
Titolo originale | The Tattooist of Auschwitz |
Anno | 2024 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Gran Bretagna |
Regia di | Tali Shalom-Ezer |
Attori | Jonah Hauer-King, Harvey Keitel, Anna Próchniak, Melanie Lynskey, Mili Eshet Avital Lvova, Andrei Nova, Jonas Nay, Adam Karst, Phénix Brossard, Tallulah Haddon, Joseph Ollman, Ilan Galkoff, Gabriel Constantin, Alexander Terentyev, Paul Boche, Marcel Sabat, Delia Mayer, Thomas Alden, Oleksandr Yatsenko, Maciej Salamon. |
Tag | Da vedere 2024 |
MYmonetro | Valutazione: 4,00 Stelle, sulla base di 1 recensione. |
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Ultimo aggiornamento mercoledì 8 maggio 2024
Dal bestseller "The Tattooist of Auschwitz" di Heather Morris, il racconto di una storia d'amore in uno dei luoghi più bui: un campo di concentramento.
ASSOLUTAMENTE SÌ
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Basata sul bestseller di Heather Morris, la serie racconta la vera storia di Lali, un ebreo slovacco deportato nel 1942 nel campo di concentramento nazista di Auschwitz II-Birkenau. Nel campo, Lali (interpretato da Jonah Hauer-King da giovane e da Harvey Keitel come ottantenne) viene incaricato di marchiare i prigionieri coi numeri di identificazione. Durante questa attività, incontra Gita (Anna Próchniak), un'altra detenuta, e i due si innamorano a prima vista. Nonostante la sorveglianza dell'ufficiale delle SS Baretzki (Jonas Nay), Lali e Gita cercano di sostenersi e proteggersi a vicenda. Decenni dopo, Lali, ormai ottantenne e vedovo, incontra Heather Morris (Melanie Lynskey), una scrittrice esordiente a cui racconta la sua storia d'amore con Gita, rivivendo il passato nel campo.
«Questa è una storia d'amore». Così esordisce Lali Sokolov, interpretato da un ottantenne e magistrale Harvey Keitel, iniziando la sua, a tratti grottesca, intervista con un'infermiera e aspirante scrittrice neozelandese, Heather Morris - reale autrice del bestseller da cui è tratta la nuova serie Sky.
Il tatuatore di Auschwitz nasce da una co-produzione tra Italia, Australia, Stati Uniti e Regno Unito; prodotta da Synchronicity Films e Sky Studios, la serie è - ebbene sì - una vera storia d'amore, se non fosse che a farle da sfondo vi sia la più oscura atmosfera immaginabile: quella del peggior campo di sterminio nazista.
Il tatuatore di Auschwitz pose subito dubbi, sin dalla sua prima pubblicazione, in quanto affrontò gli orrori dell'Olocausto attraverso la lente dell'amore e della sopravvivenza. Il testo, e di conseguenza la serie, solleva soprattutto questioni sulla capacità della finzione di rappresentare adeguatamente un evento storico così atroce. Molte sono state, non a caso, le critiche al testo di Morris - edito nel 2018 e basato su un rapporto personale con il sopravvissuto dal 2003 fino alla sua morte nel 2006 - fondamentalmente incentrate sull'inesattezza di alcuni dati storici e soprattutto sulla liceità di romanzare un evento così complesso e oscuro, semplificandone la portata. Ciononostante, la serie - così come prima il testo - è estremamente efficace nel riportare e nel trasmettere il dramma di alcune delle peggiori atrocità subite dai detenuti nel campo.
La serie intreccia due narrazioni: la prima è quella del passato drammatico di Ludwig "Lali" Eisenberg (Jonah Hauer-King), un giovane ebreo slovacco mandato nel campo di sterminio di Auschwitz II-Birkenau, e il suo racconto di quegli eventi a un'aspirante scrittrice, Heather Morris (Melanie Lynskey), nell'Australia dei primi anni Duemila. Il cupo compito di Lali ad Auschwitz è tatuare i numeri identificativi sulle braccia dei prigionieri. Tra questi c'è Gita Furman, di cui si innamora perdutamente. La loro storia d'amore, coltivata all'ombra della morte e della brutalità costante, diventa per loro un faro di speranza in mezzo a sofferenze inimmaginabili - vengono raccontati gli orrori nel campo, gli omicidi, gli esperimenti clinici; si intrecciano le storie di più gruppi brutalizzati, dai Rom agli omosessuali, alle donne incinte.
Il lavoro di Lali offre a questa coppia, innamorata "assurdamente" in un simile contesto, alcuni vantaggi e l'ufficiale delle SS Stefan Baretzki assicura loro una certa protezione. Nonostante la presenza di una crudeltà indicibile, i due riescono a mantenere la speranza e a sopravvivere.
La seconda linea narrativa avviene attraverso i dialoghi tra il vecchio Lali che, spostatosi in Australia, assunse il cognome Sokolov, ed Heather. Il maggior pregio della serie è la sua capacità di controbilanciare le forti critiche di un'eccessiva semplificazione del substrato narrativo. Ciò viene fatto, innanzitutto, trasformando il personaggio di Morris in una figura grottesca, sopra le righe - se questo era lo scopo, la scelta di Melanie Lynskey è ottima - permettendo così di sorvolare sui problemi di autenticità. La riscrittura, e soprattutto la regia dell'israeliana Tali Shalom Ezer (Princess, My Days of Mercy), permettono infatti di trascurare lo scopo finzionale di raccontare una storia d'amore e di affrontare un tema molto più complesso e molto poco raccontato nei testi, soprattutto audiovisivi, sull'Olocausto: la difficoltà della memoria dei superstiti e, principalmente, la sindrome del sopravvissuto, la survivor guilt che ha accompagnato interamente le vite dei superstiti ebrei.
Grazie a una meticolosa attenzione ai dettagli e all'approccio rispettoso della regista, Il tatuatore di Auschwitz affronta l'ardua sfida di navigare tra verità e finzione affidandosi a un soggetto sotteso e difficilmente raccontabile: il senso di colpa delle vittime. Un sentimento che schiaffeggia costantemente Keitel in faccia - gli occhi dell'attore americano ne sono sempre sopraffatti - e che porta il protagonista a vedere e rivedere oggettivamente le scene più tragiche del suo passato. Il racconto, così, appare una prima volta come lo si è ricordato per anni - e lo si è raccontato a sé stessi per poter vivere - per poi essere confutato e ri-confutato, rivisto e re-interpretato, per raggiungere una verità personale che non si riesce mai, veramente, bene a cogliere.
In questo la serie eccelle più di molti altri racconti sull'Olocausto, appoggiandosi sulle inestimabili interpretazioni di Keitel e Hauer-King e sulle musiche di Hans Zimmer, permettendo allo spettatore di assistere a una storia che combina la memoria con una narrazione attuale, ovvero che riattualizza il dramma, lo rende nuovamente vicino, e quindi adatto a ri-memorizzare il trauma storico.