giovanni m.
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domenica 16 marzo 2025
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stavolta clint ha toppato
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Sinceramente non capisco tutto l'entusiasmo di molti utenti verso questo film...un prodotto che è molto lento nella narrazione, non ha la verve di un vero legal thriller (gli avvocati sono di una mosceria inaudita) e non riesce a esternare a pieno il contrasto emotivo del protagonista ... penso il peggiore film di Clint Eastwood che io abbia mai visto...bocciatissimo!!!
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ivan il matto
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domenica 2 marzo 2025
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e la giustizia sta a guardare
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E’ consolante accorgersi che a 94 anni qualcuno possa ancora avere le energie per pensare e girare un legal thriller del calibro di “Giurato numero 2”, se poi quel qualcuno si chiama Clint Eastwood, ed è alla sua quarantaduesima regia, allora tutti i conti tornano. Già nel lontano 1957 Sidney Lumet aveva dato “La parola ai giurati”, entrando in una complessa camera di consiglio, dove un giurato si metteva, da solo, contro tutti gli altri. Ma qui il regista di San Francisco aggiunge temi e sfaccettature ulteriori. Intanto un clima ‘southern’ (siamo in Georgia) come in “Mezzanotte nel giardino del bene e del male”, la parabola di un individuo tormentato fra delitto e castigo, un bisogno laico di confessione e redenzione per un omicidio avvenuto su un ponte reiteratamente inquadrato, come quelli di “Madison Couty”.
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E’ consolante accorgersi che a 94 anni qualcuno possa ancora avere le energie per pensare e girare un legal thriller del calibro di “Giurato numero 2”, se poi quel qualcuno si chiama Clint Eastwood, ed è alla sua quarantaduesima regia, allora tutti i conti tornano. Già nel lontano 1957 Sidney Lumet aveva dato “La parola ai giurati”, entrando in una complessa camera di consiglio, dove un giurato si metteva, da solo, contro tutti gli altri. Ma qui il regista di San Francisco aggiunge temi e sfaccettature ulteriori. Intanto un clima ‘southern’ (siamo in Georgia) come in “Mezzanotte nel giardino del bene e del male”, la parabola di un individuo tormentato fra delitto e castigo, un bisogno laico di confessione e redenzione per un omicidio avvenuto su un ponte reiteratamente inquadrato, come quelli di “Madison Couty”. Savannah, Georgia, un solo giurato, il numero 2, si mette contro gli altri 11 che devono giudicare l’assassinio di una ragazza da parte del suo violento compagno, una notte, sul fosso di una strada maledettamente piovosa. Ma quella stessa notte il medesimo giurato non era in casa e combatteva, ancora, contro l’alcolismo. Cosa ne emerge? Un giallo? Un thriller? Un ammirevole apologo sulla possibile/impossibile coincidenza fra giustizia e verità? Comunque la mettiamo un film perfetto, benché ‘piccolo’, secondo l’asciutto stile Malpaso (casa di produzione fondata dallo stesso Eastwood) delle ultime pellicole, da qualunque angolazione lo si osservi. Impaginazione da grande cinema classico dai tempi dilatati; giusta tensione emotiva per intercettare il grande pubblico; la maturità di chi ha una precisa visione del mondo (la si condivida o meno), volando alto verso l’essenzialità di un racconto morale. Irreprensibili i due interpreti principali: Nicholas Hoult, l’angosciato Justin, (già apprezzato co-protagonista dell’ultimo “Nosferatu” di Robert Eggers) che regge con disinvoltura gli interminabili primi piani del regista sui suoi occhi ‘azzurro liquido’; Tony Collette, l’avvocato dell’accusa, destinato a diventare procuratore distrettuale, che evidenzia una padronanza incredibile della sua mimica facciale. L’ennesimo film terminale del ‘nostro’ Clint (ricordate gli spaghetti western?) dopo “Gran Torino”, ci mostra quanto sia più faticoso il dubbio rispetto ai facili dogmi, ed in questo senso vanno lette le due inquadrature (iniziale e finale) della Dea bendata Dike: presso i greci emblema della giustizia
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felicity
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venerdì 10 gennaio 2025
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sulla contrapposizione tra etica e morale
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Giurato numero 2 è un legal-thriller da manuale, di quelli che hanno un po’ il sapore degli anni ’90, l’età d’oro del genere giudiziario al cinema e di autori di bestseller come John Grisham. In realtà Giurato numero 2 è un sentito omaggio ad un film che ha precorso quei tempi ovvero La parola ai giurati di Sidney Lumet.
Giurato numero 2 ha tutto il fascino che ha fatto del crime televisivo un genere tanto in voga e ingloba in sé molto della personalità di Eastwood autore.
In questo caso Eastwood dirige da una sceneggiatura originale e il risultato è un racconto che si fruisce tutto d’un fiato, senza colpi di scena eclatanti, ma non per questo meno sorprendente nel suo epilogo, che ci ricorda che alla fine sono le persone che compongono quell’ingranaggio chiamato giustizia a fare quasi sempre la differenza, sia nel bene che nel male.
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alberto
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giovedì 9 gennaio 2025
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eastwood....
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per tutto il film il signor Eastwood è riuscito a farmi i cazzate!
Gran regista capace di sostenere la più evidente delle irrealtà degli Usa, e cioé, la giustizia che vince sopra ogni cosa. Mi piace pensare di aver visto un gran bel film e basta!
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freerider
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giovedì 9 gennaio 2025
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avvincente e sobrio court drama
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Confesso di avere un po’ sofferto, in passato, la grande classicità di Clint Eastwood e forse anche una sua certa accentuazione drammatica della narrazione. Proprio per questo motivo tengo invece ad esprimere la mia piena soddisfazione per questo "Giurato numero 2", un lavoro molto sobrio e ottimamente scritto, durante la cui visione non mi sono distratta un attimo. Sceneggiatura dinamica nonostante i canoni del courtroom drama, personaggi ben orchestrati, tutti caratterizzati in modo plausibile e con rispetto, equilibrio narrativo e una buona tensione distribuita lungo l’intero svolgimento. Un bel film, che poggia su un dilemma morale che potrebbe effettivamente capitare a chiunque e che vale anche una ripetuta visione per apprezzarne al meglio la precisione di scrittura.
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Confesso di avere un po’ sofferto, in passato, la grande classicità di Clint Eastwood e forse anche una sua certa accentuazione drammatica della narrazione. Proprio per questo motivo tengo invece ad esprimere la mia piena soddisfazione per questo "Giurato numero 2", un lavoro molto sobrio e ottimamente scritto, durante la cui visione non mi sono distratta un attimo. Sceneggiatura dinamica nonostante i canoni del courtroom drama, personaggi ben orchestrati, tutti caratterizzati in modo plausibile e con rispetto, equilibrio narrativo e una buona tensione distribuita lungo l’intero svolgimento. Un bel film, che poggia su un dilemma morale che potrebbe effettivamente capitare a chiunque e che vale anche una ripetuta visione per apprezzarne al meglio la precisione di scrittura.
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jean
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lunedì 6 gennaio 2025
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un film tecnicamente fatto bene.
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Tutti sono innocenti fino a prova contraria, questo è il "leitmotiv" della pellicola e il capostipite dello stile di Eastwood, che racconta la storia dell'America o degli americani (come ad esempio capolavori come American Sniper o Gran Torino) tracciando un'identità con i suoi personaggi che si riducono alla mera contrapposizione tra bene e il male, questa complessità si riflette anche nella costruzione e nella natura dei protagonisti delle sue opere: eroi ed anti eroi pieni di contraddizioni così come la realtà nella quale sono calati.
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Tutti sono innocenti fino a prova contraria, questo è il "leitmotiv" della pellicola e il capostipite dello stile di Eastwood, che racconta la storia dell'America o degli americani (come ad esempio capolavori come American Sniper o Gran Torino) tracciando un'identità con i suoi personaggi che si riducono alla mera contrapposizione tra bene e il male, questa complessità si riflette anche nella costruzione e nella natura dei protagonisti delle sue opere: eroi ed anti eroi pieni di contraddizioni così come la realtà nella quale sono calati.
Erano anni che non si vedeva un film così valido, dove lo spettatore è finalmente coinvolto e non annoiato da inquadrature statiche, da soliti “campo e controcampo” in una conversazione a due, qui Eastwood sperimenta, muove la macchina da presa, usa le inquadrature in soggettiva, tiene lo spettatore anche il più distratto sempre sul pezzo anche grazie al Blocking (come vengono disposti gli attori sul set) e come posiziona la macchina da presa.
La trama è avvincente, ma verso la fine della pellicola il climax cala un po' di ritmo.
Una fotografia che rispecchia lo stile del regista,come in quasi tutte le sue pellicole, essenziale e minimalista, così come le colonne sonore e la sceneggiatura, tutto in modo semplice.
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pintaz
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giovedì 2 gennaio 2025
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la verita'' non e'' giustizia
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Dalla prima inquadratura, magnifica, si possono già intuire le “avvisaglie” sull’ultimo (davvero?) ennesimo capolavoro del vecchio Clint.
La Spada, la Bilancia e la Benda sugli occhi!
Themis, Dea della Giustizia, che si manifesterà varie volte durante il film, verrà sovrapposta, dopo il primo ciak, a una donna anch’essa con la benda sugli occhi.
Ci accorgiamo che staremo per assistere a una pellicola all’interno della medesima.
È la moglie di Justin Kemp (bravissimo Nicholas Hoult) in procinto di scoprire la cameretta del figlio, che nascerà a breve, che il marito ha allestito per farle una sorpresa.
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Dalla prima inquadratura, magnifica, si possono già intuire le “avvisaglie” sull’ultimo (davvero?) ennesimo capolavoro del vecchio Clint.
La Spada, la Bilancia e la Benda sugli occhi!
Themis, Dea della Giustizia, che si manifesterà varie volte durante il film, verrà sovrapposta, dopo il primo ciak, a una donna anch’essa con la benda sugli occhi.
Ci accorgiamo che staremo per assistere a una pellicola all’interno della medesima.
È la moglie di Justin Kemp (bravissimo Nicholas Hoult) in procinto di scoprire la cameretta del figlio, che nascerà a breve, che il marito ha allestito per farle una sorpresa. La caduta della fascia, successivamente, ci porterà a intravedere il punto di vista della consorte nei confronti dell’uomo amorevole con un passato di alcolista.
Una notte Kendall è stata trovata senza vita in un dirupo a lato di una strada. Della morte è accusato James, il fidanzato, con cui poco prima aveva avuto un violento litigio. Il destino di quest’ultimo dipende dal verdetto di 12 giurati.
Di colpo, il primo impatto, ricorda il film del 1957 “La parola ai Giurati”, pellicola in bianco e nero di Sidney Lumet. Solo per i cinefili, ricordo che la trama si discostava solo in parte. La morte di un uomo con il figlio accusato di esserne l'assassino. Il verdetto deve essere espresso all'unanimità, poiché se così non fosse porterebbe alla ripetizione del processo. I dodici giurati dall'aula del tribunale si dirigono verso la stanza in cui svolgeranno il proprio lavoro e dove, discutendo il caso, conosceranno la personalità l'uno dell'altro. All'inizio il raggiungimento della consonanza sembra semplice: per votazione esplicita 11 giurati si esprimono a favore della colpevolezza, mentre il giurato numero 8 vota per l'assoluzione, dichiarandosi in realtà dubbioso. Non solo per la cronaca, ricordiamo un giovanissimo Henry Fonda semplicemente inarrivabile. Da vedere.
Ritorniamo a noi.
“Giurato numero 2” è un continuo andirivieni sull’emotività del visibile e dell’invisibile. Cosa siamo disposti a vedere per non scoprire realtà inavvicinabili? Della Dea Themis, così come della moglie Allison, abbiamo già parlato con le rispettive bende sugli occhi. Anche il protagonista abbacinato dal temporale, il pubblico ministero Faith (eccezionale Toni Collette) accecata dalla carriera per non parlare del testimone chiave confuso dalla distanza indirizzato dalla polizia sull’unico indiziato. Tutti ciechi. Sembra un film a “rimpiattino” dove l’ottuso ottenebramento dei personaggi è talmente evidente da chiedersi, spudoratamente, cosa vogliano vedere davvero nei punti presumibilmente sfocati che Eastwood gli e ci mette davanti agli occhi.
Grazie ai flash-back durante il processo, si evidenzia che Justin è l’involontario criminale che ha ucciso la ragazza credendo, durante un diluvio notturno, di aver urtato un cervo. La propria innocenza termina lì. Sarà un susseguirsi di ritmi calzanti che porteranno il giurato numero 2 a cercare di allontanare gli indizi verso di sé e a ripulire la propria coscienza anche verso la moglie e il figlio appena nato.
Se la verità, a differenza della giustizia appare indimostrabile e il giudizio equivale tanto quanto un pregiudizio, come è possibile emettere una sentenza giusta? O solo una sentenza definitiva? Può esistere una etica al di fuori della coscienza morale, oppure a quella individuale di Dio?
Domande a cui i giurati, diventati 11 per la ricerca della verità di un ex poliziotto (non casuale), non inseguono in quanto più che la soluzione finale mirano al consenso personale come due fazioni in continua lotta fra loro.
Il bene e il male, il giusto e l’indebito, e, per ricordare il mentore di Clint Sergio Leone, il cattivo e il buono, insieme al brutto.
A novantaquattro anni Eastwood ha realizzato un film straordinario con cui fa necessariamente i conti con la propria coscienza riportandoci, con la sua cinematografia, a una riflessione molto personale sulla solitudine degli uomini con la ricerca ossessiva (ricordiamo Gran Torino) della verità che deve obbligatoriamente andare a braccetto alla giustizia, volte anche personale per ideologia.
Nel recensire un film penso sia un dovere non spoilerare il finale e non lo farò. Mi si consenta però una lieve divagazione sulla scena finale dove due sguardi si inchiodano l’uno con l’altro.
Non so se l’ho sentito solo io (una suggestione?) o se invece in un impercettibile sussurro di sottofondo ho potuto udire il carillon con cui il bimbo appena nato è intento al gioco. Inevitabilmente sono stato riportato ai dettagli che per alcuni registi sono tutto. Come ho accennato prima, il riferimento a Leone non mi appare così velato. Ogni oggetto in scena racconta in silenzio una parte della storia, o addirittura ne è la chiave dello svolgimento. Questo accadde anche in “Per Qualche Dollaro in Più”, un film nel quale un carillon segnava il confine tra la vita e la morte, una sinfonia malinconica contro l’ingiustizia di una scomoda verità. Eppure anche quella fiaba fu raccontata in maniera spietata e romantica, per un finale nel segno degli onesti così come nel “Giurato numero 2”.
Del resto, si dice che padre tempo operi in silenzio; la bilancia, in fondo, può pesare soltanto l’identico con l’identico…
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amgiad
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martedì 31 dicembre 2024
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eastwood ci mancher
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Pagato il tributo a Lumet, Eastwood introduce un ulteriore elemento destabilizzante. Ferme restando le considerazioni sulla qualità delle persone che vengono prescelte per far parte di una giuria, per la maggior parte con poca voglia di valutare gli elementi processuali ma soprattutto esse risultano interessate a chiudere il giudizio velocemente. La necessità principale è poter tornare presto alle proprie occupazioni o ai propri affari, il regista ci mostra che il responsabile dell' accaduto non è seduto dietro il banco della difesa ma al tavolo della giuria. Con questo artificio egli scava nelle nostre coscienze e ci chiede: cosa fareste al suo posto? Altro non dico perché dovete vederlo.
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Pagato il tributo a Lumet, Eastwood introduce un ulteriore elemento destabilizzante. Ferme restando le considerazioni sulla qualità delle persone che vengono prescelte per far parte di una giuria, per la maggior parte con poca voglia di valutare gli elementi processuali ma soprattutto esse risultano interessate a chiudere il giudizio velocemente. La necessità principale è poter tornare presto alle proprie occupazioni o ai propri affari, il regista ci mostra che il responsabile dell' accaduto non è seduto dietro il banco della difesa ma al tavolo della giuria. Con questo artificio egli scava nelle nostre coscienze e ci chiede: cosa fareste al suo posto? Altro non dico perché dovete vederlo. L' unica cosa che mi è meno piaciuta è la chiusura della vicenda. Capisco che è stato necessario perché negli Stati Uniti questo vogliono, ripercorrere il mito dei buoni che alla fine vincono sempre, ma senza la scena finale il pugno nello stomaco avrebbe fatto più male.
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venerdì 27 dicembre 2024
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ma scrivere meno e farsi capire di pi
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Recensione prolissa, ridondante, confusionaria.....ci si stanca a leggerla e non viene voglia di andare a vedere il film.
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dreamers
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giovedì 26 dicembre 2024
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per essere giusti...
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Per essere giusti... Giurato Numero 2 non è certo un capolavoro e, tanto meno, uno dei migliori film di Clint Eastwood. Ci piacerebbe poter dire il contrario (anche per dare un senso alla freddda uscita notturna) ma questa è, per l'appunto, la Giusta Verità. Il film è un prodotto appena corretto, onestamente incriccato per tutto il tempo a un bivio narrativo impossibilitato a svolte, balzi, imprevedibili sviluppi... Si sa tutto subito e si finisce col non saperne di più. La sceneggiatura, insomma, non è all'altezza della regia che, per quanto ben sistemata su tutti i cliché del genere processuale, a sua volta ben accasato in camera di consiglio (secondo l'antica scuola di Sidney Lumet.
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Per essere giusti... Giurato Numero 2 non è certo un capolavoro e, tanto meno, uno dei migliori film di Clint Eastwood. Ci piacerebbe poter dire il contrario (anche per dare un senso alla freddda uscita notturna) ma questa è, per l'appunto, la Giusta Verità. Il film è un prodotto appena corretto, onestamente incriccato per tutto il tempo a un bivio narrativo impossibilitato a svolte, balzi, imprevedibili sviluppi... Si sa tutto subito e si finisce col non saperne di più. La sceneggiatura, insomma, non è all'altezza della regia che, per quanto ben sistemata su tutti i cliché del genere processuale, a sua volta ben accasato in camera di consiglio (secondo l'antica scuola di Sidney Lumet...), gioca al meglio le quattro carte pescate dal mazzo. L'esito è un lungo sbadiglio, insieme al pensiero che un film così non ci lascerà un ricordo più solido dell'ultima serie Netflix abbandonata al terzo episodio...
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