Dal deserto alla città del cinema un road movie made in China
di Emiliano Morreale La Repubblica
Annunciato a Berlino 2020, ritirato all' ultimo momento per ragioni tecniche e un sospetto di censura, uscito infine un anno fa con alcune scene, pare, rigirate, il film di Zhang Ymou, che sembrava da tempo una figura ufficiale del cinema cinese (aveva girato la cerimonia di inaugurazione delle Olimpiadi di Pechino), segna un ritorno alle sue origini, al ripensamento del passato nazionale e in particolare al periodo della rivoluzione culturale. Protagonisti un uomo e una ragazzina dai capelli arruffati alla ricerca, per motivi diversi, di una bobina con un cinegiornale.
Scopriremo man mano perché: lei vorrebbe usare la pellicola come paralume per il fratellino che legge la sera, lui (evaso da un campo di lavoro) ha saputo che in quel cinegiornale è ripresa sua figlia, che non vede da due anni e non può vedere dopo il divorzio. Il film comincia nel deserto, che i protagonisti devono attraversare a piedi per raggiungere la città del cinema, dove il proiezionista adempie con scrupolo il proprio compito.
Il road movie piuttosto mosso, con confronto adulto/ bambina, si mescola subito a toni fiabeschi. E certo c' è la tentazione di vedere in controluce metafore storiche e politiche; ma in realtà, per gli spettatori occidentali, quello che risalta davvero è l' omaggio al cinema, al suo valore di traccia e di evasione, al suo essere prossimo e irraggiungibile. Alla pellicola, soprattutto, quella cosa che oggi non c' è più e che viene resa con tutto il senso tattile del suo scorrere e prendere la luce, in alcune bellissime sequenze: sparpagliata e rovinata al vento di una strada polverosa, rigata sullo schermo mentre fa scorrere le immagini degli assenti, e ancora nel finale, che non riveliamo.
Da La Repubblica, 16 dicembre 2021
di Emiliano Morreale, 16 dicembre 2021