luca scialo
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sabato 30 gennaio 2021
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quando il calcio diventa l'unica ragione di vita
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Sandro è il leader di un gruppo di ultras del Napoli: gli Apache. Ma è costretto a saltare le partite poiché ha subito la Daspo. Con lui c'è spesso Angelo, che vorrebbe avviarsi alla stessa "carriera" ma Sandro cerca di tenerlo lontano. Anche perché già il fratello più grande ha perso la vita per la sua fede estrema. Del resto, lui stesso sta cercando di uscirne definitivamente, ormai non più giovane e già con precedenti penali. A spingerlo in questa scelta è anche la conoscenza di Terry, una donna travolgente, piena di vita. Che non ci tiene a conoscere il suo passato. Quel passato che però torna sempre e finisce di nuovo per inghiottirlo. Sebbene il film sfrutti palesemente il filone "Gomorra", fatto di film con protagonisti dalle storie difficili provenienti dal degrado della città Napoli, da sempre "bellezza ed inferno" (sempre per citare Saviano), cerca di farlo da una prospettiva diversa: il tifo estremo.
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Sandro è il leader di un gruppo di ultras del Napoli: gli Apache. Ma è costretto a saltare le partite poiché ha subito la Daspo. Con lui c'è spesso Angelo, che vorrebbe avviarsi alla stessa "carriera" ma Sandro cerca di tenerlo lontano. Anche perché già il fratello più grande ha perso la vita per la sua fede estrema. Del resto, lui stesso sta cercando di uscirne definitivamente, ormai non più giovane e già con precedenti penali. A spingerlo in questa scelta è anche la conoscenza di Terry, una donna travolgente, piena di vita. Che non ci tiene a conoscere il suo passato. Quel passato che però torna sempre e finisce di nuovo per inghiottirlo. Sebbene il film sfrutti palesemente il filone "Gomorra", fatto di film con protagonisti dalle storie difficili provenienti dal degrado della città Napoli, da sempre "bellezza ed inferno" (sempre per citare Saviano), cerca di farlo da una prospettiva diversa: il tifo estremo. La morale comunque c'è e la storia lancia un monito verso chi sta muovendo i primi passi verso una realtà che comunque si sta estinguendo grazie alle leggi più dure in materia. Infatti, il clima è più da anni '80 e da tempi di Maradona, ma è riferito ai giorni nostri. Sullo sfondo i campi flegrei, che di bellezza ed inferno se ne intendono. Luogo dai panorami mozzafiato e dalla leggenda che vuole, secondo Virgilio, l'ingresso dell'inferno proprio in uno dei suoi laghi.
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hulk1
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martedì 24 marzo 2020
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diseducativo
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Film che sfrutta Napoli ormai terra di gomorre caparre , paranze etc. Non è un film sul calcio, in Italia argomento sacro e tabu, ma su di un vecchio rimbambito che come i delinquenti del noir francese vorrebbe andare in pensione. Questi non studiano , non lavorano non fanno una beata mazza ma hanno macchine, moto ,droga dove li prendono i soldi.
Stanno sdraiati al sole, scopano, si ubriacano poi vanno a fare casino con la scusa del pallone. Il rimbambito deve firmare in questura perchè sottoposta a daspo, in questo modo lo stadio, gli imbecilli, i criminali possono rimanere sullo sfondo, di conseguenza abbiamo la solita storia dei vecchi noir appunto, non si capisce al sollito una parola di quello che si urlano e sputano in faccia, un filmaccio, diseducativo e retorico.
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diego santangelo
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venerdì 3 aprile 2020
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poetico profondo avvincente
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Pur se inserito totalmente nel filone che nasce dal primo Gomorra, quello di Garrone per intenderci che fa da padre ad una figliolanza di serie imbastardite poi dal retrogusto televisivo, il primo film di Lettieri è la testimonianza di una capacità di fare film di spessore e che trova a Napoli e nel sud sempre più la sua terra di elezione, il substrato umano e intellettuale per raccontare storie che vanno ad aderire alla realtà come una seconda pelle. Allora la fiction scompare e un realismo sconvolgente ti schiaccia fisicamente in un mondo ributtante che non può essere esteso per antonomasia alle 1000 e variegate facce del meridione di italia ma ne fa sicuramente, per quel che riguarda quella frangia di esistenza al limite della disperazione, un ritratto duro, crudo e impietoso, comunque verissimo.
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Pur se inserito totalmente nel filone che nasce dal primo Gomorra, quello di Garrone per intenderci che fa da padre ad una figliolanza di serie imbastardite poi dal retrogusto televisivo, il primo film di Lettieri è la testimonianza di una capacità di fare film di spessore e che trova a Napoli e nel sud sempre più la sua terra di elezione, il substrato umano e intellettuale per raccontare storie che vanno ad aderire alla realtà come una seconda pelle. Allora la fiction scompare e un realismo sconvolgente ti schiaccia fisicamente in un mondo ributtante che non può essere esteso per antonomasia alle 1000 e variegate facce del meridione di italia ma ne fa sicuramente, per quel che riguarda quella frangia di esistenza al limite della disperazione, un ritratto duro, crudo e impietoso, comunque verissimo. Lo assimila alle periferie di Los Angeles, del Bronx, alle favelas di Rio, a frame di vita che potrebbero essere ricavate dalla Cuba di Castro, la Havana depressa e scolorita dai decenni di embargo statunitense. Napoli al pari di Tijuana, assurta ad essere set cinematografico di eccellenza per un mondo a caccia di miserie, sangue e decadenza di cui non si percepisce il puzzo ma se ne sentono le voci e i rumori, le facce della vita che imbruttisce, incattivisce e rende instupiditi dalle dinamiche del branco, scenario che ti sfiora nel salotto di casa facendoti vivere per 2 ore immerso claustrofobicamente in loro, in quelle esistenze squallide, senza lo scomodo di dover provare di persona l’atrocità di vite sospese e gettate nel tritacarne dell’annullamento del se in favore del gruppo, quello sì se pur di invenzione, perfettamente sintonizzato sulla aberrante realtà degli ultras. Non ce li rende più simpatici e apprezzabili, non li mitizza, non ne esalta là bestialità, anzi ne racconta tutta la tragica ridicola goffa fragilità con una sensibilità narrativa che il regista aveva già ricercato, esprimendola perfettamente estensione di un mondo, quello di Liberato sicuramente meno cagnesco ma figlio comunque di madre prostituita quale è Partenope. Napoli in una cartolina contemporanea, sballi, lungomare, motorino, periferia disperazione ed estasi, a braccetto con la tua ragazza fra una canna e il panino. Non posso che augurarmi che registi come lui, sempre più valorosi, chirurghi del linguaggio, conoscitori della vita reale, del sociale, insistano su linguaggi sapienti e di grande qualità cinematografica in opposizione a quelle produzioni insulse che debilitano e sviliscono la 7a arte, pellicole quelle, se così si può definirle, che sono l’antitesi del cinema e che straripano di facce sempre uguali a se stesse. Gli attori smentiscono questa tendenza e si propongono intensi, veri, perfetti sul palcoscenico della vita. in questo senso nella la sceneggiatura e i dialoghi che non risultano mai melensi o troppo marcati o teatrali come succede quando gli attori “recitano troppo”. Lettieri con questo suo primo film sia ammesso nel gotha di registi che stanno cambiando la storia del cinema italiano restituendolo allo spessore che lo ha reso grande nel passato. Molto bella anche la fotografia, il gusto di inquadrature e composizioni con minime distrazioni di percorso, come anche il montaggio che non stanca mai, la color, il cast, le location che vengono a sorprendere anche chi come me conosce napoli ”dentro e fuori”. Dimostrazione che questa città non smette mai di svelare altre sfumature di se. Bravi
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diego santangelo
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sabato 4 aprile 2020
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poetico profondo avvincente
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Pur se inserito totalmente nel filone che nasce dal primo Gomorra, quello di Garrone per intenderci che fa da padre ad una figliolanza di serie imbastardite poi dal retrogusto televisivo, il primo film di Lettieri è la testimonianza di una capacità di fare film di spessore e che trova a Napoli e nel sud sempre più la sua terra di elezione, il substrato umano e intellettuale per raccontare storie che vanno ad aderire alla realtà come una seconda pelle. Allora la fiction scompare e un realismo sconvolgente ti schiaccia fisicamente in un mondo ributtante che non può essere esteso per antonomasia alle 1000 e variegate facce del meridione di italia ma ne fa sicuramente, per quel che riguarda quella frangia di esistenza al limite della disperazione, un ritratto duro, crudo e impietoso, comunque verissimo.
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Pur se inserito totalmente nel filone che nasce dal primo Gomorra, quello di Garrone per intenderci che fa da padre ad una figliolanza di serie imbastardite poi dal retrogusto televisivo, il primo film di Lettieri è la testimonianza di una capacità di fare film di spessore e che trova a Napoli e nel sud sempre più la sua terra di elezione, il substrato umano e intellettuale per raccontare storie che vanno ad aderire alla realtà come una seconda pelle. Allora la fiction scompare e un realismo sconvolgente ti schiaccia fisicamente in un mondo ributtante che non può essere esteso per antonomasia alle 1000 e variegate facce del meridione di italia ma ne fa sicuramente, per quel che riguarda quella frangia di esistenza al limite della disperazione, un ritratto duro, crudo e impietoso, comunque verissimo. Lo assimila alle periferie di Los Angeles, del Bronx, alle favelas di Rio, a frame di vita che potrebbero essere ricavate dalla Cuba di Castro, la Havana depressa e scolorita dai decenni di embargo statunitense. Napoli al pari di Tijuana, assurta ad essere set cinematografico di eccellenza per un mondo a caccia di miserie, sangue e decadenza di cui non si percepisce il puzzo ma se ne sentono le voci e i rumori, le facce della vita che imbruttisce, incattivisce e rende instupiditi dalle dinamiche del branco, scenario che ti sfiora nel salotto di casa facendoti vivere per 2 ore immerso claustrofobicamente in loro, in quelle esistenze squallide, senza lo scomodo di dover provare di persona l’atrocità di vite sospese e gettate nel tritacarne dell’annullamento del se in favore del gruppo, quello sì se pur di invenzione, perfettamente sintonizzato sulla aberrante realtà degli ultras. Non ce li rende più simpatici e apprezzabili, non li mitizza, non ne esalta là bestialità, anzi ne racconta tutta la tragica ridicola goffa fragilità con una sensibilità narrativa che il regista aveva già ricercato, esprimendola perfettamente estensione di un mondo, quello di Liberato sicuramente meno cagnesco ma figlio comunque di madre prostituita quale è Partenope. Napoli in una cartolina contemporanea, sballi, lungomare, motorino, periferia disperazione ed estasi, a braccetto con la tua ragazza fra una canna e il panino. Non posso che augurarmi che registi come lui, sempre più valorosi, chirurghi del linguaggio, conoscitori della vita reale, del sociale, insistano su linguaggi sapienti e di grande qualità cinematografica in opposizione a quelle produzioni insulse che debilitano e sviliscono la 7a arte, pellicole quelle, se così si può definirle, che sono l’antitesi del cinema e che straripano di facce sempre uguali a se stesse. Gli attori smentiscono questa tendenza e si propongono intensi, veri, perfetti sul palcoscenico della vita. in questo senso nella la sceneggiatura e i dialoghi che non risultano mai melensi o troppo marcati o teatrali come succede quando gli attori “recitano troppo”. Lettieri con questo suo primo film sia ammesso nel gotha di registi che stanno cambiando la storia del cinema italiano restituendolo allo spessore che lo ha reso grande nel passato. Molto bella anche la fotografia, il gusto di inquadrature e composizioni con minime distrazioni di percorso, come anche il montaggio che non stanca mai, la color, il cast, le location che vengono a sorprendere anche chi come me conosce napoli ”dentro e fuori”. Dimostrazione che questa città non smette mai di svelare altre sfumature di se. Bravi
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