Seguo da anni , diciamo da 20 anni 'o giù di lì', il lavoro documentristico di Mellara e Rossi. Intravvedo nella loro poetica/politica un filo rosso che rimpiange ma anche ripropone una attitudine virtuosa al 'governo' che c'è stata 'dalle nostre parti' (io sono di Ferrara) dal dopoguerra ad oggi.
'50 Santarcangelo' si ricollega secondo me chiaramente a 'La Febbre del Fare' , il bellissimo doc. sulla Bologna di Dozza di Mellara e Rossi.
'50 Santarcangelo' racconta la vita ormai cinqunatenaria del festival di Santarcangelo, con una maestria rara nella gestione del 'repertorio' e una mirabile ,attuale e attenta, analisi nella gestione del girato 'inedito', realizzato nel 2020.
Prima di questi ultimi documentari molti erano girati spazialmente molto lontano da Bologna e raccontavano l'Universale che diventava Pariculare; un universale nel quale ti potevi facilmente riconoscere. Penso ad esempio al doc bellissimo sull'accesso ai farmaci nel mondo. Ultimamente i nostri due 'registini' in senso superlativo, così come li chiamiamo noi che abbiamo fatto 'Fortezza bastiani' nel 2001 (per ora unico film di finzione) dicevo i nostri 'registini' hanno 'ristretto ' il campo d'azione procedendo dal Particulare che sempre diventa 'Universale'. E' un movimento contrario e affine/simile. Che funziona assai bene. Dozza e Santarcangelo passano dal Particulare all'Universale e questo attira lo spettatore e lo intrattiene.
Se devo trovare un difetto - essendo questa una critica - semmai posso dire che il doc non innova, ma soprattutto racconta, Il che non è poco intendiamoci! Però tu esci dalla visione dei loro precedenti lavori, penso a quello sugli intellettuali a San pietroburgo, o a quello sull'accesso ai farmaci (già citato), ma anche da quello sui pescatori nel polesine che sei arricchito da una realtà 'nuova', non riconoscibile. Invece 50 Santarcangelo è un'avvincente narrazione assai ben fatta di quello che o sai o puoi immaginare. Ma forse questo è un difetto rilevato da uno spettatore 'teatrante' che sa che certe cose accadono o sono accadute e non ne rimane spiazzato, cosa che forse a uno spettatore più 'vergine' di Teatro può invece non accadere.
Insomma 50 Santarcangelo è un bellissimo documentario, soprattutto assai prezioso, perché ci racconta soprattutto che un 'altro mondo' non 'è possibile', ma 'un altro mondo è stato'. Il racconto di un regista che porta per ragioni anche commerciali uno spettacolo vicino Rimini nel 1969 e da allora diventa il fondatore - grazie a un sindaco comunista - di un festival che arriva fino ad oggi, sembra una favola, ma è la realtà, magistralmente raccontata dal documetario. Una realtà talmente lontana dalla realtà di oggi che sembra in realtà raccontare un mondo quasi felliniano, intriso di 'realismo magico'.
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