paride86
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martedì 30 agosto 2011
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solo per gli amanti di greenaway
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Primo episodio di una trilogia - non completamente edita in Italia - che vede protagonista Tulòse Luper e le sue novantadue valigie.
Si tratta di un film sperimentale e ridondante, formalmente avanguardistico fino all'insopportabile.
Greenaway è così: prendere o lasciare. Io voto la prima!
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maddi
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domenica 15 giugno 2008
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tra follia e lucidità
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pensavo che "il cuoco il ladro sua moglie el'amante" fosse geniale..bhè non avevo avuto ancora l'onore di vedere questa meraviglia, questo ritratto piacevole e capace di un periodo storico lungo una vita..che dire montaggio perfetto, attori grandiosi..la protagonista femminile merita per quella follia naturale che sembra appartenerle..i numerini delle botte che tulse l.prende sono un tocco di classe!!!!!
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liz
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lunedì 4 febbraio 2008
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esteticamente interessante, ma non è cinema
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Un delirio di immagini e situazioni grottesche. Francamente, lo consiglio solo per il protagonista, JJ Feild, spesso completamente nudo e bellissimo davvero.
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frank cambridge
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venerdì 31 agosto 2007
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dalla pittura al cinema
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Grande opera cinematografica e non solo, che merita un giorno di essere visionata in un grande museo.
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helena
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mercoledì 1 novembre 2006
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non avete azzeccato neanche un attore
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avete messo gli interpreti delle altre 2 parti della trilogia. a me le installazioni piacciono.anche al cinema.
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(di didd)
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giorgio ridolfi
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sabato 20 novembre 2004
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da hegel a greenaway
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Col primo episodio de "Le valigie di Tulse Luper" Peter Greenaway ci conduce in quella che è forse la fase finale della sua parabola cinematografica cioè di un qualcosa che, lontano dall'essere una sconfitta, è l'accettazione di un fallimento di cui non si poteva che essere già certi sin dal principio. Cosa fa d'eccezionale Greenaway in questo film? Semplicemente ci indica che nessun racconto può essere circoscritto in una visione unitaria se è vero che più occhi vi si soffermano e che neanche la stessa persona potrà mai avere una sensazione definitiva nel corso di visioni successive. Greenaway ritorna con la sua ossessione catalagatrice e fa del suo personaggio un maniaco degli spazi chiusi; ma il mondo contina a decomporglisi davanti e lui non può che alzare bandiera bianca (le scene dalle quali ciò più chiaramente si evince sono quelle in cui alternativamente vari attori si susseguono nell'interpretare il medesimo personaggio).
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Col primo episodio de "Le valigie di Tulse Luper" Peter Greenaway ci conduce in quella che è forse la fase finale della sua parabola cinematografica cioè di un qualcosa che, lontano dall'essere una sconfitta, è l'accettazione di un fallimento di cui non si poteva che essere già certi sin dal principio. Cosa fa d'eccezionale Greenaway in questo film? Semplicemente ci indica che nessun racconto può essere circoscritto in una visione unitaria se è vero che più occhi vi si soffermano e che neanche la stessa persona potrà mai avere una sensazione definitiva nel corso di visioni successive. Greenaway ritorna con la sua ossessione catalagatrice e fa del suo personaggio un maniaco degli spazi chiusi; ma il mondo contina a decomporglisi davanti e lui non può che alzare bandiera bianca (le scene dalle quali ciò più chiaramente si evince sono quelle in cui alternativamente vari attori si susseguono nell'interpretare il medesimo personaggio). Tutto il film, dunque, attraversando concetti mai fissabili una volta per tutte e non riuscendo ad evitare quelle esagerazioni che Greenaway troppo spesso si concede, si può in definitiva segnalare come il primo volume d'una poderosa Fenemenologia dello Spirito Grenawayano nel quale le varie figure che scandiscono questa "storia romanzata" sono i film dell'autore. Il giudizio, ampiamente provvisorio in attesa degli altri episodi, non può che attestarsi tra le tre e le quattro stelle.
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[+] ridolfi il gr(l)ande
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anna
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venerdì 6 febbraio 2004
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odio e amore
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Greenaway prosegue la sua ricerca sull'essenza del cinema come arte della visione. Limitati sono i ns "umani" sensi per seguire il film per la dovizia che il regista riesce a mettere nello schermo. Ne occorrerebbero molti di più.E'una dichiarazione d'amore per il cine(tismo)ma e di odio per tutte le convenzioni mutuate da altri linguaggi artistici che il cinema si porta dietro da troppi anni e che lo imbastardiscono.Ma tutto questo era già annunciato in Prospero's Books.Consigliato a chi ama tuffarsi nei suoni e nei colori.
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