
Tarantino torna a far dibattere sul cinema italiano, fra detrattori e difensori.
di Giancarlo Zappoli
Tg 1 delle ore 20 di martedì 29 maggio. Nel corso della giornata abbiamo letto le accuse di Quentin Tarantino al cinema italiano il quale non producendo più capolavori come Perché quelle strane gocce di sangue sul corpo di Jennifer? sarebbe ormai diventato deprimente e quindi scomparso dai suoi interessi.
Ecco allora che, sulla base di un bipolarismo divenuto regola anche quando si comprano i fiammiferi dal tabaccaio, si intervistano un critico 'pro' e uno 'contro'.
Il critico 'pro' Tarantino è Roberto Silvestri del "Manifesto" il quale, pensosamente in piedi, ci dice che il regista americano ha del tutto ragione perché il cinema italiano non è più "quello di una volta" (ahi ahi quando i progressisti diventano conservatori!) e mescola, sempre pensosamente, nelle sue considerazioni Bmovie Anni Settanta e Neorealismo (che è buono per tutte le stagioni anche se molto probabilmente molti di coloro che hanno amato Jennifer hanno evitato con cura il Rossellini di Paisà).
Tocca poi al 'contro'. Chi meglio di Tullio Kezich può incarnare la difesa a spada tratta del cinema nazionale ricordando (seduto alla scrivania del suo studio) che Tarantino vendeva filmacci da giovane nella sua videoteca ed è rimasto legato a quel periodo nulla sapendo di Taviani e Olmi? Registi dalla carriera un po' più recente non vengono citati ma non è necessario: per Kezich il cinema italiano 'è'. E ciò basti.
Dopo queste dichiarazioni nasce una domanda: è proprio indispensabile controfirmare certificati di morte oppure (all'opposto) ipotizzare una sorta di vilipendio del cinema nazionale da sanzionare in qualche modo? Non sarebbe più utile e produttivo (soprattutto per il cinema italiano) trattare caso per caso senza generalizzazioni e magari fare anche i conti con distribuzione ed esercizio che talvolta esaltano e talaltra condannano alla scomparsa i film nazionali indipendentemente dal loro valore?