nicola pice
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martedì 31 ottobre 2006
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"dolcezza, purezza e diversità"
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Pier Paolo Pasolini è stato l'ultimo vero intellettuale italiano. Non è, dunque, mia intenzione fare vano esercizio retorico, parlando di "Accattone", sovrapponendomi all'insopportabile chiacchiericcio che ha fatto da sottofondo alla ruomorosa grancassa mediatica dei ricordi, delle analisi, in occasione delle celebrazioni postume nel recente trentennale (anno 2005) della morte del nostro. Operazione, questa, inutile che nulla aggiunge alla sua figura umana ed intellettuale e che stride perchè fatta proprio da parte di coloro la cui inutilità era stata certificata da Pasolini. La cultura, come l'abbiamo intesa, è morta e tutto ciò che ruota intorno alla comunicazione è insulso, nel caso migliore, oppure funzionale all'ortodossia iperliberista, nel caso peggiore.
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Pier Paolo Pasolini è stato l'ultimo vero intellettuale italiano. Non è, dunque, mia intenzione fare vano esercizio retorico, parlando di "Accattone", sovrapponendomi all'insopportabile chiacchiericcio che ha fatto da sottofondo alla ruomorosa grancassa mediatica dei ricordi, delle analisi, in occasione delle celebrazioni postume nel recente trentennale (anno 2005) della morte del nostro. Operazione, questa, inutile che nulla aggiunge alla sua figura umana ed intellettuale e che stride perchè fatta proprio da parte di coloro la cui inutilità era stata certificata da Pasolini. La cultura, come l'abbiamo intesa, è morta e tutto ciò che ruota intorno alla comunicazione è insulso, nel caso migliore, oppure funzionale all'ortodossia iperliberista, nel caso peggiore. A distanza di trent'anni che senso ha avuto celebrare un intellettuale "eretico", che nel suo paese è stato combattuto a destra, mal sopportato a sinistra, ritenuto moralmente "indegno"? Un'analisi critica, sincera e profonda, su Pier Paolo Pasolini in Italia è stata fatta solo da una ristretta cerchia di intellettuali "povere anime belle", per lo più suoi amici, anche loro reietti o quasi. Pensare che, mentre in queste lande veniva processato a piè spinto, all'estero veniva studiato con attenzione e faceva dire, per esempio, ad Alain Resnais che "l'impatto sul mondo della cultura di Pasolini è paragonabile solo a quello di Marcuse". Trent'anni dopo, con tutte le incognite che pesano come un macigno sulla sua morte, sarebbe stato giusto avere il buon gusto di tacere e avviare, invece, una profonda riflessione su ciò che è diventato questo paese, come lui aveva lucidamente ed ereticamente profetizzato. Un paese consegnato chiavi in mano alla televisione, confuso, ignorante, stordito, pieno del proprio vuoto cinico benessere. Un paese in cui il tessuto sociale è ormai disgregato, perchè le uniche dinamiche sono quelle economiche, perchè quelle umane ed affettive, invece, sono state azzerate nell'omologazione dei gusti, dei comportamenti. Pasolini aveva visto tutto questo. Oggi, 31.10.2006, Rete 4 (vedete la televisione a volte tra un'insensatezza e l'altra fa anche buona programmazione) alle ore 23 e 52, manda in onda "Accattone".Questo film lascia sempre sgomenti. La vicenda di un sottoproletario in una Roma sbrindellata e solenne come quella che il neorealismo aveva espolorato e che solo un letterato irregolare, una sorta di profugo friulano poteva raccontare.Pier Paolo Pasolini, in questa opera prima, si avvicina al cinema inseguendo una sua idea di narrazione epica e tragica, nella quale gli ultimi della società trovino il loro riscatto.In una "odissea" fatale Accattone vive di espedienti, tradisce gli amici, abbandona la moglie, sfrutta una prostituta, tenta di corrompere una ragazza ingenua, si atteggia come un fanfarone, s'intruppa con dei ladri ed, alla fine, perde la vita in un stupido incidente.Accattone è la traduzione figurativa dell'idea stessa del sottoproletariato nell'immaginario pasoliniano.Ritratto impietoso e, allo stesso tempo, glorificazione dei comportamenti e della morale di una gioventù abbandonata eppure libera e misteriosamente felice.Un film duro, com'è dura la vita nelle periferie dell'inferno del mondo, ma lirico, intriso di uno spiritualismo profondo, di un'amore per gli esseri umani così appassionato e totale che poteva giungere soltanto da un uomo spirituale e tormentato come era Pasolini.Un mistico vestito di abiti laici, un pseudomarxista che aveva come oggetto della propria ricerca intellettuale il "Dio" che è in ogni essere umano.Un umanista d'altri tempi.
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simona proietti
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mercoledì 20 luglio 2011
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il cinema metafora della vita
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Non è un caso se ACCATTONE viene catalogato come uno dei film più importanti del panorama italiano. E' un film che in un certo senso anticipa la morte di Pasolini, nella scena appunto, del cimitero. La profondità del film sta indubbiamente nel realismo della recitazione: sembra che la macchina da presa segua nascosta la vita dei protagonisti, nei borghi vecchi e sporchi di Roma. Pasolini fotografa la realtà come nessun altro regista sa fare. Non ci riesce il visionario Fellini o il tecnicissimo Antonioni. Ma non ci riesce nemmeno il più concreto Visconti. Solo Pasolini mette in scena la vita come è ed è per questo che il cinema diventa realmente la metafora della vita.
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Non è un caso se ACCATTONE viene catalogato come uno dei film più importanti del panorama italiano. E' un film che in un certo senso anticipa la morte di Pasolini, nella scena appunto, del cimitero. La profondità del film sta indubbiamente nel realismo della recitazione: sembra che la macchina da presa segua nascosta la vita dei protagonisti, nei borghi vecchi e sporchi di Roma. Pasolini fotografa la realtà come nessun altro regista sa fare. Non ci riesce il visionario Fellini o il tecnicissimo Antonioni. Ma non ci riesce nemmeno il più concreto Visconti. Solo Pasolini mette in scena la vita come è ed è per questo che il cinema diventa realmente la metafora della vita. Un film shoccante per la crudezza della storia, per l’indifferenza dei sentimenti, per l’evanescenza di una morale, negli squallidi individui rappresentati.
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marcos
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mercoledì 2 maggio 2012
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primo esordio nel cinema per l'eterno poeta
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Primo e grande esordio nel mondo del cinema per il nostro grande ed eterno poeta.
Accattone film del 1961 e' un capolavoro autentico. Pier Paolo Pasolini ci mostra un rapido ma grandioso affresco di un quotidiano vivere del sottoproletariato romano inizio anni sessanta. Lo fa fotografando il loro sopravivere, la sofferenza, il pigrismo osceno. Ma i suoi scatti fotografici in questa realta' non sono frutto assolutamente della scuola neoralista.
L'ispirazione del suo film proviene esclusivamente dalle pagine dei suoi grandiosi romanzi.
Da scrittore a regista, Pasolini plasma proprio i personaggi di "Ragazzi di vita" e di "Una vita violenta", gli rende vivi, ne tratteggia i loro contorni pesantemente, ma riesce anche a rendere loro maestosi, simili a personaggi di una tragedia greca .
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Primo e grande esordio nel mondo del cinema per il nostro grande ed eterno poeta.
Accattone film del 1961 e' un capolavoro autentico. Pier Paolo Pasolini ci mostra un rapido ma grandioso affresco di un quotidiano vivere del sottoproletariato romano inizio anni sessanta. Lo fa fotografando il loro sopravivere, la sofferenza, il pigrismo osceno. Ma i suoi scatti fotografici in questa realta' non sono frutto assolutamente della scuola neoralista.
L'ispirazione del suo film proviene esclusivamente dalle pagine dei suoi grandiosi romanzi.
Da scrittore a regista, Pasolini plasma proprio i personaggi di "Ragazzi di vita" e di "Una vita violenta", gli rende vivi, ne tratteggia i loro contorni pesantemente, ma riesce anche a rendere loro maestosi, simili a personaggi di una tragedia greca . Lo sfondo dove si consuma tale tragedia del duro vivere e' quello di una Roma dimenticata fatta di fango e stracci simile ad una favela brasiliana.
Tra le miserie di queste bidonvillas tenta di muoversi l'antieroe "Accattone", ma i suoi movimenti sono quasi nulli e' quasi immobilizzato dal fango sporco di quelle periferie. "Accattone" e' un personaggio che non riesce a stare dietro ai ritmi del progresso, e' al di fuori di tutto, la morte sara' la sua unica via di uscita. Un vero personaggio scomodo proprio come lo stesso Pasolini.
Sublime il contenuto musicale del film, la musica sacrale di Bach accompagna le panoramiche di quel mondo dimenticatodel sottoproletario, ma anche i lunghi piani sequenza del vagabondare del disperato "Accattone".
Interessante anche la sensuale musica jazzistica nella scena serale della cena dei papponi che accompagna l'iniziazione della sua seconda ragazza la povera "Stella" ai primi approcci nell'incubo della prostituzione.
MARCOS
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greatsteven
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mercoledì 28 giugno 2017
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dalla penna alla cinepresa, il beneficio non varia
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ACCATTONE (IT, 1961) di PIER PAOLO PASOLINI. Con FRANCO CITTI, FRANCA PASUT, SILVANA CORSINI, PAOLA GUIDI, ADRIANA ASTI, ROMOLO ORAZI, MASSIMO CACCIAFESTE, FRANCESCO ORAZI, FRANCO MARUCCI, CARLO SARDONI, STEFANO D'ARRIGO, GIUSEPPE RISTAGNO, ROBERTO GIOVANNONI, ROBERTO SCARINGELLA, AMERIGO BEVILACQUA
Caduta, riscossa e fine definitiva di Vittorio Cataldi, pappone romano che vivacchia nelle periferie malconce e povere della capitale fra bevute con amici balordi quanto lui, tuffi nel Tevere e notti trascorse a istruire le prostitute sulle strade per raggranellare denaro. Quando Maddalena, la sua meretrice di punta, finisce in carcere per una maldestra denuncia ai danni di una combriccola di napoletani facinorosi che lei non è riuscita a identificare, e si rompe pure una gamba, Accattone (come lo soprannominano tutti) rimane senza lavoro e prova a farsi riammettere in casa dalla moglie Ascenza, ma lei, di comune accordo col suocero e il cognato, lo respinge.
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ACCATTONE (IT, 1961) di PIER PAOLO PASOLINI. Con FRANCO CITTI, FRANCA PASUT, SILVANA CORSINI, PAOLA GUIDI, ADRIANA ASTI, ROMOLO ORAZI, MASSIMO CACCIAFESTE, FRANCESCO ORAZI, FRANCO MARUCCI, CARLO SARDONI, STEFANO D'ARRIGO, GIUSEPPE RISTAGNO, ROBERTO GIOVANNONI, ROBERTO SCARINGELLA, AMERIGO BEVILACQUA
Caduta, riscossa e fine definitiva di Vittorio Cataldi, pappone romano che vivacchia nelle periferie malconce e povere della capitale fra bevute con amici balordi quanto lui, tuffi nel Tevere e notti trascorse a istruire le prostitute sulle strade per raggranellare denaro. Quando Maddalena, la sua meretrice di punta, finisce in carcere per una maldestra denuncia ai danni di una combriccola di napoletani facinorosi che lei non è riuscita a identificare, e si rompe pure una gamba, Accattone (come lo soprannominano tutti) rimane senza lavoro e prova a farsi riammettere in casa dalla moglie Ascenza, ma lei, di comune accordo col suocero e il cognato, lo respinge. Accattone conosce ad una fattoria l’innocente e delicata Stella, e sfrutta la sua ingenuità per costringerla a battere il marciapiede. Ma l’ingenuità della ragazzina gli si ritorce contro, e anche questa paventata possibilità di guadagno svanisce. Il magnaccia muore in un incidente motociclistico dopo aver tentato di rapinare un salumiere, nascondendo la refurtiva in un carretto pieno di paglia. 1° opus cinematografico di Pasolini, già avviato come poeta, saggista, giornalista e romanziere: la settima arte fu per lui un ulteriore approdo all’espressività artistica, e con un botto di partenza come questo film post-neoralista, dimostrò di possedere le carte in regola per esternare il suo ricco repertorio di vita anche dietro alla macchina da presa. Il film si può intendere come un riassunto, o meglio, una rielaborazione dei temi già trattati in raccolte poetiche come L’usignolo della Chiesa Cattolica e in romanzi quali Ragazzi di vita e Una vita violenta: la povertà, il desiderio di riscatto, lo sfruttamento delle attività illegali, il senso di desolazione di un’Italia esclusa momentaneamente dal boom economico, l’amicizia virile come supplemento incompleto di una condizione vitale disperata, il disagio delle classi più basse senza nessuna (o poca) opportunità di avanzamento sociale. Un’ottima scenografia, con puntiglio e rigore, ritrae i paesaggi della Roma capitolina, tiburtina e trasteverina inserendovi i piccoli personaggi che cercano di ritagliarsi un ruolo in una società spietata e inclemente, che fa di tutto per emarginare i nullafacenti, i ladri, le puttane e i mendicanti, e che naturalmente colpisce anche Accattone, interpretato da un 26enne F. Citti quasi esordiente (come di debutto fu anche il suo sodalizio con Pasolini, qui alla loro prima collaborazione) che instilla al suo personaggio un’umanità incredibile che sposa a braccetto coppie di valori contrapposti, come il coraggio e la vigliaccheria o la volontà e l’abulia, ma che accentua anche i lati più negativi della sua personalità facendoli scontrare con ardore stridente: il pathos con l’autoironia, la ferocia con la delusione, l’avvilimento con la sconfitta, la tristezza con la rabbia, la malvagità con lo struggimento. La sua prova recitativa tende ad offuscare, anche se non del tutto, le interpretazioni degli attori in parti secondarie, ma quantomeno è doveroso concedere una nota di merito ad A. Asti per la sua Amore, baldracca così chiamata perché non si innamora di nessuno dei suoi clienti, regalando al pubblico un ruolo che mescola abilmente la saccenteria di donna di vita con l’umorismo caustico derivante da una società che abbruttisce dentro. Non son comunque da meno neppure le prove del reparto femminile, fra cui spiccano i personaggi di Ascenza (doppiata da Monica Vitti, moglie indisponente e frustrata), Stella (ingenua ragazzina che difende inconsapevolmente la sua verginità) e Maddalena (passeggiatrice di primo rango con la caviglia fasciata dal gesso, finita in gattabuia per un malinteso giuridico con le autorità giudiziarie in merito alle percosse infertole dai napoletani, ovviamente senza il consenso né la consapevolezza di Accattone). L’attenzione alla socialità di Pasolini si traduce nel pessimismo cosmico di fondo che permea l’intera opera, dall’esordio con gli amici riuniti al bar che osservano la vita romana procedere sonnacchiosa e spenta, fino all’epilogo in cui il fuggiasco Accattone chiude per sempre gli occhi dopo esser scivolato mortalmente dal motorino, vedendo sfumare anche un ultimissimo tentativo di furto. Numerosi i pezzi di bravura, tutti ben congegnati nella struttura narrativa in modo da far trasparire con quanta più veridicità possibile la tensione drammatica e il rifiuto dell’inserimento della storia in qualche categoria accademica. Particolarmente azzeccati: il suicidio giocoso di Accattone durante il festino serale sul ponte con tanto di cena sul fiume e musicanti; il primo incontro davanti alla legna fumante e alle bottiglie vuote fra Accattone e Stella; il disastroso inserimento nel mondo del lavoro con Accattone che trasporta su un camion pesanti cerchioni di metallo; il funerale onirico in cui tutto il gruppo di amici è vestito a lutto per la veglia funebre del protagonista; la prima esperienza di prostituzione per Stella, finita a scatafascio per un cliente troppo esigente e poco comprensivo; la cacciata dalla casa di famiglia ad opera di Ascenza e dei di lei padre e fratello, con colluttazione fra quest’ultimo e Vittorio Cataldi e il bambino figlio suo che si rifiuta di manifestargli affetto; la passeggiata di Accattone e Stella per i colli di Roma baciati dal sole e pieni di polvere sollevata; il riconoscimento dei colpevoli nell’ufficio della polizia da parte di una Maddalena più confusa e disorientata che mai. Un primo riuscitissimo tentativo nel mondo del cinema che proseguirà per quattordici anni, finché una morte di cui non si è mai arrivati a capo chiuderà la carriera di uno dei maggiori artisti italiani del XX secolo, che ce la fece addirittura a rappresentare in questo documento sociologico di valore espressivo meraviglioso una tendenza all’erotismo omosessuale maschile che proseguirà anche in opere successive come la trilogia dei racconti medievali, Edipo re e l’ultimo, contestatissimo Salò o le 120 giornate di Sodoma. A questo proposito, il cineasta friulano di nascita bolognese che scriveva i suoi libri in dialetto romanesco (rimarcata e confermata è dunque la sua sanguigna italianità) non nascose mai una propensione d’arte per il sesso che tramutò sapientemente in elemento per la costituzione dell’identità non solo dei suoi personaggi, ma delle sue stesse storie. Accattone è una perfetta figura di antieroe che, nonostante racchiuda innumerevoli imperfezioni e doni detestabili dell’antagonista (inetto, approfittatore, ignorante, cocciuto, maligno, beffardo, codardo, irriconoscente), è pur sempre un perdente nato che combatte per ottenere riconoscimenti da parte della collettività, in cui egli tenta di inserirsi senza perdere la propria dignità. Preferendo, al riguardo, il mestiere di protettore a quello di ladro, cosa che invece i suoi poco raccomandabili "colleghi"vedono nell’esatto contrario.
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marcodell''utri
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venerdì 7 aprile 2017
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il debutto cinematografico di un poeta
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E’ il debutto cinematografico di un poeta. Acquisita la lezione del neorealismo italiano (che appare evidente nella scelta degli ambienti, dei personaggi e in un certo uso della fotografia), Pasolini se ne distacca nella rappresentazione, in chiave epica, della misera quotidianità del sottoproletariato metropolitano. E il delicato segreto del film pare affidato, da Pasolini, alla raffinatezza della colonna sonora, capace di trasfigurare – attraverso l’irriducibile contrasto tra la desolazione delle immagini rappresentate e l’eleganza del commento musicale (in larghissima misura esaurito nell’opera di Bach) – uno squallido sfruttatore di prostitute nell’icona di un eroe disperatamente incapace di sottrarsi alla condanna del proprio destino.
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E’ il debutto cinematografico di un poeta. Acquisita la lezione del neorealismo italiano (che appare evidente nella scelta degli ambienti, dei personaggi e in un certo uso della fotografia), Pasolini se ne distacca nella rappresentazione, in chiave epica, della misera quotidianità del sottoproletariato metropolitano. E il delicato segreto del film pare affidato, da Pasolini, alla raffinatezza della colonna sonora, capace di trasfigurare – attraverso l’irriducibile contrasto tra la desolazione delle immagini rappresentate e l’eleganza del commento musicale (in larghissima misura esaurito nell’opera di Bach) – uno squallido sfruttatore di prostitute nell’icona di un eroe disperatamente incapace di sottrarsi alla condanna del proprio destino. Qui, la rappresentazione di Pasolini abbandona il terreno della descrizione realistica ed assume i tratti di un’allegoria, di una metafora della condizione umana. E il tentativo di fuggire alla propria sorte - l’illusione di un amore ‘puro’, non più destinabile al compromesso della strada – spinge ‘Accattone’ ad accettare (impensabilmente, per un eroe ‘quasi-oblomoviano’ come lui) l’idea dell’azione risolutiva; dell’azione capace di ‘senso’; dove l’unico esito possibile si rivelerà - per il sentimento tragico della storia che percorre l’intero film – l’inevitabile liberazione della morte.
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tunaboy
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sabato 24 luglio 2021
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il poema di una comunità analfabeta
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Il grido d’aiuto di un popolo senza voce, il poema di una comunità analfabeta, l’ultimo sguardo di un uomo cieco: questo è “Accattone”, cruda e crudele opera prima del maestro Pier Paolo Pasolini.
Come con una macchina del tempo, Pasolini ci porta in un mondo così lontano ed irriconoscibile da non sembrarci vero, in una Roma fatta di macerie e casermoni in costruzione; e proprio come il suo paesaggio, anche il popolo romano sembra essere in macerie: con la lunga ombra della guerra che ancora annerisce le memorie della gente, ci troviamo a fare la conoscenza di un popolo povero e morso dalla fame, ormai privo di ogni barlume di speranza.
Da questo popolo viene estratto il nostro protagonista, Vittorio “Accattone”, “ultimo dei morti di fame”, personaggio violento e meschino, sfruttatore delle numerose ragazze obbligate a prostituirsi per guadagnarsi qualche spicciolo.
Attraverso gli occhi di un uomo accecato dall’egoismo, scopriremo la Roma di Accattone, una Roma inondata da fiumi di rabbia e fame, dove le ore del giorno vengono scandite da lamenti di viscere vuote o risse per piatti da due o tre maccheroni. In questa Roma non vi è nemmeno più lo spazio per un amore sincero, ormai sostituito a pieno titolo da una frettolosa scappatina con una qualche prostituta o, nel migliore dei casi, da un amore avido e violento, stritolato dalle voglie prepotenti del maschio e dagli sguardi di gelosia verso altri uomini.
Questa è la Roma che Pasolini decide di raccontarci, così cruda e rassegnata: scegliendo attori in buona parte “presi dalla strada” e utilizzando ambientazioni reali, “Accattone” non ci sembra essere un racconto di finzione, ma un’agghiacciante cartolina dalla periferia di Roma. Nonostante ciò, mi sembra giusto notare quanto scelte di produzione così ambiziose e innovative vadano ad inficiare la fruibilità del film, soprattutto quando abbinate ad un comparto tecnico che, visto con gli occhi odierni, presenta non pochi errori e “amatorialismi”, risultando in un film molto difficile da digerire.
È comunque indubbio quanto “Accattone” sia un capolavoro del Neo-Realismo italiano.
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francesco2
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martedì 18 gennaio 2011
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una...............strada ancora da trovare
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La fama di cui Pasolini godeva era di intellettuale scomodo. Anzi, c'è chi sostiene che sia morto proprio per questo. Ad esempio disse che, nel '68, i veri proletari erano i poliziotti, e non gli studenti. Inoltre fu un profeta sul ruolo che la televisione avrebbe esercitato nella nostra società. Questo è il suo primo film, su un uomo che non lavora, e quando prova a farlo arriva a stare male. Lui è "Accattone" e basta (Preferisce essere chiamato così che col suo nome). Curioso che avere un NOME E trovare un LAVORO significhino avere una identità determinata (Nell'"Ultimo tango a Parigi" bertolucciano i protagonisti rifiuteranno di sapere l'uno come si chiami l'altro): Accattone invece, ora sensibile ora cinico (Arriva a direa un cane:"Ti invidio, perché puoi spolparti tutte le ossa") è qualcosa di VAGO nel suo VAGARE per una Roma post-guerra e proletarissima: il periodo è lo stesso di "Così ridevano".
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La fama di cui Pasolini godeva era di intellettuale scomodo. Anzi, c'è chi sostiene che sia morto proprio per questo. Ad esempio disse che, nel '68, i veri proletari erano i poliziotti, e non gli studenti. Inoltre fu un profeta sul ruolo che la televisione avrebbe esercitato nella nostra società. Questo è il suo primo film, su un uomo che non lavora, e quando prova a farlo arriva a stare male. Lui è "Accattone" e basta (Preferisce essere chiamato così che col suo nome). Curioso che avere un NOME E trovare un LAVORO significhino avere una identità determinata (Nell'"Ultimo tango a Parigi" bertolucciano i protagonisti rifiuteranno di sapere l'uno come si chiami l'altro): Accattone invece, ora sensibile ora cinico (Arriva a direa un cane:"Ti invidio, perché puoi spolparti tutte le ossa") è qualcosa di VAGO nel suo VAGARE per una Roma post-guerra e proletarissima: il periodo è lo stesso di "Così ridevano". Ma io penso che al di là degli esseri umani e del significato religioso che qualcuno ha visto (Anche io, in minima parte), una protagonista di questo film sia LA STRADA. Avete notato quanto camminino i personaggi, e come -Mi sembra- in questo andare avanti e indietro non esistano viottoli, stradine........Solo una lunga, grande strada che non finisce mai, quasi Pasolini voglia suggerirci un continuo ITINERARE (Non a caso, ho scritto, non ha un lavoro definito), che alla fine non lo (tras) porta da nessuna parte: è un caso che l'opera si c hiuda, senza nessuna retorica con la morte del protagonista? Nel viaggio del film, che in una prospettiva simile a quella delle "Anime morte" gogoliane lo fa muovere in continuazione e contemporaneamente mai, persino il figlio è una tappa del suo "Incedere", e per questo forse la donna da cui l'ha avuto non prenderà sul serio il suo desiderio di occuparsene. Nessun punto fisso, solo degli amici che, spiace dirlo, sono macchiette che si distinguono (in qualche situazione) per la regia, non certo per la sceneggiatura approssimativa o l'interpretazione (del resto, non sono dei professionisti): in questo mondo sospeso tra l'approssimazione del protagonista e quella del regista, che con umanità non pietistica propone una serie di situazioni che a volte appaiono irrisolte ed accennnate piùà che autentiche, il protagonista sembra aver trovato un punto fermo: una donna di cui si innamora, che viene come lui dalla strada(!), un personaggio per la verità poco credibile che rischia di fare rimpiangere l'umanità di Adriano. Quella strada luogo di cinismo, dove se un’(Incerta, per la verità) prostituta ti rifiuta non la riaccompagni neanche, lo stesso cinismo di chi medita di derubare persone, che, vedendoti affamato, vorrebbe offrirti un piatto di pasta. Ecco, è come se questa scena, oltre che svelare un arelativà abilità nel caratterizzare i personaggi, riveli al contempo due caratteristiche dell'ambiente di "Accattone": cinismo ed impotenza. LaDella prima cosa ho già detto, la seconda mette in mostra il vuoto di un ambiente post-bellico che vive (?)alla giornats senza idee o progetti particolari.
L'ultima parte, ma solo quella, ricorda il ben più interessante "Totò che visse due volte" di Ciprì e Maresco. Sospeso tra realtà e trascendenza, mette in scena senza assolutamente giudicarlo il vuoto di queste persone, la loro realtà morta (Appunto!) ancora prima di cominciare . Ma allora c'era iuna strada (Ancora!) spianata, oggi c'è una (de) generazione, vera(?) o presunta, con tutto da (ri) inventare.
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luca scialò
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domenica 15 agosto 2010
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la roma di chi non vuole cambiare
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In una Roma in pieno "boom economico" c'è un gruppo di amici che non ha voglia di lavorare, anzi irride pure chi cerca di farsi una posizione seria. Tra questi spicca Vittorio, detto Accattone, nullafacente cronico che per le sue cattive abitudini è stato lasciato dalla moglie e i tre figlioletti, ed ha portato alla prostituzione la sua nuova compagna. Si innamora di un'altra ragazza, onesta e umile lavoratrice, ma tenta di far mettere "sulla strada" anche lei, non riuscendovi. Così decide di mettere la testa a posto e finalmente lavorare. Ma la strada è una forte tentazione...
Primo film di Pasolini, che offre uno squarcio di quella Roma di cui lui, del profondo Nord, era da anni affascinato.
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In una Roma in pieno "boom economico" c'è un gruppo di amici che non ha voglia di lavorare, anzi irride pure chi cerca di farsi una posizione seria. Tra questi spicca Vittorio, detto Accattone, nullafacente cronico che per le sue cattive abitudini è stato lasciato dalla moglie e i tre figlioletti, ed ha portato alla prostituzione la sua nuova compagna. Si innamora di un'altra ragazza, onesta e umile lavoratrice, ma tenta di far mettere "sulla strada" anche lei, non riuscendovi. Così decide di mettere la testa a posto e finalmente lavorare. Ma la strada è una forte tentazione...
Primo film di Pasolini, che offre uno squarcio di quella Roma di cui lui, del profondo Nord, era da anni affascinato. Un film realista, con attori non professionisti, ricetta migliore per renderlo ancora più veritiero.
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