flaw54
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lunedì 20 gennaio 2020
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difficile trovarne un senso
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Film banale che non dice niente di nuovo e che forse vorrebbe misurarsi con La vita è bella per il rapporto tra bambini e dittature e guerre. La ricerca dell'otiginalità a tutti i costi lo fa cadere spesso nel ridicolo, specialmente nell'immaginario rappresentazione di un Hitler da barzelletta. Dopo una prima parte di una monotonia sconcertante il film mostra qualche spunto di vivacità nella seconda, non emergendo però mai dalla mediocrità. Particolarmente antipatico il bambino protagonista. Andiamo oltre....
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valewes
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lunedì 20 gennaio 2020
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crescere dal nazismo
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Quando leggo recensioni di Jojo Rabbit in cui lo si dice non all'altezza di film come "La vita è bella" di Benigni, "Vogliamo vivere!" di Lubitsch o addirittura "Il grande dittatore" di Chaplin, mi vien da pensare che in tanti abbiano ormai preso il nazismo come genere cinematografico, quando invece qui, di nazismo, si parla veramente poco. E anzi, si potrebbe dire che quello stesso nazismo che la fa da protagonista nei film sopracitati, in Jojo Rabbit è solamente un espediente, usato con maestria, per narrare, nel più classico dei racconti di formazione, la crescita di un bambino a cui, tra le difficoltà proprie della sua giovane età e altre dovute alla sua sfortunata situazione famigliare, viene chiesto di crescere più in fretta degli altri.
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Quando leggo recensioni di Jojo Rabbit in cui lo si dice non all'altezza di film come "La vita è bella" di Benigni, "Vogliamo vivere!" di Lubitsch o addirittura "Il grande dittatore" di Chaplin, mi vien da pensare che in tanti abbiano ormai preso il nazismo come genere cinematografico, quando invece qui, di nazismo, si parla veramente poco. E anzi, si potrebbe dire che quello stesso nazismo che la fa da protagonista nei film sopracitati, in Jojo Rabbit è solamente un espediente, usato con maestria, per narrare, nel più classico dei racconti di formazione, la crescita di un bambino a cui, tra le difficoltà proprie della sua giovane età e altre dovute alla sua sfortunata situazione famigliare, viene chiesto di crescere più in fretta degli altri. E allora ecco che Hitler diventa una trovata geniale come amico immaginario in sostituzione di un padre assente, la ragazza ebrea nascosta in soffitta un'ottima guida alla scoperta dell'ignoto e spaventoso mondo ebreo (universo femminile) e una palestra per il senso di responsabilità. E poi ancora, il migliore amico, metro di paragone della sua effettiva crescita e in ultimo l'importantissima figura del maestro, dell'amico adulto estraneo alla famiglia, del mentore presente in quasi tutti i romanzi di formazione. Qui è il Capitano Klenzendorf, un Sam Rockwell che quest'anno fa il paio con la grande interpretazione in Richard Jewell. Insomma, tutte queste componenti si inseriscono a meraviglia nel surreale sfondo bellico del film, in cui i personaggi si muovono talmente coerentemente e alla perfezione da non far per niente trasparire che per far ridere serva ancora prendere in giro Hitler a 75 anni dalla sua morte, come pensano alcuni, ma al contrario, che è ancora possibile saper sfruttare con grande originalità e saper far ridere di qualcosa su cui sembra sempre essere già stato detto tutto. Finché, ovviamente, non arriva Taika Waititi.
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daniele vanni
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domenica 19 gennaio 2020
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wes anderson, benigni e chaplin.
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Jojo Rabbit, è un po' Moonrise Kingdom ai tempi della Seconda Guerra Mondiale in Germania con "Inquadrature simmetriche e poi partono i Beatles" (semi cit.) e La vita è bella. È proprio dall'incipit di quest'ultimo che Taika Waititi costruisce il suo piccolo gioiello "Questa è una storia semplice, eppure non è facile raccontarla, come in una favola c'è dolore, e come una favola, è piena di meraviglia e di felicità". Il personaggio di Hitler, interpretato dallo stesso regista infine, non può non ricordare Chaplin e il suo Grande Dittatore. Non manca poi la nostra cultura fatta di moda vintage, di grottesco e da una buona dose di black humor. Film da vedere .
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jonnylogan
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venerdì 17 gennaio 2020
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il mio amico adolf
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Johannes è un bambino viennese di dieci anni che vive con sua madre Rosie, abbandonata dal marito partito per il fronte italiano, e con un’altra figlia morta a causa di una malattia. Nella vita di Johannes, da tutti chiamato Jojo, l’idea della supremazia nazista è talmente radicata al punto di avere come amico immaginario una versione fanciullesca di Adolf Hitler. Tutto però cambierà quando scoprirà che sua madre sta nascondendo in casa una ragazza ebrea.
L’infanzia di un giovanissimo membro della gioventù hitleriana marcia con il passo marziale di una versione infantile e amichevole del Führer, impersonato dallo stesso regista, che dal piccolo Jojo non pretende null’altro che fedeltà cieca e totale declinata attraverso perle di strategia bellica e di supremazia ariana narrate come se ci si trovasse all’interno di un grande gioco.
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Johannes è un bambino viennese di dieci anni che vive con sua madre Rosie, abbandonata dal marito partito per il fronte italiano, e con un’altra figlia morta a causa di una malattia. Nella vita di Johannes, da tutti chiamato Jojo, l’idea della supremazia nazista è talmente radicata al punto di avere come amico immaginario una versione fanciullesca di Adolf Hitler. Tutto però cambierà quando scoprirà che sua madre sta nascondendo in casa una ragazza ebrea.
L’infanzia di un giovanissimo membro della gioventù hitleriana marcia con il passo marziale di una versione infantile e amichevole del Führer, impersonato dallo stesso regista, che dal piccolo Jojo non pretende null’altro che fedeltà cieca e totale declinata attraverso perle di strategia bellica e di supremazia ariana narrate come se ci si trovasse all’interno di un grande gioco. Taika Waititi che da tempo progettava di portare in scena il romanzo di Christine Leunens, riesce nell’intento di narrare la conclusione della seconda guerra mondiale come una sorta di rivisitazione de “La vita è bella”, ma questa volta il protagonista non è un adulto ebreo che deve fare digerire il campo di prigionia al figlio riuscendovi solamente grazie alla sua capacità di trasformarlo in un eterno gioco, ma bensì un bambino cresciuto nella Vienna degli anni ’40 che vede nel nazionalsocialismo la possibilità di farsi accettare dal mondo adulto e se poi quest’ultimo si copre di ridicolo con capitani da macchietta, ufficiali di esercito e Gestapo ai margini del surreale, poco importa, fino a quando nella sua vita non entrerà a sorpresa un’ospite indesiderata, la diciassettenne Elsa, ragazza ebrea amica della sorella morta, e che progressivamente gli farà cambiare idea.
Il dodicenne Roman Griffin Davis riesce alla sua prima prova a reggere il palco al fianco di attori consumati come lo splendido Sam Rockwell, nel ruolo del capitano alcolista Klenzendorf, e Scarlett Johansson in quello della madre protettiva ma ottimista, Rose. Il messaggio finale è potente e commovente e il film è un inno sorridente all’uguaglianza e ai desideri di pace e ottimismo. Il risultato finale, al di là del botteghino, potrebbe inoltre riservare al piccolo Jojo, e al suo amico Adolf, il privilegio di afferrare quella statuetta che oltre due decadi or sono sfuggì al film diretto da Roberto Benigni ovvero quell’Oscar, come migliore film, che in tal caso non ci sembrerebbe assolutamente immeritato.
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kaiser soze
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venerdì 17 gennaio 2020
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la danza è libertà
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Taika Waititi riesce in un'impresa per niente semplice: fare satira su temi molto delicati quali il razzismo, il culto del capo ed il cieco fanatismo senza sminuirne la pericolosità, unendo con maestria il dramma al demenziale. Un cast al massimo della forma accompagna il piccolo ma sorprendentemente capace Roman Griffin Davis in un viaggio che stravolgerà fisicamente e caratterialmente il suo piccolo protagonista.
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frascop
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giovedì 16 gennaio 2020
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aspettate con pazienza l'ultima scena
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I critici di una volta uscivano di sala alla fine del primo tempo per non lasciarsi influenzare dalla storia e dal finale. Non è proprio il caso di far questo con il film del neozelandese Waititi (1975) che ha nello stupendo finale, anzi proprio nell'ultima scena, la sua sintesi poetica. Anche se c'è qualche battuta incisiva e gli interpreti sono davvero bravi (i due ragazzini, Scarlett Johansson e Sam Rockwell) non direi proprio che ci siano situazioni esilaranti e molta comicità come i trailer inducono a pensare. Si sorride talvolta, ecco. Ci sono i nazisti, il ricordo di Anna Frank, ma soprattutto la poesia e un tocco leggero. Abbiate pazienza sino alla fine.
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taty23
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mercoledì 15 gennaio 2020
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il ritorno di waititi
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Torna l’irriverente Taika Waititi con il film JoJo Rabbit.
Il film racconta la storia di Joharnez “JoJo” Betlezr nella Germania nazista. Jojo è un ragazzino di 10 anni che vive insieme alla madre e condivide le giornate con il suo amico immaginario, una versione fanciullesca e surreale di Adolf Hitler, data l’ammirazione per il regime politico in cui è cresciuto.
Dopo aver avuto un incidente al campo della Gioventù Hitleriana, JoJo scopre che la madre nasconde in casa una giovane ebrea. Il ragazzino prima diffidente e poi sempre più curioso di conoscere il “nemico” instaura con lei un particolare rapporto, mentre la guerra continua ad imperversare.
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Torna l’irriverente Taika Waititi con il film JoJo Rabbit.
Il film racconta la storia di Joharnez “JoJo” Betlezr nella Germania nazista. Jojo è un ragazzino di 10 anni che vive insieme alla madre e condivide le giornate con il suo amico immaginario, una versione fanciullesca e surreale di Adolf Hitler, data l’ammirazione per il regime politico in cui è cresciuto.
Dopo aver avuto un incidente al campo della Gioventù Hitleriana, JoJo scopre che la madre nasconde in casa una giovane ebrea. Il ragazzino prima diffidente e poi sempre più curioso di conoscere il “nemico” instaura con lei un particolare rapporto, mentre la guerra continua ad imperversare.
JoJo Rabbit - Un comedy drama satirico
Presentato al Toronto Film Festival e al Festival di Torino, il film JoJo Rabbit prende spunto dal libro il Cielo in Gabbia di Christine Leunens.
Il regista Taika Waititi sviluppa un film satirico contro la politica Hitleriana e l’antisemitismo. Insieme alla buffa figura di Hitler, che interpreta lo stesso Waititi, si ironizza e si estremizzano alcune situazioni, alcuni momenti funzionano più di altri, cercando di mantenere ben calibrato l’alternarsi di parodia, dramma e commedia. La colonna sonora risulta parte integrante del film.
Nella pellicola JoJo Rabbit da una parte ritroviamo la graffiante ed irriverente cifra stilistica di Waititi, dall’altra parte ci ritroviamo davanti ad una storia molto intima, di oppressione e desiderio di libertà.
Due prospettive diametralmente opposte; quella di Elsa relegata nel nascondiglio con solo la fantasia a poterle dare un minimo di evasione e quella del piccolo JoJo che fondamentalmente è libero, ma imbrigliato da preconcetti.
Interessante il percorso di evoluzione e di cambiamento che affronta il protagonista, lo sguardo di un bambino che man a mano diventa sempre più adulto, risulta convincente Roman Griffin Davis al suo debutto cinematografico.
Da citare nel cast Scarlett Johanson nel ruolo della madre, un personaggio forte ed intraprendente e il capitano Klenzendorf interpretato da un Sam Rockwell a suo agio nella parte.
In conclusione
Con JoJo Rabbit il regista porta sullo schermo uno spaccato di vita, una storia divertente, emozionante ed emozionale. Nello stesso tempo però non riesce ad essere così incisiva nel suo lato satirico e provocatorio, forse si poteva osare di più.
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[+] l'odio razziale in chiave di commedia satirica
(di antonio montefalcone)
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eugenio
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lunedì 6 gennaio 2020
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il coniglio dittatore
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Un ragazzino di dieci anni nella Germania di provincia hitleriana, Johannes Betler (soprannominato Jojo il “coniglio”, per via del suo temperamento non proprio coraggioso), indottrinato e infatuato del nazismo al punto da vestirsi sempre in divisa con svastica e coltellino e ad avere come amico immaginario Hitler che lo accompagna in ogni sua azione (alla stregua del coniglio di Donnie Darko).
Una ragazza di qualche anno più grande di lui, Elsa (Thomasin McKenzie) amante del disegno delle poesie di Rilke e con un fidanzato, Nathan, partigiano, nascosta segretamente in soffitta dalla madre di Jojo, Rosie (Scarlett Johansson) che segretamente fa parte di un partito contro il regime nascondendo al figlio la sua attività clandestina.
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Un ragazzino di dieci anni nella Germania di provincia hitleriana, Johannes Betler (soprannominato Jojo il “coniglio”, per via del suo temperamento non proprio coraggioso), indottrinato e infatuato del nazismo al punto da vestirsi sempre in divisa con svastica e coltellino e ad avere come amico immaginario Hitler che lo accompagna in ogni sua azione (alla stregua del coniglio di Donnie Darko).
Una ragazza di qualche anno più grande di lui, Elsa (Thomasin McKenzie) amante del disegno delle poesie di Rilke e con un fidanzato, Nathan, partigiano, nascosta segretamente in soffitta dalla madre di Jojo, Rosie (Scarlett Johansson) che segretamente fa parte di un partito contro il regime nascondendo al figlio la sua attività clandestina.
Intorno, lo sfondo ottuso della Gestapo, del nazismo imperante, della guerra entro cui i due dovranno per forza di cose, dallo scontro inevitabile iniziale, convivere per proteggersi vicendevolmente. Lei dai demoni nazisti pronti a ucciderla, lui da quelle maschere che gli impediscono di essere accettato e a cui si adegua palesando amore per il regime nella paura di non essere come gli altri.
Ecco Jojo Rabbit, nelle sale dal sedici gennaio, di una semplicità disarmante ma capace di colpire al cuore proprio evitando quel linguaggio violento proprio della tragedia nazista ma anestetizzandolo con l’arma (molto difficile) dell’ironia. Nell’intento del regista Taika Waititi (interprete tra l’altro dell’amico immaginario di Jojo, con citazione a quello che fu il capolavoro di Chaplin) non c’è quello di raccontare il dramma dell’olocausto, almeno non con il linguaggio realista a cui siamo abituati, ma di inserire, con esempi illustri da Train de Vie al Grande dittatore, sequenze quasi grottesche volte a sottolineare il travagliato quanto sofferto (perché il dolore comunque appare) cammino di un bambino verso la maturità oltre la propaganda del nemico ebreo da eliminare ad ogni costo.
Jojo non ha la spietatezza, né l’arroganza di soldato del Reich; tutt’altro. E’ così sensibile da non avere il coraggio di far male a un coniglio durante l’addestramento come “perfetto soldato del Reich” e il suo unico amico è un suo coetaneo sovrappeso e con gli occhialoni, che viene bullizzato almeno quanto lui. Si diverte a fantasticare sulle creature mostruose come possono essere gli ebrei, inserendo commenti creativi su un simpatico libro “Yooho Jew”, esaltando l’aura ariana del perfetto nazista (ripresa con il saluto Heil Hitler ripetuto in maniera pedissequamente ironica dinanzi a ogni soldato) e, contemporaneamente, venendo irretito sempre più da quell’adolescente sbarazzina senza un futuro chiaro di cui si innamorerà perdutamente.
Forse crescere significa anche questo accettare che quel “monte” che protegge la vallata della nostra insicurezza, abbia anche un altro versante nascosto.
Jojo cerca di esplorare cosa c'è dall'altro lato del nazismo e, grazie alle parole di Elsa, si ritroverà coinvolto in qualcosa che non si aspettava: il terreno. Quello su cui poggiano le ideologie non è tutto uguale: ci sono zone più fertili altre più aride alcune parti addirittura riscontrano frane o cedimenti come la maschera del nazismo che il ragazzino si porta addosso.
Ci sono scorci che il nostro protagonista non avrebbe mai potuto osservare dalla sua prospettiva iniziale senza il confronto con una nemesi ebrea, senza diventare cioè progressivamente “contaminato” e quindi “maturo”, perché la vera maturità si raggiunge solo col confronto, libero da pregiudizi e dietrologie macchiettistiche da fantoccio hitleriano.
Nella teatralità che Taika Waititi inserisce con garbo senza strafare sulla falsariga di Moonrise Kingdom (il ragazzino che guarda col binocolo ha lo stesso sguardo sognante di Jojo) con tanto di allenamento “formativo” hitleriano, il confine tra parodia e farsa non esiste più. Rimane solo una grande deflagrazione, una bomba scoppiata in una realtà buia che riesce a essere anche empatica, commovente, degna di Mel Brooks, con sequenze addirittura divertenti malgrado l’evidente tragicità di fondo (come quella della perquisizione da parte della Gestapo, irriverente e capace al tempo stesso di mantenere una tensione implacabile di fondo). I degni coprimari come il capitano Klenzendorf (interpretato da Sam Rockwell), sono ben caratterizzati e coerenti all’atmosfera da favola nera di cui la pellicola è permeata.
Forse Jojo Rabbit avrebbe potuto osare di più. Nella graffiante satira si accontenta di una scrittura compita e di una narrazione fluida con due ottimi interpreti, nella chiosa di una poesia di Rilke eterna quanto sfuggente:
Lascia che tutto accada
Bellezza e terrore
Continua ad andare avanti;
Nessuna sensazione è definitiva
Al contrario di questo film emozionante e dall’incerto finale sulle note di una celebre canzone. Da vedere.
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