistico del centauro Chirone, con il suo discorso sulla natura e la naturalità/innatualità, dove è chiaro anche il riferimento"paidico"nella figura del"pedagogo"Chirone, chiaro ma non inutilmente esibito e/o"strombazzato"... Riflessione, per immagini, anche sulla"sacralità"di certa violenza, quando"La violence et le sacré"di René Girard(1972) era ancora di là a venire Callas forever anche come attrice?Si può dre di sì senza problemi, in un'opera che vede anche interpreti come Massimo Girotti e Laurent Terzieff, tra gli altri. Ma soprattuto Pasolini-"vate", studioso, poeta, regista che riscopre genialmente Euripide, come aveva fatto farà con Il Vangelo secondo(attribuito a )Matteo e farà poi con Boccaccio, Chaucer, "Le Mille e una notte", in parte con De Sade; ossia quando, nietzschianamente, a filologia e il filologo sanno divenire vettori di conoscenza. El Gato
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