felicity
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lunedì 5 agosto 2024
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la ricerca del tempo perduto
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Aftersun è sicuramente un film sul tempo, sul tempo della vacanza (idillio ma anche tempo identico, in loop, che non avanza, ma improvvisamente termina) come metafora e sulla ricerca del tempo perduto come lavoro che ha valore per sé, senza illusioni di resurrezione.
Aftersun è un grande film di continue dissimulazioni che riflette sul peso traumatico della verità e che, anche per questo, si diverte a truccare costantemente le carte, a nascondere la sua vera natura, i suoi percorsi, come se fossero troppo complessi da gestire.
Il film si presenta come un racconto di formazione a due voci dall’afflato generazionale, tutto pensato in sottrazione, retto dall’evidente chimica tra Paul Mescal e la piccola Frankie Corio, ma Aftersun è soprattutto una lucida e sistematica riflessione sull’opacità dell’immagine cinematografica.
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Aftersun è sicuramente un film sul tempo, sul tempo della vacanza (idillio ma anche tempo identico, in loop, che non avanza, ma improvvisamente termina) come metafora e sulla ricerca del tempo perduto come lavoro che ha valore per sé, senza illusioni di resurrezione.
Aftersun è un grande film di continue dissimulazioni che riflette sul peso traumatico della verità e che, anche per questo, si diverte a truccare costantemente le carte, a nascondere la sua vera natura, i suoi percorsi, come se fossero troppo complessi da gestire.
Il film si presenta come un racconto di formazione a due voci dall’afflato generazionale, tutto pensato in sottrazione, retto dall’evidente chimica tra Paul Mescal e la piccola Frankie Corio, ma Aftersun è soprattutto una lucida e sistematica riflessione sull’opacità dell’immagine cinematografica.
Perché quando quegli allegri video vengono completati dai ricordi di Sophie, ci si rende conto che Callum è sé stesso solo nel fuori campo: piange disperato quando Sophie non c’è, si perde nei pensieri quando la piccola dorme, si getta in mare di notte, quando nessuno vede.
Forse la verità si può solo sfiorare. Anche le immagini riprese da Sophie sono intrinsecamente false perché distorte dal ricordo e non possono evitare di caricarsi del trauma di Paul, non possono che ragionare della loro ambiguità.
Ovvio allora che i momenti migliori sono quelli in cui l’uomo si offre allo spettatore in tutta la sua imperfezione, costantemente indeciso se trattare Sophie come una sorella o come una figlia, insicuro, ma soprattutto incoerente.
Aftersun è un film abissale, l’esordio di una regista straordinariamente consapevole delle spigolosità dello spazio in cui sta operando e pronta a raccontarlo senza filtri, esorbitando addirittura in un finale tanto “impossibile” quanto cinico.
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mr.mri
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martedì 11 giugno 2024
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come polvere sotto un tappeto
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La depressione di Calum è tratteggiata con rara intelligenza e verosimiglianza. La nasconde in fondo al suo cuore ogni volta che guarda Sophie con gli occhi pieni d'amore di un padre che non sa se, quando o in quale stato rivedrà più sua figlia dopo questo viaggio. Il viaggio di un padre che non può, non vuole o forse non riesce a trovare le parole per descrivere a sua figlia (11enne) questo mostro che si porta dentro e che lo allontana dalla vita. Questo viaggio (con telecamera) è forse l'ultimo regalo, la necessità di lasciare una traccia, o forse l'ultimo tentativo di aggrapparsi alla vita o di chiedere scusa.
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La depressione di Calum è tratteggiata con rara intelligenza e verosimiglianza. La nasconde in fondo al suo cuore ogni volta che guarda Sophie con gli occhi pieni d'amore di un padre che non sa se, quando o in quale stato rivedrà più sua figlia dopo questo viaggio. Il viaggio di un padre che non può, non vuole o forse non riesce a trovare le parole per descrivere a sua figlia (11enne) questo mostro che si porta dentro e che lo allontana dalla vita. Questo viaggio (con telecamera) è forse l'ultimo regalo, la necessità di lasciare una traccia, o forse l'ultimo tentativo di aggrapparsi alla vita o di chiedere scusa. Un malessere che spegne la luce e che Calum (almeno in questo viaggio) prova a nascondere come polvere sotto un TAPPETO.
Il contraltare è l'innocenza di Sophie, l'ingenuità, la solarità e la trasparenza, di una ragazzina che forse ancora non ha assorbito del tutto la separazione dei genitori e i problemi economici del padre.
La direzione degli attori è di altissimo livello. Molte le scene in cui il soggetto non è al centro dell'inquadratura, è ai margini, è decentrato, va ricercato nei riflessi (tv, specchi, vetri), negli angoli, perchè il soggetto è spesso il silenzio, il non detto, come fosse un puzzle da ricomporre. Il finale finto-aperto o per alcuni semi/aperto, è forse meno mainstream di un esplicita chiosa con lacrimoni, ma ti lascia un reale e verosimile senso di vuoto. Il vuoto di un rapporto col padre che in qualche modo (suicidio o no) non c'è stato e che Sophie adulta prova a riempire riguardando le immagini di quel viaggio.
Per me un film difficile (specie per un opera prima), ambizioso, sentito, ragionato e oggettivamente molto bello.
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matteo_moscarda
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venerdì 17 marzo 2023
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nostalgia precoce di una felicità idealizzata
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"Aftersun" parte male, extra-testualmente, con un titolo dal duplice significato simbolico (la crema solare come emblema delle premure paterne, ma anche la persistenza delle immagini nella retina) e però per nulla elegante, evocativo né memorabile. Al netto di ciò, la prima impressione è quella di ritrovarsi davanti all'ennesimo esercizio manieristico intorno agli stilemi del cinema d'autore: lentezza, dialoghi frammentari, finta sporcizia delle immagini, inquadrature fintamente casuali, musica esclusivamente intradiegetica, prove attoriali sfuggenti, struttura episodica all'apparenza priva di climax. Gli attori che interpretano padre e figlia sono bravi, evitano sempre la performance sopra le righe, e come sempre succede in questi casi la loro bassa o nulla notorietà aiuta lo spettatore a sospendere l'incredulità.
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"Aftersun" parte male, extra-testualmente, con un titolo dal duplice significato simbolico (la crema solare come emblema delle premure paterne, ma anche la persistenza delle immagini nella retina) e però per nulla elegante, evocativo né memorabile. Al netto di ciò, la prima impressione è quella di ritrovarsi davanti all'ennesimo esercizio manieristico intorno agli stilemi del cinema d'autore: lentezza, dialoghi frammentari, finta sporcizia delle immagini, inquadrature fintamente casuali, musica esclusivamente intradiegetica, prove attoriali sfuggenti, struttura episodica all'apparenza priva di climax. Gli attori che interpretano padre e figlia sono bravi, evitano sempre la performance sopra le righe, e come sempre succede in questi casi la loro bassa o nulla notorietà aiuta lo spettatore a sospendere l'incredulità. D'altronde c'è ben poco a cui non credere: non sono narrati eventi degni di nota, e il piglio registico, per una buona metà dell'opera, oscilla tra il documentario e le logiche sconclusionate tipiche di certi cortometraggi. Non stupisce che, come si evince dai commenti sui social, molti spettatori l'abbiano trovato noioso: se l'argomento non interessa in modo personale, se non ci si immedesima in una delle due controparti, è facile immaginare una sensazione di disorientamento da parte dello spettatore. Ma tutto ciò che in "Aftersun" sembra uno stilema di un cinema d'autore oggi in via d'estinzione è in realtà colmo di significato, ed è questo a fare il grande cinema, a differenziare un testo stratificato e significante da quelle seriose parodie che oggi fanno gridare al capolavoro e che un tempo sarebbero state ascritte al genere del midcult. L'importanza delle tacite riflessioni sul nostro rapporto con gli audiovisivi diventa evidente soltanto a partire dalla scena in cui il padre, incapace di passare del tempo di qualità con la figlia, dieci minuti dopo si ritrova da solo nella loro camera a riguardare un filmato (di soli quindici minuti prima!) nel quale la figlia appare comunque felice: si tratta di una rappresentazione eccellente di quella nostalgia precoce per una felicità idealizzata che nella nostra epoca, a distanza di trent’anni dal presente della narrazione, ha raggiunto ormai i connotati di una sindrome. C'è anche un momento, verso la metà del lungometraggio, nel quale all'improvviso vengono adottati strumenti fuori registro, come la distorsione della musica (“Tender” dei Blur) o una maggiore insistenza prolettica: ecco che valichiamo i confini del cinema verità e siamo catapultati in una predizione del presente in tutta la sua nevrosi, in tutto il suo perturbante. Ma per tutto il film le trovate si susseguono senza essere mai sottolineate: il padre che chiede alla figlia se vuole un'altra bevanda analcolica per auto-legittimarsi a concedersi un'altra birra, questa è soltanto una delle numerosissime raffinatezze che fanno di “Aftersun” un testo di gran lunga più raffinato e intelligente della media. Sono appunto raffinatezze: il pubblico non le nota, e se le nota non le apprezza, e si chiede quando arriverà un momento di maggiore pathos, qualche urlo disperato, una scena di violenza, qualcosa che lo distragga da una rappresentazione onesta del malessere; ma quei momenti non arrivano mai, e così lo spettatore medio riferisce di aver provato soltanto noia. Da un lato “Aftersun” è un film per tutti, commovente ma mai stucchevole, intimo ma non morboso, psicologico ma non psicanalizzante; dall'altro, per via della sua confezione all'apparenza modesta, è un film grandioso che supererà la prova del tempo e che guadagnerà soltanto con gli anni lo status che merita.
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clavius
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venerdì 24 febbraio 2023
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quello che doveva essere un corto...
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La critica che lo ha assurto ad opera dell'anno, non capisco davvero che cosa abbia visto. Unica attenuante è che si tratti di una opera prima. Per il resto una terribile noiosa e cronachistica storia, che vorrebbe rappresentare il rapporto irrisolto tra un padre ed una figlia. Per farlo si ricorre all'ultima vacanza passata insieme fatta di episodi per lo più banali, di immagini in super8, di dialoghi soporiferi. Stupisce anche la fattura della pellicola, che non si distingue certo per originalità.
Sarebbe stato tuttalpiù un buon cortometraggio. Poteva durare una ventina di minuti, ma la regista ha deciso di stirarlo e trascinarlo stancamente per più del dovuto, trasformando una storia inizialmente semplice e banalotta in una tortura.
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silvia gasparini
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domenica 12 febbraio 2023
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deludente
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Molto dolce il rapporto tra padre e figlia durante la loro vacanza, ma il film non fa uno scatto in avanti, non spiega il dolore sottaciuto del padre, né che cosa fosse accaduto o come si sia sviluppato, dopo, il rapporto tra i protagonisti. Alla fine appare solo la cronaca di una vacanza. Per me è stato deludente, soprattutto dopo le critiche entusiastiche che ho letto.
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giovanni_b_southern
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sabato 4 febbraio 2023
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bello
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Ottimo Film. Nulla da dire. Consigliato. Ps sulla recensione rimando al pezzo di mymovies. Come spettatore dico : da vedere
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domenica 15 gennaio 2023
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aftersun
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Dopo aver letto questa recensione magnifica sono corsa a vedere il film e l’ho trovato, d’accordo con le tre persone che erano con me, assolutamente non all’altezza della recensione. Sono rimasta molto delusa.
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stefano capasso
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giovedì 12 gennaio 2023
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un dolore che prosegue nel tempo
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In una località marina del sud della Turchia Sophie, 11 anni, e suo padre Callum che ne ha 20 in più stanno trascorrendo le loro vacanze estive in un villaggio tutto incluso. Callum non vive più da tempo con la mamma di Sophie, e queste sono le rare occasioni in cui può stare insieme alla figlia. Nonostante la voglia di condivisione, per i due è difficile creare una vera e propria intimità e questo tiene sempre aperta la ferità della mancanza in Sophie.
Charlotte Wells racconta una storia semplice e comune in un modo complesso nel tentativo di accentuare il dolore dell’adolescente per la mancanza del padre.
Allora al tempo dell’azione che è situato negli anni ’90 si alterna il tempo attuale dove la protagonista attuale rivive i momenti di quella vacanza.
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In una località marina del sud della Turchia Sophie, 11 anni, e suo padre Callum che ne ha 20 in più stanno trascorrendo le loro vacanze estive in un villaggio tutto incluso. Callum non vive più da tempo con la mamma di Sophie, e queste sono le rare occasioni in cui può stare insieme alla figlia. Nonostante la voglia di condivisione, per i due è difficile creare una vera e propria intimità e questo tiene sempre aperta la ferità della mancanza in Sophie.
Charlotte Wells racconta una storia semplice e comune in un modo complesso nel tentativo di accentuare il dolore dell’adolescente per la mancanza del padre.
Allora al tempo dell’azione che è situato negli anni ’90 si alterna il tempo attuale dove la protagonista attuale rivive i momenti di quella vacanza. Abbiamo, inoltre un “non tempo”, quello dei filmati fatti durante quella vacanza con una piccola telecamerina, che documentano molto di quel momento. Le immagini della telecamera, riportano, uniche, allo statuo delle immagini degli anni 90, sgranate e in 4:3 e possono essere collocate, in termini di spettatore che le vede, sia nel tempo dell’azione sia nel tempo presente, costituendo l’unico vero punto in comune tra passato e presente. Sono le immagini a rappresentare il dolore per una mancanza mai compresa.
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kafel000 k
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venerdì 6 gennaio 2023
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gli inglesi possono solo produrre fantasy
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Pessimo. Non ho trovato nulla, se non la noia di una classica vacanza inglese nel classico resort in Turchia , gli inglesi possono solo produrre fantasy.
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