elgatoloco
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martedì 4 dicembre 2018
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grande cinema
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John Krasinski, finora più attore che autore di cinema, pur se qualche tentativo intelligente ed efficace c'era stato in questo senso, con questo"A Quiet Place"mostra una Terra distrutta da una misteriosa invasione aliena, dove solo una famiglia(sintomaticamente, diremmo)sopravvive e si pone come alternativa al macrocosmo; la minaccia, però e continua, bisogna evitare ogni rumore forte e al tempo stesso il rumore, a certe condizioni, può distruggere i mostri, che talora sembra incarnarsi in un esemplare solo. Onde sonore distruttive, diciamo così... Moltissime interpretazioni compossibili: lo spazio-tempo chiuso in sé, monadicamente quale protezione versus mundum, la penetrazione totale, onnivora data in primis dal"new world"mediaticamente indotto, la globalizzazione, l'alienazione dell'"ognuno fa per sé", molto altro ancora, dove appunto, re-intepretando affiorano nuove interpretazioni legittime come le altre, per non dire di un"cosa", che è completamente inesplicabile, almeno se affrontato con le categorie interpretative di cui disponiamo e di cui siamo fieri(o crediamo di esserne fieri?Non cambia molto, in realtà), dove ancora una volta l'enigma esiste ed è perfettamente resistente(anzi resiliente)rispetto ad ogni lettura, opportuna o meno, adeguata o inadeguata.
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John Krasinski, finora più attore che autore di cinema, pur se qualche tentativo intelligente ed efficace c'era stato in questo senso, con questo"A Quiet Place"mostra una Terra distrutta da una misteriosa invasione aliena, dove solo una famiglia(sintomaticamente, diremmo)sopravvive e si pone come alternativa al macrocosmo; la minaccia, però e continua, bisogna evitare ogni rumore forte e al tempo stesso il rumore, a certe condizioni, può distruggere i mostri, che talora sembra incarnarsi in un esemplare solo. Onde sonore distruttive, diciamo così... Moltissime interpretazioni compossibili: lo spazio-tempo chiuso in sé, monadicamente quale protezione versus mundum, la penetrazione totale, onnivora data in primis dal"new world"mediaticamente indotto, la globalizzazione, l'alienazione dell'"ognuno fa per sé", molto altro ancora, dove appunto, re-intepretando affiorano nuove interpretazioni legittime come le altre, per non dire di un"cosa", che è completamente inesplicabile, almeno se affrontato con le categorie interpretative di cui disponiamo e di cui siamo fieri(o crediamo di esserne fieri?Non cambia molto, in realtà), dove ancora una volta l'enigma esiste ed è perfettamente resistente(anzi resiliente)rispetto ad ogni lettura, opportuna o meno, adeguata o inadeguata... Anche l'annunciato"A quiet Place 2"si caratterizza non come banale sequel ma come"ancora altro"e, dopo questo "Number One" fracnaemnte non avrebbe senso alcuno dubitarne... Krasinski anche protagonista maschile, Emily Blunt bella e inquietante(quando scende la scala scalza come gli altri personaggi, per avvicinarsi al"maschio"è particolarmente sensuale), Noah Jupe e Millicent Simmonds nei panni dei figli sono pienamente convincenti. Le musiche di Marco Beltrami sono inquietanti e"misteriose"quanto basta. El Gato
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onufrio
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lunedì 18 marzo 2019
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il silenzio è oro
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"E' il rumore!" così si intravede in una prima pagina di un vecchio giornale, strane creature aliene hanno invaso il pianeta Terra, distruggendo ogni cosa, sfruttando l'unico senso sviluppato, l'udito, basta un piccolo rumore infatti per queste creature, per attaccare qualsiasi essere vivente. La storia si concentra su di una famiglia, che lotterà quotidianamente per la sopravvivenza alle prese con numerose avversità. Il clima silenzioso, il divieto assoluto di fare rumore, mette lo spettatore nei panni dei personaggi, immedesimandosi nel contesto.
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filmcrysis
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lunedì 3 febbraio 2020
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tante idee buone ma
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Una pellicola con tante potenzialità ma tristemente sprecate. La sceneggiatura di fondo è povera, viene sacrificata la durata del film a scapito di un decente inizio e un finale appena mediocre. Chi sono le bestie? Come sono arrivate da noi? Buona l'idea centrale del difendere la famiglia da, piuttosto che le solite americanate dove un uomo americano salva il mondo intero con un fucile ma troppi intoppi all'interno della vicenda perché risulti credibile. Si poteva giocare ugualmente sull'idea dei rumori pur avendo due bambini vigili e svegli, ben addestrati e non ingenui come al primo giorno di scout. La figlia iper testarda, il bambino cacasotto, all'inizio all'ultimogenito glo viene palesemente detto "no" e invece un tanto a random non ascolta.
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Una pellicola con tante potenzialità ma tristemente sprecate. La sceneggiatura di fondo è povera, viene sacrificata la durata del film a scapito di un decente inizio e un finale appena mediocre. Chi sono le bestie? Come sono arrivate da noi? Buona l'idea centrale del difendere la famiglia da, piuttosto che le solite americanate dove un uomo americano salva il mondo intero con un fucile ma troppi intoppi all'interno della vicenda perché risulti credibile. Si poteva giocare ugualmente sull'idea dei rumori pur avendo due bambini vigili e svegli, ben addestrati e non ingenui come al primo giorno di scout. La figlia iper testarda, il bambino cacasotto, all'inizio all'ultimogenito glo viene palesemente detto "no" e invece un tanto a random non ascolta. A difesa "rumorosa" dell'abitazione un minicicciolo di Capodanno, magari rubato alla povera famiglia Cicerchia. In breve senza spoilerare troppo, tanto potenziale ma ormai è raro riuscire a vedere capolavori.
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elgatoloco
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martedì 4 febbraio 2020
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grande efficacia-maestria
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Con questo"A QUiet Place"(2018) JOhn Krasinski realizza un ulteriore film noteovlissimo, in quanto capace di riscoprire non solo, come classicamente e "statutariamente"nel cinema, movimento, forme e colori in relazione, ma anche la presenza del suono, che è sincopato e anche"silenziato"quando la famiglia del"quiet place"è minacciata dalle presenza extra-terrestri e invece "a pieno volume"quando la situazione diviene più tranquilla, tanto che l'alternanza a livello sia fonetico sia acustico in generale aggiunge nuove possibilità sinestestiche al tutto, creando "territori"in qualche modo inesplorati(con qualche eccezione, molto rara, Dryer, Bergman, Hitchock e pochissimi altri)nella storia del cinema finora esistente.
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Con questo"A QUiet Place"(2018) JOhn Krasinski realizza un ulteriore film noteovlissimo, in quanto capace di riscoprire non solo, come classicamente e "statutariamente"nel cinema, movimento, forme e colori in relazione, ma anche la presenza del suono, che è sincopato e anche"silenziato"quando la famiglia del"quiet place"è minacciata dalle presenza extra-terrestri e invece "a pieno volume"quando la situazione diviene più tranquilla, tanto che l'alternanza a livello sia fonetico sia acustico in generale aggiunge nuove possibilità sinestestiche al tutto, creando "territori"in qualche modo inesplorati(con qualche eccezione, molto rara, Dryer, Bergman, Hitchock e pochissimi altri)nella storia del cinema finora esistente. Krasinki è convincente, peraltro, anche come interprete, insieme a Emily Blunt nel ruolo dlela moglie.UN film decisamente ricco di sensazioni, suggestioni, possibilità che si aprono continuamente. Diremmo che "A Quiet Place"rappresenta decisamente, negli ultimi anni ma anche decenni, un"novum"assoluto nel cinema, dove phonè, musica, silenzio(assenza o meglio deprivazione di suono=suono)aprono, appunto, altre e nuove potenzialità al panorama asfittico di un cinema altrimenti tendenzialmente ripetitivo di clichés e di modelli pre-costituiti. Da valorizzare, assolutamente, un cinema come questo, proprio per incoraggiare nuove modalità espressive in un'arte un tempo"nuovissima", oggi invece, a tratti (molto lunghi, però)decisamente routinaria. Anche il ruolo attorale dei bambini trova quii spazi nuovi e finora decisamente in ritardo. El Gato
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elibook
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venerdì 28 febbraio 2020
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a quite place.
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L'idea e' ottima, gli attori Emily Blunt su tutti ovviamente, anche, ma anche se il film scorre bene non riesce a mio avviso ad instillare cio' che avrebbe voluto nello spettatore, il terrore puro. Non si capisce bene il limite del rumore "ammesso" e perche' da meta' film in poi quegli esseri che (???) hanno fatto strage dell'umanita' probabilmente a causa di una inceppatura planetaria di ogni arma, si accaniscono contro la famiglia senza averlo fatto prima. La Blunt e' strepitosa nella sequenza del parto, unica parte del film che ti tiene col fiato sospeso. Bella l'idea che per migliorare la situazione uditiva della figlia, lui, il padre costruisce involontariamente un arma che stordisce i "belloccioni", ma solo una grande attrice una buona idea e buona sceneggiatura non riescono nell'intento preposto a mio modesto avviso.
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L'idea e' ottima, gli attori Emily Blunt su tutti ovviamente, anche, ma anche se il film scorre bene non riesce a mio avviso ad instillare cio' che avrebbe voluto nello spettatore, il terrore puro. Non si capisce bene il limite del rumore "ammesso" e perche' da meta' film in poi quegli esseri che (???) hanno fatto strage dell'umanita' probabilmente a causa di una inceppatura planetaria di ogni arma, si accaniscono contro la famiglia senza averlo fatto prima. La Blunt e' strepitosa nella sequenza del parto, unica parte del film che ti tiene col fiato sospeso. Bella l'idea che per migliorare la situazione uditiva della figlia, lui, il padre costruisce involontariamente un arma che stordisce i "belloccioni", ma solo una grande attrice una buona idea e buona sceneggiatura non riescono nell'intento preposto a mio modesto avviso. Forse, ma dico solo forse, se il marito fosse stato interpretato da un attore realmente carismatico la cosa sarebbe un po' cambiata ... non lo so'. Vedremo il sequel che comunque avendo buone fondamenta va visto.
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elgatoloco
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sabato 6 novembre 2021
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valido anche proprio iconograficamente
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"A Quiet Place"(Jon Kirasinski, autore anche della sceneggiatura insieme con gli autori dlela storia, ossia del soggetto, Scott Beck e Bryan Woods, 2018)vede una famiglia composta da padre, madre e due figli preadolescenti(la figlia è sorda)ma poi anche dall'arrivo di un neonato, in un mondo dominato da presenze aliene cieche ma dotate di un'accentuata sensibilità acustica, per cui tutti i membri dlela famiglia evitano ogni forma di rumore, andando scalzi e evitando ogni trasmisisone acustica, salvo(ma è un"incidente"un modellino di shuttle che il ragazzino ha con sè), vivendo in una zona particoalrmente silenziosa, lontana non solo da ogni"inquinamento acustico"ma da quanto potrebbe dar adito a produzione e trasmisisone di ogni forma di rumore.
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"A Quiet Place"(Jon Kirasinski, autore anche della sceneggiatura insieme con gli autori dlela storia, ossia del soggetto, Scott Beck e Bryan Woods, 2018)vede una famiglia composta da padre, madre e due figli preadolescenti(la figlia è sorda)ma poi anche dall'arrivo di un neonato, in un mondo dominato da presenze aliene cieche ma dotate di un'accentuata sensibilità acustica, per cui tutti i membri dlela famiglia evitano ogni forma di rumore, andando scalzi e evitando ogni trasmisisone acustica, salvo(ma è un"incidente"un modellino di shuttle che il ragazzino ha con sè), vivendo in una zona particoalrmente silenziosa, lontana non solo da ogni"inquinamento acustico"ma da quanto potrebbe dar adito a produzione e trasmisisone di ogni forma di rumore. Certo, poi, non tutto va bene, ma in complesso, salvo il sacrificio dle padre, la situazione è "sotto controllo", dal punto di vista della famiglia rispetto al"Mondo esterno minaccioso". Nella condizione di minaccia apocalitticamente ma intelligentemente accentuata rispetto alla science .fiction che conosciamo, dove Krasinski sfugge in modo assoluto ad ogni fascinazione corriva e banalemnte effettivsitca, è particolamrente originale la scelta di dotare le creature"UFO"di iperacusia in progreggiosne geometrica e di contrapporre una realtà da microcosmo familiare chiuso, ripiegato su se stesso sia per ovvie misure prudenziali sia per la condizione particolare della figlia(che è condizione opposta, appunto, a quella delle creature aliene)dove ogni scelta visiva ma anche acustica(l"parlato"è molto scarso e si realizza solo nell'ultima parte dle film, sostanzialmente)si limita a cenni, allusioni, sequenze ellitiche dotate però di una particolare pregnanza. Rispetto alla continua interazione-combinazione di vista e udito, con"A QUiet Place"siamo ai livelli più notevoli di sinestesia realizzata, per quanto possibile, al cinema(in termini di gusto e olfatto, di tatto, la cosa è più difficile, dove tentativi come quelli di Ferreri e di Bunuel e di qualche altro autore rimangono , diremmo, solo"allusivi" quanto isolati). Ciò che colpisce da un punto di vista di descirzione sociologica è la sceta dell'aseità-esclusivismo familiare, con in più la scelta di un'utteriore gravidanza in una condizione apocalittica se non ormai post-apocalittica, dove però non sorge il sospetto di una volontà di appartenenza settaria di tipo religioso integralista. Emily Blunt e Karsinski sono interpreti efficaci, come anche Noha Jupe e la bravisisma Millicent Simmons. El Gato
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gianleo67
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martedì 29 maggio 2018
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il religioso silenzio di una famiglia abbott..onata
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La famiglia Abbott (Abate) vive in religioso silenzio in un'amena fattoria circondata dai boschi, lontana dal trambusto della città e dai ritmi esasperati della moderna civiltà...In realtà quest'ultima sembra essere stata devastata da una misteriosa specie aliena supercorazzata, non dotata dell'organo della vista ma dall'udito ultrasensibile. Tra una primogenita responsabile e sordomuta, un figlio pauroso e prudente ed un altro neonato in arrivo, i quattro devono fare i conti con i sensi di colpa per la morte del figlio più piccolo e con la quotidiana e improba lotta per la sopravvivenza in un mondo dove ogni rumore può essere fatale. Dopo due commedie brillanti e socialmente impegnate, l'aitante consorte di Emily Blunt scrive (a sei mani), dirige e recita, insieme alla moglie, in questa ennesima variazione sul tema dell'home invasion fanta-horror-post-apocalittico già debitore di un immaginario decisamente abusato ma pronto a rigenerarsi sotto gli impulsi di rinnovati spunti tematici e di un apparato scenografico in grado di generare e mantenere alta la tensione per tutta la durata del film.
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La famiglia Abbott (Abate) vive in religioso silenzio in un'amena fattoria circondata dai boschi, lontana dal trambusto della città e dai ritmi esasperati della moderna civiltà...In realtà quest'ultima sembra essere stata devastata da una misteriosa specie aliena supercorazzata, non dotata dell'organo della vista ma dall'udito ultrasensibile. Tra una primogenita responsabile e sordomuta, un figlio pauroso e prudente ed un altro neonato in arrivo, i quattro devono fare i conti con i sensi di colpa per la morte del figlio più piccolo e con la quotidiana e improba lotta per la sopravvivenza in un mondo dove ogni rumore può essere fatale. Dopo due commedie brillanti e socialmente impegnate, l'aitante consorte di Emily Blunt scrive (a sei mani), dirige e recita, insieme alla moglie, in questa ennesima variazione sul tema dell'home invasion fanta-horror-post-apocalittico già debitore di un immaginario decisamente abusato ma pronto a rigenerarsi sotto gli impulsi di rinnovati spunti tematici e di un apparato scenografico in grado di generare e mantenere alta la tensione per tutta la durata del film. Niente di eccezionale, corre dirlo, ma la confezione richiama un efficientismo spettacolare alla Micheal Bay (qui produttore) che ricompatta la vicenda attorno ad un nucleo narrativo senza fronzoli ed un montaggio che fa della sintesi tra la quiete del menage familiare ed i sussulti della minaccia fuori campo, il suo principale titolo di merito. Una lotta per la sopravvivenza in un mondo di disabilità sensoriali contrapposte, in un fanta-horror distopico sull'isolamento, l'assedio e la difesa familiare in cui gli elementi allegorici sono sacrificati da una apparato visivo che predilige i meccanismi narrativi e la costruzione della suspense alla dimensione onirico simbolica di modelli più recenti (It Comes at Night), ma comunque ambientati au Le temps des loups di uno scontro fratricida in cui la riproduzione sessuale è l'ultimo appiglio di una civiltà rurale e regressiva destinata all'estinzione (The Survivalist). Similmente a quanto accade in E venne il giorno, è l'allegoria di un inquinamento ambientale che scatena una risposta avversa in grado di annientare la nostra specie e ridurre l'umanità alla condizione ancestrale di una obbligata vita bucolica; qui però, a differenza della poetica del mistero e dei campi di grano cari a Shyamalan (Signs), tutto appare chiaro e scontato; persino la presenza e l'origine di misteriose e voraci creature xenomorfe diventa il mero espediente narrativo di una tenzone tra specie aliene che si combattono nell'ineffabile dominio delle basse frequenze. Non c'è che dire, l'idea è buona e ben sviluppata, ma la scontata cronologia di un conteggio post apocalittico si risolve tra la placidita' di un menage domestivo a basso numero di decibel ed il crescendo drammaturgico dei prevedibili soprassalti acustici extradiegetici, in cui non mancano i momenti di leziosa retorica famigliare, tra rituali preghiere al desco (rigorosamente) senza piatti ad una arrapante mammina che sforna figli come se non ci fosse un domani: novella Eva con la fossetta al mento destinata a ripopolare il mondo insieme ad un barbuto Adamo che ci si immagina non debba faticare poi così tanto nel darle una mano; il fare figli diventa una scommessa di vita in un mondo di morte per una madre chioccia con rudimenti di pediatria e dall'ovulazione generosa. Un mondo pericoloso che offre il destro ai risvolti parodistici, dove i capricci di un bambino irrequieto o l'accensione di un giocattolo elettrico possono causare facilmente lo sterminio di un'intero nucleo familiare, ma dove l'urlare sotto una cascata dopo una sessione da cacciatori-raccoglitori puo' essere particolarmente liberatorio per la salute mentale dell'uomo moderno. Dialoghi, per ovvie ragioni, ridotti all'osso laddove le forme di comunicazione non verbale (linguaggio dei segni, scrittura, luci) diventano una indispensabile strategia di sopravvivenza e dove un sistema di controllo a circuito chiuso difende il perimetro di una vulnerabilita' domestica grande quanto può essere grande una grande fattoria. L'immaginario di xenomorfi coriacei, voraci e sensibili al suono poi, non toglie tuttavia efficacia agli espedienti narrativi di una battaglia campale (campestre?) in difesa della prole (Aliens) combattuta tra silos di mais come sabbie mobili ed apparecchi acustici che, se non ti restituiscono l'udito, almeno ti salvano la vita. Anche la scena finale di un sacrificio in 'diretta tv' diventa un escamotage drammaturgico che ammicca al metacinema e ci propina un facile clichè di lacrime, perdono e paterne eredità d'amore, soprattutto se rivolte ad una primogenita assillata dai sensi di colpa e dal sospetto infondato di una invalsa trascuratezza affettiva. C'e da chiedersi come creature tanto aggressive e predatrici debbano attendere il richiamo dell'unico senso disponibile piuttosto che assecondare comportamenti adattivi improntati alle abitudini di una universale territorialita' animale. Presentato al South by Southwest 2018 e campione d'incassi in patria, gode di un consenso critico forse un po' troppo esagerato.
Donna, partorirai con dolore!...ma in una stanza insonorizzata
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udiego
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domenica 15 aprile 2018
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non fate rumore
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John Krasinsky, in questo film sia regista che attore protagonista, ci racconta la storia di una famiglia di sopravvissuti all’invasione di questi non ben definiti mostri, che nel corso degli anni ha provato e trovato diverse strategie per restare in vita e rimanere unita. In quest’opera il regista americano non ci racconta i fatti come nei classici film, attraverso i suoni e le parole, ma lo fa attraverso i dettagli delle immagini che lo spettatore è costretto a scrutare con attenzione, dato che gran parte del film è sviluppata in religioso silenzio.
Krasinsky riesce in pieno a raggiungere il suo obiettivo ed a confezionare un prodotto davvero originale, che si discosta dai classici clichè che popolano opere di questo genere, ma che riesce anche a mantenere alto il livello di tensione ed attenzione del pubblico verso la vicenda per tutta la durata della visione.
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John Krasinsky, in questo film sia regista che attore protagonista, ci racconta la storia di una famiglia di sopravvissuti all’invasione di questi non ben definiti mostri, che nel corso degli anni ha provato e trovato diverse strategie per restare in vita e rimanere unita. In quest’opera il regista americano non ci racconta i fatti come nei classici film, attraverso i suoni e le parole, ma lo fa attraverso i dettagli delle immagini che lo spettatore è costretto a scrutare con attenzione, dato che gran parte del film è sviluppata in religioso silenzio.
Krasinsky riesce in pieno a raggiungere il suo obiettivo ed a confezionare un prodotto davvero originale, che si discosta dai classici clichè che popolano opere di questo genere, ma che riesce anche a mantenere alto il livello di tensione ed attenzione del pubblico verso la vicenda per tutta la durata della visione.
I maggiori meriti alla riuscita del film si possono racchiudere in tre punti principali. Primo il grandissimo lavoro svolto dal punto di vista sonoro: i silenzi sono ogni volta pugni nello stomaco ed i suoni ed i rumori sono gestiti in modo attento e minuzioso. Secondo aspetto la regia, attenta e capace, che riesce per tutta la durata del film a regalare quel tocco di originalità alla vicenda, senza mai perdere di vista valori come suspance e tensione. Terzo, gli attori con un John Krasinsky ed una Emily Blunt bravi e capaci di calarsi in una recitazione non convenzionale e nel caratterizzare per bene i loro personaggi. L’affiatamento tra i due è palpabile anche durante i lunghi silenzi ed il fatto che siano veramente marito e moglie li ha aiutati non poco.
“A quiet place” si è rivelato in fin dei conti una sorpresa a tutti gli effetti. Si presenta come un lavoro innovativo che però è stato capace di mantenere i classici capisaldi che opere di questo genere richiedono. E se la brillantezza attoriale di Krasinsky era già nota da tempo, qui dimostra di essere bravo e capace anche dietro alla macchina da presa, regalando al mondo del cinema un prodotto sì di intrattenimento, ma con degli spunti veramente interessanti.
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eugenio
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venerdì 20 aprile 2018
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il silenzio di uno sguardo
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Un film dell’orrore così sui generis capace di contaminare l’analisi sociologica, al tema dell’invasione dallo spazio siderale, permeato da un’aura che fa del silenzio il suo leit-motiv, ecco io non l’avevo mai visto.
Il riferimento evidente dell’ultimo horror di John Krasinski, attore e regista di A quiet place, è il Signs di Mel Gibson, ma c’è molto di più, a cominciare dal messaggio di fondo- il delicato ruolo della famiglia oggi- dagli interpreti e soprattutto dalla scelta voluta di girare tre quarti del film totalmente in silenzio.
Veniamo ai fatti: in una realtà non molto distante dai giorni odierni, la nostra Terra è stata invasa dagli alieni, non i candidi esseri venuti in pace con tanto buonismo spielberghiano o i necessari antesignani di un messaggio di rinnovamento alla popolazione come in Arrival, ma esseri amorfi, dalle sembianze mostruose, decisamente cattivi che hanno sterminato gran parte della popolazione (almeno degli Stati Uniti) grazie a un udito super-sviluppato.
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Un film dell’orrore così sui generis capace di contaminare l’analisi sociologica, al tema dell’invasione dallo spazio siderale, permeato da un’aura che fa del silenzio il suo leit-motiv, ecco io non l’avevo mai visto.
Il riferimento evidente dell’ultimo horror di John Krasinski, attore e regista di A quiet place, è il Signs di Mel Gibson, ma c’è molto di più, a cominciare dal messaggio di fondo- il delicato ruolo della famiglia oggi- dagli interpreti e soprattutto dalla scelta voluta di girare tre quarti del film totalmente in silenzio.
Veniamo ai fatti: in una realtà non molto distante dai giorni odierni, la nostra Terra è stata invasa dagli alieni, non i candidi esseri venuti in pace con tanto buonismo spielberghiano o i necessari antesignani di un messaggio di rinnovamento alla popolazione come in Arrival, ma esseri amorfi, dalle sembianze mostruose, decisamente cattivi che hanno sterminato gran parte della popolazione (almeno degli Stati Uniti) grazie a un udito super-sviluppato.
Questi “alieni” sono infatti ciechi ma dotati di chele affilatissime e di un nucleo caratterizzato da molteplici cavità uditive, sfruttato per individuare quelle che considerano niente più che prede: gli esseri umani. L’unico modo che ha la popolazione, fallito ogni tentativo dell’esercito, è la resa a un necessario silenzio.
Giorno 89.
Vediamo i nostri protagonisti: una tipica famiglia media americana, gli Abbott muoversi in una città deserta, già infestata e ridotta a scheletro senz’anima. Camminano scalzi, spogliati e privati della loro essenza comunicativa, con tanto di figlia maggiore adolescente, sordomuta (caratteristica che ha permesso loro di rimaner ancora in vita, grazie alla conoscenza del linguaggio dei segni), al seguito. Il loro figlio più piccolo, azionando le pile dell’aeroplanino giocattolo, nonostante la raccomandazione dei genitori a non accenderlo, lo aziona. Si crea un innocente rumore: quello delle luci dei giochi a batteria che utilizzavamo da piccoli prima dell’avvento dei cellulari.
Dal nulla una figura si muove veloce.
Il padre si muove celermente per salvarlo ma è troppo tardi. Il bambino è subito ghermito e sparisce nell’oscurità.
Stacco.
Giorno 472.
Ce lo aspettavamo, gli Abbott sono ancora vivi. Con una novità: i genitori (anche nella vita reale) hanno avuto la bella pensata di fare un altro figlio con tutto quello che sta succedendo attorno a loro. Lei è incinta del nono mese. E lui se da un lato è ebbro di felicità, dall’altro sa benissimo che lasciar partorire la moglie e nascondere i vagiti del neonato, sarà impresa impossibile.
Nonostante questo non si rassegna ma cerca ogni sera di comunicare un vano SOS a onde corte dal “piccolo laboratorio” allestito in cantina, e consolare la moglie e i figli spronandoli a non rassegnarsi a un nero futuro….
Parla alla famiglia questo thriller-horror di Krasinski capace di mantenere alta la tensione in momenti in cui non c’è nemmeno un dialogo, grazie all’eccellente prova attoriale di Emily Blunt e Millicent Simmonds (la figlia maggiore, realmente audiolesa), ne descrive gli screzi, i momenti conviviali, le commoventi note di una amore sotto una minaccia incombente.
A quiet place, ci invita a riflettere sul significato del silenzio, in tempi in cui la parola è abusata e violentata, spesso “urlata” con arroganza in diatribe di inusitata ferocia. Col pretesto, come da buon horror che si rispetti, della minaccia da cui occorre nascondersi per aver salva la vita, Krasinski intelligentemente struttura più livelli di silenzio, differenziando quello mantenuto con fatica dalla famiglia Abbott da quello assoluto che circonda la figlia maggiore, avvolta in un ovattato “pozzo nero” da cui non riesce a “emergere” nonostante i disperati tentativi del padre di aggiustare l’apparecchio acustico (che senza spoilerare avrà un ruolo decisivo nel film).
Il risultato è un prodotto che convince, grazie a una sceneggiatura solida, in cui gli screzi tra fratelli, la difficoltà di esser genitori, la convivenza di una donna col mistero della creazione e, all’esterno con quello della morte (una delle migliori scene del film), convivono sapientemente sulle note di una ballata di struggente armonia di Neil Young e una speranza, oltre il muro dell’oblio, oltre le aberrazioni di massa, di poter nuovamente riuscire a comunicare con il fantasma di noi stessi, senza parole, ma solo con il silenzio di uno sguardo.
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andrea
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domenica 15 aprile 2018
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non fare rumore, non respirare...o muori!
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2020. Il nostro pianeta è stato invaso da una temibile razza aliena. Sono privi di vista, ma dall’udito eccezionalmente sopraffino. Ottantanove giorni dopo l’inizio del misterioso pandemonio, la famiglia Abbott sta rifornendosi di tutto il necessario per sopravvivere in una cittadina ormai abbandonata. Non possono fare il minimo rumore, così comunicano tra loro con il linguaggio dei segni. Il figlio più piccolo, Beau, cerca di portarsi via uno shuttle-giocattolo ma suo padre non glielo permette, in quanto troppo rumoso. Toglie così le batterie e lo lascia al negozio. Sua sorella Regan glielo restituisce ma Beau, inconsciamente, preleva anche le batterie di nascosto.
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2020. Il nostro pianeta è stato invaso da una temibile razza aliena. Sono privi di vista, ma dall’udito eccezionalmente sopraffino. Ottantanove giorni dopo l’inizio del misterioso pandemonio, la famiglia Abbott sta rifornendosi di tutto il necessario per sopravvivere in una cittadina ormai abbandonata. Non possono fare il minimo rumore, così comunicano tra loro con il linguaggio dei segni. Il figlio più piccolo, Beau, cerca di portarsi via uno shuttle-giocattolo ma suo padre non glielo permette, in quanto troppo rumoso. Toglie così le batterie e lo lascia al negozio. Sua sorella Regan glielo restituisce ma Beau, inconsciamente, preleva anche le batterie di nascosto. Durante il ritorno a casa il bambino accende il giocattolo, attirando l’attenzione di uno degli esseri che sfortunatamente lo uccidono.
Un anno dopo la pesante tragedia, tre creature hanno capito dove risiede la povera famiglia. Hanno inzio degli avvenimenti inaspettati.
Quando si parla di originalità, soprattutto per questo genere, negli ultimi anni sono stati davvero pochi i film che hanno superato davvero le mie aspettative. Tra gli innumerevoli clichè, tra i soliti fatti trattati, tra le tantissime storie più o meno uguali è difficile trovare una pellicola che possa dare esito positivo.
Con “A Quite Place” le mie aspettative finalmente sono state ben saziate. Il regista Krasinski, il quale anche in questo film fa parte anche del cast, ci offre una storia dove il silenzio è il vero protagonista delle scene. Dimentichiamoci quei continui jumpscare fatti di archi stridenti o tonfi improvvisi; qui il minimo rumore, potrebbe essere l’ultimo suono che senti. Ciò non significa che non esista colonna sonora, anzi: in diversi punti potremmo “risollevare” la nostra insostenibile angoscia da silenzio assoluto grazie alle musiche di Marco Beltrami. Esse infatti sono proporzionate al tema centrale del film, per niente enfatizzate e dosate in modo perfettamente equilibrato, senza far perdere quella sensazione di assordante silenzio che circonda lo spettatore.
La tensione è sempre costante, il suono del silenzio avvolge tutto, specialmente all’incipit del film dove per una decina di minuti non si sente volare una mosca.
La buona e convincente prova dei protagonisti tiene il tutto ancora più compatto e credibile, senza far perdere un secondo di attenzione. La recitazione è molto buona, convincente e serrata, soprattutto quella della Blunt, la quale ci regala una parte davvero complessa ed inquietante, una delle sue migliori penso.
La trama non è eccessivamente complessa. Secondo il mio punto di vista mi ha vagamente ricordato alcuni film di M.Night Shyamalan, dove lo sfondo della vicenda (in questo caso il mondo invaso da questa potente e misteriosa forma aliena) sia all’inizio che alla fine, viene raccontato lasciando un certo alone di mistero e di suspance, senza chiarire per filo e per segno cosa e come è successo il tutto, ma anche come continuerà.
Perchè sono qui? Cosa vogliono? Riusciranno i pochi a sopravvirere?
Quindi, tra misteriose invasioni, silenzi assordanti ed infiniti, sopravvisuti costretti a muoversi il meno possibile, John Krasinski ci propone un fanta-horror maledettamente inquietante, assordante (tanto per fare ossimori) e di buona fattura: paradossalema originale; silenzioso ma angosciante, dove ogni singolo rumore, ogni lento respiro può portare a delle “squarcianti” conseguenze.
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