Carriers

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Cinica Metafora sul Declino dell'umanità. Valutazione 3 stelle su cinque

di Ashtray_Bliss


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venerdì 13 luglio 2018

Film decisamente underground questo Carriers dei fratelli Pastor. Tuttavia resta un notevole e più che efficace lungometraggio che attinge al noto filone cinematografico dei thriller, dalle sfumature spesso apocalittiche, su virus e contagi i quali continueranno a evocare le nostre ataviche paure nonchè stuzzicare il nostro interesse. Carriers però si distacca notevolmente dai suoi predecessori perchè, sapientemente e di proposito, evita di fornire troppe informazioni sul virus ed evita- cinematograficamente parlando-  di addentrarsi nei meandri di caotiche scene riguardo la trasmissione ed infine l'esplosione dell'epidemia che decima l'umanità e manda in tilt intere popolazioni. Assenti sono anche qualsivoglia allusioni o riferimenti alla trasformazione dei malati e portatori in mostri incoscienti tipo zombie. Il film non intende seguire il percorso battuto dai film di Romero ed aggira accuratamente il pericolo di scadere in un tipico monster movie. E' ormai assodato che il film in questione non punta sull'orrore scaturito da scene di elevato impatto visivo, parentesi sensazionalistiche e splatter e creature assettate di sangue che invadono le città scatenando il caos. Piuttosto, preferisce concentrarsi sulle conseguenze che potrebbe avere la rapida ed estesa diffusione di un virus letale non meglio identificato, del quale non esiste cura, sui pochi individui non contagiati, o rimasti immuni; quali cambiamenti apporterebbe nel comportamento delle persone, nelle dinamiche interpersonali, nel loro codice etico e morale ed infine nelle loro scelte?
Inizia così un lungo viaggio on the road con destinazione il sud, sia geografico che metaforico, fornitore d'una amara e discendente parabola su un'umanità che percorre il viale del tramonto per la quale la salvezza non dipende esclusivamente dall'evitare il contagio, ma dal mantenersi umani, empatici, solidali nei momenti di maggior bisogno. Seguiamo così le sorti e sopratutto il repentino cambiamento di quattro giovani quando incontrano sulla loro strada superstiti e insidie, mettendo a dura prova i loro nervi, sentimenti, principi e integrità morale. Danny e Brian sono fratelli in viaggio con le rispettive fidanzate Bobby e Kate alla volta del Messico per raggiungere un'idilliaca spiaggia dove i due passavano le estati, da bambini. Quello che sembra uno spensierato viaggio tra amici si rivela presto essere una vera e propria fuga da un'epidemia virale, non meglio identificata, che si trasmette per via aerea ed è letale per chiunque la contragga. L'epidemia, presto sfociata in pandemia, ha messo in ginocchio gli Stati Uniti d'America, le città sono state evacuate e i pochi sopravvissuti costretti alla fuga per la sopravvivenza. In questo desolante contesto, i due fratelli hanno infatti stabilito una serie di regole da rispettare meticolosamente per poter assicurare a tutti e quattro di resistere durante questa crisi epidemica e arrivare, sani, a destinazione; la prima prevede di evitare il contatto con gli infetti a tutti i costi. La seconda di disinfettare accuratamente ogni superficie e ambiente col quale gli infetti siano venuti a contatto. La terza, di considerare gli infetti già spacciati e allontanarli il più possibile da loro, senza trasgredire per nessuna ragione. Le cose inizieranno tuttavia a complicarsi, e le regole ad essere infrante, quando capiranno che la loro salvezza non dipende esclusivamente dal osservare con rigore le regole stabilite, nè dall'evitare ogni contatto umano con le persone che incontrano. 
In questo caso al centro del racconto troviamo l'uomo, in tutte le sue debolezze, paure, fragilità, sentimenti confusi e spesso conflittuali ma sopratutto col suo infallibile istinto di sopravvivenza. Come tutti i film dal carattere apocalittico, dove l'essere umano si ritrova isolato in un contesto di caos, disordine, malattie e pericolo sono gli istinti primordiali a fare da guida: di sopravvivenza e autoconservazione in primis. La morale e l'etica, il bene e il male, il giusto e sbagliato sono concetti ormai privi di senso, spogliati e svuotati del loro significato; valori sbiaditi, incapaci di resistere e guidare l'essere umano in condizioni disperate. La vera natura dell'uomo è quella che dirompente emerge e decide le sorti in un'amara battaglia del forte contro il più debole. Non c'è alcun spazio per l'umana pietas o per la compassione.
I quattro protagonisti scopriranno a loro spese che il prezzo più caro da pagare non è necessariamente la propria vita in vista di un possibile contagio, bensì sacrificare i propri affetti, prevalere sul più debole armati di egoismo e lasciarlo indietro pur avendo piena consapevolezza del peso che questa scelta lascerà sulle spalle di chi resta. Macchiarsi di azioni indelebili e sacrificare il proprio lato "umano" in nome della sopravvivenza, anche quando questa si disegna sterile e vuota, priva di emozioni e di sapori, dove anche i luoghi familiari non sembrano aver trattenuto alcuna traccia dei momenti felici e spensierati, dei colori, della gioia di vivere. 
Il virus e l'epidemia non sono dunque che una metafora, amara e sconsolante, di un'umanità che viaggia veloce verso il declino inarrestabile e che non esita a mostrare la peggior versione di sè, come conferma l'epilogo disilluso di Danny.
L'ennesima pessimistica ma verosimile messa in scena che conferma quanto siamo veloci e irremovibilmente decisi a sacrificare tutto quanto pur di guadagnarci quella chance in più, quei minuti di vita in più a scapito del nostro prossimo, lasciandoci alle spalle non solo l'individuo malato, ma i nostri stessi principi in un tetro teatro di sopravvivenza del più veloce, forte e acuto. Un prodotto che risulta così efficace e convincente nella sua semplicità e lineare sceneggiatura in grado di mostrare in tutte le sue sfaccettature la crudezza della natura umana.
Convincente anche il cast dove figura l'ormai affermato e noto Chris Pine affiancato dai notevoli Lou Taylor Pucci (ai più savvy noto come interprete del videoclip punk rock Jesus of Suburbia dei Green Day), Piper Perabo (vista precedentemente in First Snow) e l'allora emergente canadese VanCamp. Estremamente curata e funzionale la fotografia del luogo; arida, desertica, desolante come l'anima dei protagonisti. Notevole lungometraggio, anche se non brillante o originale, che aggiunge un tassello in più sulle cupe previsioni alle quali va incontro l'umanità in tempi di caos. 3/5. Da scoprire.

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