gianni lucini
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martedì 15 novembre 2011
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un film che anticipa gli eventi
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All’inizio la struttura del film appare quella del giallo classico. C’è il cadavere un uomo che sembra si sia suicidato e che si scopre invece essere stato assassinato. C’è poi un poliziotto sveglio che cerca tra vari colpi di scena di scoprire chi l’ha ucciso e perchè. Si chiama Dante Morisi ed è un investigatore vecchio stampo, forse più vicino a Maigret che a Marlowe. Come un buon segugio fiuta la pista e la segue senza farsi distrarre da niente fidandosi più del cervello e dell’esperienza personale che delle tecnologie e delle apparenze. Quando non è in grado di rispondere a qualche domanda cerca la risposta nella sua ricca collezione di gialli di cui è accanito lettore.
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All’inizio la struttura del film appare quella del giallo classico. C’è il cadavere un uomo che sembra si sia suicidato e che si scopre invece essere stato assassinato. C’è poi un poliziotto sveglio che cerca tra vari colpi di scena di scoprire chi l’ha ucciso e perchè. Si chiama Dante Morisi ed è un investigatore vecchio stampo, forse più vicino a Maigret che a Marlowe. Come un buon segugio fiuta la pista e la segue senza farsi distrarre da niente fidandosi più del cervello e dell’esperienza personale che delle tecnologie e delle apparenze. Quando non è in grado di rispondere a qualche domanda cerca la risposta nella sua ricca collezione di gialli di cui è accanito lettore. Talvolta la trova. Come accade per la morte di Leporino, le cui modalità sono già state descritte decenni prima da Edgar Wallace nel suo romanzo “I tre giusti”. In quel libro c’è la spiegazione di come è stato assassinato Leporino e non per caso è anche nelle mani di Alberto Landolfi. «Sono prove letterarie però funzionano». Scopre il come, intuisce il chi, ma non riesce a mettere a fuoco il perchè. Progressivamente infatti lo spettatore comincia a scoprire che la scoperta dell’assassino è un problema secondario perchè c’è un disegno criminoso più grande destinato a restare fuori dalle indagini di Morisi. La giustizia non sfiora neppure i protagonisti veri delle vicende raccontate. Non può perchè sono intoccabili e appartengono a un mondo parallelo, come dimostra l’impossibilità di arrestare lo spietato assassino Anthony Bassouri. Morisi può solo mettere i fatti in fila e interrogarsi. «Certo che è strano, tutte le volte che c’è sotto un impiccio grosso la gente si suicida. Uno si butta giù da una finestra della questura, un altro si impicca sotto un ponte, un altro ancora s’avvelena in carcere col caffè e stavolta c’è uno che si uccide con il veleno di un serpente che non è velenoso....». La risposta è in una battuta di Landolfi: «Qualcuno ha scritto che questo paese è attraversato da miraggi, che la realtà non esiste e che se esiste è praticamente impossibile scoprirla». Tre colonne in cronaca è la trasposizione cinematografica con qualche adattamento dell’omonimo romanzo dei coniugi Corrado Augias e Daniela Pasti in cui si descrive un’immaginaria “scalata con delitto” alla proprietà di un grande quotidiano. Il giornale descritto nel romanzo per molti aspetti assomiglia a “La Repubblica” per cui entrambi gli autori in quel periodo lavorano. Come talvolta accade, però, fantasia e realtà vanno a braccetto e quando il film arriva nelle sale c’è davvero in atto un tentativo di impadronirsi della proprietà e del controllo del quotidiano “La Repubblica”. Il film come il libro finiscono così per accompagnare gli eventi.
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elgatoloco
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lunedì 7 maggio 2018
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vago, indeterminato, ma bene come thriller
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Complessivamente questo"Tre colonne in cronaca"di Carlo Vanzina(scritto con il fratello Enrico), del 1990, erede alla lontana di film anche italiani sul giornalismo, come"Sbatti il mostro in prima pagina"(e difatti qui torna Gianmaria Volonté, qui precocemente invecchiato perché già roso dal male), per non dire di"All the men of the President", negli States, rifacendosi liberamente a un libro di Corrado Augias e Daniela Pasti, libro che non ho letto, "funziona"come giallo all'italiana(carino anche il richiamo a Edgar Wallace, ingiustamente trascurato se non demonizzato come scrittore, ma iper-sfruttato al cinema, almeno anni fa), ma come film "politico"e"di denuncia"lascia il tempo che trova: trame oscure accennate, mai meglio determinate, forse(è un'ipotesi)per non ferire-offendere qualche"pezzo grosso nella stanza dei bottoni", qualche manovratore occulto dell'epoca.
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Complessivamente questo"Tre colonne in cronaca"di Carlo Vanzina(scritto con il fratello Enrico), del 1990, erede alla lontana di film anche italiani sul giornalismo, come"Sbatti il mostro in prima pagina"(e difatti qui torna Gianmaria Volonté, qui precocemente invecchiato perché già roso dal male), per non dire di"All the men of the President", negli States, rifacendosi liberamente a un libro di Corrado Augias e Daniela Pasti, libro che non ho letto, "funziona"come giallo all'italiana(carino anche il richiamo a Edgar Wallace, ingiustamente trascurato se non demonizzato come scrittore, ma iper-sfruttato al cinema, almeno anni fa), ma come film "politico"e"di denuncia"lascia il tempo che trova: trame oscure accennate, mai meglio determinate, forse(è un'ipotesi)per non ferire-offendere qualche"pezzo grosso nella stanza dei bottoni", qualche manovratore occulto dell'epoca... Sarebbe difficile venire a capo di motivazioni profonde(nel 1990 , dopo il crollo del muro di Berlino e del sistema sovietico, molto si stava muovendo, a livello di mass-media e in particolare di giornali, allora ancora letti ma anche potenti, qualcosa stava cambiando, ma poco si sa sulle manovre"occulte"che manovravano nell'ombra), ma il "pasticcio"(pastiche, diciamo meglio)confezionato da Vanzina, certamente gradevole, non spiega né vuol spiegare, limitandosi ad accennare; i tempi tra un'uccisione e l'altra dei"padroni di prima"sono ineccepibili, ma tutto rimane, comunque, sospeso, Volonté era/è una garanzia, Castellitto idem, per non dire di Massimo Dapporto, Bomagura e Giuffrè sono ottimi, di Demetra Hampton, Senta Berger, Lucrezia Lante della Rovere e altre/i non si può che dir bene, ma rimane il problema: "a che cosa, a chi serve questo film?". Certo non a trasmettere certezze. El Gato
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elgatoloco
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martedì 18 settembre 2018
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efficace, non travolgente
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Forse un Rosi o un Petri, ossia i registi più congeniali a Gian Maria Volonté e al film politico avrebbero fatto di meglio, lavorando sul romanzo"Tre colonne in cronaca"(1990)di quanto non abbia fatto Carlo Vanzina, corredato dal fratello Enrico co-sceneggiatore, ma con le supposizioni si ottiene poco, specialmente in un ambito realizzato come il cinema. Intrallacciando detection(anche con un rirferimento dotto al grande Edgar Wallace, certamente), sequenze mondane del"démimonde"finanziario-politico, qualche riferimento erotico, persino un po'di humor(tema che poi i due fratelli avrebbero saccheggiato più abbondantemente), Volonté, già provato dalla malattia, rimane un interprete di altro livello, Massimo Dapporto(l'ispettore)e Sergio Castellitto(il cronista, qui con forte coloritura romanesca), Gianni Bonagura, Carlo Giuffré, Lucrezia Lante della Rovere e il fosco sicario Spros Fokàs, nonche altri/e)interpreti, tra cui Senta Berger sono interpreti efficaci di un film cui il sound-track di Ennio Morricone dà ulteriore"smalto"ma che , in definitiva, sembra essere un po'non un epigone ma lo strascico del grande cinema politico italiano anni Sixties-Seventies, quello, appunto, di un Rosi, di un Petri, di un Lizzani, per fare solo i nomi più significativi.
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Forse un Rosi o un Petri, ossia i registi più congeniali a Gian Maria Volonté e al film politico avrebbero fatto di meglio, lavorando sul romanzo"Tre colonne in cronaca"(1990)di quanto non abbia fatto Carlo Vanzina, corredato dal fratello Enrico co-sceneggiatore, ma con le supposizioni si ottiene poco, specialmente in un ambito realizzato come il cinema. Intrallacciando detection(anche con un rirferimento dotto al grande Edgar Wallace, certamente), sequenze mondane del"démimonde"finanziario-politico, qualche riferimento erotico, persino un po'di humor(tema che poi i due fratelli avrebbero saccheggiato più abbondantemente), Volonté, già provato dalla malattia, rimane un interprete di altro livello, Massimo Dapporto(l'ispettore)e Sergio Castellitto(il cronista, qui con forte coloritura romanesca), Gianni Bonagura, Carlo Giuffré, Lucrezia Lante della Rovere e il fosco sicario Spros Fokàs, nonche altri/e)interpreti, tra cui Senta Berger sono interpreti efficaci di un film cui il sound-track di Ennio Morricone dà ulteriore"smalto"ma che , in definitiva, sembra essere un po'non un epigone ma lo strascico del grande cinema politico italiano anni Sixties-Seventies, quello, appunto, di un Rosi, di un Petri, di un Lizzani, per fare solo i nomi più significativi. D'altronde non esiste il"giallo perfetto"ma a fortiori meno che mai il"giallo politico perfetto"; quindi accontentarsi è d'uopo, soprattutto qui, in presenza di un film comunque ben più che solamente"dignitoso", il che sarebbe un aggettivo francamente insufficiente per designare un'opera di rilievo, al di là di valutazioni specifiche. Un unico appunto: il ruolo "medioorientale"nel film rimane abbastanza oscuro, mentre non so dire come esso si configuri nel testo di Corrado Augias e Daniela Pasti, che non conosco. El Gato
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