La bocca dell'anima |
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Un film di Giuseppe Carleo.
Con Maziar Firouzi, Marilù Pipitone, Serena Barone, Maurizio Bologna.
continua»
Drammatico,
Ratings: Kids+13,
durata 109 min.
- Italia 2024.
- Artex Film
uscita giovedì 26 settembre 2024.
MYMONETRO
La bocca dell'anima ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
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LA SICILIA DEGLI ULTIMI MAGHI
di Alberto GenoveseFeedback: 100 |
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giovedì 17 ottobre 2024 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Giovanni Velasques (il protagonista, interpretato da un intenso Maziar Firouzi), reduce della Seconda guerra mondiale, torna lacero e stremato al suo paese, inconsapevole portatore di un dono magnifico e tenebroso, pegno d’affetto (se ne intuirà la ragione nella scena finale, onirica e delicata) di un compagno d'armi. Mariannina (Serena Barone), l’anziana magàra del paese, svela a Giovanni che la forza oscura che gli urge come un doloroso travaglio nello stomaco, là dove si situa “la bocca dell’anima” (da qui il titolo), vestibolo fra realtà e mistero, è il potere che il destino gli ha assegnato: guarire con la magia gli affatturati e sciogliere i nodi di incantesimi maligni. Ma varcata quella soglia, la forza del sacro non concede compromessi. Alla considerazione di cui Giovanni godrà per il bene che gli riuscirà di compiere, seguirà la parabola discendente dell’isolamento e dell’incomprensione, sino alla ribelle perversione delle sue facoltà in sortilegi di male. Toccherà a Mariannina, con un’ultima malìa, guidarlo verso il patteggiamento con la vita, non senza avvisarlo che… Ma qui non ci è lecito di proseguire nella trama.
Va innanzitutto rimarcata l’ambientazione in una Sicilia insolita: non quella inondata dalla luce di campagne e marine, inospitali al mistero, ma un’aspra vetta solitaria, innevata per tutta la durata del film, simbolo dell’isolamento dal mondo, del suo stare in un luogo separato, dove la potenza della magia assume sfumature fiabesche (davvero ispirata la fotografia di Leone Orfeo), attentamente ricercate dal regista (Giuseppe Carleo). Memorabili, ad esempio, colori e luci nelle inquadrature del coro a cappella in una festa religiosa; del lungo episodio girato in una incantata grotta ipogea; del diafano bagno finale di Giovanni e del suo compagno d’armi. (Per la qualità delle immagini e la filologia degli ambienti e del paesaggio, regista e fotografo ci sembrano ideali frequentatori della bottega di Terrence Malick.) Di notevole sapienza drammaturgica la sceneggiatura (scritta dallo stesso Carleo e da Carlo Cannella), articolata con linearità, secondo il canone classico di iniziazione-ascesa-caduta-rinascita dell’eroe-protagonista.
Il film dichiara ampiamente nei titoli il tributo agli studi che l’antropologa Elsa Guggino ha dedicato per anni ai maghi guaritori in Sicilia. Dinnanzi al dualismo fra oleografia (la Sicilia della coppola e del ficodindia) e la didascalia documentaristica (la Sicilia dei sociologi), il film ha trovato una propria e convincente terza via, coraggiosa per un esordio, che potremmo definire “espressionismo fiabesco”: il regista si è astratto dal regionalismo corrivo, quel tanto che gli è occorso per scolpire nei gesti, nelle mimiche dei volti e nella dinamica delle scene la dimensione universale e mitica del soprannaturale, sino a scostare allo stesso tempo, con una sovrabbondante poesia della macchina da presa, la cortina del “reale” (si intende: quello mimetico del contesto della scrittura), affinché la severità dell’arcaico mostrasse anche il suo volto “fiabesco. Una temeraria e riuscita alchimia. Pregevole e intelligente il montaggio (Riccardo Cannella), attento al ritmo pittorico della pellicola.
Produzione, regia, sceneggiatura, interpreti, montaggio, musica (Paolo Brignoli: pregevole e ammaliante nelle ricercate dissonanze), casting, maestranze: tutto fatto in Sicilia, con cura e raffinatezza (il che, in quanto a felice autarchia, non è meno magico di quel che il film racconta…).
Anche i dialoghi sono, per ragionata scelta, in lingua siciliana, opportunamente sottotitolati.
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