savatore
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lunedì 13 gennaio 2020
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scorsese non sbaglia un colpo
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L'eterno Martin Scorsese ci propone un film ambizioso, curato nei minimi particolari (dai dettagli dei costumi a quelli dei volti ringiovaniti dei protagonisti) e lo fa servendosi delle icone assolute dei gangster movies : Al Pacino, Robert de Niro e Joe Pesci che in oltre tre ore di pellicola ci illustrano un'epopea di storia americana legata a mafia e sindacato. Grazie all'assoluta abilità con la macchina da presa di Scorsese, da una storia monumentale e incalzante, da una carismatica interpretazione di Al Pacino nei panni del potentissimo sindacalista Jimmy Hoffa, quest'opera testamentaria non solo rappresenta l'apice del cinema Hollywoodiano degli ultimi tempi, ma è già un cult capostipite dell'intero genere.
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L'eterno Martin Scorsese ci propone un film ambizioso, curato nei minimi particolari (dai dettagli dei costumi a quelli dei volti ringiovaniti dei protagonisti) e lo fa servendosi delle icone assolute dei gangster movies : Al Pacino, Robert de Niro e Joe Pesci che in oltre tre ore di pellicola ci illustrano un'epopea di storia americana legata a mafia e sindacato. Grazie all'assoluta abilità con la macchina da presa di Scorsese, da una storia monumentale e incalzante, da una carismatica interpretazione di Al Pacino nei panni del potentissimo sindacalista Jimmy Hoffa, quest'opera testamentaria non solo rappresenta l'apice del cinema Hollywoodiano degli ultimi tempi, ma è già un cult capostipite dell'intero genere. Con questo CAPOLAVORO,Scorsese,Al Pacino e Pesci si collocano di diritto nell'Olimpo del Cinema Mondiale.
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emilio cavallaro
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mercoledì 8 gennaio 2020
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capolavoro senza tempo
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Il picco più alto del cinema di Martin Scorsese. La notevole durata potrebbe inizialmente spaventare, ma la trama coinvolge in modo eccellente, rendendo la narrazione perfetta in ogni momento del film, mai banale o lenta anzi con un ritmo incalzante. Tecnicamente perfetto sotto qualsiasi punto di vista, fotografia e montaggio che letteralmente scrivono la storia del cinema. Mostruosa interpretazione di De Niro, Pesci e Pacino. Capolavoro assoluto che, già alla prima visione, si permette il lusso di entrare nell'olimpo delle pellicole che cambiano la gloriosa storia della settima arte.
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antonio marini
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domenica 5 gennaio 2020
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film già visto
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Non si discute! Scorsese, De Niro e il resto del cast non potevano che fare un bel film. La mia unica domanda è la seguente: ma ce n'era veramente bisogno? Non avremmo potuto rivedere qualche altro classico tipo The Godfather o Scarface?
Non mi pare che questo film abbia portato nulla di nuovo sulla scena cinematografica, pertanto è un po' una delusione.
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rai. b!
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sabato 4 gennaio 2020
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non questa volta martin!
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Per l’amor del cielo..non vogliamo mica screditare le potenzialità o i capolavori fatti in precedenza?!
Ma questa volta Scorsese si rassegni, la sua pellicola é noiosa e particolarmente lenta.
Se al botteghino, durato 3 giorni, e sulla piattaforma virtuale il suo film ha toccato numeri da capogiro..bhe il rebus é semplicissimo : De Niro-Pacino-Pesci (E anche Kietel) é la formula vincente. A questo aggiungi anche una forte e continua pubblicità, il gioco è quasi fatto. Ma proprio quel quasi mette tutto in dubbio.
Sottolinenando ancora una volta, che non si discute il talento innato di icone e miti contemporanei del cinema del il trio sopra-citato, hanno tutti 40 anni di film alle spalle con premi e riconoscimenti che non stiamo qui ad elencare (anche perché troppi!) ma questa volta il film é pesante e disinteressante.
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Per l’amor del cielo..non vogliamo mica screditare le potenzialità o i capolavori fatti in precedenza?!
Ma questa volta Scorsese si rassegni, la sua pellicola é noiosa e particolarmente lenta.
Se al botteghino, durato 3 giorni, e sulla piattaforma virtuale il suo film ha toccato numeri da capogiro..bhe il rebus é semplicissimo : De Niro-Pacino-Pesci (E anche Kietel) é la formula vincente. A questo aggiungi anche una forte e continua pubblicità, il gioco è quasi fatto. Ma proprio quel quasi mette tutto in dubbio.
Sottolinenando ancora una volta, che non si discute il talento innato di icone e miti contemporanei del cinema del il trio sopra-citato, hanno tutti 40 anni di film alle spalle con premi e riconoscimenti che non stiamo qui ad elencare (anche perché troppi!) ma questa volta il film é pesante e disinteressante.
Genere malavitoso classico - nostalgica ripresentazione di cose già sapute.
La pellicola ha una trama vista e rivista,con scene letteralmente “scopiazzate” da altri capolavori (scena del battesimo in latino-detto tutto) con personaggi che non si evolvono in nessun aspetto.
Nessuno dei protagonisti propone una trasformazione o crisi per le quali possa lasciare il segno o il ricordo di questo loro adoperato sia sotto il punto di vista memorabile che sentimentale.
Personaggi secondari, spesso inutili, ai quali viene annunciata la morte prima che costoro siano introdotti.
Personaggi ulteriori che scompaiono senza lasciare traccia.
La storia non ha una linea temporale continua, saltando tra presente,passato e trapassato raccontando fatti.
Insomma vederlo una volta é risultato un errore, rivederlo sarebbe un suicidio.
Nonostante la realtà dei fatti la pellicola risulta essere gradita al pubblico,tanto vero da essere classificato uno dei migliori 10 film dell’anno...onestamente non ho nemmeno intenzione di sapere quali possano essere gli altri 9..!
Alla critica di Scorsese sui cinecomic Marvel e sul loro dominio al botteghino, io rispondo che ad oggi non esistono più temi,storie e realizzazioni capaci di creare capolavori di un tempo, o pellicole interessanti per un pubblico più omogeneo.
Perché un film sia un “capolavoro” deve lasciare qualcosa a tutti e non solo a qualcuno.
Deve lasciare quell’incredibile voglia di rivederlo..subito e sempre.
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carlosantoni
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mercoledì 1 gennaio 2020
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la scuola di atene
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La prima cosa che mi è venuta in mente per associazione di idee, quando ancora non ero arrivato ai due terzi del film, è stata “La scuola di Atene” di Raffaello. Che c’incastra? C’incastra che nel famosissimo affresco Raffaello intese rappresentare i mostri sacri della storia della filosofia e, last but not least, se stesso in mezzo a quella inclita congerie. Lo stesso, ho pensato, vuole fare Scorsese in questo suo ultimo film, alquanto prolisso: così, per girarlo ha chiamato intorno a sé, a recitare per la sua Opera Omnia, gli attori che sempre ha prediletto, e altri che in un modo o nell’altro si sono distinti nell’interpretare ruoli in famosissimi Gangster Movies.
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La prima cosa che mi è venuta in mente per associazione di idee, quando ancora non ero arrivato ai due terzi del film, è stata “La scuola di Atene” di Raffaello. Che c’incastra? C’incastra che nel famosissimo affresco Raffaello intese rappresentare i mostri sacri della storia della filosofia e, last but not least, se stesso in mezzo a quella inclita congerie. Lo stesso, ho pensato, vuole fare Scorsese in questo suo ultimo film, alquanto prolisso: così, per girarlo ha chiamato intorno a sé, a recitare per la sua Opera Omnia, gli attori che sempre ha prediletto, e altri che in un modo o nell’altro si sono distinti nell’interpretare ruoli in famosissimi Gangster Movies. Ecco dunque Robert De Niro, Joe Pesci, Al Pacino, Harvey Keitel.
Del film ci sarebbe da dire troppo, e d’altra parte in un modo o nell’altro la durata di tre ore e venti circa lo pretenderebbe, nel bene o nel male, ma me ne asterrò, limitandomi a parlare di due aspetti.
Il primo, la sceneggiatura. È la solita zuppa dell’Antica Trattoria Scorsese, non desta meraviglie ma è saporita come sempre: il punto di forza è mostrare, limpidamente e credo consapevolmente, come mafia, capitalismo, politica imperialista, stragi di stato, siano tutte facce della stessa medaglia e, piaccia o non piaccia, tutte espressioni dell’American Dream: sognate pure quanto vi pare, ma sappiate che niente è più marcio della politica statunitense e dei ceti criminali che la sostengono, e i film di Scorsese – dei quali questo è il barocco compendio – ce lo hanno mostrato spesso: niente si distingue da ciò, niente si salva: è solo una lotta tra spietati, per ragioni profondamente immorali, con esiti sempre esiziali. I suoi protagonisti sono perciò al tempo stesso mafiosi, killer spietati, grandi imprenditori, finanziatori di colpi di stato e così via.
Il secondo aspetto attiene ai dati biografici degli attori protagonisti. C’è qualcosa di sgradevole, quasi di grottesco, e tanto più di fortissimamente voluto, nel far recitare a loro quattro ruoli che per età non sono assolutamente in grado di ricoprire in maniera credibile. Voglio dire: De Niro aveva circa 76 anni (e li portava male) quando recitava la parte del padre di una bambina sì e no sui dieci anni; Al Pacino ne aveva 78 quando interpretava Hoffa all’età di 60; Joe Pesci (secondo me il più bravo di tutti) ne aveva 76 quando il suo Russell Bufalino ne aveva sì e no 65; Keitel ne aveva 80 quando il suo Angelo Bruno ne aveva sui 55. E si badi: tranne Keitel, che dei quattro è il più vecchio ma che gli anni se li porta bene, gli altri tre attori non dimostrano per niente meno degli anni che hanno effettivamente, nonostante abbia letto che la produzione abbia sostenuto costi assolutamente esorbitanti giusto per dare al gruppetto di arzilli vecchietti un aspetto meno floscio. Ma se si osservano per bene, al netto delle simpatie, noteremo che lo sguardo di De Niro è frequentemente fisso, imbambolato in una stessa espressione, il suo naso è gonfio, la pelle delle braccia cadente, il fisico intronato; noteremo che il parrucchino di Al Pacino è semplicemente una ridicola replica berlusconiana; che Joe Pesci ha più rughe in faccia di una tartaruga delle Galapagos, tanto che sulle prime non lo avevo nemmeno riconosciuto! Eppure Scorsese ha voluto che fossero questi Quattro Cavalieri dell’Apocalisse a recitare nel suo film! E per forza: erano i testimoni privilegiati e compartecipi della sua Opera Omnia, ed erano all’incirca suoi coetanei, avendo Scorsese l’età non esattamente verde di 77 anni. In fondo erano Scorsese stesso.
Dunque, sorridendo con magnanimità di questi vecchi farabutti, considero lo sproposito tra età anagrafica degli artisti e quella dei loro personaggi come una specie di licenza poetica, un po’ come se Scorsese ci volesse dire: ok, lo so che siamo vecchi, ma questo è il nostro cinema, e sta ancora a noi girarlo.
Senz’altro ben fatto, ma non un capolavoro come molti giudicano.
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kalm
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martedì 31 dicembre 2019
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così così
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Il capolavoro di Scorsese e Quei bravi ragazzi. Questo scopiazza un pò da quello e anche da Casinò. 2 stelle
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piergrossi
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domenica 29 dicembre 2019
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the irishman : che delusione!!!
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Sarò l'unico, ma da un film diretto da Martin Scorzese con un cast stellare: Robert De Niro, Al Pacino, Joe Pesci... mi aspettavo decisamente di più! Film lento, oserei dire lentissimo, assenza di qualunque pathos : ogni atto omicida o di violenza mafioso, diventa monotono, uno uguale all'altro, il lancio dell'arma del delitto diventa perfino comico. Gli attori, sopratutto Joe Pesci, sono convincenti, certamente... ma da qui a definirla la loro migliore interpretazione... Interessante, invece, il programma che riesce a trasformare i tratti somatici degli attori ringiovanendoli evitando comparse per i flashback". Ho visto film migliori.
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carlosantoni
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sabato 28 dicembre 2019
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la scuola di atene
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La prima cosa che mi è venuta in mente per associazione di idee, quando ancora non ero arrivato ai due terzi del film, è stata “La scuola di Atene” di Raffaello. Che c’incastra? C’incastra che nel famosissimo affresco Raffaello intese rappresentare i mostri sacri della storia della filosofia e, last but not least, se stesso in mezzo a quella inclita congerie. Lo stesso, ho pensato, vuole fare Scorsese in questo suo ultimo film, alquanto prolisso: così, per girarlo ha chiamato intorno a sé, a recitare per la sua Opera Omnia, gli attori che sempre ha prediletto, e altri che in un modo o nell’altro si sono distinti nell’interpretare ruoli in famosissimi Gangster Movies.
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La prima cosa che mi è venuta in mente per associazione di idee, quando ancora non ero arrivato ai due terzi del film, è stata “La scuola di Atene” di Raffaello. Che c’incastra? C’incastra che nel famosissimo affresco Raffaello intese rappresentare i mostri sacri della storia della filosofia e, last but not least, se stesso in mezzo a quella inclita congerie. Lo stesso, ho pensato, vuole fare Scorsese in questo suo ultimo film, alquanto prolisso: così, per girarlo ha chiamato intorno a sé, a recitare per la sua Opera Omnia, gli attori che sempre ha prediletto, e altri che in un modo o nell’altro si sono distinti nell’interpretare ruoli in famosissimi Gangster Movies. Ecco dunque Robert De Niro, Joe Pesci, Al Pacino, Harvey Keitel.
Del film ci sarebbe da dire troppo, e d’altra parte in un modo o nell’altro la durata di tre ore e venti circa lo pretenderebbe, nel bene o nel male, ma me ne asterrò, limitandomi a parlare di due aspetti.
Il primo, la sceneggiatura. È la solita zuppa dell’Antica Trattoria Scorsese, non desta meraviglie ma è saporita come sempre: il punto di forza è mostrare, limpidamente e credo consapevolmente, come mafia, capitalismo, politica imperialista, stragi di stato, siano tutte facce della stessa medaglia e, piaccia o non piaccia, tutte espressioni dell’American Dream: sognate pure quanto vi pare, ma sappiate che niente è più marcio della politica statunitense e dei ceti criminali che la sostengono, e i film di Scorsese – dei quali questo è il barocco compendio – ce lo hanno mostrato spesso: niente si distingue da ciò, niente si salva: è solo una lotta tra spietati, per ragioni profondamente immorali, con esiti sempre esiziali. I suoi protagonisti sono perciò al tempo stesso mafiosi, killer spietati, grandi imprenditori, finanziatori di colpi di stato e così via.
Il secondo aspetto attiene ai dati biografici degli attori protagonisti. C’è qualcosa di sgradevole, quasi di grottesco, e tanto più di fortissimamente voluto, nel far recitare a loro quattro ruoli che per età non sono assolutamente in grado di ricoprire in maniera credibile. Voglio dire: De Niro aveva circa 76 anni (e li portava male) quando recitava la parte del padre di una bambina sì e no sui dieci anni; Al Pacino ne aveva 78 quando interpretava Hoffa all’età di 60; Joe Pesci (secondo me il più bravo di tutti) ne aveva 76 quando il suo Russell Bufalino ne aveva sì e no 65; Keitel ne aveva 80 quando il suo Angelo Bruno ne aveva sui 55. E si badi: tranne Keitel, che dei quattro è il più vecchio ma che gli anni se li porta bene, gli altri tre attori non dimostrano per niente meno degli anni che hanno effettivamente, nonostante abbia letto che la produzione abbia sostenuto costi assolutamente esorbitanti giusto per dare al gruppetto di arzilli vecchietti un aspetto meno floscio. Ma se si osservano per bene, al netto delle simpatie, noteremo che lo sguardo di De Niro è frequentemente fisso, imbambolato in una stessa espressione, il suo naso è gonfio, la pelle delle braccia cadente, il fisico intronato; noteremo che il parrucchino di Al Pacino è semplicemente una ridicola replica berlusconiana; che Joe Pesci ha più rughe in faccia di una tartaruga delle Galapagos, tanto che sulle prime non lo avevo nemmeno riconosciuto! Eppure Scorsese ha voluto che fossero questi Quattro Cavalieri dell’Apocalisse a recitare nel suo film! E per forza: erano i testimoni privilegiati e compartecipi della sua Opera Omnia, ed erano all’incirca suoi coetanei, avendo Scorsese l’età non esattamente verde di 77 anni. In fondo erano Scorsese stesso.
Dunque, sorridendo con magnanimità di questi vecchi farabutti, considero lo sproposito tra età anagrafica degli artisti e quella dei loro personaggi come una specie di licenza poetica, un po’ come se Scorsese ci volesse dire: ok, lo so che siamo vecchi, ma questo è il nostro cinema, e sta ancora a noi girarlo.
Senz’altro ben fatto, ma non un capolavoro come molti giudicano.
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criticacritici
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domenica 22 dicembre 2019
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caro scorsese, non era il caso di scomodarsi.
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Vorrei poter dire che i trucchi e gli effetti messi in opera per ringiovanire (senza riuscirci) i tre interpreti principali sono l'unica cosa spiacevole di questo film, purtroppo non è così.
E' lungo, troppo, tanto da farti desiderare che finisca in fretta, senza un guizzo vitale nè un cambio di ritmo che avrebbe quantomeno spezzato la monotonia.
Ma soprattutto ti lascia una sensazione di incompiuta, di superficialità, di non realtà, che ti fa rimpiangere di non aver occupato diversamente il tuo tempo.
Se questo era il canto del cigno del regista e degli attori, ne è uscito un minestrone tiepido e insipido, per giunta edulcorato anche sotto il profilo storico (vedi assassinio di J.
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Vorrei poter dire che i trucchi e gli effetti messi in opera per ringiovanire (senza riuscirci) i tre interpreti principali sono l'unica cosa spiacevole di questo film, purtroppo non è così.
E' lungo, troppo, tanto da farti desiderare che finisca in fretta, senza un guizzo vitale nè un cambio di ritmo che avrebbe quantomeno spezzato la monotonia.
Ma soprattutto ti lascia una sensazione di incompiuta, di superficialità, di non realtà, che ti fa rimpiangere di non aver occupato diversamente il tuo tempo.
Se questo era il canto del cigno del regista e degli attori, ne è uscito un minestrone tiepido e insipido, per giunta edulcorato anche sotto il profilo storico (vedi assassinio di J.F.K.).
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kronos
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venerdì 20 dicembre 2019
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quei bravi nonnetti ... fanno casino
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Figlio di "Quei bravi ragazzi" e "Casinò" è il tipico gangster film alla Martin Scorsese, fedele a una ricetta un pò stantia ma sempre amatissima dall'autore:
- Narrazione "letteraria" dominata da un'incessante voce off che cerca d'aiutare lo spettatore a dipanare un'intricatissima matassa d'eventi, aneddoti e personaggi che risulterebbero ostici anche sulla pagina scritta.
- Fauna italo-americana e irlandese, violenta, cinica e grottesca, dipinta senza risparmio di stereotipi etnici.
- Tendenza alla prolissità narrativa e linguistica.
A complicare il quadro stavolta ci si mette la terza età, assoluta e involontaria protagonista di "The Irishman": con una scelta azzardata (e a suo modo originale) il regista ha puntato su un cast di vecchie glorie ottuagenarie, ringiovanite digitalmente nei numerosi flashback dal passato.
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Figlio di "Quei bravi ragazzi" e "Casinò" è il tipico gangster film alla Martin Scorsese, fedele a una ricetta un pò stantia ma sempre amatissima dall'autore:
- Narrazione "letteraria" dominata da un'incessante voce off che cerca d'aiutare lo spettatore a dipanare un'intricatissima matassa d'eventi, aneddoti e personaggi che risulterebbero ostici anche sulla pagina scritta.
- Fauna italo-americana e irlandese, violenta, cinica e grottesca, dipinta senza risparmio di stereotipi etnici.
- Tendenza alla prolissità narrativa e linguistica.
A complicare il quadro stavolta ci si mette la terza età, assoluta e involontaria protagonista di "The Irishman": con una scelta azzardata (e a suo modo originale) il regista ha puntato su un cast di vecchie glorie ottuagenarie, ringiovanite digitalmente nei numerosi flashback dal passato.
Gli esiti sono imbarazzanti: nonostante lo sforzo tecnologico profuso, le versioni "giovanili" dei personaggi risultano più spente e flaccide degli "originali", col risultato di togliere autenticità e vigore anche alle fasi potenzialmente più vivaci del racconto.
Indubbiamente Scorsese ha classe e mestiere e infine qualcosa resta attaccato all'osso, ma fanno sorridere le recensioni entusiastiche dei tanti ultrà e di qualche timido conformista, che ululando alla Luna hanno definito il film ... "uno dei più belli della storia del cinema" !
Mah
Voto reale: due stelline e mezzo
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