Jojo Rabbit

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Un film di Taika Waititi. Con Roman Griffin Davis, Thomasin McKenzie, Taika Waititi, Rebel Wilson.
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Titolo originale Jojo Rabbit. Commedia, Ratings: Kids+13, durata 108 min. - Germania 2019. - 20th Century Fox Italia uscita giovedì 16 gennaio 2020. MYMONETRO Jojo Rabbit * * * - - valutazione media: 3,07 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Il coniglio dittatore Valutazione 3 stelle su cinque

di Eugenio


Feedback: 33754 | altri commenti e recensioni di Eugenio
lunedì 6 gennaio 2020

Un ragazzino di dieci anni nella Germania di provincia hitleriana, Johannes Betler (soprannominato Jojo il “coniglio”, per via del suo temperamento non proprio coraggioso), indottrinato e infatuato del nazismo al punto da vestirsi sempre in divisa con svastica e coltellino e ad avere come amico immaginario Hitler che lo accompagna in ogni sua azione (alla stregua del coniglio di Donnie Darko).
Una ragazza di qualche anno più grande di lui, Elsa (Thomasin McKenzie) amante del disegno delle poesie di Rilke e con un fidanzato, Nathan, partigiano, nascosta segretamente in soffitta dalla madre di Jojo, Rosie (Scarlett Johansson) che segretamente fa parte di un partito contro il regime nascondendo al figlio la sua attività clandestina.
Intorno, lo sfondo ottuso della Gestapo, del nazismo imperante, della guerra entro cui i due dovranno per forza di cose, dallo scontro inevitabile iniziale, convivere per proteggersi vicendevolmente. Lei dai demoni nazisti pronti a ucciderla, lui da quelle maschere che gli impediscono di essere accettato e a cui si adegua palesando amore per il regime nella paura di non essere come gli altri.
Ecco Jojo Rabbit, nelle sale dal sedici gennaio, di una semplicità disarmante ma capace di colpire al cuore proprio evitando quel linguaggio violento proprio della tragedia nazista ma anestetizzandolo con l’arma (molto difficile) dell’ironia. Nell’intento del regista Taika Waititi (interprete tra l’altro dell’amico immaginario di Jojo, con citazione a quello che fu il capolavoro di Chaplin) non c’è quello di raccontare il dramma dell’olocausto, almeno non con il linguaggio realista a cui siamo abituati, ma di inserire, con esempi illustri da Train de Vie al Grande dittatore, sequenze quasi grottesche volte a sottolineare il travagliato quanto sofferto (perché il dolore comunque appare) cammino di un bambino verso la maturità oltre la propaganda del nemico ebreo da eliminare ad ogni costo.
Jojo non ha la spietatezza, né l’arroganza di soldato del Reich; tutt’altro. E’ così sensibile da non avere il coraggio di far male a un coniglio durante l’addestramento come “perfetto soldato del Reich” e il suo unico amico è un suo coetaneo sovrappeso e con gli occhialoni, che viene bullizzato almeno quanto lui. Si diverte a fantasticare sulle creature mostruose come possono essere gli ebrei, inserendo commenti creativi su un simpatico libro “Yooho Jew”, esaltando l’aura ariana del perfetto nazista (ripresa con il saluto Heil Hitler ripetuto in maniera pedissequamente ironica dinanzi a ogni soldato) e, contemporaneamente, venendo irretito sempre più da quell’adolescente sbarazzina senza un futuro chiaro di cui si innamorerà perdutamente.
Forse crescere significa anche questo accettare che quel “monte” che protegge la vallata della nostra insicurezza, abbia anche un altro versante nascosto.
Jojo cerca di esplorare cosa c'è dall'altro lato del nazismo e, grazie alle parole di Elsa, si ritroverà coinvolto in qualcosa che non si aspettava: il terreno. Quello su cui poggiano le ideologie non è tutto uguale: ci sono zone più fertili altre più aride alcune parti addirittura riscontrano frane o cedimenti come la maschera del nazismo che il ragazzino si porta addosso.
Ci sono scorci che il nostro protagonista non avrebbe mai potuto osservare dalla sua prospettiva iniziale senza il confronto con una nemesi ebrea, senza diventare cioè progressivamente “contaminato” e quindi “maturo”, perché la vera maturità si raggiunge solo col confronto, libero da pregiudizi e dietrologie macchiettistiche da fantoccio hitleriano.
Nella teatralità che Taika Waititi inserisce con garbo senza strafare sulla falsariga di Moonrise Kingdom (il ragazzino che guarda col binocolo ha lo stesso sguardo sognante di Jojo) con tanto di allenamento “formativo” hitleriano, il confine tra parodia e farsa non esiste più. Rimane solo una grande deflagrazione, una bomba scoppiata in una realtà buia che riesce a essere anche empatica, commovente, degna di Mel Brooks, con sequenze addirittura divertenti malgrado l’evidente tragicità di fondo (come quella della perquisizione da parte della Gestapo, irriverente e capace al tempo stesso di mantenere una tensione implacabile di fondo).  I degni coprimari come il capitano Klenzendorf (interpretato da Sam Rockwell), sono ben caratterizzati e coerenti all’atmosfera da favola nera di cui la pellicola è permeata.
Forse Jojo Rabbit avrebbe potuto osare di più. Nella graffiante satira si accontenta di una scrittura compita e di una narrazione fluida con due ottimi interpreti, nella chiosa di una poesia di Rilke eterna quanto sfuggente:
Lascia che tutto accada                                                    
Bellezza e terrore                                                                                                                                       
Continua ad andare avanti;                                                                                                                                 
Nessuna sensazione è definitiva

Al contrario di questo film emozionante e dall’incerto finale sulle note di una celebre canzone. Da vedere.

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