Classico film d'avventura, in chiave western, diretto da Raoul Walsh, un esperto del genere.
Il regista statunitense, come nelle altre sue pellicole, anche stavolta sceglie una narrazione che non divaga in altri generi, concentrandosi unicamente nello sviluppare una trama composta da scene d'azione che si susseguono l'una all'altra, quasi senza soluzione di continuità.
La sceneggiatura ha qualche buono spunto, ma nel complesso è una ripetizione di situazioni e cliché ormai ben noti, in quanto visti e rivisti più volte: la fanciulla da salvare, Shelley Winters, che inizialmente è una piantagrane ingrata, ma poi si addolcisce innamorandosi del protagonista; il comandante troppo ligio alle regole, che fa tutte le scelte sbagliate a discapito dei suoi uomini, nonostante che il protagonista tenti di indicargli ripetutamente le scelte giuste, che puntualmente vengono scartate; la spedizione militare che attraversa terre impervie, braccata dai nemici (gli indiani) e con l'immancabile ferito che rallenta il cammino, ma che poi, quando ormai il pericolo di essere raggiunti è scampato, guarisce dando ragione all'eroe che si è rifiutato di abbandonarlo.
La sensazione del già visto, oltre che riguardare questi particolari comuni ad innumerevoli film, mi ha riportato alla mente tre pellicole in particolare. La prima è “Tamburi lontani”, dello stesso Raoul Walsh, che ha in comune con questa soprattutto l'inseguimento degli indiani che braccano i militari. Gli altri due film sono i capolavori di John Ford “Il massacro di Fort Apache”, per la figura del comandante che porta alla disfatta i suoi uomini, e “I cavalieri del Nord Ovest”. Con queste ultime due pellicole le differenze sono in realtà molte ed il livello della pellicola di Walsh è chiaramente assai inferiore: tra le differenze più evidenti, l'ambientazione tra le giubbe rosse canadesi del film di Walsh e lo scenario, che non è quello del deserto americano con la mitica Monument Valley, bensì quello meno celebre e mitico, ma comunque suggestivo, delle foreste canadesi.
La regia di Walsh è collaudata per film del genere e funziona egregiamente anche stavolta, mostrando un'ottima tecnica registica nelle riprese dei paesaggi e delle scene di battaglia.
Alan Ladd non sarà il mitico John Wayne, ma non è nuovo al genere e ben figura anch'egli nei panni dell'eroe silenzioso, ma forte e deciso (tra le interpretazioni di Ladd in questa chiave, si ricorda quella di enorme successo nel capolavoro di George Stevens “Il cavaliere della valle solitaria”, risalente appena all'anno prima).
Tutto sommato quindi, benché nient'affatto originale e con qualche pecca di sceneggiatura (evidenti forzature dovute alla ricerca ostinata di creare i presupposti per le continue scene d'azione), il film funziona, offrendo un buon intrattenimento.
Bella la storia di amicizia e fratellanza tra il protagonista e gli indiani Crow: a dimostrazione dell'infondatezza della vecchia storia secondo cui il cinema western americano avrebbe sempre discriminato gli indiani di qualsiasi genere, dipingendoli costantemente in modo malevolo.
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