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Etichettarlo come un banale horror significherebbe sminuire la portata del film, perché non si parla del solito cliché con storia scontata e finale altrettanto scontato, condito da un turbinio di scene splatter. In questo caso i due fratelli Pastor (registi e sceneggiatori) realizzano un film articolato e di ampio respiro che, nonostante sia basato su filoni narrativi largamente utilizzati (se non abusati), rende una nuova prospettiva a questo genere.
I protagonisti sono quattro giovani: Danny e Ryan, sono fratelli; Bobby è la ragazza di Ryan; Kate un’amica di Danny. Il film inizia con i quattro protagonisti in macchina in viaggio lungo le distese desertiche americane. Ma non è il viaggio di una vacanza al mare, piuttosto è una fuga da un virus letale che sta sterminando l'umanità intera. Se di solito in tutti i film di questo genere i soggetti contagiati dal virus si trasformano in mostri assetati di sangue che a loro volta cercano di infettare gli altri individui sani, in questo film il ruolo sembra quasi ribaltarsi: quando una persona viene contagiata ha le ore contate, si spegne rapidamente e nell’agonia sembra acquistare una dignità e un’umanità sorprendente, mentre sono i sani che nel nuovo scenario che si è venuto a creare evidenziano i peggiori istinti animali, insiti nella natura umana.
Si è spesso discusso dei comportamenti più animali dell’uomo di fronte alle difficoltà. In questo film il concetto viene esteso ed ampliato. L’assenza di una società e delle conseguenti leggi che la regolano generano dei veri e proprio “mostri” umani: persone o gruppi di persone per le quali vige la regola del “mors tua, vita mea”. I quattro ragazzi, nella loro fuga per la sopravvivenza avranno modo di sperimentare sulla propria pelle il significato di “homo homini lupus”.
La scelta dei fratelli Pastor è stata di realizzare un film incentrato più sulle relazioni umane e meno sull’azione. Per questo motivo il film è fatto di accelerazioni e brusche frenate, durante le quali emergono chiaramente le personalità dei protagonisti e dei diversi personaggi che incontrano strada facendo.
Complessivamente si rimane catturati dall’incedere del viaggio, a volte sorpresi in positivo, ma quasi sempre con l’amaro in bocca nel costatare quanto l’egoismo umano riesca a dare il peggio di sé. Amaro è anche il monologo di Danny, con il quale si conclude il film.
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