soter25
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giovedě 29 ottobre 2015
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birra e sakč
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Essere giapponesi o storicisti, questi i requisiti per apprezzare "Il gusto del sakè". Il motivo è lo stesso per cui puoi vedere Taxi Driver da ragazzino, appassionandoti a quell' atmosfera noir dallo scatto pulp, oppure, alla luce delle conoscenze sul disturbo post-traumatico da stress dei reduci del Vietnam, cogliendo i sentimenti del vuoto esistenziale e l'alienazione; magari raffrontando De Niro stesso con l' altro veterano interpetato ne: "Il Cacciatore". Questo film di Ozu si incentra sulla società post Guerra Mondiale con una satira dissimulata. Da una parte c' è un film dolce, i dialoghi concisi e le persone amorevoli, le musichette alla "PokemonOro", i tramezzi e le porte a soffietto tipici del Giappone, dall' altra l' abuso di alcolici e la spersonalizzazione per mezzo dei nuovi artefatti culturali dall' America; la condizione della donna, la quale è relegata a guanciale dell' uomo: marito, padre, o fratello che sia, e tuttavia forte e risoluta risulta un indispensabile basamento.
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Essere giapponesi o storicisti, questi i requisiti per apprezzare "Il gusto del sakè". Il motivo è lo stesso per cui puoi vedere Taxi Driver da ragazzino, appassionandoti a quell' atmosfera noir dallo scatto pulp, oppure, alla luce delle conoscenze sul disturbo post-traumatico da stress dei reduci del Vietnam, cogliendo i sentimenti del vuoto esistenziale e l'alienazione; magari raffrontando De Niro stesso con l' altro veterano interpetato ne: "Il Cacciatore". Questo film di Ozu si incentra sulla società post Guerra Mondiale con una satira dissimulata. Da una parte c' è un film dolce, i dialoghi concisi e le persone amorevoli, le musichette alla "PokemonOro", i tramezzi e le porte a soffietto tipici del Giappone, dall' altra l' abuso di alcolici e la spersonalizzazione per mezzo dei nuovi artefatti culturali dall' America; la condizione della donna, la quale è relegata a guanciale dell' uomo: marito, padre, o fratello che sia, e tuttavia forte e risoluta risulta un indispensabile basamento. In via d’ emancipazione. L’ uomo invece appare triste, depresso, sembra non vedere prospettive davanti a sè quanto rifarsi esclusivamente alla nostalgia del passato, alla bella giovinezza. Così la storia riparte da qui, dalle preoccupazione di un signore attempato (ex ufficiale) sulle sorti della figlia, ha ventiquattro anni e ancora deve trovar marito, ma non vuole resti in casa al servizio suo e dell' altro figlio, di conseguenza, pure a dispetto delle opinioni di lei – che dice di stare bene – le imporrà l’ emancipazione consegnandola a un marito mai visto prima (assente dalla scena) per poi compiangersi della sua solitudine.
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volontč78
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lunedě 30 marzo 2020
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il sakč come stile di vita
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Rappresentare il sakè e il suo modo di berlo,come stile di vita rappresentare la chiusura di una pagina di storie,per volerne aprire delle nuove,ciò che avrebbe fatto se avesse continuato la sua straordinaria carriera,il regista Ozu.
i piccoli sorsi,con cui si sorseggia,la tipica bevanda nipponica rappresenta per l'autore,i piccoli passi;le giuste e sagge decisioni da prendere nella vita;gustare,appunto,ogni minuscolo attimo della propria esistenza,con le persone amate,perchè,l'imprevisto è dietro l'angolo.
I cambiamenti,sempre più radicali e veloci,sono visualizzati attraverso una camera,che,come sempre,osserva,consiglia ma non aggredisce e giudica.
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Rappresentare il sakè e il suo modo di berlo,come stile di vita rappresentare la chiusura di una pagina di storie,per volerne aprire delle nuove,ciò che avrebbe fatto se avesse continuato la sua straordinaria carriera,il regista Ozu.
i piccoli sorsi,con cui si sorseggia,la tipica bevanda nipponica rappresenta per l'autore,i piccoli passi;le giuste e sagge decisioni da prendere nella vita;gustare,appunto,ogni minuscolo attimo della propria esistenza,con le persone amate,perchè,l'imprevisto è dietro l'angolo.
I cambiamenti,sempre più radicali e veloci,sono visualizzati attraverso una camera,che,come sempre,osserva,consiglia ma non aggredisce e giudica.
Un'ultimo saggio di vita e amore da cogliere in tutta la sua essenza.Proprio come si beve un sakè.
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carloalberto
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domenica 7 giugno 2020
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il gusto del samna
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La sostituzione del titolo originale, pregno di significati, con uno banale, più commerciale perché più orecchiabile per la grossolana sensibilità occidentale, è l’estremo sgarbo del mercato all’ultimo film di Ozu, dopo essere stato censurato dagli occupanti negli anni ’50. Amara ironia della sorte per chi, con la sua opera, ha denunciato l’incipiente trasformazione del suo paese in uno dei tanti lunapark disseminati nel mondo dall’edonismo imperante. In Giappone il samna è un pesce che si consuma ritualmente per celebrare il passaggio tra l’estate e l’autunno.Il sapore del samna sarebbe stato un titolo più consono e avrebbe richiamato una frase del vecchio insegnante, che, alla cena offertagli dai suoi studenti per gli 80anni, dice di trovare gustoso il gronco.
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La sostituzione del titolo originale, pregno di significati, con uno banale, più commerciale perché più orecchiabile per la grossolana sensibilità occidentale, è l’estremo sgarbo del mercato all’ultimo film di Ozu, dopo essere stato censurato dagli occupanti negli anni ’50. Amara ironia della sorte per chi, con la sua opera, ha denunciato l’incipiente trasformazione del suo paese in uno dei tanti lunapark disseminati nel mondo dall’edonismo imperante. In Giappone il samna è un pesce che si consuma ritualmente per celebrare il passaggio tra l’estate e l’autunno.Il sapore del samna sarebbe stato un titolo più consono e avrebbe richiamato una frase del vecchio insegnante, che, alla cena offertagli dai suoi studenti per gli 80anni, dice di trovare gustoso il gronco. Così è tradotta la costardella, il samna, per giustificare, data l’assonanza, un qui pro quo con il granchio. Il vecchio, che ha trattenuto la figlia presso di sé, impedendole di avere una vita sua, non conosce il gusto del samna, non sa nulla dell’accettazione dell’incipiente autunno, col suo carico di malinconia, e dell’ineluttabile alternarsi delle stagioni della vita, ed, infatti, non ne riconosce il sapore, scambiandolo per granchio. Il gusto del sakèè una ripetizione di un quadro già visto o è la summa in un trittico diTarda Primavera, Tardo autunno e Fiori d’equinozio; gli stessi temi, perfino le stesse scenografie e inquadrature e Chishū Ryū, ancora una volta, nella parte di Hirayama. Il soggetto varia di poco. Cambia l’angolazione del punto di vista, per ritrarre un identico paesaggio emotivo. Sono passati più di 10 anni da Tarda primavera e Ozu guarda con maggior disincanto al destino di chi, invecchiando, deve lasciare che i figli seguano la loro strada, abbandonando la casa paterna. C’è più rassegnazione rispetto alla cultura degli invasori e alle ciminiere che incombono dalle finestre. I colori pastello si alternano a quelli accesi della modernità, il rosso e l’arancione. Accanto al passato che sopravvive ancora nel tè e nel sakè, in qualche Kimono e in un matrimonio combinato, si beve whisky, si gioca a golf e si tifa per il baseball, gli stessi elementi che Carosone cita nella sua Tu vuo’ fa’ l'americano del ‘56per descrivere, irridendo, il processo di americanizzazione in atto in Italia. Ozu sorride equanimemente del passato militarista del suo paese, con il disco della marcetta suonato nel bar e delle smanie consumistiche delle giovani coppie affascinate dai nuovi elettrodomestici, ma è un sorriso triste, che si trasforma subito nel ghigno del vecchio professore ubriaco. Nelle stanze vuote della sequenza finale riecheggia la solitudine di Hirayama.In una di esse il soffermarsi, per qualche istante, sullo specchio, in cui, prima dell’addio, si è riflessa la figlia in vesti nuziali tradizionali, esprime l’impermanenza di ogni cosa, anche delle immagini riprodotte. Lo specchio diventa metafora del cinema, arte che coglie la vita nel suo fluire, soggiacendo tuttavia alle stesse leggi di evanescente oblio. L’unico modo per resistere al tempo e sfuggire all’annichilimento è ripetere la stessa opera in modo ossessivo, cambiando ogni volta un particolare, la prospettiva, la tonalità dei colori, la battuta di un personaggio, ed ecco che le scene dei vari film si rispecchiano all’infinito le une nelle altre, in un rinvio reciproco, nel quale rimane intrappolata, eternandosi, l’arte di Ozu.
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frank76_
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mercoledě 7 ottobre 2015
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ma quanto bevono?!
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Con il suo stile (inquadrature lunghe e fisse, dialoghi rilassati di persone comuni, riprese di luoghi perlopiù chiusi prima con individui, poi vuoti) Ozu dipinge alla perfezione il Giappone che ricorda la guerra, perduta, che vede crescere più indipendenti le donne, che vede sempre più soli i genitori.
Tra un sakè e una birra (ma quanto bevono in questo film?) il regista racconta una storia tenera, divertente e con una sottile tematica che sembra richiamare Viaggio a Tokio, ampliando l'aspetto consumistico del Giappone (il frigorifero, le mazze, la borsetta).
Sempre molto lento e a tratti noioso ma bellissimo.
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Con il suo stile (inquadrature lunghe e fisse, dialoghi rilassati di persone comuni, riprese di luoghi perlopiù chiusi prima con individui, poi vuoti) Ozu dipinge alla perfezione il Giappone che ricorda la guerra, perduta, che vede crescere più indipendenti le donne, che vede sempre più soli i genitori.
Tra un sakè e una birra (ma quanto bevono in questo film?) il regista racconta una storia tenera, divertente e con una sottile tematica che sembra richiamare Viaggio a Tokio, ampliando l'aspetto consumistico del Giappone (il frigorifero, le mazze, la borsetta).
Sempre molto lento e a tratti noioso ma bellissimo.
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