cardclau
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sabato 20 ottobre 2018
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non è tutto oro quel che luce
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Il film di Alessandro Capitani In viaggio con Adele, ci fa scoprire con gioia e con dolore che noi siamo come le bottiglie di prosecco, se le agiti e poi le apri, esplodono in un fiume allagante di schiuma e bollicine, profumate ma non sempre. Basta togliere il tappo. E In viaggio con Adele il tappo del desiderio, essenzialissimo e fortissimo, quanto misterioso, di paternità e di avere un padre, schizza verso il cielo, con l’effetto di sbancare il banco, e di non farti più essere quello che eri prima. Non è un caso che il tema della genitorialità, e della paternità, sia assai spesso presente nelle storie che vengono narrate nei film. Bisogna premettere che gli attori sono sorprendentemente convincenti e bene impostati, direi teneri nelle loro imperfezioni.
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Il film di Alessandro Capitani In viaggio con Adele, ci fa scoprire con gioia e con dolore che noi siamo come le bottiglie di prosecco, se le agiti e poi le apri, esplodono in un fiume allagante di schiuma e bollicine, profumate ma non sempre. Basta togliere il tappo. E In viaggio con Adele il tappo del desiderio, essenzialissimo e fortissimo, quanto misterioso, di paternità e di avere un padre, schizza verso il cielo, con l’effetto di sbancare il banco, e di non farti più essere quello che eri prima. Non è un caso che il tema della genitorialità, e della paternità, sia assai spesso presente nelle storie che vengono narrate nei film. Bisogna premettere che gli attori sono sorprendentemente convincenti e bene impostati, direi teneri nelle loro imperfezioni. Adele [Sara Serraiocco] è la figlia, un po’ picchiatella, apparentemente fragile, a cui muore la madre, alla ricerca del padre, con l’esilarante abitudine di appiccicare dappertutto post-it con su scritto il significato che “quella cosa” per lei debba avere. Aldo Leoni [Alessandro Haber] è il padre, che non sa di esserlo, pieno delle manie di un senza famiglia, e come tutti i maschi, mancando della visceralità propria della madre, avrà bisogno di un “viaggio” e di tempo per entrare in contatto con se stesso. Forse Adele non sarà così “fuori”, e Aldo così “dentro”, come inizialmente saremmo portati a ritenere. Lo spettatore assiste quindi al viaggio di Adele, alla ricerca di un padre, e di Aldo, alla ricerca di una figlia, malgrado la sua iniziale, comprensibile, ritrosia, in una Puglia sincera e ruspante. Ma siamo comunque di fronte a una favola, e portati a pensare alla totale, e ingenua, reversibilità della irreversibile scelta materna che per sua figlia, dalla nascita in avanti, non fosse necessaria la figura paterna, vissuta a priori come assolutamente precaria e inaffidabile. Talmente irreversibile da aver mandato sua figlia fuori di testa, e da aver messo se stessa fuori gioco, conseguenza del suo possibile delirio di onnipotenza, nell’apparente assenza di una qualche forma di lutto nella figlia con la sua morte.
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loland10
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mercoledì 24 ottobre 2018
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pa(e)ssaggio e(a) livello...
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“In viaggio con Adele”(2018) è il primo lungometraggio del regista-sceneggiatore grossetanoAlessandro Capitani.
Un road movie ristretto nei tempi (durata) e nei modi (sceneggiatura accartocciata).
Ecco che quello che il film pare promettere nei primi minuti si perde in routine più o meno conosciute; il viaggio interiore pare perdersi in un viaggio italiano spezzettato dove gli incontri sono minimi e per uno strano motivo alla fine assenti.
Poca passione e, forse poco coraggio, danno alla pellicola una certa dignità che non va oltre, o da quelle parti, del compitino svolto abbastanza bene ma di cui rileggendolo e ricordando rimane poco.
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“In viaggio con Adele”(2018) è il primo lungometraggio del regista-sceneggiatore grossetanoAlessandro Capitani.
Un road movie ristretto nei tempi (durata) e nei modi (sceneggiatura accartocciata).
Ecco che quello che il film pare promettere nei primi minuti si perde in routine più o meno conosciute; il viaggio interiore pare perdersi in un viaggio italiano spezzettato dove gli incontri sono minimi e per uno strano motivo alla fine assenti.
Poca passione e, forse poco coraggio, danno alla pellicola una certa dignità che non va oltre, o da quelle parti, del compitino svolto abbastanza bene ma di cui rileggendolo e ricordando rimane poco.
La durata non eccessiva (ottanta minuti) rende il tutto abbastanza digeribile ma non certo salvabile in toto.
Viaggio, frastagliato, misto, tra scorciatoie, strade bianche, bar dismessi, case di campagna, treni che arrivano, passaggi a livelli in attesa e traffico quasi assente mentre all’improvviso un tir si mette in mezzo mentre il sonno arriva.
E poi tempo a dismisura tra Foggia, Bari, Fasano e Frosinone....e poi Parigi val bene una messa.....senza vera messa in scena: una inquadratura in lungo da un taxi, un ufficio, due parole e tutto finisce. La parte oltralpe alla fine sembra inutile...e Patrice Leconte rimane lì ad aspettare il vero cinema....e il vero Servillo....che non si vede e Cyrano (chi sa se si vuole fare il verso a Depardieu e al suo film sull’opera teatrale di Rostand in omaggio al ‘francese’).
Il finale pare pronto e il gattino....se la ride. Una ‘gatta’ in stile rosa che ritrova la sua gabbia quando il reale sembra fantasia....o viceversa.
Alessandro HaberAldo) : pare in parte per la causa di un attore e padre perdente ma non riesce ad avere il piglio, la regia è parte integrante in un set di recitazione, per bucare lo schermo e dare il ricordo del suo personaggio. Alcune situazioni non sembrano proprio giuste (si ricorda che l,attore ha partecipato al soggetto) e abbastanza volgarotte. Uso di un linguaggio non proprio ad hoc per farsi innamorare.
Sara Serraiocco(Adele): la ragazza ci mette il suo impegno, il mondo dei bigliettini regge ma in certi fraseggi resta lontana da manifestazioni di simpatia o meglio di figlia speranzosa nella partecipazione del pubblico in sala (scarso in realtà...). Non si capisce perché le scritture vanno oltre in un linguaggio che alla fine, per essere moderno o presunto tale, resta poco e rimane stantio....Chi sa perché le solite parolacce e gesti non si riescono a eliminare: alla fine dicono poco e risultano inutili....futilmente vuoti.
Isabella Ferrari(Carla) : resta un attrice che ha un suo ‘carisma’ nel panorama odierno della nostra cinematografia, un modo di porsi utile e di dignità professionale. Certo il paragone con altre resta ...lontano nelle storie e nei modi. Il suo personaggio resta limitato nella scrittura e nei luoghi.
Il cinema come contesto di storie ha opere prime con registi già quarantenni che poi...si perdono e già sono fuori …per riuscire a fare altro. Solo qualche attore partecipa in forma quasi amichevole partecipando alla scrittura.
Regia monocorde e poco incisiva.
Voto: 5,5/10 (**½) (voto con senso di misura e niente di più).
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