giulio andreetta
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martedì 15 settembre 2020
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buon film
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Film di Gus Van Sant interessante per concezione estetica e tecnico-realizzativa. Vengono ritratti gli ultimi giorni di vita di Kurt Cobain, celebre frontman dei Nirvana. Si nota - in un'atmosfera quasi irreale offerta da un casolare immerso nella campagna e nella natura - un uomo deluso dalla vita, benché abbia raggiunto un successo internazionale. La vita appare lentamente distaccarsi da lui senza che egli riesca ad opporsi ad una tendenza alla debolezza, ad uno scivolare lentamente nel dubbio e nell'incertezza esistenziale. La discesa nell'abisso è dipinta in modo molto realistico, anche se forse un poco enfaticamente, e Kurt lentamente cade nell'abisso della disperazione e della perdita di senso.
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Film di Gus Van Sant interessante per concezione estetica e tecnico-realizzativa. Vengono ritratti gli ultimi giorni di vita di Kurt Cobain, celebre frontman dei Nirvana. Si nota - in un'atmosfera quasi irreale offerta da un casolare immerso nella campagna e nella natura - un uomo deluso dalla vita, benché abbia raggiunto un successo internazionale. La vita appare lentamente distaccarsi da lui senza che egli riesca ad opporsi ad una tendenza alla debolezza, ad uno scivolare lentamente nel dubbio e nell'incertezza esistenziale. La discesa nell'abisso è dipinta in modo molto realistico, anche se forse un poco enfaticamente, e Kurt lentamente cade nell'abisso della disperazione e della perdita di senso. Abbondano i piani sequenza e un ritmo estremamente lento dovuto al poco montaggio e ai pochi movimenti di macchina. Tali accorgimenti tecnici enfatizzano ancor di più un'atmosfera di perenne stasi e immobilità esistenziale che lo porterà alla fine. Attori convincenti, anche se forse, a livello di direzione, mi sembra che Cobain sia stato dipinto in modo un po' statico, sin dall'inizio della pellicola. Invece si sarebbe potuto forse sottolineare una metamorfosi del protagonista. In ogni caso un buon prodotto cinematografico, che testimonia in modo piuttosto significativo quelli che dovettero essere gli ultimi giorni di vita della celebre stella della musica. 4 Stelline.
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luca scialò
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martedì 3 luglio 2012
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ultimi giorni dell'ultimo rivoluzionario del rock
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Ultimi giorni dell'ultimo rivoluzionario del rock: Kurt Donald Cobain. Decise di passarli immerso nella natura, tra il silenzio e le allucinazioni offertegli dalla droga. Lontano dallo Star system, nel quale non si era mai trovato. Lontano dai falsi amici, i falsi amori. Cercò di riempire un vuoto che in realtà si faceva sempre più incolmabile. Fino al tragico epilogo.
Il lavoro di Gus Van Sant va premiato per aver tentato di dare immagini a un silenzio che ha divorato l'ultimo rivoluzionario del Rock.
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donnie87
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martedì 12 luglio 2011
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superfluo
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Un film macchinoso, lento, una regia appesantita che necessita di una non indifferente capacità di attenzione e a volte dedizione dello spettare. Inutile dire che una leggenda non può essere raccontata da un film, ma ci sono stati film che grazie alla potenza del personaggio o della storia raccontata sono anch'essi diventui leggenda.
Da evitare se possibile nell'attesa ci una sceneggiatura e una regia che diano a Kurt quello che è di Kurt. Unica nota di merito l'interpretazione sentita di Michael Pitt.
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frenky 90
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mercoledì 16 giugno 2010
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negativo
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Posso dire senza offendere nessuno, è solo la mia opinione ovviamente, che Last days sia un film abbastanza insopportabile. Se l'obbiettivo è far sentire lo spettatore come Kurt Cobain nei suoi “ultimi giorni” appunto, dove viveva un grave malessere mentale e fisico che lo portò a scavalcare l'orlo di un baratro senza ritorno, allora il “goal” è bello che fatto dato che progressivamente viene voglia di suicidarsi piuttosto che continuare a guardare (il leader dei grandi Nirvana non è affatto certo si sia tolto la vita ma non ci sono dubbi che fosse nel pieno delle turbe psichiche che spingono a farlo). Mi scuso per la pesantezza della precedente affermazione ma ciò che intendo dire non è che il film è così brutto, non era un'esagerazione per rendere l'idea la mia.
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Posso dire senza offendere nessuno, è solo la mia opinione ovviamente, che Last days sia un film abbastanza insopportabile. Se l'obbiettivo è far sentire lo spettatore come Kurt Cobain nei suoi “ultimi giorni” appunto, dove viveva un grave malessere mentale e fisico che lo portò a scavalcare l'orlo di un baratro senza ritorno, allora il “goal” è bello che fatto dato che progressivamente viene voglia di suicidarsi piuttosto che continuare a guardare (il leader dei grandi Nirvana non è affatto certo si sia tolto la vita ma non ci sono dubbi che fosse nel pieno delle turbe psichiche che spingono a farlo). Mi scuso per la pesantezza della precedente affermazione ma ciò che intendo dire non è che il film è così brutto, non era un'esagerazione per rendere l'idea la mia. Quel che piuttosto voglio dire è che è uno spettacolo fastidioso, deprimente, noioso e allucinante in senso negativo. Ci fa capire cosa Kurt provava davvero dirà qualcuno? “Empatico, ecco cos'è!”: così probabilmente ribatteranno i sostenitori dell'opera. D'altronde lo diceva anche lui, era uno dei suoi aforismi più belli quel “Pace, amore ed empatia”. Peccato che non sia proprio l'obiettivo del cinema andarci per essere indotti ad ammazzarsi, per giustificare chi ha compiuto o comunque ha pensato di compiere un gesto simile (non me ne vogliano i sostenitori della teoria del complotto ma saprete sicuramente che “In utero” inizialmente doveva chiamarsi “I hate myself and I want to die”). Con questo film si entra in tale ottica perchè si sentono malevoli sensazioni simili (quasi per carità, è solo un film) a quelle che deve aver provato il dannato Cobain, in quei dannatissimi giorni. Blake, già perchè probabilmente per non pagare i diritti più che per scelta artistica i personaggi sono formalmente fittizi e le poche musiche non sono del trio grunge più famoso della musica rock, vaga, cade, fugge, piscia, suona, bisbiglia, si bagna ed infine muore in ordine sparso come questa enunciazione di movimenti, all'interno di un delirio di fermo immagini inutili, boschi e piani sequenza a mai finire che hanno il solo scopo di irritare il pubblico pagante e non. Come se non bastasse alcune scene, non certamente per scopi drammaturgici data l'assenza di una benchè minima parvenza di trama, vengono ripetute quasi uguali da punti di vista insignificantemente differenti gettando ancor di più nello sconforto chi guarda che da quel momento in poi non avrà occhi che per il tempo che passa troppo lentamente, come a scuola. Ci si accorge della pochezza dei personaggi che ruotano attorno al protagonista che tuttavia lo ignorano totalmente. Come la ragazza forse lesbica interpretata da Asia Argento, unico vero caracter di fantasia che c'entra davvero come i cavoli all'ora della merenda o le stilizzate caricature di Dave Grohl e Krist Novoselic, rappresentati come due gay insensibili e menefreghisti. Il pur bravo regista pecca di un male diffuso a macchia d'olio nel comunque ammirevole mondo del cinema indipendente: l'avanguardismo.Dobbiamo avere il coraggio di criticare i mattoni simbolisti e criptici fino alla nausea del grande schermo, evitando di innalzarli a capolavori. Unica nota positiva: la difficile e riuscita interpretazione di Michael Pitt che colpe non ne ha perchè non è noioso, è che lo disegnano così.Nonostante il cognome, il ragazzo si farà: lo salverà il suo talento, la in ogni caso lodevole ricerca di ruoli particolari e il non essere nemmeno parente di quel modello prestato al cinema.
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ian74
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sabato 16 maggio 2009
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una poesia
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Gus Van Sant e' un poeta che invece di usare le parole usa le immagini... la trama e' secondaria. Questo film non ha niente a che vedere con i Nirvana, lo spettacolo o l'intrattenimento, chi si vuole distrarre dalla vita reale non guardi questo film ! Questo film e' poesia, e' arte, e' la vita cosi' com'e'.
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stiky
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giovedì 23 aprile 2009
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che palle
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un film alloso e noioso nello stesso tempo a parere mio non guardatelo che cascheranno i ...
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paride86
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martedì 27 gennaio 2009
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molto bello
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"Last Days" racconta gli ultimi giorni di vita di Blake, rockstar depressa e scappata da una clinica per tossicodipendenti. Il protagonista, ricalcato da Kurt Cobain, cerca inutilmente di trovare un contatto con la natura, si sveste e si riveste con abiti sempre diversi, anche femminili, probabilmente alla ricerca di un'identità perduta. Parla confusamente, mette in frigo i cereali invece che il latte, insomma prosegue la sua vita su binari sconnessi e disperati, cercando un ruolo, un senso, ma intanto si rintana in una solitudine placida quanto autistica, complice l'indifferenza consapevole delle persone che lo circondano. Il lento ma inesorabile scorrere del tempo porterà questa storia ad un finale inevitabile e liberatorio.
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"Last Days" racconta gli ultimi giorni di vita di Blake, rockstar depressa e scappata da una clinica per tossicodipendenti. Il protagonista, ricalcato da Kurt Cobain, cerca inutilmente di trovare un contatto con la natura, si sveste e si riveste con abiti sempre diversi, anche femminili, probabilmente alla ricerca di un'identità perduta. Parla confusamente, mette in frigo i cereali invece che il latte, insomma prosegue la sua vita su binari sconnessi e disperati, cercando un ruolo, un senso, ma intanto si rintana in una solitudine placida quanto autistica, complice l'indifferenza consapevole delle persone che lo circondano. Il lento ma inesorabile scorrere del tempo porterà questa storia ad un finale inevitabile e liberatorio.
Gus Van Sant prosegue con lo stile realista di "Elephant", limitandosi a raccontare gli eventi e a sottolineare i momenti importanti con un adeguato utilizzo del sonoro (per cui è stato anche premiato a Cannes): tutto questo contribuisce alla creazione di un film sincero, intimo, che non spinge il pedale di inutili sentimentalismi e strumentalizzazioni di una storia su cui è stato detto fin troppo. Anzi, in questo modo generalizza le vicende di Cobain spersonalizzando gli eventi e adattandoli ad un personaggio che semplicemente non riesce più a trovare il suo posto nella società.
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jukiamo
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lunedì 22 settembre 2008
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meglio una passeggiata!
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Andate a fare una passeggiata oppure...buonanotte!!!!
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francesco manca
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domenica 30 marzo 2008
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"sensazioni, musiche e anime tormentate"
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Van Sant adora il silenzio, e ce lo ha fatto capire nella sua cosichiamata "trilogia della morte e del silenzio", di cui "Last Days" ne è la conclusione, precedute dal mistico "Gerry" e dal tragico "Elephant". Di queste tre pellicole, specialmente in "Last Days", il silenzio è l'elemento predominante e inevitabile, è l'elemento sacro, intoccabile e inappagabile che fa da sfondo e nello stesso tempo da protagonista a tutta la storia. Il cardine della vicenda degli "Ultimi Giorni" del regista Van Sant, è il personaggio dall'anima impura e tormentata che porta il nome di Blake, o se vogliamo chiamarlo a modo nostro, Kurt Cobain, perchè è di lui che ci parla la camera di Van Sant, della vita di una persona sola e straziata dalle delusione e dalle allucinanti e fastidiose assurdità della vita, che agli sensibili e opachi di Blake/Kurt, appaiono insopportabili e dannate.
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Van Sant adora il silenzio, e ce lo ha fatto capire nella sua cosichiamata "trilogia della morte e del silenzio", di cui "Last Days" ne è la conclusione, precedute dal mistico "Gerry" e dal tragico "Elephant". Di queste tre pellicole, specialmente in "Last Days", il silenzio è l'elemento predominante e inevitabile, è l'elemento sacro, intoccabile e inappagabile che fa da sfondo e nello stesso tempo da protagonista a tutta la storia. Il cardine della vicenda degli "Ultimi Giorni" del regista Van Sant, è il personaggio dall'anima impura e tormentata che porta il nome di Blake, o se vogliamo chiamarlo a modo nostro, Kurt Cobain, perchè è di lui che ci parla la camera di Van Sant, della vita di una persona sola e straziata dalle delusione e dalle allucinanti e fastidiose assurdità della vita, che agli sensibili e opachi di Blake/Kurt, appaiono insopportabili e dannate. Detto questo, non posso negare che da "Last Days", e ovviamente da un regista culto come Gus Van Sant, mi sarei aspettato ben altro, ma non so neanch'io cosa esattamente... Guardando questo film, si viene affollati da mille, infinite, svariate, confuse sensazioni, che soprattutto all'inizio, quindi nelle lunghe e interminabili sequenze che vedono Blake viaggiare senza meta nella fitta e verde boscaglia sussurrando a se stesso parole e frase senza alcun senso, lamenti e versi che fanno sì che la tensione sia palpabile. A mio giudizio, Van Sant ha creato questa sua ennesima opera con precisione e cura quasi maniacale, lasciando da parte i virtosismi alla "Belli e Dannati", adottando uno stile pacato ma allo stesso tempo nervoso, alternando sprazzi visionari e irresistibili a parti stralunate e inconcludenti, ma tengo a sottolineare che ciò che ho appena detto, non deve essere considerata necessariamente una critica negativa nei confronti del lavoro di Van Sant, ma è piuttosto una nota necessaria che tiene a sottolineare quella crisi profonda e interiore che tutti noi, e in particolar modo Blake, sentiamo nei momenti tristi, vuoti, solitari e fragili della nostra esistenza. Il regista ha, secondo me, impiegato tutto il suo sforzo e il suo impegno nel cimentarsi anch'esso nei panni del personaggio di Blake, che, come già detto, rappresenta in modo incredibile l'anima di quello che negli anni '80 e '90 fu una delle più grandi Rock Star del tempo, appunto Kurt Cobain, suicidatosi nel 1994 con un colpo di fucile alla giovane età di 27 anni. In un certo senso, sicuramente non fisico o ideologico, Vant Sant e Cobain si somigliano parecchio, perchè, come detto dallo stesso regista, entrambi cercano quell'impossibile, quel qualcosa nel nulla, nello immenso spazio in cui viviamo, vagando senza pensiero col vano tentativo di cercare un significato alla propria vita... Ambe due sono dei trasformisti, dei "pagliacci", dei giocatori dominati dall'irrefrenabile bisogno di giocare col destino, stringendolo fra le braccia, dimenticandosi di tutto ciò che li circonda, tutto e niente, fino alla fine... Concludendo, posso dire che "Last Days" mi ha senza alcun dubbio mostrato tutto ciò che non mi aspettavo di vedere, e conseguentemente, non mi ha detto niente di ciò che, forse inconsciamente, volevo sentirmi dire, ma va bene così... Sicuramente non lo considero un capolavoro, ma non posso certamente negare di averlo apprezzato in tutti i suoi controsensi e le sue contraddizioni, soprattutto per quel tanto, indecifrabile, incomprensibile senso di vuoto che mi ha trasmesso...
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anonimo
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lunedì 4 febbraio 2008
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a sandman
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Sandman, ti chiami Dario?
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(di sandman)
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