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Scorrendo con interesse questa pellicola del 2019 di Nikita Argunov (da quanto tempo non vedevo un film russo?) non ho potuto fare a meno di associarla al primo Matrix del 1999 dove i personaggi inchiodati su una poltrona e sottoposti ad un macchinario di volta in volta saltano grattacieli, spariscono dentro le linee telefoniche, si muovono al di fuori delle comuni leggi della fisica. Argunov sicuramente ha risentito dell'influenza del cyberpunk movie dei fratelli Wachowski e dopo venti anni ha elaborato un mondo popolato da individui attaccati ad una macchina (respiratori) che entrati in coma si ritrovano in una terra nonsense dove le certezze conosciute scompaiono e la materia circostante si organizza a seconda dei ricordi e dei sogni di ognuno di loro, in una neurosimulazione interattiva molto efficace come idea di narrazione. Come nel mondo reale non manca anche il male, rappresentato dai c.d. "mietitori",gli uomini neri dei nostri incubi infantili, che non sono altro che la proiezione onirica delle nostre paure e cercano di impedire quella che è la ricerca dell'isola felice dove il popolo dei comatosi vorrebbe costruire una città dove vivere in pace. La fotografia è straordinaria ,con quei luoghi culto della nostra epoca distribuiti quasi per caso nello stesso punto e frutto dei ricordi di chi inconsciamente costruisce questo universo distopico ; lo sviluppo dell'azione ogni tanto si inceppa e sembra tornare al punto di partenza, ma il finale restituisce al film quella dignità del confine tra sogno e realtà.
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