Watkins firma uno dei migliori (se non il meglio riuscito) instant remake degli ultimi anni: non sbava, non edulcora e allo stesso modo per pura par condicio, nemmeno eccede in virtuosismi e innovazioni di genere. La versione yankee di "Speak no Evil" è un prodotto conclusivo che quantomeno a livello narrativo si impegna a far quadrare i conti, esimendosi da critiche varie sulla (s)comparsa di personaggi o situazioni insufficientemente introdotti. Il tutto è portato avanti da un roster di interpreti di tutto punto, dentro il quale sicuramente giganteggia uno spadroneggiante (anche a livello fisico) McAvoy: meravigliosamente in parte e abile nello smuoversi tra le corde ambigue del suo personaggio.
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Watkins firma uno dei migliori (se non il meglio riuscito) instant remake degli ultimi anni: non sbava, non edulcora e allo stesso modo per pura par condicio, nemmeno eccede in virtuosismi e innovazioni di genere. La versione yankee di "Speak no Evil" è un prodotto conclusivo che quantomeno a livello narrativo si impegna a far quadrare i conti, esimendosi da critiche varie sulla (s)comparsa di personaggi o situazioni insufficientemente introdotti. Il tutto è portato avanti da un roster di interpreti di tutto punto, dentro il quale sicuramente giganteggia uno spadroneggiante (anche a livello fisico) McAvoy: meravigliosamente in parte e abile nello smuoversi tra le corde ambigue del suo personaggio. La sospensione dell'incredulità va attivata soprattutto nell'ultimo quarto di film, dove l'inverosimiglianza delle reazioni umane e la goffaggine del Ben di Lefler, superano di gran lunga l'accettabile. A discapito di una prima parte costruita con paziente efferatezza, ci ritroviamo a mezz'ora dal termine con una non meglio precisata fretta di agire, di spiegare e portare a compimento; il che sicuramente non favorisce l'equilibrio della pellicola.
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