maurizio biondo
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giovedì 12 agosto 2021
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senza sapore
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Ho visto pochi film di Fellini,e non ho mai digerito il senso di artigianalità che emanano le sue opere. Questo film,poi, è il più "artigianale" che ho visto,pare una produzione a bassissimo costo, tanto trasuda scarsità di mezzi. Forse è proprio questa la cifra vincente dello stile felliniano,ma che a me non ha mai suggestionato.
A me non ha lasciato nulla questo film,che ho visto e rivisto per cercare un "sapore" che non c'è.
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great steven
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sabato 8 giugno 2019
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mattocchio e prefetto in cerca di significati.
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LA VOCE DELLA LUNA (IT/FR, 1990) diretto da FEDERICO FELLINI. Interpretato da ROBERTO BENIGNI, PAOLO VILLAGGIO, NADIA OTTAVIANI, MARISA TOMASI, ANGELO ORLANDO, SYUSY BLADY, DARIO GHIRARDI, NIGEL HARRIS, DOMINIQUE CHEVALIER, STEFANO BICOCCHI, FRANCO JAVARONE, PATRIZIO ROVERSI
In un imprecisato paese della Romagna dove gli abitanti organizzano sagre e si preparano al contempo ad una fantomatica cattura della Luna, il mite pazzerello Ivo Salvini, ossessionato dal nostro unico satellite, preda di voci che sussurrano nella sua testa e convinto che in fondo ai pozzi campestri esistano messaggi misteriosi, trova un compagno di vagabondaggi nel prefetto in pensione Adolfo Gonnella, uomo paranoico e patetico convinto di essere bersaglio d’un complotto.
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LA VOCE DELLA LUNA (IT/FR, 1990) diretto da FEDERICO FELLINI. Interpretato da ROBERTO BENIGNI, PAOLO VILLAGGIO, NADIA OTTAVIANI, MARISA TOMASI, ANGELO ORLANDO, SYUSY BLADY, DARIO GHIRARDI, NIGEL HARRIS, DOMINIQUE CHEVALIER, STEFANO BICOCCHI, FRANCO JAVARONE, PATRIZIO ROVERSI
In un imprecisato paese della Romagna dove gli abitanti organizzano sagre e si preparano al contempo ad una fantomatica cattura della Luna, il mite pazzerello Ivo Salvini, ossessionato dal nostro unico satellite, preda di voci che sussurrano nella sua testa e convinto che in fondo ai pozzi campestri esistano messaggi misteriosi, trova un compagno di vagabondaggi nel prefetto in pensione Adolfo Gonnella, uomo paranoico e patetico convinto di essere bersaglio d’un complotto. «All’origine del film c’è un libro. Vi consiglierei di leggerlo: è un libro insolito, inquietante, misterioso… si chiama Il poema dei lunatici e il suo autore è Ermanno Cavazzoni. Da questo libro ho preso dei personaggi e delle situazioni, ma soprattutto una vibrazione, un suono, un colore. Qualcosa di obliquo, di contraddittorio. Con esitazione, perplessità e diffidenza ho aggiunto al racconto altri personaggi veri e inventati, antiche paure, ossessivi implacabili ritornelli, suggestioni di altre letture, personaggi di altre storie e anche sequenze di immagini che appartengono a film che non ho mai realizzato. Come compagni d’avventura ho scelto Benigni e Villaggio, due geniali buffoni, due aristocratici attori, unici, inimitabili, che qualunque cinematografico può invidiarci, tanto sono estrosi… penso che siano gli amici ideali per inoltrarsi in un territorio che non ha mappe né segnaletica, un paesaggio ignoto, senza confini» (Fellini). Ispirato alla fonte letteraria contemporanea sopracitata, è l’ultimo e più sconsolato film del regista riminese, anch’esso facente riferimento alla struttura narrativa del sogno, ma, diversamente dal passato, con una più spiccata accentuazione fiabesca e fantasy e una morale conclusiva che sfiora il pessimismo cosmico. Supportato da una ricchezza immaginifica oltremodo caleidoscopica e da una colonna sonora (Nicola Piovani, premiato col Nastro d’Argento) che ne sottolinea i passaggi adattandosi alle livellature della storia, possiede una disordinata abbondanza inventiva, che va dall’oboista che passa le sue notti al cimitero alla moglie-vaporiera che sposa l’ometto sognatore conosciuto come Nestore, dalla gnoccata organizzata in occasione del concorso Miss Farina 1989 alla discoteca dove dapprima ballano i giovani pomposamente abbigliati e dove poi l’ex prefetto si esibisce in un sublime valzer con la donna che ancora non gli rinnega il suo amore, per concludersi col raduno in piazza che termina in modo fallimentare appena sbollisce l’entusiasmo iniziale per l’avvicinamento forzato della Luna al nostro pianeta. Fellini tira una summa del suo vasto repertorio quarantennale e redige un superbo testamento spirituale che narra la necessità del silenzio contro la scontrosa invadenza dei rumori di fondo in un globo, in un ambiente, in un cosmo fin troppo popolato da varie tipologie di baccano che impediscono agli uomini e alle donne di godere appieno la meraviglia della natura. Tutto rimane a livello onirico, e per questo il desiderio non si concretizza, ma il messaggio lanciato da scene tanto intense dimostra che la volontà di cambiare si fa valere, eccome. E come non apprezzare le performances recitative di Benigni e Villaggio? Il primo si cala nei panni di un ramingo dall’indole docile appena uscito dal manicomio che cerca un significato ad un’esistenza che sembra non volergliene dare in quanto il diritto alla felicità pare proibito, mentre lui non si stanca di interpretare i suoni insistenti che sul piano mentale percepisce, di giorno in giorno più martellanti; il secondo, vittima di una persecuzione immaginaria ai suoi danni, interpreta anch’egli a suo modo le persone che gli si muovono intorno e ha una teoria per tutti quanti, e comprende, ma solo per giustificare le tribolazioni del suo animo inquieto, di aver bisogno d’un alleato per individuare, durante l’esplorazione della sua prefettura, il quartier generale dei suoi avversari, coglierli di sorpresa ed eliminare la sofferenza alla radice. Di tutto il rispetto il cast dei comprimari, dove spiccano per brillantezza le prove di S. Blady come tenutaria giovanissima della casa avvolta dall’oscurità blu, di Vito nelle vesti di uno dei fratelli Micheluzzi (operaio stradale stralunato e ciarliero) e di A. Orlando quale Nestore, camminatore sui tetti che tende pure lui alla realizzazione dell’agognato bisbiglio della Luna nel caso intenda comunicare una parola rivelatrice. Un equilibrio ottimamente mantenuto fra pathos, languore, fantasia e curiosità. David di Donatello a Villaggio per il miglior attore protagonista. Alla sceneggiatura, scritta in primo piano dal regista, collaborarono Tullio Pinelli e lo stesso Cavazzoni.
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garancebp
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giovedì 17 ottobre 2013
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un film sull'essenza di un sentimento
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L’ultima voce di Federico Fellini: La voce della luna è l’ultimo disincantato incanto che il Maestro regala al cinema. Unico suo film a essere tratto dalla letteratura contemporanea, Il poema dei lunatici di Ermanno Cavazzoni fellinianamente rivisitato, è “soltanto una passeggiata” con un bizzarro personaggio, Ivo Salvini (Roberto Benigni), che si aggira di notte cercando i pozzi per trovare la “voce della luna”. Nelle sue peregrinazioni incontra personaggi altrettanto strambi, tra cui l’ex prefetto Gonnella (Paolo Villaggio) convinto di essere continuamente in balìa di oscuri complotti, e assiste alla cattura della luna; il tutto in un paesino immerso nei rumori e negli slogan pubblicitari dell’universo moderno.
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L’ultima voce di Federico Fellini: La voce della luna è l’ultimo disincantato incanto che il Maestro regala al cinema. Unico suo film a essere tratto dalla letteratura contemporanea, Il poema dei lunatici di Ermanno Cavazzoni fellinianamente rivisitato, è “soltanto una passeggiata” con un bizzarro personaggio, Ivo Salvini (Roberto Benigni), che si aggira di notte cercando i pozzi per trovare la “voce della luna”. Nelle sue peregrinazioni incontra personaggi altrettanto strambi, tra cui l’ex prefetto Gonnella (Paolo Villaggio) convinto di essere continuamente in balìa di oscuri complotti, e assiste alla cattura della luna; il tutto in un paesino immerso nei rumori e negli slogan pubblicitari dell’universo moderno. La voce della luna riprende un tema caro al Fellini della vecchiaia e già sviluppato poeticamente in Ginger e Fred, ossia lo scarto tra il mondo dei “lunatici”, i sognatori, i personaggi delle fiabe capitanati dallo stesso regista e i “moderni”, la società ad alto volume pubblicizzata e persa tra le mode. Questi ultimi vengono rappresentati sempre compatti come nella scena della discoteca, quasi indistinguibili gli uni dagli altri, mentre su di loro si stagliano distinti, complice la viva fotografia di Tonino Delli Colli, gli altri, i diversi, coloro che hanno il coraggio o la semplice ingenuità di conservare la propria folle individualità e danzare valzer sulle note di Danubio blu. Tra l’oboista che si chiede perché l’arte sa evocare spiriti invece che rendere felici, il piccolo Nestore che guarda il mondo dall’alto dei tetti, la moglie-vaporiera, i fratelli Micheluzzi capaci di perseguire un sogno impossibile, tutti rappresentati con l’umorismo e la tenerezza del Fellini de La strada, emergono Gonnella e Salvini, i due ultimi alter ego del regista: il primo della vecchiaia, della disillusione ormai sopraggiunta , del timore della deriva moderna; il secondo della fanciullezza, del suo universo sgangherato e sognante, del puer aeternus che è in Fellini. Nella sua stanza Ivo mira prima un Pinocchio di legno, poi un ritratto di Leopardi, i due in cui il personaggio quindi l’autore si identifica. Dell’uno conserva la curiosità, manifestata nella continua distorsione del punto di vista (il fuoco visto al di sotto del tavolo, il concorso della gnoccata sotto l’impalcatura) e nella volontà di capire sino in profondità (per questo i pozzi); dell’altro lo sguardo poetico e la rimembranza (“Come mi piace ricordare, più che vivere; del resto che differenza fa?”) e poi la luna. La luna come interlocutrice, sempre presente, immobile e silenziosa quando ci si aspetta da lei una parola, una voce. L’astro è l’ultima figurazione di quella “sconosciutezza”, ben simbolizzata già dalla Roma del Satyricon e poi dalla Gloria N di E la nave va, che Fellini ha voluto indagare, il mistero del “che sono venuto a fare io in questo mondo”. I novelli pastori erranti, coloro che rifiutano di credere che “tutto è stato rivelato”, chiedono proprio questo alla luna finalmente catturata, ben sapendo che tornerà presto lassù, di nuovo inafferrabile. Però infine parla, la luna, con le musiche di un Nicola Piovani memore di Nino Rota e le sembianze dell’amata Aldina, ammonendo che “non devi capire, altrimenti che farai dopo? Bisogna solo ascoltare”, anche dove si grida solo “pubblicità!”. L’ultimo acquisizione di Federico è che la sconosciutezza è destinata a rimanere tale; “eppure, se ci fosse un po’ di silenzio, forse qualcosa potremmo capire”.
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toty bottalla
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giovedì 28 febbraio 2013
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l'arte sofisticata tra noia e delirio!
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Film troppo impegnativo anche per amatori incalliti del genere, in quel valzer che culmina in un frastuono demenziale da discoteca che chiamano musica, c'è tutto il pensiero di fellini che tuttavia, al di là di una buona fotografia, non riesce a mio avviso, ad affascinare platee medie, il david di donatello a paolo villaggio come migliore attore protagonista...è delirante. Saluti.
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giammasc
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domenica 10 febbraio 2013
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uno dei piu grandi manifesti anti-conformosti
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Capolavoro. Film che non scorre velocissimo, ha i suoi tempi. Ma da buon visionario, Fellini lancia un monito a tutto questo mondo: la liberazione dalle catene sociali. Vi è una spiccata critica verso tutto quello che manipola noi essere umani, che ci impedisce di vivere con autenticità. Critica la manipolazione televisiva, critica la materialità e l'effimero straripante che invasa le nostre giornate. Invita a liberarsi da tutte queste catene dell'animo, suggerendo che a queste condizioni, uno psciopatico vive in maniera piu autentica e profonda la propria vita. Non si lascia abbindolare dalla manipolazione mediatica e sociale. Fellini visionario, anticipa l'evoluzione del III millennio. Lui l'ha anticipata, c'è chi ancora deve capirla.
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Capolavoro. Film che non scorre velocissimo, ha i suoi tempi. Ma da buon visionario, Fellini lancia un monito a tutto questo mondo: la liberazione dalle catene sociali. Vi è una spiccata critica verso tutto quello che manipola noi essere umani, che ci impedisce di vivere con autenticità. Critica la manipolazione televisiva, critica la materialità e l'effimero straripante che invasa le nostre giornate. Invita a liberarsi da tutte queste catene dell'animo, suggerendo che a queste condizioni, uno psciopatico vive in maniera piu autentica e profonda la propria vita. Non si lascia abbindolare dalla manipolazione mediatica e sociale. Fellini visionario, anticipa l'evoluzione del III millennio. Lui l'ha anticipata, c'è chi ancora deve capirla...
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celluloide
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mercoledì 3 ottobre 2012
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la voce della noia
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Pur essendo un ammiratore di alcune opere di fellini devo dire che la voce della luna,
mi ha deluso.Pur apprezzando la poesia ed il rimpianto felliniano rispetto ad un mondo
scomparso e sostituito da troppo frastuono,sono troppe le persone coinvolte nello
squilibrio mentale,che rendono il tutto inverosimile e in particolare non essendoci un
filo logico che unisca il tutto,in assenza di una vera trama,lo spettatore,almeno nel mio
caso,tende a distrarsi tra un soliloquio e l'altro anche se impostato nella piena logica del film.
Stesse sensazioni gia' provate nella citta' delle donne,situazioni che in ogni caso erano
forse accettabili negli anni 80,oggi hanno perso quel poco o tanto di fascino infuso e le varie
stranezze non colpiscono piu come ai bei tempi.
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Pur essendo un ammiratore di alcune opere di fellini devo dire che la voce della luna,
mi ha deluso.Pur apprezzando la poesia ed il rimpianto felliniano rispetto ad un mondo
scomparso e sostituito da troppo frastuono,sono troppe le persone coinvolte nello
squilibrio mentale,che rendono il tutto inverosimile e in particolare non essendoci un
filo logico che unisca il tutto,in assenza di una vera trama,lo spettatore,almeno nel mio
caso,tende a distrarsi tra un soliloquio e l'altro anche se impostato nella piena logica del film.
Stesse sensazioni gia' provate nella citta' delle donne,situazioni che in ogni caso erano
forse accettabili negli anni 80,oggi hanno perso quel poco o tanto di fascino infuso e le varie
stranezze non colpiscono piu come ai bei tempi.
Da vedere solo a mente fresca e riposata, per resistere meglio alla noia e sonnolenza.
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[+] brutto film
(di herry)
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mario_platonov
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lunedì 20 settembre 2010
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ballata di paese per voci stonate
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Ultimo film girato da Fellini, “La voce della luna” racchiude alcuni dei temi più cari al regista, in particolare l’amore per la dimensione del ricordo e il racconto della realtà filtrato dalle percezioni di personaggi relegati ai margini della stessa.
Attraverso gli occhi del poetico Ivo di Roberto Benigni – guidato da voci lontane – e di Gonnella - ossessionato da un complotto che il regista ci mostra ben più reale e vicino di quanto i deliri del personaggio lasciassero presupporre – grazie a questi occhi, dicevamo, riusciamo a immergerci in un paesino non meglio definito di un’Italia sempre eterna (nonostante riferimenti continui all’attualità), ne conosciamo i “tipi” (il commendatore, gli operai, la procace estetista, ecc), come al solito descritti in modo esasperato eppure terribilmente realistico, realistico perché legato a quella dimensione del ricordo che ingigantisce e ferma il passato nella memoria di tutti.
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Ultimo film girato da Fellini, “La voce della luna” racchiude alcuni dei temi più cari al regista, in particolare l’amore per la dimensione del ricordo e il racconto della realtà filtrato dalle percezioni di personaggi relegati ai margini della stessa.
Attraverso gli occhi del poetico Ivo di Roberto Benigni – guidato da voci lontane – e di Gonnella - ossessionato da un complotto che il regista ci mostra ben più reale e vicino di quanto i deliri del personaggio lasciassero presupporre – grazie a questi occhi, dicevamo, riusciamo a immergerci in un paesino non meglio definito di un’Italia sempre eterna (nonostante riferimenti continui all’attualità), ne conosciamo i “tipi” (il commendatore, gli operai, la procace estetista, ecc), come al solito descritti in modo esasperato eppure terribilmente realistico, realistico perché legato a quella dimensione del ricordo che ingigantisce e ferma il passato nella memoria di tutti.
E di follia in follia, ci chiediamo se lo sguardo più sensato non sia proprio quello dei due “matti”, ancora capaci di fermarsi a riflettere, in modo del tutto personale, e non lasciarsi trascinare da una società pronta ad espellere e ghettizzare chi devia dall’ordinario.
Frammentario e dispersivo, La Voce della Luna non sarà sicuramente il migliore film di Fellini, ma rimane ricco di invenzioni narrative e di sequenze di pura poesia.
La folla ingestibile che scatena la sua violenza insensata di fronte alla “cattura” della luna e i giovani che “inglobano” il romantico valzer di Gonnella e signora sono la sconsolata testimonianza dell’assenza del silenzio e dell’ignoranza delle tante voci del reale.
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pixel70
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lunedì 2 marzo 2009
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l'ultimo fellini
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Il congedo del grande maestro al grande pubblico con due grandi artisti, l'uno dei quali premio oscar.
Il film è ricco e denso di poesia in puro stile felliniano.
Capolavoro !!!!
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frankross
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sabato 21 febbraio 2009
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la voce della luna
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La voce della luna è l'ultimo film di Fellini, degna opera di uno straordinario poeta delle immagini. E' la storia di due "matti" (resi magistralmente da Benigni e Villaggio), che osservano con sguardo critico e sconsolato un'Italia volgare e provinciale, senza slanci poetici, che pensa solo a riempirsi la pancia (vedi le sagre di paese) e a stordirsi in discoteca. Il "messaggio" del film è questo: solo se restiamo in silenzio, possiamo ascoltare la voce della luna. Lo sguardo dei due protagonisti è lo stesso di Fellini, un genio che non tollera l'insipienza della realtà contemporanea e, forse proprio per questo, la reinventa con la sua impareggiabile fantasia.
[+] bravo, ma...
(di la luna)
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(di andrea)
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la luna
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venerdì 9 gennaio 2009
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udite il mio silenzio
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voi creature rumorose, voi che tanto porlate e poco udite, alzate lo sguardo a me ed ascoltatemi, vi rivelerò tutto...
[+] speriamo
(di andrea)
[ - ] speriamo
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